roy bish

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

Moderatore: Emy77

franky52
Messaggi: 1150
Iscritto il: 24 ott 2005, 0:00

Messaggio da franky52 » 9 lug 2006, 9:59

Abbiamo parlato di professionismo imperante, indicato da alcuni come dell'origine di questo stato pietoso delle cose (leggi R.Rovigo L'aquila) e in altri 3D si parla di campioni che hanno calcato i campi nostrani, dell'assenza di sponsor di livello ...
ma può essere che ci siano interessi forti a cui non interessa che la situazione si modifichi?
"Il potere logora chi non ce l'ha!" diceva un politico che di potere ne ha avuto e ne ha tutt'ora!

Pensavo giocatori e sponsor del mio tempo e a qualcosa che ridesse un po' fiato a questo forum.
Pescando nel torbido stagno dei ricordi mi e tornato alla mente l'unica volta che ho calpestato la "sacra" erba del Flaminio.
Novembre del '77, match amichevole Algida Roma Vs Interforze EI.
Ricordo la prima linea avversaria:
Bona Vitelli Altigeri,
altrettanto bene la seconda:
Frank Oliver e Andy Haden (si proprio lui ... il primo ad aver scritto sul passaporto Professional Rugby Player)
Ricordo ancora, per vecchia amicizia di campo, Fabrizio Gaetaniello, estremo
... il resto della formazione sfuma nella nebbia dei ricordi e sicuramente qualcuno la potrà completare,
... forse l'amnesia è causata dagli ingaggi in prima linea di quel pomeriggio o un da un paio di incontri ravvicinati con i due NewZealander trucks, visto che Siano e Olivares ebbero la bella pensata di spostarmi nelle touches in posizione di mediano per arginare le partenze dei due Kiwi.

Insomma per riprendere il filo del preambolo ... a Rovigo c'era la Sanson, campioni del '76, e il gelataio concorrente Algida aveva fatto uno squadrone a Roma, a Padova il Petrarca, ancora sotto l'egida di Memo Geremia, vinceva il titolo del '77 e il Treviso, campione '78, non ricordo se fosse già targato Benetton.
Sponsor importanti permettevano a fior di campioni di essere sui nostri campi, dove con italica furbizia, secondi solo ai francesi, gli stipendi dei giocatori ingaggiati erano i più alti, in un periodo dove nel Rugby si poteva essere squalificati per professionismo.
Ancora un collegamento per riprendere l'introduzione dell'argomento ... chi ricorda chi era il capo delegazione della nazionale italiana nel tour in Zimbawe di quegli anni? dove c'erano uno stuolo di persone al seguito della comitiva, presumo a spese FIR, ma i giocatori non avevano sufficiente assistenza medica e fisioterapica!
Ah la memoria!
Goofus bird: un uccello che vola all'indietro, perché non gli interessa sapere dove va, ma da dove viene.(Borges - Manuale di zoologia fantastica)

lurre
Messaggi: 228
Iscritto il: 20 apr 2004, 0:00
Località: zena

Messaggio da lurre » 10 lug 2006, 15:06

per combinazione ho qui in ufficio una vecchia copia di "Baseball & Rugby" del gennaio '77...era Metalcrom Treviso... nel 77 aveva solo 1 (uno) scudetto al suo attivo, nel 1956
su questa copia c'è un bell'articolo su Roy Bish "L'uomo della riscossa" ed uno altrettanto bello su Bona..."Io sono un pilone, gli altri giocano al rugby"...
saluti

GRUN
Messaggi: 594
Iscritto il: 2 dic 2005, 0:00
Località: USCIO (GE)

