Storia del campionato italiano e del super 10

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

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GRUN
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 25 mag 2012, 13:50

E' piena estate a Roma, siamo nel 1960. Due ragazzi iraniani, studenti universitari ed attivisti contro il regime ottuso e crudele di Reza Pahlavi, giunti in Italia da poco, si conoscono in una Roma euforica e pronta a vivere l'esperienza dei giochi olimpici. Una sera di luglio, dopo aver camminato le strade della città ebbri di amore e di libertà, sfiniti ed affamati approdano in una bocciofila della periferia. Entrano ed ordinano due panini con la porchetta e due birre, da consumare sotto il pergolato, presso i campi da bocce. Lì rimangono affascinati e coinvolti dalle discussioni che alcuni giovani uomini stanno imbastendo. Sono operai, muratori, ragazzi iscritti al partito comunista: parlano di politica, criticano il governo, preparano degli striscioni in vista di una manifestazione di piazza indetta dopo i fatti del 30 giugno 1960, i fatti di Genova. Quel 30 giugno che ha cambiato il paese, scosso coscienze, riattivato passioni sopite, rianimato il paradigma antifascista. Parviz e Maryam, che arrivano da un paese dominato da una censura tremenda, terrorizzato dalla terribile Savak (la polizia segreta), riamngono stupiti ed elettrizzati da quelle passioni e da quelle opportunità di esprimere il proprio credo e le proprie opinioni ed iniziano, quella sera, un percorso esistenziale, intellettivo e politico che li porterà a compiere scelte forti e condizionanti.
Così, più o meno così, Bijan Zarmandili, in un'intervista televisiva trasmessa da Rai Storia, riassume l'incipit del suo "L'estate è crudele", edito nel 2007 da Feltrinelli.

GRUN
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 25 mag 2012, 15:02

Sul governo Tambroni, sul 30 giugno 1960 a Genova, sui morti di Reggio Emilia 1960 (5 iscritti al partito comunista uccisi dalla polizia nel corso di una manifestazione pacifica), su "i giovani dalla magliette a strisce", sul mutamento che si viene a determinare nella società italiana nel corso di quelle due settimane di torrida estate esiste una produzione storiografica ampia e documentata alla quale si rimanda. Esaminare nel dettaglio quella fase della storia italiana richiederebbe troppe pagine e troppo tempo e questa non è la sede. Ma quel coacervo di episodi drammatici e tragici incide anche sulla storia delle Fiamme Oro e del rugby italiano.
Quando, sul sito delle Fiamme Oro, si condensano lustri scrivendo che con gli anni sessanta cambia il clima politico ed inizia il declino anche della squadra di rugby, si dice tutto e si dice pochissimo. Certo è che dal 1960 in poi per la polizia risulterà sempre più difficile risultare "appetibile", sempre più complicato convincere dei giovani in età da servizio militare a prestare lo stesso per due anni nei reparti della celere. Lo scollamento tra le istituzioni, ed in particolare tra le forze dell'ordine, e ampi strati della popolazione, specie tra i giovani, si fa sempre più marcato e profondo e proseguirà per tutto il decennio e anche nel corso di quello successivo.
Le Fiamme Oro rugby continueranno l'attività, vinceranno ancora uno scudetto (quello della stagione 1967/68, con Marcello Fronda come allenatore), ma disporranno di sempre meno linfa vitale, fino a retrocedere nel 1977/78, simbolicamente ed emblematicamente nel corso di un biennio segnato da fortissime tensioni sociali e caratterizzato da eventi tragici e clamorosi (su tutti, la morte di Aldo Moro rapito ed ucciso dalle Brigate Rosse).
Un dato statistico sottolinea questa perdita di forza e centralità all'interno del movimento rugbistico italiano: tra il 1964 ed il 1978, anno appunto della retrocessione, nella nazionale (la povera nazionale di quel periodo, costretta dopo l'umiliante 60-13 del 26 marzo 1967 a Grenoble contro la Francia a giocare contro Germania Ovest, Bulgaria, Belgio, Cecoslovacchia, Jugoslavia...) solo sette tesserati per le Fiamme Oro vestono la maglia azzurra. L'ultimo è Manni nel 1977, il sei marzo, in occasione della sconfitta 9-10 a Casablanca col Marocco, parita che sancisce la fine dell'era di Roy Bish come tecnico della nazionale italiana.

