giuseppone64 ha scritto: ↑11 mag 2020, 13:05
ruttobandito ha scritto: ↑11 mag 2020, 7:47
giuseppone64 ha scritto: ↑10 mag 2020, 19:46
Vi lascio un giorno e vi ritrovo disquisendo di etica. Posso intervenire la prossima con la dialettica emergente da tre genealogie rivali di etica?
Me ne muoio...
Prendo dalle tue labbra...
Rutto grazie e ti voglio bene,
Aspetto però la liberatoria di mio fratello perché sarò lungo, pedante e schierato...
da jpr williams » 11/05/2020, 13:50
Ma ti pare?
Aspetto con interesse.
Bene, accomodatevi con una qualcosa a contenuto alcolico e abbiate pazienza se risulterò noioso, schierato e a tratti eccessivamente pedante. A tutti gli altri amici del bar il mio ego porge le scuse più sentite.
Partiamo dal concetto di etica cosi come è al giorno d'oggi inteso:
in senso ampio, l'etica è quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento (gr. ἦθος) umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’e. va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate.
I filosofi nelle loro dottrine etiche hanno avuto di mira due differenti obiettivi, spesso ricercati congiuntamente. Da una parte si sono proposti di raccomandare nella forma più articolata e argomentata l’insieme di valori ritenuti più adeguati al comportamento morale dell’uomo; dall’altra hanno mirato a una conoscenza puramente speculativa del comportamento morale dell’uomo, badando non tanto a prescrivere fini, quanto a ricostruire i moventi, gli usi linguistici, i ragionamenti che sono rintracciabili nel comportamento etico. Nel 20° sec. è invalso l’uso di distinguere nettamente tra questi due indirizzi nella riflessione sulla morale, caratterizzando come e. una filosofia prevalentemente pratica, impegnata in difesa di determinati valori, e come metaetica una filosofia con pretese esclusivamente teoretiche e conoscitive, rivolta a ricostruire la logica e il significato delle nozioni in uso nella morale.
Quello che a noi interessa è capire come siamo arrivati alla bicicletta di Garry è come il prevalere dell'etica relativistica abbia posto il PIL come idolo. Provo a spiegarmi:
possiamo indicare un’etica materialista, l’edonismo; una spiritualista disincarnata, il razionalismo stoico; e una personalista, nonché realista, già prefigurata in Aristotele. In fondo, i moventi per cui agire sono tre: il piacere (in greco edonè , da cui edonismo), il dovere(in greco deòn , da cui il termine deontologico), l’amore (sia come aspirazione verso ciò che non si ha, eros; o come donazione di ciò che si ha e si è: agàpe ). Nei due primi casi, piacere e dovere sono moventi esclusivi e unici; nel terzo caso, il concetto di amore non è alternativo ai primi due, ma sa includere, sa dar ragione anche del piacere e del dovere, senza però assolutizzarli. La differenza tra questi modelli è antropologica. L’etica materialista ritiene che il corpo vivente esaurisca la persona e scommette che dopo la morte non ci sia nulla: la felicità corrisponde alla produzione di stati emotivi piacevoli e implica una metafisica atomistica (il mondo è fatto a caso:aggregazioni e disgregazioni di atomi, da cui vita e morte). Già Epicuro notava la necessità di organizzare di conseguenza la propria vita, su un modello utilitaristico: agire in modo di ottenere il maggior numero di sensazioni piacevoli, privilegiando il benessere psicofisico e minimizzando il dolore. Epicuro invita comunque ad evitare quei piaceri che poi possono procuraci danni (esempio: oggi, la droga); o accettare quei dolori necessari a godere, poi, di altri beni (esempio: un’operazione chirurgica, che ci consenta ancora di vivere e godere dei beni della vita). Questo, il compito della ragione, nella prospettiva edonistica. Un materialista moderno, David Hume afferma che la ragione deve essere schiava, cioè al servizio delle passioni, che sono eccitate dal desiderio di sperimentare piacere. Grazie alla ragione, precisa Epicuro, comprendiamo che: “ ogni piacere è bene per sua intima natura, ma non li scegliamo tutti. Parimenti, ogni dolore è un male; ma non tutti sono sempre da fuggire. Bisogna giudicare gli uni e gli altri, in base alla considerazione degli utili e dei danni ”( lettera a Meneceo). Il fine ultimo dell’uomo è ottimizzare il risultato piacevole. Il bene o male delle azioni dipendono, in ultima analisi e in senso riduttivo, da tale conseguenza. Anche se questo aspetto, implicito nell’etica di Epicuro, cioè l’utilitarismo metodico e razionale, emergerà in modo netto al momento di