Storia del campionato italiano e del super 10

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

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GRUN
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 21 nov 2012, 11:04

Sulla storia dei primi anni del rugby argentino, sui condizionamenti inglesi e sul concetto di club in quegli ambiti storici ho scritto alcuni anni fa un post, qui su rugby.it., e ad esso rimando quei due o tre curiosi che volessero impiegare male il proprio prezioso tempo.
Certo, per Geremia il Petrarca era "més que un club", però quello del Barcellona non si configurava come il modello che aveva in mente, anche se mi piacerebbe un giorno individuare analogie e similitudini ed enucleare le differenze. Quello britannico ed argentino erano certo riferimenti, ma, a mio modestissimo parere, nemmeno quelli pieni, totali paradigmi di riferimento. Il progetto di Geremia era più aperto socialmente, mentre i club inglesi erano strutture, per ragioni sociali ed economiche da contestualizzare entro limiti storici ben individualizzabili, molto più chiuse ed esclusive. Geremia voleva una organismo capace di aprirsi al mondo, i club inglesi e di conseguenza argentini innalzavano "una siepe" (in primis di natura economica e quindi afferente alle classi sociali) di separazione e parziale isolamento. Di quelli Geremia apprezzava però l'organizzazione interna, la capacità di essere strutture autosufficienti, non economicamente dipendenti da finanziamenti pubblici o da temporanee sovvenzioni di un singolo. Quindi realizzò una sintesi di grande originalità, innervando il Petrarca di influenze varie e solo apparentemente inconciliabili. Creò un club con la strutturazione, mentale, gerarchica, organizzativa ed esecutiva, tipica dei modelli anglosassoni, ma lo correlò alla realtà nella quale viveva, con tutte le conseguenze che abbiamo individuato.

Ilgorgo
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da Ilgorgo » 27 dic 2012, 14:42

Un altro servizio della Domenica Sportiva sul campionato 1969/70: http://www.youtube.com/watch?v=ek_eopyivHs

Sei delle dodici squadre presenti in serie A allora fanno ora parte dell'Eccellenza. Il baricentro però era spostato più a sud: sette squadre su dodici erano del centro-sud, quattro erano venete (come ora) e una emiliana

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da Ilgorgo » 1 gen 2013, 14:53

Un altro video preso da youtube, poi giuro che non mi intrometto più nei racconti di Grun: http://www.youtube.com/watch?v=sMWRMd9KhCQ

Riguarda la finale di Coppa Italia 1970 tra Metalcrom Treviso e Catania; sono sorprendenti soprattutto le azioni dell'ala Dotto

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 2 gen 2013, 9:27

Per carità, tutti possono entrare, mica ho colonizzato lo spazio...
Anzi, è interessante disporre di materiale, per anni è stato quasi impossibile reperire filmati.
Dotto era un buon giocatore, ma la "golden age" dei tre-quarti italiani sarebbe iniziata qualche anno dopo. Se ti riuscisse di vedere partite o filmati con protagonisti i fratelli Francescato, Mascioletti, Ghizzoni, Manrico Marchetto, Giancarlo Morelli, Bettarello, Lorigiola, Gaetaniello... beh, ti accorgeresti di che pasta erano fatti. Io ho la personalissima convinzione che i Francescato e Mascioletti avrebbero potuto giocare in qualsiasi grande nazionale dell'epoca. A dire la verità è una certezza che avevano pure Bish (riguardo i Rino e Nello) e Villepreux (riguardo Mascioletti). Gli altri che ti ho nominato magari avevano qualche limite che ad alto livello internazionale sarebbe emerso (ma insomma, Ghizzoni e Lorigiola nel loro periodo migliore tutte queste carenze non è che le facessero vedere...), però erano giocatori con buoni fondamentali che scendevano in campo con pochi condizionamenti e tanta voglia di divertire e divertirsi. Nei secondi anni settanta e negli anni ottanta, pur disponendo di eccellenti avanti, la nostra forza era nelle linee arretrate, non me ne vogliano i grandi uomini della mischia. Poi nel corso del tempo la tendenza si è invertita ed il nostro rugby è diventato "mischiocentrico", esaurendosi troppo spesso al numero 8: io avrei le mie teorie, a tal proposito, ma le tengo per me...