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Re: RE: Re: RE: La storia del S10 e delle sue squadre

Messaggio da Ilgorgo » 21 giu 2012, 14:05

GRUN ha scritto:...La prima edizione si svolge nel 1928/29 in realtà la prima partita si gioca il 12 febbraio) e vede la partecipazione di sole sei squadre, suddivise in due gironi. Nel girone A sono comprese l'Ambrosiana Milano, la Leonessa Brescia e la Michelin Torino. Nel girone B giocano la Lazio, Bologna e la Leoni S. Marco Padova... in occasione del primo test match disputato dalla nazionale italiana, il 20 maggio 1929 a Barcellona contro la Spagna e perso 9-0, dei diciotto atleti scesi in campo, otto sono della Lazio, sei dell'Ambrosiana, due della Leonessa, uno della Michelin e uno dei Leoni S.Marco...
Nel sito dell'Archivio Luce si trovano alcuni brevi filmati su questo periodo

Questo è un GUF Lazio-Leonessa Brescia del 1928, probabilmente non era quindi ancora campionato italiano: http://www.archivioluce.com/archivio/js ... &section=/

Questa dovrebbe essere la prima partita della nazionale, a Barcellona nel 1929 in uno stadio incredibilmente gremito: http://www.archivioluce.com/archivio/js ... &section=/

Mettendo "rugby" nel motore di ricerca se ne trovano molti altri, compresa una partita di Volata. Io ho appena iniziato a guardarli

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Re: RE: Re: RE: La storia del S10 e delle sue squadre

Messaggio da GRUN » 21 giu 2012, 15:20

Ilgorgo ha scritto:
GRUN ha scritto:...La prima edizione si svolge nel 1928/29 in realtà la prima partita si gioca il 12 febbraio) e vede la partecipazione di sole sei squadre, suddivise in due gironi. Nel girone A sono comprese l'Ambrosiana Milano, la Leonessa Brescia e la Michelin Torino. Nel girone B giocano la Lazio, Bologna e la Leoni S. Marco Padova... in occasione del primo test match disputato dalla nazionale italiana, il 20 maggio 1929 a Barcellona contro la Spagna e perso 9-0, dei diciotto atleti scesi in campo, otto sono della Lazio, sei dell'Ambrosiana, due della Leonessa, uno della Michelin e uno dei Leoni S.Marco...
Nel sito dell'Archivio Luce si trovano alcuni brevi filmati su questo periodo

Questo è un GUF Lazio-Leonessa Brescia del 1928, probabilmente non era quindi ancora campionato italiano: http://www.archivioluce.com/archivio/js ... &section=/

Questa dovrebbe essere la prima partita della nazionale, a Barcellona nel 1929 in uno stadio incredibilmente gremito: http://www.archivioluce.com/archivio/js ... &section=/

