Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Moderatore: Emy77
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Intanto il Giappone convoca due nuovi equiparati sudafricani...
https://www.thesouthafrican.com/sport/r ... ing-squad/
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
http://en.rugby-japan.jp/2021/04/12/jap ... -for-2021/giodeb ha scritto: ↑13 apr 2021, 17:27Intanto il Giappone convoca due nuovi equiparati sudafricani...
https://www.thesouthafrican.com/sport/r ... ing-squad/
Su 52 giocatori, oltre ai già equiparati come Wimpie van der Walt e James Moore, c'è un'infornata di ben undici nuovi potenziali equiparati (due dei quali, Fifita e Tatafu, immigrati da adolescenti hanno giocato per il Giappone dall'u18).
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
SilverShadow ha scritto: ↑13 apr 2021, 17:38http://en.rugby-japan.jp/2021/04/12/jap ... -for-2021/giodeb ha scritto: ↑13 apr 2021, 17:27Intanto il Giappone convoca due nuovi equiparati sudafricani...
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Su 52 giocatori, oltre ai già equiparati come Wimpie van der Walt e James Moore, c'è un'infornata di ben undici nuovi potenziali equiparati (due dei quali, Fifita e Tatafu, immigrati da adolescenti hanno giocato per il Giappone dall'u18).
Il tanto decantato modello giapponese
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Senza equiparati per il Giappone è pressoché impossibile essere competitivo. Solo che adesso esagerano di brutto, visto che non stanno emergendo nuovi talenti locali.
Nell'ultimo Trophy under 20 conquistarono la promozione battendo al fotofinish il Portogallo perché prevalsero in modo schiacciante in mischia chiusa, ma per il resto furono inferiori agli avversari.
Nell'ultimo Trophy under 20 conquistarono la promozione battendo al fotofinish il Portogallo perché prevalsero in modo schiacciante in mischia chiusa, ma per il resto furono inferiori agli avversari.
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
qui possiamo cantarcela quanto vogliamo, senza equiparati al momento siamo fottuti, ma che piú fottuti non si puó.
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
Ho incontrato uno come Zappatalpa stamani alle 5.00 quando entravo a lavorare e ero a far colazione in uno dei pochi bar notturni
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
...e tutto questo nonostante un campionato di livello più alto del nostro, seguitissimo, professionistico e pieno di stranieri illustri.Soidog ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:29Senza equiparati per il Giappone è pressoché impossibile essere competitivo. Solo che adesso esagerano di brutto, visto che non stanno emergendo nuovi talenti locali.
Nell'ultimo Trophy under 20 conquistarono la promozione battendo al fotofinish il Portogallo perché prevalsero in modo schiacciante in mischia chiusa, ma per il resto furono inferiori agli avversari.
Veramente siamo convinti che sia un modello virtuoso?
"La vita è quello che non esisterà mai sotto il fascismo: libertà, creazione, sincerità, verità, bellezza e volto umano"
R.I.P. Pavel Kushnir - pianista russo morto in carcere, vittima del fascismo russo
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
mi spiegheresti perchè non dovrei considerare questo post razzista?zappatalpa ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:36qui possiamo cantarcela quanto vogliamo, senza equiparati al momento siamo fottuti, ma che piú fottuti non si puó.
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
cioè siamo al livello che una persona è come l'accostamento del colore dei pantaloncini...
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
E Mbanda?
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Ragazzi ricordiamo, che non era l'Italia che ha spinto per gli equiparati. l'Italia ne era contro
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Da Rugby Bet
GIAPPONE, METÀ ROSA È “STRANIERA”
L’annuncio della squadra allargata che prenderà parte all’attività internazionale di quest’anno, effettuato ieri dall’head coach del Giappone, Jamie Joseph, consente di riflettere su un tema sempre controverso e caldo: quello dell’equiparazione dei giocatori. Dei 52 nomi selezionati, militanti sia nel campionato interno che all’estero, ben 25 non sono nati in Giappone ossia quasi la metà. 21 sono gli “uncapped”, aspetto questo importante per comprendere quale sia la tendenza intrapresa, e di questi 10 sono stranieri; il dato della metà è pertanto confermato. Andiamo a vedere nel dettaglio quali sono questi elementi, da dove vengono e grazie a quale regola sono convocabili con i Brave Blossoms.
