danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

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Garry
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Garry » 20 lug 2022, 13:40

Comunque, come ho già scritto in passato c'è anche modo di cercare di prevenire certe patologie neurodegenerative, perché hanno una base genetica.
Se dieci persone subissero gli stessi identici traumi, solo una percentuale di loro andrebbe incontro all'encefalopatia cronica traumatica.
Se gli esami dessero certe risposte, il medico dovrebbe sconsigliare al ragazzo qualsiasi sport di contatto.

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Garry
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Garry » 20 lug 2022, 13:48

Molto interessante a questo proposito l'intervista al prof. Sturla (non fate caso ai baffi...) comparsa su BoxeRingWeb (il grassetto è mio - l'accenno finale alla birra ghiacciata è una pugnalata al cuore, per me):


A colloquio con il Prof Sturla: alla base c'è la prevenzione
Come rendere più sicura la boxe e gli sport di contatto



Il Prof. Mario Ireneo Sturla è una presenza costante sotto i nostri ring e non solo. Non vi è chi mastichi un po’ di pugilato che non lo abbia visto più e più volte prestare con passione un indispensabile servizio per la sicurezza dei pugili. Lui si definisce “un clinico medico prestato alla medicina sportiva” e che prestito aggiungeremo noi. E’ a lui che abbiamo subito pensato dopo la inquietante lettura del bel libro di Tris Dixon dal titolo “Damage”, cioè “Danno” e dal sottotitolo “La storia non raccontata dei traumi al cervello nella boxe” che abbiamo presentato qualche mese fa su queste pagine web. In particolare ci aveva colpito del libro di Dixon tutta la parte riguardante la cosiddetta “encefalopatia cronica traumatica”, una patologia indotta dai colpi ricevuti alla testa e che in realtà è emersa in uno studio fatto sui giocatori di football americano e che ha portato, da parte di chi ne è stato vittima o dai suoi famigliari, a ingenti richieste di risarcimento. Quella patologia è attualmente diagnosticabile con certezza solo post-mortem in sede di autopsia al contrario di altre patologie neurodegenarative quali il morbo di Parkinson o di Alzheimer. Probabilmente è la stessa patologia di cui soffriva Muhammad Ali ma non lo sapremo mai con assoluta certezza perché i famigliari di “The Greatest” non hanno accettato di donare alla scienza il cervello del loro congiunto a differenza dei parenti di altri pugili deceduti. Un lungo colloquio con il Prof. Sturla è partito proprio da questo punto, non si è trattato di una classica intervista ma proprio di un colloquio che ha consentito a chi scrive di prendere ulteriore coscienza del problema ma non certo solo di questo perché chi scrive, con il Prof. Sturla e lo stesso Tris Dixon, ama il pugilato e ha molto rispetto dei pugili e si preoccupa della loro salute negli anni. Però per sintesi proviamo a mettere questo dialogo in forma di intervista.

BRW: Professor Sturla, la diagnosi di “Encefalopatia cronica traumatica” sembra essere determinabile solo in sede autoptica tramite la localizzazione di una proteina. Non sarebbe molto importante trovare il modo di diagnosticarla in vita onde poter fermare un pugile allo stadio iniziale della patologia?

MIS: In realtà si può agire sul piano della prevenzione. Da molti anni, e una mia pubblicazione sulla rivista internazionale Medsport 2001 lo testimonia, è stata data fondamentale importanza a un marker genetico, APOE4 cui sarebbero collegati precoci danni cerebrali e che configurerebbe una predisposizione alla demenza senile o di tipo Alzheimer. Un’altra interessante ricerca fatta all’UCLA (Università di Los Angeles), riguarda l’impiego in fase sperimentale di farmaci quali la dopamina e la ciclosporina nell’eventuale terapia dei traumi cranici . Sono disponibili da un po’ di anni quindi dei marker (marcatori) che consentono di stabilire in età pediatrica o immediatamente post pediatrica, diciamo 10-18 anni di età, la predisposizione che un individuo ha di sviluppare nel tempo una malattia neurodegenerativa. Questi marcatori sono identificabili con delle sigle-acronimi, fra queste il BDFN e l’UBCTHL1, basta un semplice prelievo di sangue e in 15 minuti si ha il risultato con una precisione del 99.7%, non c’è nemmeno bisogno di ricorrere a una TAC o a una risonanza magnetica. Con un esame del genere si può decidere se una ragazzina o ragazzino può essere indirizzato a uno sport di contatto o se è indispensabile che faccia altro, per esempio nuoto. Purtroppo questi marker però sono ancora molto sottoutilizzati da noi.