Mettendo "rugby" nel motore di ricerca se ne trovano molti altri, compresa una partita di Volata. Io ho appena iniziato a guardarli
Grazie Gorgo per i filmati.
Sì, è così. Quella Lazio-Leonessa del 23 maggio 1928 fu la prima partita giocata a Roma (fonte: 2000, l'Italia in meta, Francesco Volpe Valerio Vecchiarelli, GS Editrice) ed ebbe valore dimostrativo, non valida per un campionato ancora da venire. Le squadre si affrontarono davanti a 20.000 spettatori allo Stadio del Partito, un impianto che ebbe una parte importante nella storia dello sport italiano. Edificato nel 1911 col nome di Stadio Nazionale, sotto il fascismo divenne Stadio del Partito e nel 1927 se ne affidò la ristrutturazione all'architetto Marcello Piacentini. Durante i mondiali di calcio del 1934 fu lo stadio più importante della manifestazione ed ospitò la finale vinta dall'Italia contro la Cecoslovacchia del grande Planicka, portiere leggendario. Caduto il regime tornò Stadio Nazionale e nel 1949 venne "rinominato" Stadio Torino in onore del Grande Torino, distrutto dalla tragedia di Superga. Ospitò nel 1951 un Italia-Spagna di rugby (12-0 per gli azzurri) e fino al 1953 fu il campo di casa di Roma e Lazio (calcio), prima che le squadre capitoline si trasferissero all'Olimpico. Nel 1957 venne abbattuto e riedificato e divenne il Flaminio che tutti conosciamo (progetto di Antonio Nervi, con la consulenza del padre Pier Luigi).

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da Ilgorgo » 31 ago 2012, 21:22

Trovato su Youtube: un breve servizio su Metalcrom Treviso-Petrarca Padova del 1970, tratto da RaiSport1 che ha rimandato in onda una vecchia Domenica Sportiva

Non ho risfogliato tutto il thread ma sicuramente GRUN avrà parlato di quella partita o di quel campionato

http://www.youtube.com/watch?v=U8Hvfls5Fgo

(PS: 6 squadre del centro sud in serie A! Gli equiliri erano diversi allora)

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 11 ott 2012, 13:58

Se di un fuoco bruciate e cercate, tra le pieghe della storia del rugby italiano, vertigini e visioni... mi spiace per voi, amici, ma rimarrete delusi. Nessun Cavaliere Azzurro ha percorso queste plaghe, nessun Kandiskij ha dipinto queste tele. Il rugby italiano non può accettare, non può nemmeno essere sfiorato dal brivido della verticalità, il rugby italiano si muove lungo un percorso orizzontale. La sua storia, le sue storie sono impastate di farina sudore polvere, sanno di polenta ed arrosticini, si bagnano la gola con Frascati e Prosecco, ci parlano di uomini che lavorano e studiano, ridono e piangono proprio come fareste voi. La sua identità è umana, troppo umana: ci sono liti ed incomprensioni, abbracci e strette di mano, delusioni ed illusioni, egoismi e meschinità, onestà e dignità. Ci sono quelli che partono e quelli che restano, se amate Sironi. E ci sono quelli che tornano. C'è, insomma, molta vita, sotto questo cielo.
Nessun Cavaliere Azzurro è apparso all'orizzonte. La storia del rugby italiano la fa Giorgio Morelli che in vent'anni di carriera non marca mai un lunedì di assenza dal lavoro, anche se il pullman della sua L'Aquila torna dal Veneto a notte fonda. La fa Francesco Zani, che emigrato ad Agen e diventato uno dei migliori giocatori del campionato francese rinuncia a vestire la maglia della nazionale francese e a giocare il Cinque Nazioni, perché di nazionale ce n'è una (e pure di coerenza). La fa Doro Quaglio, che riporta a casa, in spalla, l'immenso Carwjn James, le sere in cui i gin tonic sono tanti ed il sonno sopisce le fascinose affabulazioni del grande gallese espatriato a Rovigo. La fa Franco Bargelli, potenziale teppista sottratto alla strada, fatto passare dalla vita nella macelleria del babbo e catapultato a giocare una partita immensa e leggendaria contro gli All Blacks a Rovigo nel 1979. La fanno i fratelli Francescato così tanti e così forti che ci vorrebbe Omero a cantarli e celebrarli. La fa Valter Di Carlo, che nella notte maledetta del terremoto aquilano scava a braccia tra le macerie e salva moglie e figlia (benedetto il rugby che lo ha fatto così forte, nel corpo e nella testa...). La fa suo fratello Fulvio, che sul bus mette le cassette di free jazz e conduce alla pazzia e alla sedizione il resto della squadra. La fanno, insomma, uomini così, uomini che non volano ma faticano, testardi e determinati.
Come Gugliemo Geremia, da tutti detto Memo. Testardo e detrminato, appunto, lassù, a Padova.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 11 ott 2012, 14:25

Più che Sironi, se vi piace Boccioni, pardon... 'sti lapsus!