I “già capped” ↓
- Asaeli AI VALU (1989, pilone): nato nella Tonga, residente dal 2004;
- Koo JI-WON (1994, pilone): nato in Corea del Sud, residente dal 2008;
- Isileli NAKAJIMA (1989, seconda): nato nelle Tonga, residente dal 2008;
- Wimpie VAN DER WALT (1989, seconda): nato in Sudafrica, residente dal 2013;
- Uwe HELU (1990, seconda): nato nelle Tonga, residente dal 2013;
- James MOORE (1993, seconda): nato in Australia, residente dal 2016;
- Lappies LABUSCHAGNÉ (1989, terza): nato in Sudafrica, residente dal 2016;
- Michael LEITCH (1988, terza): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2004;
- Amanaki MAFI (1990, terza): nato nelle Tonga, residente dal 2010;
- Timothy LAFAELE (1991, centro): nato nelle Samoa, residente dal 2014;
- Ataata MOEAKIOLA (1996, ala): nato nelle Tonga, residente dal 2011;
- Lomano LEMEKI (1989, ala): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2009;
- Kotaro MATSUSHIMA (1993, estremo): nato in Sudafrica, madre giapponese;
Gli “uncapped” ↓
- Craig MILLAR (1990, pilone): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2018;
- Mark ABBOTT (1990, seconda): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2017;
- Liaki MOLI (1990, seconda): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2016;
- Ben GUNTER (1997, terza): nato in Tailandia, residente dal 2016;
- Jack CORNELSEN (1994, terza): nato in Australia, residente dal 2018;
- Tevita TATAFU (1996, terza): nato nelle Tonga, residente dal 2013 (almeno);
- Lui NAEATA (1994, terza): nato nelle Tonga, residente da ???;
- Shane GATES (1992, apertura): nato in Sudafrica, residente dal 2016;
- Dylan RILEY (1997, centro): nato in Australia, residente dal 2018;
- Jone NAIKABULA (1994, ala): nato nelle Fiji, residente dal 2018;
- Siosaia FIFITA (1998, ala): nato nelle Tonga, residente da ???;
- Gerhard VAN DEN HEEVER (1989, estremo): nato in Sudafrica, residente dal 2016.
La lista si presta a una miriade di analisi. Possiamo considerare quali siano i Paesi di provenienza più rappresentati: spiccano le piccole Tonga con 8 elementi, avanti rispetto alle grandi Nuova Zelanda e Sudafrica con 5 elementi ciascuna. Possiamo oppure concentrarci sull’età dei giocatori interessati: abbastanza alta soprattutto per quanto concerne i possibili esordienti in quanto la metà di loro è sulla trentina di anni. Possiamo poi valutare in quali ruoli sia più massiccio il ricorso agli equiparati. Sicuramente in quelli in cui la nazionale nipponica è in difficoltà per fattori fisici della popolazione: delle 6 seconde linee inserite nella lista, solo 1 è nata in Giappone mentre delle 10 terze linee, 7 sono nate all’estero. Gli stranieri tuttavia non mancano in altri reparti, anche quindi nella linea arretrata dove i prodotti locali abbondano ma probabilmente non garantiscono sufficiente spessore e potenza. Un altro aspetto che merita un’occhiata è altresì da quanto tempo questi giocatori siano nel Paese del Sol Levante e qui andrebbe fatta una disamina quasi caso per caso. Tutti quelli elencati sono nati all’estero ma un conto è essersi trasferito in giovane età un conto nel bel mezzo della carriera perché entra in ballo il tema della formazione. Una buona parte di questi giocatori sono giunti in Giappone ancora in età da juniores, rappresentando in alcuni casi persino le nazionali giovanili, completando pertanto lì la loro formazione: i vari Leitch, Amanaki Mafi, Moeakiola, Siosaia Fifita, Tevita Tatafu e così via.
Ma dalla lista derivano valutazioni ulteriori, altrimenti la disamina sarebbe davvero spicciola. Bisogna infatti interrogarsi sul perché tanti giocatori divengano eleggibili per i Brave Blossoms: qui entrano in gioco fattori di più ampio respiro relativi non solo ai movimenti giapponese e degli altri Paesi ma anche a quello che la società nipponica offre rispetto alle realtà da cui si proviene. Si è parlato nei giorni scorsi della scelta del giovane Dylan Riley di sposare la causa giapponese rinunciando alla possibilità di giocare per l’Australia, il Paese in cui è nato e cresciuto e che ha rappresentato a livello Under 20. La sua intervista è molto interessante perché il tre quarti dei Panasonic Wild Knights spiega quanto stia apprezzando la vita in Giappone sia dentro che fuori dal campo mentre in patria a venti anni non aveva un futuro certo non avendo ancora firmato un contratto di Super Rugby. Se un Paese come l’Australia, non proprio l’ultimo arrivato dal punto di vista della qualità della vita e dello sport, inizia a soffrire la concorrenza del Giappone, non ci possiamo certo sorprendere se tanti giovani tongani, samoani o figiani decidano di lasciare le loro amate terre per trasferirvisi avendo l’opportunità di fare un buon percorso scolastico/universitario, guadagnare cifre importanti da rugbisti professionisti in un campionato di assoluto livello e vivere in una società moderna e stimolante.