BRW: Quindi il discorso va impostato soprattutto sulla prevenzione anche per quanto riguarda eventi potenzialmente pericolosi nell’immediato?.

MIS: Assolutamente sì. Sono molti anni che faccio pubblicazioni, congressi, incontri esplicativi ma c’è ancora molta impreparazione in giro. E’ necessario che allenatori, arbitri, tutti coloro i quali lavorano nel pugilato siano consapevoli che la prevenzione può evitare situazioni drammatiche anche se è ovvio che il rischio-zero non esiste. Per esempio un arbitro deve imparare a riconoscere certi comportamenti di un pugile che possano far nascere il sospetto che abbia subito un danno importante e intervenire subito

BRW: Non sarebbe importante che il medico potesse intervenire e fermare un incontro al primo accenno di rischio?

MISI: Sono orgoglioso di essere stato il primo a proporre al WBC l’uso della “red card” che il medico può sventolare e di fronte alla quale l’arbitro deve subito interrompere il match. Anche la posizione del medico a bordo ring deve essere più vicina all’azione per poter valutare meglio e giudicare più in fretta. Mi è capitato anche recentemente di mulinare le braccia per avere visto un pugile a rischio mentre passava il tempo senza che i suoi secondi o l’arbitro se ne avvedessero o ne tenessero conto. E tenete presente che un conto è se sbaglio io e me ne assumo la responsabilità, ma se sbagliano gli altri è poi il medico sul quale ricade la responsabilità senza contare che poi sono sempre io quello che passa la notte in ospedale al fianco del pugile.

BRW: Su quali altri aspetti bisogna porre attenzione sia per la prevenzione che per un intervento corretto?

MIS: Per esempio sulla disidratazione che è un pericolo gravissimo. Le diete devono essere preparate ad hoc da medici esperti, non certo da persone che improvvisano. Una diminuzione dei liquidi nel corpo corrisponde per esempio alla diminuzione del liquido nel quale “galleggia” il nostro cervello. E’ una condizione pericolosissima per chi in questa condizione subisce un colpo alla testa. Da tempo col WBC abbiamo imposto un controllo periodico del peso che parte da 40 giorni prima del match basato su un calcolo di peso percentuale. Eppure c’è ancora chi corre il rischio di assumere sostanze quali i diuretici per perdere peso all’ultimo momento.

BRW: Quali altri esempi di impreparazione degli addetti ai lavori vanno stigmatizzati e quali errori corretti?

MIS: Per esempio è incredibile che io veda ancora oggi uomini d’angolo sprovvisti della borsa del ghiaccio. Il compianto Umberto Btanchini ne preparava sempre 3 o 4. E poi se c’è come viene usata! La borsa del ghiaccio non deve essere applicata sul petto del pugile a rischio di provocare un’aritmia cardiaca!. Va posata sulla nuca. E poi adesso c’è la moda di non sedersi sullo sgabello fra un round e l’altro. E’ un errore. La fase di riposo è indispensabile in un atleta che ha compiuto uno sforzo aerobico -anaerobico alternato simile per tre minuti.

BRW: E dopo il match cosa bisogna fare?

MIS: Proprio oggi devo vedermi con ciclisti come Gianni Bugno e Moreno Argentin che ho seguito quando correvano. Dopo una tappa si nutrivano con acqua e una macedonia. Così si comportavano grandi pugili che sono stati assistiti da me, da Rocky Mattioli a Maurizio Stecca a Giovanni Parisi per arrivare ai più recenti. Non si va fuori a cena al ristorante come niente fosse, eppure al giorno d’oggi c’è ancora chi si fa una birra ghiacciata.

Prevenzione dunque e consapevolezza. La boxe non può più ammettere l’improvvisazione e l’ignoranza ma adeguarsi agli standard di sicurezza che il XXI secolo per fortuna ci offre. Il Prof. Sturla con la sua competenza ed esperienza indica la strada che tutti dovrebbero seguire e lo fa con un’opera continua di informazione. Di questo, e non solo di questo, gli siamo grati.

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speartakle
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da speartakle » 20 lug 2022, 14:11

crouchbindset ha scritto:
20 lug 2022, 13:13
Beh sul piatto ci sarebbe anche come assicurarsi che nel rugby di base non si degeneri.
Spero che nessuno pensi che subire 10 concussion giocando nei campionati dilettanti non abbia le stesse conseguenze di lungo termine.
certo e sarà diretta conseguenza delle informazioni tratte anche dall'attività pro

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da speartakle » 20 lug 2022, 14:15

Garry ha scritto:
20 lug 2022, 13:32
Però non esageriamo, dai.
Chi è che ha subìto "8 - 10" concussion nella sua carriera (a parte North, naturalmente :lol:), dove lo avete visto?
Mosche bianche, ed esagero.
Fuori dal professionismo, poi, è praticamente impossibile.