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 11 ott 2012, 14:47

Di Memo Geremia avevo già scritto molte righe addietro e molti anni fa, nelle pagine dedicate a Padova e al Petrarca. Ora è opportuno ritornare sul tema e sul personaggio, anche per chiudere il cerchio entro il quale ho collocato le Fiamme Oro.
Il Petrarca nasce ufficialmente nel 1947, in pratica continuando il percorso sportivo del Padova. E Memo Geremia, è in campo nella prima partita disputata dai tuttineri, che partono dalla serie B ed approdano già nel 1948 alla massima divisione. Una sorta d'investitura ufficiale per quello che sarà, ricoprendo tutti i ruoli societari, il motore inesauribile del Petrarca. Di lui si è detto molto e molto si sa. Concentriamoci allora su alcuni elementi che ci possono aiutare ad approfondire meglio una realtà così importante per il rugby italiano

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 11 ott 2012, 16:47

Il Consorzio Zona Industriale e Porto Fluviale della città di Padova viene fondato nel 1956, ma l'area industriale viene creata già nel 1946, proponendosi in poco tempo come una delle più estese ed importanti d'Italia. Attenzione alle date: Padova comincia a modificare in maniera sostanziale ed irreversibile il proprio assetto produttivo, economico e poi urbano un anno dopo la fine della seconda guerra mondiale. L'anno seguente viene alla luce il Petrarca Padova, che raccoglie, è vero, l'eredità della precedente squadra cittadina, ma se distanzia subito, in termini di definizione della propria identità, nello stesso modo in cui l'economia e l'assetto sociale patavini si allontanano dagli schemi tracciabili prima del conflitto. La sovrapposizione tra il Petrarca Rugby, l'area industriale e la nuova borghesia di prevalente matrice cattolica è impressionante, in termini cronologici ed identitari. Pino Bonaiti, uno dei tre fondatori (insieme a Gastone Munaron e Lalo Santini), sarà una figura importante, nei decenni che seguiranno, nell'ambito dell'imprenditoria padovana. E lo stesso accadrà per Memo Geremia, che proprio all'interno di quel contesto troverà appoggi (soprattutto finanziari) importanti per lo sviluppo del progetto Petrarca. L'egida cattolica, che caratterizzerà il club, sarà soprattutto di natura culturale e di pensiero, anche se non si deve trascurare l'aspetto logistico. Fondato infatti presso il Collegio Universitario Antonianum retto dai padri gesuiti, il Petrarca manterrà lì il centro organizzativo per più di trent'anni, fino alla creazione del centro sportivo della Guizza (quartiere a sud dell'agglomerato urbano), poi intitolato a Memo Geremia. Il percorso del sodalizio è, fin dall'inizio, ispirato ai modelli dei club inglesi e risulta orientato dalle scelte della borghesia cattolica cittadina fortemente connessa alle istituzioni universitarie. Non a caso il primo presidente è Michele Arslan, professore presso la Clinica Otorinolaringoiatrica e primario della stessa, scienziato di fama mondiale. Ed il primo dirigente capace di caratterizzare il percorso sportivo un padre gesuita, Cipriano Casella. Rigorosamente delineato e poi perseguito il piano di sviluppo, il Petrarca, che giocherà per molti anni le partite della prima squadra in un impianto collocato nel cuore della città, il Tre Pini sito nei pressi della chiesa di Santa Giustina, creerà una saldatura forte col tessuto connettivo cittadino attraverso il tesseramento di soci individuati prevalentemente nell'ambito della rampante imprenditoria locale, soci capaci di ossigenare le casse della società. Questo porterà a non dipendere economicamente da istituzioni o da padri padroni ammalati d'individualismo o da mega sponsor. Allo stesso tempo definirà il senso d'identificazione e la fedeltà dei sostenitori, elementi necessari per la prosperità e la durata a lungo termine di un club. Non a caso il Petrarca è, delle realtà storiche del rugby italiano, quella che ha saputo dimostrare maggiore solidità, economica e sportiva (in termini di continuità di risultati ad alto livello) nel corso di un arco temporale dipanatosi su un'estensione superiore ai sessant'anni, mantenendo stabilità anche dopo l'avvento del professionismo.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da pepe carvalho » 12 ott 2012, 11:44