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 3 gen 2013, 13:54

Ieri mi sono buttato sul video postato gentilmente da Gorgo, che ringrazio, e mi sono ritrovato in un mondo meraviglioso. Collegati a quel servizio sulla finale di Coppa Italia ci sono ora molti (molti... diciamo alcuni) filmati degli anni settanta, estratti prevalentemente da puntate della "Domenica Sportiva". E' un repertorio interessantissimo, che ci spiega molto meglio e molto di più, rispetto a quanto possa fare con la mia bolsa retorica, il rugby italiano dei padri. Questi servizi, lacunosi, con immagini un pò così ed audio meno "di un pò così" sono ora disponibili, perché da qualche tempo Raisport 1 e 2 riempono i segmenti tra le varie dirette e le varie repliche attingendo all'immenso repertorio contenuto nelle teche Rai. Così gli sbandati e gli sbiellati, ai quali mi pregio di appartenere, che si addormentano non contando le pecore, ma ripetendo la formazione dell'Inter che giocò la finale della Coppa Campioni del 1972 o i quindici de L'Aquila che vinsero la Coppa Italia del 1981 (a Pescara, contro il Petrarca), hanno ora pane per i propri dentini. Per intenderci: ieri mi sono commosso riascoltando la voce di Paolo Rosi, che in un servizio per la Domenica Sportiva del marzo del 1980 commentava la vittoria di Craig Virgin al mondiale di corsa campestre...
Bene: i filmati sul rugby disponibili coprono quasi per intero gli anni settanta. Si parte con la partita sopra citata e con un incredibile Treviso-Petrarca, match vinto dai patavini che avevano come straniero lo scozzese Mann, apertura; e si arriva alla Sanson Rovigo campione d'Italia 1979, squadra forte, con in formazione Bettarello, Coetzer, Zuin, il tostissimo Naudé (che nel filmato si vede tirare un placcaggio dei suoi), De Anna, Ferracin e compagnia cantando, col grande Carwyn James come allenatore. In mezzo interviste a Pardies dopo un Brescia-Petrarca, un quasi alterco tra Bollesan e Frajese, interviste ad Arslan e Memo Geremia, un servizio su Marcello Fiasconaro, un'intervista a Roy Bish, mete di Nelson Babrow (finta a sinistra, difesa inciucchita tutta a spostarsi di là e lui, elegante e fiero, con quel capoccione riccioluto, che rientra a destra e schiaccia vicino ai pali: puro Babrow-style), di Dotto, di Manrico Marchetto. E tanto altro ancora...

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da joe-bosco » 3 gen 2013, 15:17

Che bello!!! Ho visto qualche giorno fa il servizio su Petrarca -Treviso del 1976. E quanto pubblico: 8500 spettatori all'Appiani. numeri impensabili oggi.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 4 gen 2013, 13:10

Rimontando mentalmente il materiale contenuto in quei servizi, riordinandolo cronologicamente, si possono costruire percorsi di senso interessanti. Coppa Italia del 1970, vittoria del Metalcrom Treviso sull'Amatori Catania. E' vero che Dotto era un ottimo giocatore, guizzante, veloce, fantasioso; le immagini però ci dicono di una difesa davvero approssimativa, che stende tappeti rossi all'ala trevigiana, che si fa infilare con burrosa facilità. Un giocatore dell'Amatori porta i calzoncini neri, mentre i compagni li hanno bianchi: non siamo a una partita di serie C, ma alla finale di Coppa Italia! Sembrano segnali minimi ed invece rivelano lo stato in cui versa il rugby italiano in quel preciso momento storico, dal punto di vista organizzativo e tecnico. Sempre 1970: un servizio ricostruisce Treviso-Petrarca, sfida decisiva per lo scudetto. Si gioca su un terreno ben oltre i limiti di qualsivoglia ragionevole praticabilità, un acquitrino che farebbe la gioia di una famiglia di alligatori, un pantano malmostoso dove essere umani raziocinanti non si azzarderebbero a muovere un passo. Agli albori del decennio il rugby italiano è questo: tanta buona volontà, una passione genuina ed inscalfibile, pochi praticanti, alcuni talenti impossibilitati ad esprimersi in maniera adeguata e a migliorare, strutture che vanno dal fatiscente al desolante, con poche eccezioni, allenatori smarriti e con minimi strumenti informativi a disposizione. La nazionale ha vissuto, nel triennio precedente, una sorta di tregenda, una quarantena purgativa alla quale è stata costretta a sottoporsi dopo il 13-60 subito a Grenoble il 26 marzo 1967. La Francia da quel momento decide di schifarci ed umiliarci, mandando in Coppa Europa la seconda squadra, valutandoci avversari non meritevoli di credibilità per testare il quindici che gioca nel 5 nazioni. Il problema è che dispongono di buone ragioni... L'edizione del 68/69 ci vede addirittura relegati alla serie B: giochiamo contro Jugoslavia, Bulgaria, Spagna e Belgio. Altro che periferia dell'impero...
Terzo filmato. Siamo a Milano, al Giuriati. Sabato di autunno del 1976, splende il sole e c'è tanta gente sugli spalti. Milano, dopo otto anni, ha di nuovo una squadra nella massima serie, sempre il Cus, sponsorizzato Concordia. Sognano e pensano in grande, il presidente parla di rugby spettacolo, ha chiamato il vecchio guerriero Bollesan a dare esperienza e visibilità, spera di riportare il rugby ad alti livelli a Milano. Finirà male, la squadra retrocederà, dopo gli spareggi salvezza con Amatori Catania e Gasparello Casale. Ma nessuno in quel momento può immaginare fine tanto ingloriosa: lo stadio è pieno perché, alla quarta giornata, esordisce Marcello Fiasconaro. Sì, proprio lui, il puledro più talentuoso avuto dall'atletica italiana dai tempi di Beccali. Marcello che a Milano, ma all'Arena, tre anni prima ha stabilito il primato mondiale degli ottocento metri, senza lepri, senza aiuti, nelo corso di un'IItalia-Cecoslovacchia. Pronti, via, è partito ed è arrivato, tutto in impetuosa, magnifica solitudine: 1'43'7. Per la cronaca è ancora primato italiano, a distanza di quarant'anni.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 4 gen 2013, 13:28