Messaggio da GRUN » 10 lug 2006, 16:44

Gli interessi forti dei quali parla Franky52 credo siano quelli del Petrarca e nelle altre società dominanti negli settanta e ottanta. Certo a Padova, L'Aquila e Rovigo l'avvento del professionismo ha creato scompensi ai quali è stato più difficile porre rimedio rispetto ad altre realtà più "agili" storicamente, non costrette a confrontarsi con il peso, se lo vogliamo definire così, della tradizione ed attive in contesti socio-economici più favorevoli all'attività professionale. Reperire pool di sponsor, coinvolgere imprenditori, sviluppare sinergie è molto più facile a Viadana, Parma, Calvisano, piuttosto che a Rovigo, che risulta una delle province economicamente più depresse e col maggior tasso di disoccupazione del nord Italia. Ma anche su questo tema sarebbe utile un approfondimento. Franky52 ha accennato all'Algida Roma e alla Sanson. Nella stagione 1981/82 L'Aquila venne sponsorizzata dalla Scavolini (il rapporto sarebbe durato fino al 1993) e Frascati dalla Ferrarelle. Erano marchi importanti, rappresentativi di imprese medie e grandi, spesso molto grandi. Ad attrarle era una visibilità del campionato di rugby maggiore rispetto ad oggi, con ricaduta benefica sul marchio aziendale. Le partite del massimo campionato venivano spesso trasmesse (almeno il secondo tempo) in diretta al pomeriggio della domenica sul secondo canale ed i risultati e la classifica letti, in orario umano, alla Domenica Sportiva, che elargiva ai poveri affamati di rugby anche un servizio sul match più importante della giornata. Considerato l'esiguo numero di canali disponibili all'epoca, un passaggio domenicale in Rai Tv, seppur parziale, significava comunque essere visti da un numero consistente di telespettatori. E la Domenica Sportiva aveva pletore di fedelissimi, al confronto delle quali i numeri che ottiene oggi quella trasmissione (che per altro ha sostanzialmente espulso tutti gli sport che non siano il calcio) fanno sorridere. Inoltre si giocava in stadi pieni, che registravano migliaia di presenze per gli incontri più importanti. Tutto questo contribuiva a fare del rugby un obiettivo appetibile per i grandi marchi sopra ricordati, anche perché i budget delle squadre erano comunque ridotti e l'investimento di conseguenza non esagerato, ma vantaggioso. Oggi assistiamo, con la pentola scoperchiata ed il professionismo dichiarato, ad uno dei tanti paradossi del rugby italiano contemporaneo: a nessuno di questi grandi marchi, che potremmo definire di dimensione nazionale, interessa avventurarsi in una sponsorizzazione economicamente consistente.. Troppo alti i budget, con decine di persone a libro paga e spese varie elevate, troppo insignificante il ritorno, col massimo campionato sparito dai grandi canali comunicativi della tv "generalista" e spazi ridicoli sui principali quotidiani sportivi. Così, più di allora, il respiro si è fatto corto, e molte società, anche le più ricche ed organizzate, ricorrono all'inevitabile escamotage della cordata di molti sponsor locali, col risultato un pò grottesco di tappezzare ogni area anatomica del giocatore ricopribile da indumenti, chiappe comprese, di minuscole finestrelle racchiudenti il logo di un'azienda medio piccola... Siamo sempre lì: al di là degli interessi particolari, al di là delle resistenze più o meno marcate al nuovo modello proposte da quella o quell'altra società, al di là invece di entusiastiche adesioni, siamo sempre a dover verificare dei difetti di crescita e sviluppo. Su LA META di luglio si sottolinea che il budget dello Stade Toulousain è di poco inferiore a quello della nazinale italiana: come possono i club italiani, anche quelle più solidi e meglio organizzati, competere con queste corazzate? Come possono tenere in piedi certe strutture senza adeguati ritorni, economici, d'immagine, di soddisfazione sul campo? Le nuove strategie adottate dalla Benetton fanno intendere che su questi temi è stata avviata una riflessione e che forse è meglio ridimensionarsi, gratificando i giovani provenienti dal vivaio. In questo momento nessuna squadra italiana può opporsi alle lusinghe dei club stranieri e la diaspora verso le squadre francesi ed inglesi lo dimostra. Disperso il patrimonio di certezze insito nel rugby dell'Antico Testamento, in Italia, sottolineo, in Italia, non si è trovata una nuova dimensione compatibile con le nuove esigenze e sostenibile per tutti i club. Si è pensato che chiamare Super10 il campionato potesse far entrare tutti nell'Eldorado, che gli sponsor avrebbero fatto la coda pur di entrare nel magico mondo del rugby, che l'ingresso degli esperti di marketing negli organigrammi societari avrebbe portato a chissà quali rivoluzioni epocali... Non mi sembra che ciò sia avvenuto. Speriamo che questi dieci anni siano stati un periodo di gestazione, uno scotto inevitabile da pagare per entrare nel Nuovo Mondo. Certo che se dovessero perdere realtà come Rovigo e L'Aquila il costo sarebbe stato davvero alto...