bentornato e grazie
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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 14 nov 2012, 13:34

Grazie Pepe.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 14 nov 2012, 14:16

Se i muri di una stanza potessero parlare, quante storie ci racconterebbero? E quante le pareti di una casa? E allora quante ne contiene Padova, città stratificata, città complessa, città non così riconducibile a schemi interpretativi definitivi? Più inquieta, più mossa di altre sonnecchianti realtà urbane di provincia, riesce a sviluppare molte delle dinamiche sociali, economiche, politiche che allargando il campo visivo caratterizzano la storia italiana contemporanea, se limitiamo i campi d'indagine agli ultimi settant'anni. Certo non ombelico del mondo, ma cartina di tornasole per capire un paese intero, teatro d'incontri e di scontri, Padova si nutre di contraddizioni e di di compresenze di realtà incongrue o in opposizione. Sistema agricolo e polo industriale, microimpresa, piccola impresa e media impresa, immigrati che arrivano dai limitrofi comuni della provincia ed immigrati che arrivano dal sud, borghesia cattolica che vota Dc e proletariato che si salda al polo petrolchimico di Porto Marghera e ai partiti di sinistra, paternalismo imprenditoriale e lotte operaie, Padova è tutto questo e molto altro. E' la città del Collegio Antoniano, ma anche di Toni Negri e di Autonomia Operaia e di Potere Operaio. E pure di Franco Freda e di Ventura, della casa editrice Ar, di Ordine Nuovo e di Fronte Nazionale, del neofascismo, insomma, connesso ai servizi segreti e alle vergognose stragi che insanguinano più di dieci anni di storia italiana.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 14 nov 2012, 15:23

Contraddittoria ma viva; Padova vede nel corso dei decenni incrementare ricchezza, opportunità, popolazione e corpo urbano. I dati Istat relativi all'incremento demografico parlano chiaro: 126.843 abitanti nel 1931, 167.672 nel 1951, 197.680 nel 1961, 231.599 nel 1971, 324.678 nel 1981 (poi si registrerà un decremento). Padova offre occasioni di lavoro e di studio e garantisce una buona qualità della vita. Chi arriva tende a rimanere: è un rilievo importante per capire lo sviluppo ed il successo del rugby padovano.
Le Fiamme Oro, lo abbiamo verificato, portano in città poliziotti (per lo più di leva) e giocatori che per almeno due anni ivi risedono. Alcuni, al termine del periodo suddetto, lasciano Padova; una buona parte, però, nel corso del biennio ha stabilito un rapporto simbiotico con la città: c'è chi si è fidanzato e non vuole recidere i legami affettivi, chi ha intravvisto opportunità di vita e di lavoro soddisfacenti, comunque migliori di quelle che si prospetterebbero nel caso di un ritorno presso la famiglia. Tra questi alcuni scelgono di continuare in Polizia, altri ritengono di aver servito abbastanza a lungo lo stato e si guardano attorno, per capire se sussistono le condizioni per rimanere. Memo Geremia, anche se sta sull'altra sponda del fiume, è attento a quello che accade sulla riva opposta, favorito dalla dimensione comunque provinciale e non dispersiva della città. Tutti conoscono tutti, sapere quello che serve non è difficile. Geremia ha ormai creato una struttura societaria solida e garantito una dimensione tecnica importante. Al contempo ha sviluppato una rete di contatti che si rivela preziosa. Può quindi offrire ai giocatori delle Fiamme Oro in congedo o comunque prossimi all'addio alle armi opportunità professionali e aspettative sportive di prim'ordine. Molti, motivati e soddisfatti, colgono l'occasione e passano al Petrarca, rinforzandolo.