La cosa grave, e quella più difficile da controllare, -RIPETO- sono i continui traumi in allenamento, e fuori dal professionismo non credo che si abbondi di allenamenti a pieno contatto e soprattutto che gli impatti siano di quella portata
credo che gli allenamenti a pieno contatto siano più frequenti in una serie A che a Treviso, per dire. Nei pro si fa molto meno gioco effettivo/esercizi completi che in fase di fomrazione, perchè vai sul dettaglio del movimento, sulla simulazione della situazione.
Anche il placcaggio, mica si mettono a farti fare l'1v1 completo. Sono giocatori che hanno già conoscenza di impatti ecc, hanno bisogno di affinare la tecnica.

Garry
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Garry » 20 lug 2022, 14:25

Sono anni che non assisto a un allenamento. Quello che ho letto negli articoli che hanno dato inizio a questo thread, non ricordo se quello di Thompson o l'intervista a Popham, dicevano che il pieno contatto c'era in tutti gli allenamenti, e intendevano senza scudi

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da speartakle » 20 lug 2022, 14:39

Garry ha scritto:
20 lug 2022, 14:25
Sono anni che non assisto a un allenamento. Quello che ho letto negli articoli che hanno dato inizio a questo thread, non ricordo se quello di Thompson o l'intervista a Popham, dicevano che il pieno contatto c'era in tutti gli allenamenti, e intendevano senza scudi
da Thopsnon e Popham ad oggi ne è passata di acqua sotto ai ponti.
Di allenamenti a pieno contatto, o contatto reale, non ne fanno tanti, c'è la partita per quello. Diverso magari in periodi dove non si gioca dove comunque bisogna aggiungere del contatto.

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da crouchbindset » 20 lug 2022, 14:42

Garry ha scritto:
20 lug 2022, 13:32
Però non esageriamo, dai.
Chi è che ha subìto "8 - 10" concussion nella sua carriera (a parte North, naturalmente :lol:), dove lo avete visto?
Mosche bianche, ed esagero.
Fuori dal professionismo, poi, è praticamente impossibile.

La cosa grave, e quella più difficile da controllare, -RIPETO- sono i continui traumi in allenamento, e fuori dal professionismo non credo che si abbondi di allenamenti a pieno contatto e soprattutto che gli impatti siano di quella portata
10 era un'esagerazione ovviamente, penso peró sia chiaro quello che cercavo di dire, che tu sia pro o dilettante le concussions fanno male uguale
"With respect a lot of you need to stop letting your emotions take over. Do not look at the individual who by the way is one of the best on and off the field. Just deal with the facts of the tackle, not who made it. That’s what we all do as officials now please stop being personal." Nigel Owens, August 2023

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da crouchbindset » 20 lug 2022, 14:48

Garry essere predisposti significa essere piú a rischio, ma non essere predisposti non significa non essere a rischio.
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Garry » 20 lug 2022, 15:08

crouchbindset ha scritto:
20 lug 2022, 14:48
Garry essere predisposti significa essere piú a rischio, ma non essere predisposti non significa non essere a rischio.
Ma è un punto di partenza importante, perché fa capire che non esiste una “quantità ragionevole”, una “quantità accettabile” di traumi, ma potrebbe essere necessaria anche una “scrematura” a monte, uno screening delle persone a rischio.
Sono considerazioni complementari

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da jpr williams » 20 lug 2022, 15:18

crouchbindset ha scritto:
20 lug 2022, 14:42
Garry ha scritto:
20 lug 2022, 13:32
Però non esageriamo, dai.
Chi è che ha subìto "8 - 10" concussion nella sua carriera (a parte North, naturalmente :lol:), dove lo avete visto?
Mosche bianche, ed esagero.
Fuori dal professionismo, poi, è praticamente impossibile.

La cosa grave, e quella più difficile da controllare, -RIPETO- sono i continui traumi in allenamento, e fuori dal professionismo non credo che si abbondi di allenamenti a pieno contatto e soprattutto che gli impatti siano di quella portata
10 era un'esagerazione ovviamente, penso peró sia chiaro quello che cercavo di dire, che tu sia pro o dilettante le concussions fanno male uguale
Si, ma nel pro te la procuri ad una velocità e contro una massa imparagonabile. E come dicevi più sopra magari trovi un medico che ti invita a lasciar perdere. Cosa che se avviene a quell'età riguarda dover perdere una passione, non il lavoro che ti dà da vivere.