Che ci fa allora su una campo da rugby? Semplicemente torna alle origini, perché il rugby è stato il suo primo sport, in Sudafrica, dove è nato da genitori siciliani e dove si è avvicinato tardi all'atletica leggera. Alla Concordia lo schierano ala, segna qualche meta, quando c'è da difendere e placcare si rivela quasi agnostico, ha buoni fondamentali, Niente di memorabile, le infiammazioni tendini che lo avevano costretto ad abbandonare l'atletica nel 1974, dopo il commovente sesto posto agli europei di Roma, sempre sugli ottocento, continuano a tormentarlo e lo limitano, quasi lo inibiscono. Il rugbista non è all'altezza delle aspettative del pubblico del Giuriati e del grande italiano (se avesse ingranato sarebbe stato uno spot promozionale incredibile), ma è un ragazzo intelligente e colto, non uno sprovveduto. Uno che ha giocato con dei campioni in Sudafrica e che ha visto il rugby giocato ad altissimo livello. Il giornalista che lo intervista gli chiede: - Come le sembra il rugby italiano oggi? -Molto migliorato rispetto a cinque anni fa, risponde Fiasconaro.
Ecco, davvero in un lustro il piccolo povero negletto rugby italiano ha fatto passi in avanti significativi.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da jaco » 7 gen 2013, 12:10

Ciao Grun! Per fortuna ogni tanto rispunti!!! Buon Anno.
Me lo ricordo (anche se ero piccolo) Fiasconaro. Mi ricordo di aver fatto in tempo a vederlo anche dal vivo qui a San Donà e ricordo il pubblico che (garbatamente come si faceva una volta eh... :-] ) lo, diciamo così, "sbeffeggiava" perchè era di quelli, come ricordi anche tu, che usciva dal campo pulito come quando era entrato ("no el s'a sporcà nianca el coetto..." poichè il colletto era l'unica parte bianca su una divisa che io ricordo nera)... però l'eleganza palla in mano, me la ricordo...
Alla prossima Grun!