Questo elenco può scandalizzare e in effetti anche a me lascia perplesso. Chi segue la pagina da tempo sa quanto io sia ostile verso le equiparazioni specie se usate massicciamente. Non mi piace affatto vedere una nazionale piena di giocatori stranieri perché semplicemente è un controsenso. Non mi piace pensare che, pur di essere competitivi e raggiungere risultati che altrimenti non sarebbero alla portata, si debba ricorrere a giocatori nati e cresciuti altrove. Circa il caso in esame, penso che la metà di equiparati nella rosa di una nazionale sia oggettivamente un numero eccessivo. Soprattutto, non approvo che molti di loro non siano esattamente nuove leve o che siano di ruoli in cui non c’è tradizionalmente carenza. Speravo che, dopo il grande successo della e alla RWC 2019, gradualmente la strategia di equiparare a piene mani scemasse ma la tendenza non sembra essere destinata a invertirsi almeno giudicando dagli “uncapped” convocati. Insomma, non approvo questi numeri. Tuttavia non mi sento di criticare seccamente il Giappone, perché dietro i dati c’è un mondo. Chi si riduce a dire che il merito della sua crescita e dei suoi successi è degli equiparati è molto limitato; non vede aspetti degni di rilievo come il livello del campionato domestico, gli investimenti dei club, il lavoro nei settori giovanili ma anche solo la competenza della federazione (andate a leggere il piano strategico di medio-termine annunciato a fine marzo, c’è da rimanere estasiati).
Una considerazione, infine, dedicata al nostro movimento. Nello sperticarsi a trovare giocatori eleggibili in giro per il mondo, scandagliando i team di tutti i tornei possibili immaginabili, nell’invocare a gran voce l’utilizzo di “project players” da mettere nelle franchigie in vista di un loro impiego in nazionale, bisognerebbe prima pensare a in quale realtà si pretende di inserirli. Facile dire “non dobbiamo prendere stranieri mediocri ma fare come l’Irlanda o la Scozia, puntare su gente come CJ Stander, James Lowe o Duhan van der Merwe”. Solo che questi come gli altri equiparati di questo calibro vanno a giocare in squadre come Munster, Leinster o Glasgow e poi in nazionali che lottano per vincere il Six Nations o la RWC; non vanno a giocare alle Zebre o a Treviso e poi nell’Italia il che significa stentare costantemente, perdere il più delle volte e pure guadagnare meno. È tutto rapportato. Normale che in un movimento di alto livello vengano attratti giocatori di alto livello e che in un movimento di medio livello vengano attratti giocatori di medio livello. Sebbene io non sia d’accordo, ci sta di volere a disposizione stranieri di qualità ma avete pensato a cosa l’Italia al momento può offrirgli?
GIAPPONE, METÀ ROSA È “STRANIERA”
L’annuncio della squadra allargata che prenderà parte all’attività internazionale di quest’anno, effettuato ieri dall’head coach del Giappone, Jamie Joseph, consente di riflettere su un tema sempre controverso e caldo: quello dell’equiparazione dei giocatori. Dei 52 nomi selezionati, militanti sia nel campionato interno che all’estero, ben 25 non sono nati in Giappone ossia quasi la metà. 21 sono gli “uncapped”, aspetto questo importante per comprendere quale sia la tendenza intrapresa, e di questi 10 sono stranieri; il dato della metà è pertanto confermato. Andiamo a vedere nel dettaglio quali sono questi elementi, da dove vengono e grazie a quale regola sono convocabili con i Brave Blossoms.