BixBeiderbecke
Messaggi: 3312
Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00

Messaggio da BixBeiderbecke » 10 lug 2006, 17:03

franky52 ha scritto: Ricordo la prima linea avversaria:
Bona Vitelli Altigeri,
altrettanto bene la seconda:
Frank Oliver e Andy Haden (si proprio lui ... il primo ad aver scritto sul passaporto Professional Rugby Player)

... visto che Siano e Olivares ebbero la bella pensata di spostarmi nelle touches in posizione di mediano per arginare le partenze dei due Kiwi.
L'ho "conosciuta" da vicino anch'io, quella Roma. Adesso sarebbe pura fiction pensare ad una squadra del Super 10 che possa schierare le due seconde linee degli All Blacks...

E Siano ed Olivares? Dove saranno finiti? La squadra di rugby dell'esercito non c'è più a Napoli, se non sbaglio

verosqualo
Messaggi: 62
Iscritto il: 13 feb 2005, 0:00

Messaggio da verosqualo » 10 lug 2006, 20:36

GRUN ha scritto:Gli interessi forti dei quali parla Franky52 credo siano quelli del Petrarca e nelle altre società dominanti negli settanta e ottanta. Certo a Padova, L'Aquila e Rovigo l'avvento del professionismo ha creato scompensi ai quali è stato più difficile porre rimedio rispetto ad altre realtà più "agili" storicamente, non costrette a confrontarsi con il peso, se lo vogliamo definire così, della tradizione ed attive in contesti socio-economici più favorevoli all'attività professionale. Reperire pool di sponsor, coinvolgere imprenditori, sviluppare sinergie è molto più facile a Viadana, Parma, Calvisano, piuttosto che a Rovigo, che risulta una delle province economicamente più depresse e col maggior tasso di disoccupazione del nord Italia. Ma anche su questo tema sarebbe utile un approfondimento. Franky52 ha accennato all'Algida Roma e alla Sanson. Nella stagione 1981/82 L'Aquila venne sponsorizzata dalla Scavolini (il rapporto sarebbe durato fino al 1993) e Frascati dalla Ferrarelle. Erano marchi importanti, rappresentativi di imprese medie e grandi, spesso molto grandi. Ad attrarle era una visibilità del campionato di rugby maggiore rispetto ad oggi, con ricaduta benefica sul marchio aziendale. Le partite del massimo campionato venivano spesso trasmesse (almeno il secondo tempo) in diretta al pomeriggio della domenica sul secondo canale ed i risultati e la classifica letti, in orario umano, alla Domenica Sportiva, che elargiva ai poveri affamati di rugby anche un servizio sul match più importante della giornata. Considerato l'esiguo numero di canali disponibili all'epoca, un passaggio domenicale in Rai Tv, seppur parziale, significava comunque essere visti da un numero consistente di telespettatori. E la Domenica Sportiva aveva pletore di fedelissimi, al confronto delle quali i numeri che ottiene oggi quella trasmissione (che per altro ha sostanzialmente espulso tutti gli sport che non siano il calcio) fanno sorridere. Inoltre si giocava in stadi pieni, che registravano migliaia di presenze per gli incontri più importanti. Tutto questo contribuiva a fare del rugby un obiettivo appetibile per i grandi marchi sopra ricordati, anche perché i budget delle squadre erano comunque ridotti e l'investimento di conseguenza non esagerato, ma vantaggioso. Oggi assistiamo, con la pentola scoperchiata ed il professionismo dichiarato, ad uno dei tanti paradossi del rugby italiano contemporaneo: a nessuno di questi grandi marchi, che potremmo definire di dimensione nazionale, interessa avventurarsi in una sponsorizzazione economicamente consistente.. Troppo alti i budget, con decine di persone a libro paga e spese varie elevate, troppo insignificante il ritorno, col massimo campionato sparito dai grandi canali comunicativi della tv "generalista" e spazi ridicoli sui principali quotidiani sportivi. Così, più di allora, il respiro si è fatto corto, e molte società, anche le più ricche ed organizzate, ricorrono all'inevitabile escamotage della cordata di molti sponsor locali, col risultato un pò grottesco di tappezzare ogni area anatomica del giocatore ricopribile da indumenti, chiappe comprese, di minuscole finestrelle racchiudenti il logo di un'azienda medio piccola... Siamo sempre lì: al di là degli interessi particolari, al di là delle resistenze più o meno marcate al nuovo modello proposte da quella o quell'altra società, al di là invece di entusiastiche adesioni, siamo sempre a dover verificare dei difetti di crescita e sviluppo. Su LA META di luglio si sottolinea che il budget dello Stade Toulousain è di poco inferiore a quello della nazinale italiana: come possono i club italiani, anche quelle più solidi e meglio organizzati, competere con queste corazzate? Come possono tenere in piedi certe strutture senza adeguati ritorni, economici, d'immagine, di soddisfazione sul campo? Le nuove strategie adottate dalla Benetton fanno intendere che su questi temi è stata avviata una riflessione e che forse è meglio ridimensionarsi, gratificando i giovani provenienti dal vivaio. In questo momento nessuna squadra italiana può opporsi alle lusinghe dei club stranieri e la diaspora verso le squadre francesi ed inglesi lo dimostra. Disperso il patrimonio di certezze insito nel rugby dell'Antico Testamento, in Italia, sottolineo, in Italia, non si è trovata una nuova dimensione compatibile con le nuove esigenze e sostenibile per tutti i club. Si è pensato che chiamare Super10 il campionato potesse far entrare tutti nell'Eldorado, che gli sponsor avrebbero fatto la coda pur di entrare nel magico mondo del rugby, che l'ingresso degli esperti di marketing negli organigrammi societari avrebbe portato a chissà quali rivoluzioni epocali... Non mi sembra che ciò sia avvenuto. Speriamo che questi dieci anni siano stati un periodo di gestazione, uno scotto inevitabile da pagare per entrare nel Nuovo Mondo. Certo che se dovessero perdere realtà come Rovigo e L'Aquila il costo sarebbe stato davvero alto...
ragazzi quella di GRUN mi sembra un'analisi così profonda precisa e acuta che penso difficilmente vi sia qualcuno che non la condivida e sottoscriva.
Ma, caro amico, è un pò che ci penso... ora sarebbe il tempo di trovare una via percorribile per il nostro rugby e per le gloriose città della storia del nostro sport. Tutte le ipotesi che mi vengono in mente contengono in sè il virus della rinuncia alla platea di primo piano e perciò la risposta unanime che ottengo è quella per cui nessuno si impegnerebbe fuori delle abituali vetrine...dunque il rugby morirebbe per mancanza totale di sostegno. Ecco allora il perpetuarsi di rincorse senza fiato ed energie verso soluzioni le più improbabili.
Allora, caro GRUN, una mente lucida come la tua che scenari prevede e, soprattutto, se per magia avessi tu il potere di cambiare le cose cosa faresti subito e a quale obbiettivo tenderesti. Il gioco, lo so, è complicato, ma sono davvero curioso ed ansioso di conoscere il tuo progetto. Da parte mia, spesso l'ho detto, veramente non saprei dire qual'è la via giusta....mi accontento di consapevolizzare l'arduo problema che il Rugby ha davanti... :? :? :?