Comunque credo si sia capito che non nutro una soverchia simpatia per il professionismo :wink:
Ciò detto sono conscio che non sia possibile tornare indietro: l'uomo raramente riesce a decidere di tornare indietro da qualcosa che pure lo danneggia enormemente a lungo termine, ma gli dà soddisfazioni immediate. Diversamente non avremmo cose come l'alcolismo, l'obesità e financo il climate change.
Quindi si, il punto centrale è come limitare la ineliminabile perniciosità per la salute del professionismo mirando ad avere meno danni possibile, ma sapendo che andranno comunque ad aumentare. Diciamo che si punta a mitigare la curva di crescita dei danni, sapendo che per abbatterla servirebbe quello che nessuno è disposto a fare. Come per l'alcolismo, l'obesità e il climate chamge,
Viviamo l'era del rugby itagliano che inizia a Treviso e finisce a Mogliano.
Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile (cit. Woody Allen)

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da crouchbindset » 20 lug 2022, 17:17

Garry ha scritto:
20 lug 2022, 15:08
crouchbindset ha scritto:
20 lug 2022, 14:48
Garry essere predisposti significa essere piú a rischio, ma non essere predisposti non significa non essere a rischio.
Ma è un punto di partenza importante, perché fa capire che non esiste una “quantità ragionevole”, una “quantità accettabile” di traumi, ma potrebbe essere necessaria anche una “scrematura” a monte, uno screening delle persone a rischio.
Sono considerazioni complementari
Certo la scrematura a monte sarebbe possibile
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da RigolettoMSC » 20 lug 2022, 19:14

jpr williams ha scritto:
20 lug 2022, 15:18
...................
Quindi si, il punto centrale è come limitare la ineliminabile perniciosità per la salute del professionismo mirando ad avere meno danni possibile, ma sapendo che andranno comunque ad aumentare.
..................
Magari! Ma è la natura stessa dello sport ad alto livello, non solo quello professionale che lo è per definizione, di essere deleterio per la salute. Anche nel golf, lo sport apparentemente meno traumatico di tutti, che si gioca in mezzo alla natura facendosi delle belle passeggiate e si può praticare anche con un piede nella fossa, se giocato professionalmente ad alti livelli procura dei danni (soprattutto alle articolazioni della spalla e alla colonna vertebrale) seri e a volte irreversibili. Un esempio è Francesco Molinari, nel 2018 ebbe una stagione superlativa (fu il primo nei guadagni "di campo", esclusi gli sponsor) tra cui si segnalano la vittoria nell'Open Championship e le cinque vittorie su altrettanti incontri nella Ryder Cup (primo europeo di tuti i tempi a riuscirci), ma quella stagione così straordinariamente brillante gli è costata una serie di gravi problemi alla schiena da cui si sta riprendendo solo ultimamente. Per non parlare del più famoso di tutti: Tiger Woods i cui problemi di salute legati alla sua attività di golfista possono riempire un'enciclopedia medica. Se tutto questo accade nel golf possiamo immaginare cosa può succedere nel rugby...
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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Coach8 » 20 lug 2022, 19:26

Garry ha scritto:
20 lug 2022, 13:32
Però non esageriamo, dai.
Chi è che ha subìto "8 - 10" concussion nella sua carriera (a parte North, naturalmente :lol:), dove lo avete visto?
Mosche bianche, ed esagero.
Fuori dal professionismo, poi, è praticamente impossibile.

La cosa grave, e quella più difficile da controllare, -RIPETO- sono i continui traumi in allenamento, e fuori dal professionismo non credo che si abbondi di allenamenti a pieno contatto e soprattutto che gli impatti siano di quella portata
Guarda anche la situazione di James Ryan dell'Irlanda (4 negli ultimi 2 anni ) o tutta la serie di complicazioni che ha portato al ritiro anticipato di Pat Lambie, Etzebeth che dopo aver contattato uno specialista e' stato fermo 3 mesi.(aveva subito 3 concussions in 1 anno)
Con i problemi collegati alle concussions si sono ritirati in parecchi :
Dillon Hunt ha chiuso a 26 anni la carriera, George Taylor a 25, Anthony Fainga'a a 32 , Bernard Jackman a 34 e forse e' il giocatore con il record di concussions , Dominic Ryan a 28 , Leon McDonald e Dan Bowden o Jason Eaton .Tutti hanno smesso per complicazioni derivate da concussions.

