Salve a tutti gli appassionati, stavo leggendo il mercato dei giocatori per il prossimo campionato quando mi è emerso alla mente qualcosa che volevo esprimere e porre all'attenzione di tutti. Non vi sembra che il ruby professionistico si stia sempre più "calcizzando"? Certo c'è da considerare che bisogna elevare il tasso tecnico del Super 10, ci sono da considerare poi le aspettative di sponsor che investono un sacco di quattrini in questo sport anche con la scusa di investire nei giovani che poi vengono sistematicamente accantonati quando si tratta di farli giocare in prima squadra (Marcato docet, ma si potrebbero fare tanti altri esempi). Fanno bene le organizzazioni federali ad aumentare il numero degli italiani a referto in modo da coinvolgere giustamente chi ha per tanti anni fatto sacrifici-fatiche-sputato sudore e sangue per vedersi (dando per scontato i requisiti tecnico-atletlici) un giorno indossare la maglia della propria prima squadra: Chiedete a un qualsiasi ragazzino dell'under 9 o 11 o 13 qual'è la sua massima aspirazione sportiva: indossare la maglia della prima squadra. Questo è un valore che solo il Rugby ha ancora, fra gli sport di squadra che coinvolge un ampio pubblico. Quindi il primo valore di questo sport è "il senso di appartenza" a una squadra, a una società, a una città ... Questo valore è tanto più sentito qui a Rovigo, città senza una nobile storia tra il Po e l'Adige, povera di Natali, ma ricca negli uomini che l'anno abitata e che anche con il Rugby hanno potuto dimostrare il loro valore nel sacrificio e nell'amore per questo sport portando in alto il nome della Rugby Rovigo (11 scudetti all'attivo, mai retrocessa dalla massima serie, foriera di giocatori e tecnici di fama nazionale e internazionale, ultimo Stefano "schinca" Bordon attuale allenatore della Futura Park Rugby Roma e mentore della sua promozione in Supr 10 - in bocca al lupo vecio! ecc...) Quello dell'appartenenza a una squadra è un vlaore espresso anche dalla tifoseri del Rovigo, che incontrando i giocatori li fanno sentire a casa. Il terzo tempo a Rovigo si svolge non al Club House dietro lo stadio (come a Clavisano-niente di male per carità), ma nei bar o locali più in vista nel centro cittadino in modo da dare senso di accoglienza e riconoscimento a tutti i giocatori che fino a mezz'ora prima sputavano sangue per i colori rossoblù. QUESTA E' UN PIACERE CHE I GIOCATORI APPREZZANO MOLTISSIMO, e lo sta a dimostrare il supercampionato che la Rugby Rovigo ha concluso quest'anno, quinta con un mumero di giocatori uguale alla metà di altre società che ci hanno seguito in classifica. Ma sapete che la nostra mischia faceva indietreggiare quella del Clavisano?! Bè adesso, mi sono lasciato un pò andare con il cuore rossoblu che ogni cittadino e giocatore ha qui a Rovigo.
Grazie per lo spazio. stefan
L'essenza del Rugby
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Re: L'essenza del Rugby
(Dubbio: sezione giusta? Spunto interessante, però)
Mah, se ho ben capito dici che ciò che rende il rugby "diverso", o comunque uno dei valori da salvaguardare di questo sport, è il senso d'appartenenza ad una squadra. Giustamente fai l'esempio di Rovigo, che sembra anche a me il più facile e immediato.
Ma ciò che vale per Rovigo, non vale per le "micro-società"
Ovvero tutto quel panorama di piccole squadrette amatoriali o pseudo tali con un comunque nutrito settore giovanile. Ecco, in queste piccole società chiedere a un ragazzino qual'è la sua massima aspirazione significa sentirsi dire, a seconda del grado di conoscenza del rugby del ragazzino, giocare in Nazionale/giocare in Super10. Difficile che rispondano che voglion giocare nella prima squadra del paesotto.
A questo aggiungi le "macro-società", ovvero quelle società con bilanci tali da permettersi una prima squadra in alte serie, e qui v'è compresa pure la serie A, che non perdono occasione per fagocitare i migliori ragazzini di queste piccole squadrette, anche andando a casa loro ad incantarli con visioni di professionismo e fama futura.