zio_pera
Messaggi: 363
Iscritto il: 2 apr 2003, 0:00
Località: Viadana

Messaggio da zio_pera » 10 lug 2006, 20:52

roxhano ha scritto:A proposito di Bisch, ho ritrovato nel cassetto dei ricordi, un simpatico aneddoto con Guglielmo Prima (livornese ed attuale allenatore de I Cavalieri Prato) ad un corso di aggiornamento per allenatori intorno agli anni '70..
<BR>
<BR>"...Sempre a quel corso la mitica domanda di Guglielmo a Bish su come si schiera l'ala chiusa:"o Bisce ma quando in terra c'è la mota (fango ndr) come la schiero l'ala? profonda, più vicina alla rimessa?". "mota, what's mota?". "Come cos'è la mota? La mota, la fanga, il merdaio".
<BR>
<BR>Per chi conosce Guglielmo, c'è da massacrarsi dalle risate.... sembra di vederlo!!!
<BR>
<BR>


MITICO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
VAI GUGLIEMO!!!!!!! er budello....de su madre.......
<BR> :-]

sanzen
Messaggi: 386
Iscritto il: 9 ott 2003, 0:00

Messaggio da sanzen » 10 lug 2006, 22:08

Rinnovo la mia partecipazione a questa discussione dando una succinta e spero esauriente risposta al nostro valente tallonatore:
Quattro squadre regionali formate da giocatori italiani di esperienza e caratura internazionale con giovani pronti per il grande salto e stranieri validi e utili. Dovrebbero essere l'espressione come gioco, qualità e tradizione delle zone di raccolta dei giocatori, dirigenti e ambiente, con una sede per gli incontri fissa e ben attrrezzata. Avrebbero queste squadre una funzione europea e relativa esposizione pubblicitaria.
Il serbatoio di raccolta delle quattro compagini sarebbe la serie A (attuale Top Ten) allargata a 12 squadre in cui tutte le tradizionali squadre cittadine si affronterebbero in un campionato con girone all'italiana senza playoffs con due retrocessione. Questo campionato dovrebbe essere il cuore pulsante del sistema del rugby Italiano per l'allevamento e la valorizazzione dei giovani. ogni squadra dovrebbe avere una under 21 o riserve o speranze con cui fare un campionato parallelo. A seguire due gironi di serie B con girone all'Italiana e due promozioni, la prima di ogni girone. Naturalmente squadra under 21 e giovanili; poi una serie C a livello regionale con finali interregionali per l'accesso alla B con bonus di punti a quelle società che presentano un settore giovanile attivo ed effciente. Priviligerei delle strutture di base nelle serie B e C, con la costruzione delle giovanili come attività primaria e poi eventualmente con la partecipazione ai campionati di serie. cercando una marcata propensione all'aspetto cittadino o di zona per quanto riguarda l'organizzazione e la raccolta di fondi.
Non vado a vedere quale potrebbe essere il campionato per le squadre regionali, ma credo che in un prossimo futuro anche le super corazzate del continente dovranno fare una scelta perchè la gestione di due squadre contemporaneamente, una per l'HC e l'altra per il campionato nazionale costano cifre in euro o sterline che difficilmente potranno essere costantemente pagate e il divario tra squadre, soprattutto nei campionati nazionali, sta anche diventando elevato con conseguente calo d'interesse del pubblico e degli investitori.
Non parliamo poi della salvaguardia del patrimonio atleti che sono ultimamente sottoposti ad una marea di impegni con le conseguenze di cui tutti siamo al corrente.
Il rugby europeo soffre una crescita troppo veloce e deviante in molti aspetti, credo Verosqualo che il famoso passo indietro sarà fatto ,per il bne comune, da molti.
Buona estate[/img]

Avatar utente
lelacat
Messaggi: 484
Iscritto il: 26 mag 2005, 0:00
Località: Repubblica Marinara di Cogoleto

Messaggio da lelacat » 11 lug 2006, 0:53

sanscrito ha scritto:Vecchio Grun, cosa vi posso raccontare di questi rugbisti genovesi come Salsi o Franzone o Selvaggio? Che sono tutti vecchie pellacce, che tutti, più o meno, hanno intrapreso la strada dell'allenatore, credo soprattutto per poter restare ancora in campo con una palla in mano e farsi beffe del tempo che passa. Di Lorenzo Massa ti posso dire che è stato un grande pilone, con un grande padre a cui tutti coloro che hanno giocato nel Cus Genova vogliono un gran bene. E Lorenzo fa il dirigente. Ai miei tempi lo era della giovanile, e io non ho mai capito perché uno così bravo, e preparato e importante per lo spogliatoio non fosse con la prima squadra, che era abbandonata a se stessa. Ma forse, vedendo adesso quanti suoi ragazzi sono (per forza o meno) in prima squadra, è stato bene così. Piuttosto, Grun, levami una curiosità che ora come ora non riesco a soddisfare da solo: quanti del Cus Genova erano in quegli anni in nazionale? Credo fosse un gruppo piuttosto compatto, o no?
....Lorenzo "Lollo" Massa, oltre ad avere un gran padre, ha anche un grande figlio, Mino. 8-)