fondare una comunità politica che condivida il materialismo edonista . In nuce, c’è già l’utilitarismo di Jeremy Bentham, che implica la massimizzazione e diffusione del benessere psicofisico in società. Da questo punto di vista, la realtà si riduce a una vacca da mungere, per estrarne il piacere. In Freud, addirittura, è la realtà stessa che ci è ostile. Infatti, essa non dà gratuitamente il piacere che desideriamo, ma oppone resistenza. La vita scorre nel solco di un conflitto tra il desiderio di piacere assoluto, che l’edonista vorrebbe eternizzare, e il principio di realtà che vi si oppone. Perciò la Weil asserisce: “l'uomo che si crede schiavo del piacere è in realtà succube dell'assoluto, che egli vi attribuisce". Val la pena comunque ricordare che l’edonismo racchiude una sua verità: l’uomo è nato per godere, ma innanzitutto dell’amore e della conoscenza di Dio, e non da solo. In Freud, l’uomo si auto-dota di ragione, in senso evoluzionistico, come mezzo idoneo a carpire alla realtà i piaceri che essa, Madre-Natura, ci nega; ma solo a prezzo d’ingegno e fatica, nonché in misura limitata. Come Epicuro, Freud approda a un edonismo moderato e, da psichiatra, ritiene che debbono essere guariti coloro che per paura della realtà rinunciano al piacere, restandone frustrati; e coloro che desiderano alimentare il desiderio infantile di un piacere assoluto, che la realtà stessa, essendo finita, non può darci: è paranoico chi pretende estrarre una felicità assoluta da un bene finito; uno squilibrato, che va curato. Corrisponde, in senso religioso, al divieto di idolatria: fare del potere, della ricchezza, del piacere, del successo, un assoluto. Tuttavia, per Freud, non esiste un bene o un male oggettivo: la coscienza va considerata come falso io, una proiezione della società che si sostanzializza nei comandi dei genitori ai bambini, che generano la “cosiddetta coscienza”, dando l’illusione di un suo ruolo oggettivo nel distinguere il male dal bene; ma è tutta questione di equilibrio tra principio di piacere (il nostro io autentico) e il suo opposto, il principio di realtà. L’equilibrio è dunque dato da un edonismo moderato che fa godere solo parzialmente, di quanto possiamo procurarci dalla realtà ostile. La teoria di Freud sulla produzione dell’illusione di una coscienza oggettiva, sembra fondarsi in Nietzsche, il quale afferma: “i sentimenti morali vengono oggi così visibilmente trasmessi [dai genitori], che i bambini avvertono negli adulti forti tendenze o antipatie verso determinate azioni e -come scimmie- imitano tali tendenze e antipatie; nel prosieguo della vita, quando si sentono colmi di questi moti dell’anima, in cui sono stati macchinalmente addestrati e ben esercitati, ritengono che sia di decoro un tardivo perché, una sorta di argomentazione con cui le predette tendenze e antipatie siano giustificate. La storia dei sentimenti morali è ben diversa dai concetti morali. I primi esercitano la loro potenza prima dell’azione; i secondi dopo l’azione, specialmente per la necessità di esprimersi sopra di essa. Occorre spogliare l’uomo dell’apollineo della “ragione borghese”, per tornare al vero movente della vita: il dionisiaco della passione, caratterizzante l’individuo, che il super-uomo saprà sublimare in una vita eroica sospesa sul nulla: al di sopra del bene e del male.
Come Freud, già Epicuro rifuggiva da un edonismo cieco: “quando diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo i piaceri dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero e lo avversano o l’interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e all’animo a
star sereno” (lettera a Meneceo, cit.). Epicuro conosce bene la legge dell’utilità marginale: chi si getta a capofitto in un determinato piacere (il godereccio), poi ne uscirà nauseato. Il saggio edonista deve poter giocare su vari tavoli alternativi del piacere, fisico e psichico, sempre con il senso della misura: un po’ di tutto, senza mai esagerare... Il buon borghese disincantato di oggi. Ammette l’esistenza degli dèi, ma in un altro mondo separato dal nostro, così da evitare qualsiasi timore su un presunto giudizio finale sulla nostra condotta morale, seguito da premi o castighi. Un giudizio che non ci sarà e quindi non deve preoccuparci. Del bene e del male delle nostre azioni siamo i soli responsabili in questa vita. Anche Epicuro, come poi Freud, ritiene che l’etica si riduca, caso mai, a una questione di equilibrio intelligente e senso della misura...