Quindi io mosche bianche non ne vedo e i casi ci sono , magari verranno fuori nei prossimi anni (speriamo di no o almeno il minimo possibile) altri nomi di giocatori da questa lista .
Inoltre impatti che magari non vengono presi in considerazione dai medici dei campi di c2/c1 ce ne sono stati e parecchi negli anni magari portano a problemi anche diversi se non rilevati in maniera opportuna.

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da stmod » 20 lug 2022, 19:29

RigolettoMSC ha scritto:
20 lug 2022, 19:14
jpr williams ha scritto:
20 lug 2022, 15:18
...................
Quindi si, il punto centrale è come limitare la ineliminabile perniciosità per la salute del professionismo mirando ad avere meno danni possibile, ma sapendo che andranno comunque ad aumentare.
..................
Magari! Ma è la natura stessa dello sport ad alto livello, non solo quello professionale che lo è per definizione, di essere deleterio per la salute. Anche nel golf, lo sport apparentemente meno traumatico di tutti, che si gioca in mezzo alla natura facendosi delle belle passeggiate e si può praticare anche con un piede nella fossa, se giocato professionalmente ad alti livelli procura dei danni (soprattutto alle articolazioni della spalla e alla colonna vertebrale) seri e a volte irreversibili. Un esempio è Francesco Molinari, nel 2018 ebbe una stagione superlativa (fu il primo nei guadagni "di campo", esclusi gli sponsor) tra cui si segnalano la vittoria nell'Open Championship e le cinque vittorie su altrettanti incontri nella Ryder Cup (primo europeo di tuti i tempi a riuscirci), ma quella stagione così straordinariamente brillante gli è costata una serie di gravi problemi alla schiena da cui si sta riprendendo solo ultimamente. Per non parlare del più famoso di tutti: Tiger Woods i cui problemi di salute legati alla sua attività di golfista possono riempire un'enciclopedia medica. Se tutto questo accade nel golf possiamo immaginare cosa può succedere nel rugby...
A mio modesto parere e per le estremamente limitate cose che ho visto direttamente, lo sport diventa un problema quando e' esasperato (ed a maggior ragione profesionistico) .
Ed io mi chiedo piu' in generale che futuro abbiano gli sport piu' esposti come rugby / ciclcismo / pugilato. Credo che gi ultimi due siano in costante declino di praticanti (ma non saprei dove controllare i numeri per conferma).
Alla fine le lotte gladiatorie (che erano lo sport di 2000 anni fa) sono finite. Magari con una maggiore consapevolezza finiranno acnhe gli sport piu' a rischio di procurare danni ai fisici di chi li pratica.
Leggevo tempo fa un articolo (credo postato da Old Prussians, ma non ne sono certo) sul fatto che in NFL la maggior parte dei giocatori venga dalle regioni piu' povere degli stati del sud. Questo perche' e' ancora la via principale per riscattarsi socialmente.
Allo stesso modo (e sempre in media, non in generale) io notavo come sempre piu' ragazzi di colore fanno strada nelle giovanili del rugby. E' perche' sono fisicamente piu' predisposti, o perche' statisticamente vengono da contesti meno fortunati e usano ancora lo sport come mezzo di riscatto?
Se mai, vivaddio, in futuro non ci sara' piu' bisogno di riscattarsi socialmente, troveremo ancora sufficienti praticanti per questi sport?
Non ho una risposta ed onestamente l'argomento c'entra poco con la concussion di cui parla il topic. E' pero' interessante capire verso dove va lo sport che cosi' tanto ci piace....
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Vincitore dello strampalato Nostradamus nell' Annus Horribilis 2020
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

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Re: danni cerebrali, demenza, cte nel rugby

Messaggio da Garry » 20 lug 2022, 19:33

@ Rigoletto

Certo, e qui subentra la consapevolezza dell'atleta.
Finché si tratta di mal di schiena (anche Chechi diceva all'intervistatore "Vede, io le sto rispondendo, ma in questo momento ho un mal di schiena atroce") si può dire che l'atleta può anche accettare il rischio, se si tratta di un'attività così ben remunerata.
Un'artrosi causata dal golf può essere uguale, poniamo, a una che ti viene dopo 30 anni di catena di montaggio, ma è inutile che segnali la differenza, credo.

Diverso è l'argomento centrale di questo thread, che coinvolge famiglie, anziché le distrugge, a quanto pare.
Che toglie l'autonomia a persone he non hanno ancora raggiunto i 50 anni e che rovina per sempre le loro relazioni con il resto del mondo.
Gente che nelle fasi iniziali diventa violenta, con moglie e figli che spesso ne fanno le spese, e con tutto il resto che ormai è noto

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