verosqualo
Messaggi: 62
Iscritto il: 13 feb 2005, 0:00

Messaggio da verosqualo » 11 lug 2006, 18:13

sanzen ha scritto:Rinnovo la mia partecipazione a questa discussione dando una succinta e spero esauriente risposta al nostro valente tallonatore:
Quattro squadre regionali formate da giocatori italiani di esperienza e caratura internazionale con giovani pronti per il grande salto e stranieri validi e utili. Dovrebbero essere l'espressione come gioco, qualità e tradizione delle zone di raccolta dei giocatori, dirigenti e ambiente, con una sede per gli incontri fissa e ben attrrezzata. Avrebbero queste squadre una funzione europea e relativa esposizione pubblicitaria.
Il serbatoio di raccolta delle quattro compagini sarebbe la serie A (attuale Top Ten) allargata a 12 squadre in cui tutte le tradizionali squadre cittadine si affronterebbero in un campionato con girone all'italiana senza playoffs con due retrocessione. Questo campionato dovrebbe essere il cuore pulsante del sistema del rugby Italiano per l'allevamento e la valorizazzione dei giovani. ogni squadra dovrebbe avere una under 21 o riserve o speranze con cui fare un campionato parallelo. A seguire due gironi di serie B con girone all'Italiana e due promozioni, la prima di ogni girone. Naturalmente squadra under 21 e giovanili; poi una serie C a livello regionale con finali interregionali per l'accesso alla B con bonus di punti a quelle società che presentano un settore giovanile attivo ed effciente. Priviligerei delle strutture di base nelle serie B e C, con la costruzione delle giovanili come attività primaria e poi eventualmente con la partecipazione ai campionati di serie. cercando una marcata propensione all'aspetto cittadino o di zona per quanto riguarda l'organizzazione e la raccolta di fondi.
Non vado a vedere quale potrebbe essere il campionato per le squadre regionali, ma credo che in un prossimo futuro anche le super corazzate del continente dovranno fare una scelta perchè la gestione di due squadre contemporaneamente, una per l'HC e l'altra per il campionato nazionale costano cifre in euro o sterline che difficilmente potranno essere costantemente pagate e il divario tra squadre, soprattutto nei campionati nazionali, sta anche diventando elevato con conseguente calo d'interesse del pubblico e degli investitori.
Non parliamo poi della salvaguardia del patrimonio atleti che sono ultimamente sottoposti ad una marea di impegni con le conseguenze di cui tutti siamo al corrente.
Il rugby europeo soffre una crescita troppo veloce e deviante in molti aspetti, credo Verosqualo che il famoso passo indietro sarà fatto ,per il bne comune, da molti.
Buona estate[/img]
Interessante, mi sembra una buona sintesi di varie esigenze e buon punto di partenza e GRUN che ne pensa?

GRUN
Messaggi: 594
Iscritto il: 2 dic 2005, 0:00
Località: USCIO (GE)