Parentesi: in maniera miope, poco importa a queste macro-società di devastare il settore giovanile delle piccole squadre, togliendo a loro e a se stesse la possibilità di catturare tra i ragazzi del micropaese potenziali ottimi elementi
In un panorama del genere, il senso d'appartenenza alla squadra decade fortemente, anche e soprattutto nel mondo delle micro-società, che saranno pure micro, ma detengono più tesserati loro, essendo tante, di tutte le macro società messe assieme. E questo cambia la cultura del rugby dalla base.
Lo stesso discorso estendilo in Europa, dove sono però le macro-società italiane a fare la parte di micro-società europee. E ti spieghi come il senso d'appartenenza alla squadra sia molto debole, rispetto alla possibilità di fare carriera ed esperienza all'estero, e guadagnarsi magari pure una chance per la nazionale.
E' il professionismo che avanza. Ben vengano realtà come quella di Rovigo, lo spirito che descrivi stiamo cercando, tra mille difficoltà, di impiantarlo a Jesolo, impresa durissima (e per far questo il professionismo deve stare alla larga) e dall'esito quantomeno incerto. Ma permettimi di dire che sono dinosauri, seppur romantici
Mah, se ho ben capito dici che ciò che rende il rugby "diverso", o comunque uno dei valori da salvaguardare di questo sport, è il senso d'appartenenza ad una squadra. Giustamente fai l'esempio di Rovigo, che sembra anche a me il più facile e immediato.
Ma ciò che vale per Rovigo, non vale per le "micro-società"
Ovvero tutto quel panorama di piccole squadrette amatoriali o pseudo tali con un comunque nutrito settore giovanile. Ecco, in queste piccole società chiedere a un ragazzino qual'è la sua massima aspirazione significa sentirsi dire, a seconda del grado di conoscenza del rugby del ragazzino, giocare in Nazionale/giocare in Super10. Difficile che rispondano che voglion giocare nella prima squadra del paesotto.
A questo aggiungi le "macro-società", ovvero quelle società con bilanci tali da permettersi una prima squadra in alte serie, e qui v'è compresa pure la serie A, che non perdono occasione per fagocitare i migliori ragazzini di queste piccole squadrette, anche andando a casa loro ad incantarli con visioni di professionismo e fama futura.
Parentesi: in maniera miope, poco importa a queste macro-società di devastare il settore giovanile delle piccole squadre, togliendo a loro e a se stesse la possibilità di catturare tra i ragazzi del micropaese potenziali ottimi elementi
In un panorama del genere, il senso d'appartenenza alla squadra decade fortemente, anche e soprattutto nel mondo delle micro-società, che saranno pure micro, ma detengono più tesserati loro, essendo tante, di tutte le macro società messe assieme. E questo cambia la cultura del rugby dalla base.
Lo stesso discorso estendilo in Europa, dove sono però le macro-società italiane a fare la parte di micro-società europee. E ti spieghi come il senso d'appartenenza alla squadra sia molto debole, rispetto alla possibilità di fare carriera ed esperienza all'estero, e guadagnarsi magari pure una chance per la nazionale.
E' il professionismo che avanza. Ben vengano realtà come quella di Rovigo, lo spirito che descrivi stiamo cercando, tra mille difficoltà, di impiantarlo a Jesolo, impresa durissima (e per far questo il professionismo deve stare alla larga) e dall'esito quantomeno incerto. Ma permettimi di dire che sono dinosauri, seppur romantici
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Re: L'essenza del Rugby
Sono costretto ad essere d'accordo con te.
Posso solo dire che il clima e l'atmosfera che si respira qui a Rovigo per la propria squadra in occasione di ogni partita (tensione vibrante carica di attese) e lo stesso nel dopo gara: in caso di vittoria con manifestazioni di gioia e soddisfazione, mentre in caso di sconfitta in forma di riconoscimento dell'impegno profuso in difesa dei colori della maglia e di rispetto nel valore dell'avversario; ecco questo clima di sana sportività spero possa essere esportato in tutte le città dove si pratica la manifestazione di questo fantastico sport.
Posso solo dire che il clima e l'atmosfera che si respira qui a Rovigo per la propria squadra in occasione di ogni partita (tensione vibrante carica di attese) e lo stesso nel dopo gara: in caso di vittoria con manifestazioni di gioia e soddisfazione, mentre in caso di sconfitta in forma di riconoscimento dell'impegno profuso in difesa dei colori della maglia e di rispetto nel valore dell'avversario; ecco questo clima di sana sportività spero possa essere esportato in tutte le città dove si pratica la manifestazione di questo fantastico sport.