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- Asaeli AI VALU (1989, pilone): nato nella Tonga, residente dal 2004;
- Koo JI-WON (1994, pilone): nato in Corea del Sud, residente dal 2008;
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- Uwe HELU (1990, seconda): nato nelle Tonga, residente dal 2013;
- James MOORE (1993, seconda): nato in Australia, residente dal 2016;
- Lappies LABUSCHAGNÉ (1989, terza): nato in Sudafrica, residente dal 2016;
- Michael LEITCH (1988, terza): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2004;
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- Timothy LAFAELE (1991, centro): nato nelle Samoa, residente dal 2014;
- Ataata MOEAKIOLA (1996, ala): nato nelle Tonga, residente dal 2011;
- Lomano LEMEKI (1989, ala): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2009;
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- Craig MILLAR (1990, pilone): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2018;
- Mark ABBOTT (1990, seconda): nato in Nuova Zelanda, residente dal 2017;
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- Tevita TATAFU (1996, terza): nato nelle Tonga, residente dal 2013 (almeno);
- Lui NAEATA (1994, terza): nato nelle Tonga, residente da ???;
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- Jone NAIKABULA (1994, ala): nato nelle Fiji, residente dal 2018;
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- Gerhard VAN DEN HEEVER (1989, estremo): nato in Sudafrica, residente dal 2016.
La lista si presta a una miriade di analisi. Possiamo considerare quali siano i Paesi di provenienza più rappresentati: spiccano le piccole Tonga con 8 elementi, avanti rispetto alle grandi Nuova Zelanda e Sudafrica con 5 elementi ciascuna. Possiamo oppure concentrarci sull’età dei giocatori interessati: abbastanza alta soprattutto per quanto concerne i possibili esordienti in quanto la metà di loro è sulla trentina di anni. Possiamo poi valutare in quali ruoli sia più massiccio il ricorso agli equiparati. Sicuramente in quelli in cui la nazionale nipponica è in difficoltà per fattori fisici della popolazione: delle 6 seconde linee inserite nella lista, solo 1 è nata in Giappone mentre delle 10 terze linee, 7 sono nate all’estero. Gli stranieri tuttavia non mancano in altri reparti, anche quindi nella linea arretrata dove i prodotti locali abbondano ma probabilmente non garantiscono sufficiente spessore e potenza. Un altro aspetto che merita un’occhiata è altresì da quanto tempo questi giocatori siano nel Paese del Sol Levante e qui andrebbe fatta una disamina quasi caso per caso. Tutti quelli elencati sono nati all’estero ma un conto è essersi trasferito in giovane età un conto nel bel mezzo della carriera perché entra in ballo il tema della formazione. Una buona parte di questi giocatori sono giunti in Giappone ancora in età da juniores, rappresentando in alcuni casi persino le nazionali giovanili, completando pertanto lì la loro formazione: i vari Leitch, Amanaki Mafi, Moeakiola, Siosaia Fifita, Tevita Tatafu e così via.
Ma dalla lista derivano valutazioni ulteriori, altrimenti la disamina sarebbe davvero spicciola. Bisogna infatti interrogarsi sul perché tanti giocatori divengano eleggibili per i Brave Blossoms: qui entrano in gioco fattori di più ampio respiro relativi non solo ai movimenti giapponese e degli altri Paesi ma anche a quello che la società nipponica offre rispetto alle realtà da cui si proviene. Si è parlato nei giorni scorsi della scelta del giovane Dylan Riley di sposare la causa giapponese rinunciando alla possibilità di giocare per l’Australia, il Paese in cui è nato e cresciuto e che ha rappresentato a livello Under 20. La sua intervista è molto interessante perché il tre quarti dei Panasonic Wild Knights spiega quanto stia apprezzando la vita in Giappone sia dentro che fuori dal campo mentre in patria a venti anni non aveva un futuro certo non avendo ancora firmato un contratto di Super Rugby. Se un Paese come l’Australia, non proprio l’ultimo arrivato dal punto di vista della qualità della vita e dello sport, inizia a soffrire la concorrenza del Giappone, non ci possiamo certo sorprendere se tanti giovani tongani, samoani o figiani decidano di lasciare le loro amate terre per trasferirvisi avendo l’opportunità di fare un buon percorso scolastico/universitario, guadagnare cifre importanti da rugbisti professionisti in un campionato di assoluto livello e vivere in una società moderna e stimolante.