Messaggio da GRUN » 12 lug 2006, 17:14

Che penso, caro e vero squalo? Che è più facile parlare del toro che affrontarlo nell'arena... Comunque provo a dire la mia, partendo, ahivoi, da lontano. Fino agli anni novanta il cuore pulsante, il vero centro di gravità del rugby italiano è il campionato, che decennio dopo decennio si è dotato di un'identità, si è garantito un seguito e a a partire dal 1969 ha elevato il proprio livello tecnico accogliendo giocatori stranieri che spesso sono autentici campioni, leggende delle nazionali più forti del mondo (e su questo tema sarà il caso di tornare). La nazionale dispone solo della Coppa Europa, dove si confronta con squadre forti quali Francia A e Romania, ma anche contro rivali dal tasso tecnico ridotto, insieme alle quali, specie nei primissimi anni settanta, e non me ne vogliano i protagonisti di allora, ingaggia quelli che il grande Aldo Giordani avrebbe chiamato "giganteschi ciapanò", partite passate alla storia per la povertà di contenuti ed il risultato finale sconfortante (Italia-Portogallo 0-0 a Padova nel 1972, Italia-Jugoslavia 13-12 ad Aosta sempre nello stesso anno, Portogallo-Italia 9-6 ed Italia-Cecoslovacchia 3-3 a Rovigo nel 1973). Le occasioni per confrontarsi con nazioni rugbisticamente più evolute sono rare, anche se dalla tournée sudafricana del 1973 qualcosa inizia a muoversi ed i contatti di prestigio e le opportunità di accrescimento sempre più numerosi. L'arrivo quali allenatori della nazionale di Bish, James (in misura minore) e Villepreux contribuisce ad un sensibile miglioramento e pure il livello della Coppa Europa, con l'ingresso nel 1978 dell'URSS, si eleva, ma è sempre il campionato a scaldare i cuori degli appassionati, con squadre capaci di rappresentare aree ormai votate al rugby e partite in grado di trascinare allo stadio migliaia, a volte decine di migliaia, di spettatori. La presenza di quei campioni stranieri ai quali ho fatto cenno prima garantisce credibilità tecnica ai confronti ed il pubblico s'identifica in quei ragazzi italiani che generati da un ambiente ben definito si assumono la responsabilità e l'onore di rappresentarlo sul campo. Le coppe europee per club non sono nemmeno immaginabili e anche questo elemento contribuisce a regalare fascino e forza ai confronti tra Petrarca e Rovigo o L'Aquila e Treviso. La situazione in sostanza non muta fino agli anni novanta, quando l'avvento ed il successo della Coppa del Mondo, l'irruzione di Murdoch ed altre forze centrifughe ormai incontrollabili dai guardiani del rugby dilettantistico sanciscono l'avvento del professionismo. Come scritto alcune pagine indietro, le nazioni storicamente più coinvolte dal fenomeno rugby sono perfettamente in grado di assorbire e metabolizzare il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento. E' il movimento italiano a manifestare crisi di crescita. Trascinato nel Sei Nazioni dai risultati della nazionale di Fourcade e soprattutto da quelli ottenuti con Coste alla guida, il nostro rugby ghermisce la chimera e crede che con l'ingresso nel Tempio, al quale fino a qualche anno prima non era nemmeno consentito avvicinarci, il disegno della Storia sia definitivamente realizzato. Non ci accorgiamo che il nostro microcosmo, per dimensioni e stratificazioni culturali adatto al dilettantismo, non può assorbire senza conseguenze un evento di tale portata. La nazionale in qualche maniera realizza i necessari adattamenti e riesce a convogliare su di sé le attenzioni del pubblico e dei media. Il campionato, privato fin dai primi anni novanta del contributo dei grandi giocatori stranieri, ormai assorbiti dal Super 12 e dagli altri campionati in grado di garantire loro quelle soddisfazioni economiche un tempo vietate, inizia a disfarsi in un malinconico languore. Le antiche