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 7 gen 2013, 17:12

Un abbraccio a Jaco. Che piacere rileggerti!
Ricordi bene: il Cus Milano Concordia era di nero vestito, con il solo colletto bianco a staccarsi cromaticamente dal resto.
Guarda, Marcello Fiasconaro meriterebbe un libro, non due righe. Tutta la sua vicenda sportiva è stata esagerata, sorprendente, esaltante, triste; ma mai ovvia, scontata, banale. E pochi credo siano stati scalognati più di lui. Arrivò all'atletica a 21 anni, tardissimo per l'agonismo ad alto livello, e venne segnalato alla federazione italiana da Carmelo Rado, un ex discobolo residente in Sudafrica. A pochi mesi dalla prima gara fu capace, a Pretoria, di scendere sotto i 46", allora il tempo che separava gli ottimi dai buoni. Primo Nebiolo lo fece arrivare in fretta e furia, perché erano prossimi gli europei di Helsinki (1971) e la povera atletica italiana non è che traboccasse di talenti... Il personaggio era così naif e genuino che disputò la prima gara su suolo italiano con maglietta da rugby, penso del suo club sudafricano, a strisce orizzontali. Credo che fosse un meeting a Formia, ci sono sgranate immagini televisive a mostrare quella sua corsa tutta di forza. Per la cronaca piazzò un 45''6, tempo eccellente e davvero incredibile se si pensa che fino a pochi mesi prima il ragazzo non aveva mai inanellato un giro di pista. Agli europei conquistò l'argento con 45"49 (primato italiano destinato a durare dieci anni), dietro allo scozzese David Jenkins, per soli quattro centesimi. Portò la staffetta 4x400 alla medaglia di bronzo e tutti in Italia pensarono di avere l'uomo del decennio. Ma l'anno successivo cominciarono le sue sfighe leggendarie, materializzatesi sotto forma di problemi ai tendini e di microfratture. In pratica si perse le Olimpiadi di Monaco. L'anno dopo lo spostarono sugli ottocento e fu subito record del mondo. Pareva l'inizio della grande rinascita, era invece l'alba della fine. Nella semifinale di Coppa Europa (manifestazione a squadre) fu protagonista di uno dei più incredibili e discussi casi della storia dell'atletica mondiale: venne squalificato, ad Oslo, per doppia falsa partenza negli ottocento metri (un evento mai accaduto nella storia del mezzofondo ad alto livello), complice uno starter con evidenti problemi esistenziali... I guai fisici si ripresentarono più maligni di prima e lo costrinsero a saltare quasi del tutto la stagione successiva, che prevedeva gli Europei a Roma. Coraggioso e determinato, Fiasconaro partecipò al meeting di Formia del 25 agosto, per centrare in extremis il minimo di qualificazione. Ci riuscì correndo in 1'46"1, un tempo miracoloso considerando che non era allenato e zoppicava. Gli europei di Roma
furono di gloria dolorosa: non si sa bene come, ma riuscì a centrare la finale. La sera della stessa partì a mille, sorretto dal tifo incredibile dell'Olimpico (chi c'era sa di cosa parlo, un'emozione indescrivibile). Nemmeno per la finale dei duecento di Mennea ci fu una partecipazione emotiva così profonda, nemmeno per i tremila siepi del piccolo grande romano Franco Fava. La gente era incredula, sapeva dei problemi fisici di Fiasconaro, eppure lo vedeva tirare a ritmo folle il plotoncino allungato. In tutti c'erano l'ammirazione e la solidarietà per uno che aveva sofferto ed era stato sfortunato, in tutti la speranza del risultato leggendario, del lieto fine della favola più bella. Ai seicento metri il sogno si sgretolò: impietosi il fiumano Luciano Susanj, Steve Ovett e gli altri lo superarono e spensero il ruggito della gente, che si afflosciò sui gradoni vedendo Marcello arrancare e zoppicare, disegnando una curva che era un lamemto, non più una corsa. Con una forza d'animo che ancora oggi mi è misteriosa, Fiasconaro reagì e con tutte le residue energie rifiutò l'umiliazione dell'ottavo ed ultimo posto, spingendo su una gamba. Chiuse sesto e si accasciò sul tartan pochi metri dopo la fine. Sapeva che la sua carriera era al capolinea.
Quello che accadde nei secondi successivi resta il ricordo più commovente ed intenso che si possa serbare dell'atletica italiana. Il pubblico, ripresosi dalla delusione e dallo stupore, si alzò ed iniziò ad applaudire quel ragazzone con i capelli lunghi ed i baffi, seduto lì, spezzato dal dolore e dalla tristezza, sulla pista. Fu un tributo dolce, solidale, empatico. Non importava che avesse perso, contava che avesse dato tutto, che avesse provato ad essere protagonista. In fondo era quello che tutti eravamo e che allo stesso tempo avermmo voluto essere: uno che aveva perso, ma che perdendo aveva vinto. Dal calore furibondo del tifo durante la gara, si passò al tepore malinconico del fine corsa. Così mi ricordo Fiasconaro: un generoso sfortunato che chiudeva con orgoglio e coraggio, avvolto dall'affetto del pubblico, in una sera di settembre.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da metabolik » 8 gen 2013, 23:29

Sei grande Grun.
Hai reso giustamente epica la parabola dell'indimenticabile Fiasconaro.
Una sfiga così implacabile non si è più vista : ma è vero che non riuscirono a diagnosticare una microfrattura che sarebbe stata facilmente risolvibile (e che aver gareggiato in quelle condizioni causò l'irricuperabile) ?