L’etica spiritualista stoica, è una sorta di razionalismo nato per esorcizzare la paura di soffrire (il minaccioso principio di realtà di Freud). Ritiene che la persona coincida esclusivamente con la sua parte superiore: la propria anima razionale (il corpo è un’appendice transitoria), scintilla di un
Pensiero (Logos) Universale, e sacrifica l’idea di felicità come egoistica, mirando ad un altruismo asettico e impersonale (la realtà deriva dalla conoscenza). La coscienza è invece la sede degli imperativi della ragione; ma mentre nella teoria realista della persona la coscienza riconosce il bene e il male desunti dalla realtà, in quella stoica, tramite le massime universali della ragione, la coscienza è fondativa della distinzione oggettiva tra bene e male. In Kant, è chiaro che l’universale è bello, l’individuale è il male. Per lui esistono due fini ultimi: o il piacere, di chi privilegia la
materia e l’individuale, che genera egoismo e condotte autoreferenziali; o il dovere, di chi privilegia la ragione e l’universale, vivendo per gli altri. Per gli antichi stoici, dopo la morte, non c’è sopravvivenza individuale, ma lo spirito di ciascuno è assorbito dal Logos divino, cui si aggiunge il
mito dell’eterno ritorno, scelto anche da Nietzsche, per lui l’unico modo di opporsi alla dimensione lineare della salvezza cristiana.
Per Freud, lo stoicismo produce individui frustrati, malati psichiatrici, che preferiscono adeguarsi al principio di realtà, rinunciando a ogni piacere. S. Paolo sembra dargli ragione quando afferma che “se Cristo non è risorto, allora mangiamo e beviamo, che domani moriremo...”. Il punto è che
nessuno può sapere, con certezza, cosa ci attenda dopo la morte.
La fede nella rivelazione dà una risposta, che non è un’argomentazione. L’edonismo, tuttavia, scommette sul nulla, dimenticandosi
l’argomento del Pari , nei Pensieri di Pascal.
L’etica della persona rivela invece un’antropologia già fondata in Aristotele: l’essere umano è un composto (sinolo) di anima e corpo, mirante alla felicità, che include anche le persone che amiamo; in tal senso, non è solo autoreferenziale come nel caso dell’edonismo (ma vedremo, anche nello
stoicismo), né coincide con una sommatoria di sensazioni piacevoli. Rinvia a una realtà, non posta dal nostro pensiero, che precede e determina la conoscenza, fondamento del realismo filosofico inaugurato da Parmenide, in Occidente. Il concetto di persona è entrato a far parte della filosofia a
partire dalla teologia trinitaria: si applica per analogia all’uomo, fatto a immagine di Dio. La persona, individua substantia rationalis naturae (Boezio), non è una monade. Ogni persona è generata e diventa quella determinata persona solo in relazione ad altre persone. Il nostro io, lo si
scopre solo a partire da un tu personale. A differenza dell’angelo, che pure è persona (anche lui dotato d’intelletto e volontà, le due facoltà operative dell’anima), l’uomo è anche unito a un corpo, che partecipa del suo stesso essere spirituale. Il corpo è legato alla temporalità; la sua anima alla trascendenza, che presuppone un’altra vita. Dobbiamo a Tommaso d’Aquino la netta differenza tra l’antropologia stoica e quella cristiana. Tommaso, parlando dell’anima separata dal corpo dopo la morte, precisa: “ ego non sum anima mea ” (la tesi, invece degli stoici). Lo fa per indicare la convenienza che Dio, che ha creato l’uomo dotato di anima e corpo, preveda al momento del giudizio universale -alla fine del mondo- anche la resurrezione dei corpi, di cui nessuna religione parla se non quella cristiana. Dio ha creato l’uomo diverso dall’angelo, dotandolo di un corpo che partecipa del suo spirito. In sintesi, abbiamo tre possibili antropologie alla base di queste famiglie etiche: o corpo; o anima; o: corpo e anima.
E veniamo ora a bomba.Gli attuali sistemi politici disconoscendo aprioristicamente l'importanza della legge naturale e sviluppandosi esclusivamente sul principio del relativismo assoluto hanno posto l'economia e non l'uomo come elemento centrale della società . E' la bicicletta di Garry che deve andare sempre più forte altrimenti non resta in equilibrio. E' il dio PIL.
Vi lascio con le splendide parole di John F. Kennedy :
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
Un forte abbraccio
Giuseppone
Scusa tesoro se sono stato un po' brusco stamani. Papà non sei stato un po' brusco, sei stato un barbaro...
mio figlio 17 anni
Amore sbrigati che facciamo tardi a scuola! Mi sbrigo solo se mi ripeti che sono la più bella del mondo.
mia figlia 6 anni
MA CHE ORA E'?
mia moglie
Molti amici molto onore
Io