certezze si sbriciolano, i miti dell'origine si frantumano. Sugli spalti di stadi un tampo avvezzi alle lusinghe della folla, si creano insospettabili intimità tra gli spettatori, così pochi da riconoscersi e salutarsi con un calore ed una familiarità che bene si addicono a felici relazioni sociali, meno alle ambizioni di squadre professionistiche. Mentre gli sponsor nicchiano e la ricerca di liquidità angustia i dirigenti dei club, i roster s'ingrossano di nomi da mettere a libro paga. I vivai sono sempre più trascurati, i confronti nelle coppe europee mettono impietosamente a nudo i limiti anche tecnici delle nostre squadre. Qualcuno si accorge che i buoi sono già scappati, ma in alto loco si grida che la stalla è sempre piena, un paradosso che sarebbe piaciuto ad Ennio Flajano. La mazzata finale la assesta, involontariamente, Sky, che garantisce da bere agli assetati trasmettendo rugby da ogni angolo del mondo, evidenziando il gap che esiste tra il nostro ed altri campionati, specie il Super 12, ora 14, ben più spettacolari. I ragazzini rimangono affascinati dai superuomini dell'emisfero australe e così nell'estate del 2005 si consuma l'ennesimo atto paradossale della nostra commedia: ad una partita amichevole a Treviso tra la Benetton ed il club inglese di Carlos Spencer accorrono 2500 spettatori entusiasti e desiderosi di ammirare i funambolismi del giocatore neozelandese. Qualche mese dopo, nello stesso stadio, per la semifinale di Super 10 tra benetton e Gran Parma, non si arriva a mille anime...

GRUN
Messaggi: 594
Iscritto il: 2 dic 2005, 0:00
Località: USCIO (GE)

Messaggio da GRUN » 12 lug 2006, 17:51

Allora, che fare? Le proposte di Sanzen, che saluto, mi sembrano ben articolate ed in gran parte condivisibili. Come ha accennato Verosqualo, sarebbe in primis necessario fare un passo indietro, accettando un apparente ridimensionamento che però è per il nostro campionato non solo salutare, ma inevitabile e già in atto. Mi sembra chiaro che per i prossimi anni sarà impossibile per le squadre italiane opporsi alle proposte economiche che giungono e giungeranno ai nostri giocatori migliori o ritenuti più adatti ai campionati francese ed inglese. E' l'occasione di ridurre i budget e dare spazio ai ragazzi più promettenti, lavorando in profondità, lanciando un segnale forte anche per il futuro, scegliendo giocatori stranieri davvero indispensabili e non di dubbio valore. Questo implica anche la necessità di ricorrere alle selezioni geografiche per le coppe europee, magari riesumando le vecchie denominazioni di Lupi, Dogi e Zebre. Prendere continue batoste in giro per il continente non penso giovi ad alcuno ed è auspicabile che in quest'ottica club e federazione riescano a collaborare, reperendo magari anche gli sponsor interessati a manifestazioni ad ampio respiro da affrontare con un mimimo di competitività. Un altro problema che si è esacerbato negli ultimi anni contribuendo al collasso del campionato è la frantumazione del calendario, che per impegni di nazionale e coppe europee ha finito per ridurre in schegge il Super 10, che tiene un andamento a singhiozzo per nulla adatto a tenere desto l'interesse di un pubblico già abbastanza distratto. Le proposte di concentrare in periodo più "compatto" il campionato mi sembrano meno peregrine di quello che potrebbe apparire in prima istanza. Si dovranno individuare un sistema ed una stagione che tutelino spettatori ed interessi di SKY, che qualche soldino nelle casse della L.I.R.E. porta e che, garantendo un buon prodotto televisivo, merita di essere garantita e rispettata. Poi ci sarebbe la spinosa questione dei fondi, garantiti dal Sei Nazioni, e da destinare al rafforzamento delle strutture e dell'attività di base, ma qui penso debbano intrevenire persone meglio informate di me...