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GiorgioXT » 16 nov 2012, 18:49

Ricostruzione molto precisa, complimenti.
Vale però la pena di aggiungere qualcosa su Memo Geremia, uomo decisamente "fuori scala" nel nostro sport in generale.
Il vero sogno di Memo , non era tanto il successo sportivo quanto la costruzione di un sistema , una organizzazione - lui avrebbe detto "un macchinario" dotato di vita propria , ovvero, al riparo dalle conseguenze legate a padroni dalle passioni facili . Aveva viaggiato e la sua idea era molto più vicina all'idea di club inglese e forse ancor più a quello argentino che per molti aspetti - come accade spesso oltremare - finisce con l'essere più vicino alle tradizioni dei fondatori stessi...

Si può dire a ragion veduta dopo vent'anni che la sua forza era in due aspetti - la capacità di delegare ad altri o semplicemente cedere i compiti a chi riteneva più adatto, e la capacità di vedere nel futuro e di pensare in prospettive quantomeno decennali; spesso, sono proprio le cose che sono più amaramente mancate al nostro rugby.

Si può dire che la sua costruzione è sostanzialmente riuscita, come pure che la sia scomparsa abbia impedito in parte quella saldatura fra sport e società civile che vedeva come necessaria, dove il club di rugby oltre ad essere una fucina di futuri cittadini prima ancora che giocatori, avrebbe dovuto funzionare insieme da circolo del rotary, casa del popolo, ufficio del lavoro , scuola ed università...

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Re: Storia del campionato italiano e del super 10

Messaggio da GRUN » 21 nov 2012, 10:36

Grazie Giorgio.
Su Padova ed il Petrarca ho ancora qualcosa da scrivere, per chiudere il cerchio, e lo farò più tardi, ma il tuo intervento mi consente alcune considerazioni. Hai perfettamente ragione quando sottolinei la singolarità di una figura quale quella di Memo Geremia e l'unicità del suo percorso all'interno del panorama dello sport italiano. Anch'io avevo evidenziato come il modello di club ed il desiderio di proiettarne i destini in un'ottica di lunga durata, affrancandolo dalle sorti del padre padrone o del mecenate legato comunque a contingenze, fossero per Geremia virtù cardinali. Per lui il mondo era "clubcentrico", tutto ruotava intorno al club, che era formato da uomini e si sostanziava delle loro esperienze, ma non doveva risultarne condizionato nello sviluppo del piano di crescita. Credo che Geremia avesse presente quello che stava accadendo in altre discipline, anche perché vivere lo sport a Padova significava essere immersi in contesti di pluralità espressive. Il Petrarca stesso era una polisportiva e proprio negli anni sessanta la squadra di basket aveva raggiunto livelli eccellenti, portando tra l'altro nel nostro campionato il primo grande americano (Bradley a Milano giocava solo la coppa campioni), Doug Moe, un personaggio dalla storia incredibile che meritrebbe un libro. Geremia stava osservando quanto stava accadendo nel calcio, ma anche nel basket: vedeva i Lauro, i Rizzoli, i Moratti, i Borghi, gli Agnelli e verificava i rischi ed i limiti della loro azione. Paventava soprattutto due conseguenze perniciose: l'instabilità (la sindrome del "dopo di me il diluvio", via il padrone del vapore via tutto) e la difficoltà, se non l'impossibilità, di creare tra club e società civile un rapporto osmotico, uno scambio vero e vivo di esperienze. Hai detto bene Giorgio, per Geremia la società sportiva era un "macchinario" (quante estensioni semantiche consentirebbe questo vocabolo solo in un contesto quale quello entro il quale ci stiamo muovendo...), non doveva essere un "giocattolo", magari da usare per ottenere vantaggi o consensi in altri ambiti.

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