Questo elenco può scandalizzare e in effetti anche a me lascia perplesso. Chi segue la pagina da tempo sa quanto io sia ostile verso le equiparazioni specie se usate massicciamente. Non mi piace affatto vedere una nazionale piena di giocatori stranieri perché semplicemente è un controsenso. Non mi piace pensare che, pur di essere competitivi e raggiungere risultati che altrimenti non sarebbero alla portata, si debba ricorrere a giocatori nati e cresciuti altrove. Circa il caso in esame, penso che la metà di equiparati nella rosa di una nazionale sia oggettivamente un numero eccessivo. Soprattutto, non approvo che molti di loro non siano esattamente nuove leve o che siano di ruoli in cui non c’è tradizionalmente carenza. Speravo che, dopo il grande successo della e alla RWC 2019, gradualmente la strategia di equiparare a piene mani scemasse ma la tendenza non sembra essere destinata a invertirsi almeno giudicando dagli “uncapped” convocati. Insomma, non approvo questi numeri. Tuttavia non mi sento di criticare seccamente il Giappone, perché dietro i dati c’è un mondo. Chi si riduce a dire che il merito della sua crescita e dei suoi successi è degli equiparati è molto limitato; non vede aspetti degni di rilievo come il livello del campionato domestico, gli investimenti dei club, il lavoro nei settori giovanili ma anche solo la competenza della federazione (andate a leggere il piano strategico di medio-termine annunciato a fine marzo, c’è da rimanere estasiati).
Una considerazione, infine, dedicata al nostro movimento. Nello sperticarsi a trovare giocatori eleggibili in giro per il mondo, scandagliando i team di tutti i tornei possibili immaginabili, nell’invocare a gran voce l’utilizzo di “project players” da mettere nelle franchigie in vista di un loro impiego in nazionale, bisognerebbe prima pensare a in quale realtà si pretende di inserirli. Facile dire “non dobbiamo prendere stranieri mediocri ma fare come l’Irlanda o la Scozia, puntare su gente come CJ Stander, James Lowe o Duhan van der Merwe”. Solo che questi come gli altri equiparati di questo calibro vanno a giocare in squadre come Munster, Leinster o Glasgow e poi in nazionali che lottano per vincere il Six Nations o la RWC; non vanno a giocare alle Zebre o a Treviso e poi nell’Italia il che significa stentare costantemente, perdere il più delle volte e pure guadagnare meno. È tutto rapportato. Normale che in un movimento di alto livello vengano attratti giocatori di alto livello e che in un movimento di medio livello vengano attratti giocatori di medio livello. Sebbene io non sia d’accordo, ci sta di volere a disposizione stranieri di qualità ma avete pensato a cosa l’Italia al momento può offrirgli?
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Boia, zappa, pure razzista...zappatalpa ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:36qui possiamo cantarcela quanto vogliamo, senza equiparati al momento siamo fottuti, ma che piú fottuti non si puó.
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
Riccardo
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Non c'è bisogno che ti piaccia, fanne pure a meno.zappatalpa ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:36qui possiamo cantarcela quanto vogliamo, senza equiparati al momento siamo fottuti, ma che piú fottuti non si puó.
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
Ho rifatto una eccezione a risponderti.
Parlare e scrivere sono due attività umane differenti
I fatti degli altri sono solo opinioni, le mie opinioni sono fatti (cit. omen nomen)
Non discutere mai con un idiota: ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza (cit. Incertae sedis)
I fatti degli altri sono solo opinioni, le mie opinioni sono fatti (cit. omen nomen)
Non discutere mai con un idiota: ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza (cit. Incertae sedis)
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
consideralo come vuoi. capisco che non è politically correct ma nel 2021 ancora si vede ad occhio nudo che un Ioane non può avere nessun legame con l'italia se non forse con Adamo ed Eva. i SaF possono essere biondi e pallidi, ma uno può illudersi che qualche sedicesimo o trentaduesimo di legame ci sia. lo so, gusti personali, voi siete migliorispeartakle ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:53mi spiegheresti perchè non dovrei considerare questo post razzista?zappatalpa ha scritto: ↑13 apr 2021, 18:36qui possiamo cantarcela quanto vogliamo, senza equiparati al momento siamo fottuti, ma che piú fottuti non si puó.
So giá che si alzeranno cori di sdegno, ma la cosa che al momento desidero che gli equiparati almeno possano essere visivamente essere considerati indoeuropei. Io gli isolani non ho piacere di vederli con la maglia non solo dell'italia, ma anche delle altre europee. mi fa proprio senso, ancora dopo anni e anni dai Vosavai e Vunisa non riesco a farmelo piacere
cioè siamo al livello che una persona è come l'accostamento del colore dei pantaloncini...
Ho incontrato uno come Zappatalpa stamani alle 5.00 quando entravo a lavorare e ero a far colazione in uno dei pochi bar notturni
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Mai distrarsi, ultimamente avevo notato un barlume di approccio razionale al forum, si vede che la mimetizzazione era solo migliorata, una distrazione e vien fuori l'assenza
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Re: Equiparati si, equiparati no, la nazionale dei cachi?
Oddio ma è il thread degli anni 50?
Gli indoeuropei e i legami di sangue aiuto
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