verosqualo
Messaggi: 62
Iscritto il: 13 feb 2005, 0:00

Messaggio da verosqualo » 12 lug 2006, 22:11

un solo commento: GRUN FOR PRESIDENT..., ma davvero senza ironia.
Insieme a sanzen comporrebbe una F.I.R. di saggi di ampie, moderne, fattibili e concrete vedute. Si compirebbe il miracolo....ma ,purtroppo, è solo un sogno ed un vero peccato che tanta saggezza vada in files sperduti della rete...Arghh...voi amministratori di rugby.it amabili ospiti di noi tutti fate unestratto di questo 3D e fatelo circolare tra gli appassionati, le società e mandiamo una gigantesca mail a Dondi...Sarà fatica sprecata? Vivaddio ci si è provato...

BixBeiderbecke
Messaggi: 3312
Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00

Messaggio da BixBeiderbecke » 12 lug 2006, 22:19

Magari GRUN è Dondi...

sanzen
Messaggi: 386
Iscritto il: 9 ott 2003, 0:00

Messaggio da sanzen » 13 lug 2006, 18:46

Grazie VeroSqualo per la nomina a "dignitario" della FIR , mi rende felice dare il mio piccolissimo, modesto e credo inascoltato contributo all'organizzazione del campionato italiano, per me il primo e immenso motivo che mi ha avvicinato tanti inverni orsono al rugby.
Ho messo a frutto la mia conoscenza della comunicazione visiva e verbale dove lavoro ormai da trentanni e il mio osservare attentamente e curiosamente il mondo del rugby italiano che mi ha così profondamente attratto in anni il cui la fame di conoscenza aveva ben altri indirizzi.
Grazie infinite per la saggezza vista nell'intervento, io lo chiamerei buon senso e niente più o solamente voglia di guardare e poi fare qualche sana e coerente analisi di quello che vediamo e che ci unisce in questa immensa passione.
Piccole domande alle menti attive del forum:
1) Quanta pubblicità nazionale è basata o ha al suo interno elementi rugbystici?
2) Quanto è visto il rugby come sport di tradizione e presentabile come "elemento di vita quotidiana"?
3) Quanti sponsors attualmente nel Super Ten hanno una presenza attiva nella comunicazione legata alla squadra che sostengono monetariamente?
4) Qualcuno sà dirmi il perchè questo immenso scollamento tra visibilità del rugby e cattiva immagine pubblicitaria delle imprese che lo sponsorizzano?
Eppure la Fiat usa una finta haka di mamme per un'automobile.......d'accordo o non d'accordo qualche piccolo tarlo dovrebbe entrare nelle mente dei comunicatori pagati dalla FIR o dalle squadre per trovare gli sponsors...oh no?
Meditate

Nebelhexe
Messaggi: 73
Iscritto il: 11 giu 2005, 0:00
Località: Sardegna.

Messaggio da Nebelhexe » 14 lug 2006, 16:54

bhè ....se coloro che stanno al potere possedessero, oltre a quello, almeno la meta' della conoscenza e della passione di Grun saremmo in condizioni di gran lunga migliori e di certo non si darebbe attenzione solo ad i risultati in maglia azzurra ma anche allo sviluppo di cultura ovale nel paese in senso orizzontale, e non si lascerebbero agonizzare pezzi di storia quali rovigo o l'aquila.........trall'altro di recente qualcuno mi ha fatto notare anche genova come pilone di questo sport.......continuate a raccontare.

saluto ovale :)
Lei non sa chi io mi credo di essere!!!!

Rispondi