- warhog
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Re: L'essenza del Rugby
Indietro non si torna, purtroppo: forse il rugby era più bello prima, quando era ancora una faccenda di cuore e di estro e non solo di soldi, ma vallo a spiegare agli sponsor! Era l'attaccamento alla maglia ed alla città, per esempio, che ha permesso all'Aquila del 1993 di battere il super Milan, e mi par di ricordare che sia pure stata una bella partita, non come quelle troppo atletiche e troppo tattiche che si vedono oggi.
Ma tant'è, beato chi come me può avere questi ricordi bellissimi.
Vorrei spendere due parole sulla faccenda della "pesca" degli opulenti squadroni del Super10 e, in minor misura, della seria A, ai danni dei vivai delle squadre minori.
Secondo me è una pratica che potrebbe minare alla base il nostro rugby.
Prendo ad esempio L'Aquila, nobile decaduta, che conosco bene: mi hanno detto che le ricche squadre del Nord pescano a mani basse nel vivaio dell'Aquila, ma anche in quelli del Benevento e, forse in misura minore, di Catania.
Così facendo però non si indeboliscono solo le squadre giovanili dei "paesotti", ma anche le prime squadre che, pur se non hanno una grossa attrattiva per i ragazzini dei vivai, sono sempre un importante "tappa intermedia": se la prima squadra fa schifo, che stimolo hanno i ragazzini per cominciare a correre appresso alla palla ovale?
Parimenti, se le squadre giovanili vengono depredate degli elementi migliori, che gusto c'è a giocare in una squadra di schiappe che perde sempre? Proprio perché è un paesotto dove tutti sanno di tutti, il ragazzino atleticamente dotato non va a giocare con "quelle schiappe"... Va tenuto presente che un quattordicenne o quindicenne bravo ma non eccezionale, potrebbe benissimo diventare un grande campione a 20 anni, ma se lo si costringe a giocare in una squadra che perde quasi sempre molto probabilmente comincerà a preferire stare di più insieme alle ragazze invece che a faticare negli allenamenti... E non diventerà mai il campione che avrebbe potuto essere.
Insomma, qualcosa da rivedere almeno a livello giovanile sicuramente c'è, e la FIR dovrebbe tenerne conto: così com'è il rugby in Italia è strutturato in funzione di poche grandi squadre e del 6 Nazioni, ma continuando di questo passo difficilmente continuerà a crescere come ha fatto finora.
Ma tant'è, beato chi come me può avere questi ricordi bellissimi.
Vorrei spendere due parole sulla faccenda della "pesca" degli opulenti squadroni del Super10 e, in minor misura, della seria A, ai danni dei vivai delle squadre minori.
Secondo me è una pratica che potrebbe minare alla base il nostro rugby.
Prendo ad esempio L'Aquila, nobile decaduta, che conosco bene: mi hanno detto che le ricche squadre del Nord pescano a mani basse nel vivaio dell'Aquila, ma anche in quelli del Benevento e, forse in misura minore, di Catania.
Così facendo però non si indeboliscono solo le squadre giovanili dei "paesotti", ma anche le prime squadre che, pur se non hanno una grossa attrattiva per i ragazzini dei vivai, sono sempre un importante "tappa intermedia": se la prima squadra fa schifo, che stimolo hanno i ragazzini per cominciare a correre appresso alla palla ovale?
Parimenti, se le squadre giovanili vengono depredate degli elementi migliori, che gusto c'è a giocare in una squadra di schiappe che perde sempre? Proprio perché è un paesotto dove tutti sanno di tutti, il ragazzino atleticamente dotato non va a giocare con "quelle schiappe"... Va tenuto presente che un quattordicenne o quindicenne bravo ma non eccezionale, potrebbe benissimo diventare un grande campione a 20 anni, ma se lo si costringe a giocare in una squadra che perde quasi sempre molto probabilmente comincerà a preferire stare di più insieme alle ragazze invece che a faticare negli allenamenti... E non diventerà mai il campione che avrebbe potuto essere.
Insomma, qualcosa da rivedere almeno a livello giovanile sicuramente c'è, e la FIR dovrebbe tenerne conto: così com'è il rugby in Italia è strutturato in funzione di poche grandi squadre e del 6 Nazioni, ma continuando di questo passo difficilmente continuerà a crescere come ha fatto finora.