GRUN
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 9 gen 2013, 15:23

Grazie Metabolik.
Così scrissero, a proposito di quelle microfratture, e così temo sia andata. Fiasconaro scontò la superficialità di chi avrebbe dovuto salvaguardarne la salute e poi la carriera e una sfiga omerica. Per dire di quanto fosse scarognato si prenda la partita di esordio contro l'Amatori Catania, nel 1976, il match al quale ho fatto riferimento sopra. Fiasconaro arrivò al sabato mattina a Milano dopo un volo massacrante. Venne direttamente portato al Giuriati, perché si erano venduti tantissimi biglietti, molti vip dello sport italiano erano accorsi per vederlo (c'erano Marcello Guarducci, allora il nuotatore italiano più famoso, Carlo Grippo, eccellente ottocentista ed altri ancora ) e non si voleva deluderli né perdere una grande opportunità promozionale. Subitò si presentò un problema: i bagagli di Fiasconaro erano finiti a Dublino, con dentro anche le scarpette chiodate. Giunto al campo gli fu elargito un paio di scarpe un paio di numeri più piccole (l'ideale per uno che era reduce da un calvario fatto di microfratture ed infiammazioni tendinee...). Così, invece dell'agognato letto, gli toccò il terreno spelacchiato del Giuriati, da galoppare con le ballerine di Cenerentola. Ad ogni scatto gli partiva una smorfia di dolore che era tutto un programma: dopo qualche minuto una scarpata di un avversario gli aprì una ferita lacero-contusa poco sopra la caviglia, che fu poi suturata con alcuni punti. Nel finale di partita si muoveva come Mino Damato la volta che lo fecero camminare sulle braci ardenti. Il bello è che segnò pure una meta...

sanscrito
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da sanscrito » 31 mag 2013, 19:02

Ho deciso, faccio outing: Grun, ti amo

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 8 giu 2013, 15:56

Caro Sanscrito,
lo sai. Apprezzo da tempo immemore (Panatta perdeva in finale da Borg al Foro Italico, la Simeoni zompava oltre i due metri, Venditti si asserragliava sotto il segno dei pesci) le tue forme giunoniche. Alla fine della fiera che possiamo dire? Forse tutto questo nostro amore per il rugby e per Turgenev derivò dalla nostra goffaggine: non sapevamo ballare, è questa la verità. Passammo alle sublimazioni ovali e ci sentimmo superiori, alle feste preferivamo Ghizzoni e i Francescato, Campese e Massimo Cuttitta, pensa quanto eravamo stupidi. Giravamo l'Italia assetati di storie ed emozioni, leggevamo Gadda e Caproni, quando Giorgio Morelli e gli altri pirati baruffarono al Flaminio contro i Barbarians, al Flaminio in una sera languorosa del maggio 1985, piansi come un bambino. Forse abbiamo buttato via qualche giorno di troppo, ma quanti amici ci siamo ritrovati, camminando quelle strade? Il nostro rugby non era migliore di quello di oggi, credo. I ragazzini di questa porzione di tempo, di questo giro di giostra, sognano di diventare come Parisse e Castrogiovanni. Noi ci addormentavamo che eravamo Mascioletti e Pivetta (poi ci svegliavamo che eravamo noi stessi, feccia rugbistica depositata sul fondo della bottiglia, ahi, era questo il problema...), cambiano le carte ed i giocatori, ma il tavolo attorno al quale baruffare rimane quello. La notte del 22 maggio 1987, alle cinque del mattino ti chiamai per verificare che fossi già in trincea, perché l'Italia giocava contro la Nuova Zelanda ad Auckland nel primo match della storia della coppa del mondo e con chi potevo condividere, nell'ora del lupo, quel senso di grandezza?
Apprezzo da tempo immemore le tue forme giunoniche, Mennea era lì a rimontare sul rettilineo finale, era meglio Causio o meglio Claudio Sala?, Jannacci chiedeva a Mario chi avesse messo l'eco nel finale... Non ti avrei mai sposato, certo, ma ti ho voluto bene anch'io.

MAX_AM
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da MAX_AM » 11 giu 2013, 10:44

Altro che le lettere d'amore tra Abelardo ed Eloisa!!! Great Grun :wink:
"I think It's time ..." (Raphaël Ibañez)

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