doublegauss ha scritto:Allora, io sono stufo marcio di sto discorso. Però, visto che ci giriamo intorno in continuazione, forse non sarà inutile fare il punto, perché altrimenti è un dialogo fra sordi e si va avanti a forza di battutine più o meno riuscite. Mi scuso in anticipo, perché il post è troppo lungo, ma non sono riuscito a comprimerlo ulteriormente.
Mi pare che qui siamo tutti d'accordo che sarebbe molto bello se fosse possibile mettere insieme una nazionale competitiva composta solo da giocatori cresciuti nei vivai italiani, perché la nazionale deve essere espressione del movimento. In questo senso, credo che nessuno abbia nulla da obiettare se uno col nome straniero gioca in nazionale, purché cresciuto rugbisticamente in Italia (esempi: Derbyshire, Tveraga). Se non fosse così, e cominciassimo con le stupidaggini del sangue italiano, tanto vale chiudere qui.
I problemi nascono perché le cose sono più complicate:Un gruppetto di utenti di questo forum (ad esempio, paparoga, Laporte, Ainda e qualcun altro) lamenta che la nazionale non è una vera nazionale. Se interpreto correttamente la loro posizione, auspicano una politica federale che faccia giocare uno cresciuto in Italia, piuttosto che uno di formazione estera, sempre e comunque, anche se lo "straniero" avesse diritto a giocare per la nazionale in base alle regole IRB, anche se lo "straniero" fosse dimostrabilmente più forte. La ragione, credo di capire, è duplice: da un lato solo così si tutelano i giocatori di formazione italiana (in senso stretto) e con essi i vivai e le società che li promuovono; dall'altro, c'è l'idea (che ammetto, non ho capito molto bene) che chi è cresciuto in un altro paese non abbia titolo "morale" a vestire la maglia azzurra. Inoltre, viene spesso avanzato il sospetto (o la certezza, a seconda delle persone) che i vari oriundi/equiparati eccetera non siano in realtà più forti degli "italiani", ma vengano inseriti nel giro delle nazionali grazie ai maneggi dei procuratori.
- Da un lato, esistono delle regole IRB che sono state create espressamente per dare modo ad alcune nazionali di rinforzarsi tramite l'apporto di giocatori di formazione estera.
- Dall'altro, c'è la possibilità che un giocatore, cresciuto nel paese A, voglia giocare con la nazionale del paese B. Questo può accadere per senso di appartenenza, per soldi (sono dei professionisti), perché oramai vive nel paese B e la sua vita, i suoi amici, la moglie eccetera sono lì (tanto per dire: Robertson) o per tutte queste cose assieme.
- A complicare le cose, ci si mette il fatto che "formazione italiana" è un'espressione che viene usata anche per gente che si è formata all'estero, per i motivi che sappiamo.
Queste idee sono invece avversate da un gruppo di utenti, che mi pare decisamente più numeroso e al quale appartengo anch'io. In sintesi: innanzitutto in molti casi è difficile stabilire chi è italiano e chi non lo è, anche perché (come diddi ha dovuto spiegare più volte) ci sono persone che sono sia italiano che no (un esempio: Canale), per cui se bisogna stabilire un criterio che sarebbe comunque arbitrario, tanto vale usare le regole IRB. Non è produttivo, credo, starsi a chiedere se queste regole siano giuste o sbagliate. Sono le regole attuali del gioco; per me, ad esempio, sono eccessivamente permissive, ma la mia opinione non conta nulla. Magari le regole dovrebbero essere migliorate, ma finché sono quelle sono quelle. E poi dare la patente di italianità a questo sì e a quello no è anche abbastanza irrispettoso nei confronti di gente che ha dato il suo contributo alla nazionale in modo generoso e importante (che so, Palmer, Visser, Griffen). In ogni caso, non si può star lì a fare le pulci del perché e del percome di una scelta individuale. Anche perché, piaccia o meno, ci sono molti esempi di persone che possono sentire di appartenere a più di una nazione. Gioca chi Mallett ritiene tecnicamente più utile, purché possa farlo a norme vigenti. Punto: se un giocatore formatosi in Italia vuol giocare in nazionale, deve dimostrare i essere più forte di quell'altro cresiuto in Argentina, Sudafrica o vattelapesca.
Spero di aver riassunto le posizioni in modo equilibrato. E se qualcuno è arrivato a leggere fin qui, ringrazio e mi scuso di nuovo!
che fatica!!
a parte gli scherzi il discorso è molto semplice: in nazionale, per me, ci devono andare i giocatori prodotti dal movimento nazionale senza per questo essere contrario a stranieri nel caso facessero veramente la differenza. e qui sta il problema: tutti "equiparano" - la francia ha avuto sudafricani e georgiani etc....gli AB hanno gli isolani e così via.....il punto è che loro mettono in nazionale "stranieri" che sono top player mentre noi riempiamo la nazionale di mezzecalzette scartate non solo dalle nazionali di provenienza (magari) ma anche dai rispettivi campionati maggiori...(vi devo ricordare che si è avuto il coraggio di chiamare in nazionale spragg e simili?). quindi molto semplicemente, se lo straniero, non è forte al punto da essere chiaramente un valore aggiunto per la squadra nazionale (come in questo momento potrebbe - dico potrebbe perchè ancora non ha dimostrato di poterlo essere fino in fondo - essere gower) si fanno giocare i giocatori prodotti dall' "azienda rugbystica" italia per vari motivi tra i quali: è l'unico modo per dare continuità indiretta al lavoro di base ed è anche l'unica scelta sensata - o quantomeno quella che personalmente ritengo di gran lunga la migliore - in termini di gestione aziendale.
no perchè qua avanti di questo passo mi sembra che non si aspetti altro che zanni faccia qualche partita di merda per portare sugli altari vosawai........a quel punto "chi è causa del proprio mal pianga se stesso"
PROSIT