David Campese in Italia

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

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Arazon
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David Campese in Italia

Messaggio da Arazon » 28 mar 2009, 11:58

Leggendo la storia di Campese ho scoperto con mia grande sorpresa (essendo molto ignorante) che aveva giocato in Italia. Sono rimasto sorpreso anche pensando che oggi con il professionismo una cosa del genere sarebbe impossibile. Ho cercato più informazioni su internet ma non ce sono molte. L'unica cosa che ho capito che in inverno giocava in italia e poi in estate in australia con il Randwick. Mi chiedevo se fosse così e in caso affermativo come facesse a giocare tutto l'anno senza fermarsi.

GRUN
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 30 mar 2009, 15:06

Arazon ciao.
Se mi regali qualche minuto, ti scrivo qualche cosa su Campese.
Ah, sono il vecchio GRUN, ma ho un nuovo nick perché rugby.it non ne voleva sapere di riconnettermi col mio nom de plume originale...

Arazon
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da Arazon » 30 mar 2009, 16:21

ok! soprattutto quello che ha fatto nei club.

GRUN
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 30 mar 2009, 17:15

Egregio Arazon,
gli elementi di biografia spicciola su Campese li hai trovati senza difficoltà, quindi andiamo un pò più in profondità.
Ebbene sì, in quegli anni ottanta (e pure nella prima metà metà degli anni novanta, anche se sempre più sporadicamente) i grandi, grandissimi campioni dell'emisfero australe, che per la fortuna e la gioia di noi malati di rugby illuminavano il campionato italiano, con l'arrivo dell'estate tornavano nel sud del mondo, prima giocando con le nazionali i test match solitamente programmati in giugno (qualche volta in luglio), per poi dedicarsi alle proprie squadre di club per i campionati nazionali. Così l'immenso Naas Botha, re indetronizzabile di Rovigo, apertura dal piede quasi infallibile, all'arrivo delle prime caldane sul delta del Po salutava gli amici rodigini e si metteva a disposizione di Northern Transvaal per la Currie Cup. Parimenti i tanti All Blacks che predicavano rugby sui nostri, spesso spelacchiati, campi durante l'italico riposo estivo tornavano a casa e giocavano nel NPC (all'epoca non esisteva il Super 14). In Australia non c'era un vero e proprio campionato nazionale, ma si giocavano i campionati statali, i più prestigiosi dei quali erano quello del New South Wales e quello di Queensland, dove militava Randwick, la squadra di Campese. Tieni conto che fino agli anni ottanta il rugby a XV, in Australia, era considerato il fratello minore di quello a XIII, professionale e molto più seguito e praticato (lo stesso Campese iniziò giocando il league). Sarebbe stata la nazionale di Campese, dei fratelli aborigeni Ella, Glen l'estremo e Mark apertura dalla classe pazzesca (intelligenza, fantasia, tecnica e conoscenza del gioco fuse in un solo uomo), di Moon, allenata da Alan Jones e capace di venire in Europa a fare il grande slam nelle isole britanniche nel 1984, sarebbe stata quella fantastica squadra, dicevo, a nobilitare il rugby XV nel paese e a rendere l'Australia una vera potenza, capace di competere sempre e comunque con Nuova Zelanda e Sudafrica.
Come riuscivano a giocare dodici mesi senza staccare la spina, dividendosi tra due campionati. gli impegni delle nazionali e qualche volta quelli delle superselezioni (Barbarians, Resto del Mondo ecc. ecc.)? Beh, il rugby dei padri era meno abrasivo ed usurante, con ritmi più bassi e pause più lunghe, le squadre italiane si allenavano al massimo tre volte alla settimana, non c'erano le coppe europee e le nazionali giocavano un numero molto più ridotto di test match. Le società italiane poi erano molto più permissive ed elastiche ed accettavano situazioni che oggi non sarebbero nemmeno ipotizzabili. Nel 1981, per portarti un esempio illuminante, L'Aquila dei miei amici Giorgio Morelli e Fulvio Di Carlo (squadra di forza impressionante, per il nostro campionato) il 25 aprile gioca una partita decisiva per l'assegnazione dello scudetto (non c'erano i play off) a Treviso contro la Benetton. Lo straniero degli abruzzesi è in quella stagione l'immenso Rob Law, capitano degli Springboks, terza linea di forza fisica e tecnica superiori e di carisma inarrivabile, rispettato ed ascoltato da quei simpatici tagliagole che componevano la banda aquilana, allenata da Loreto Cucchiarelli, detto l'Etrusco, e non facile da gestire (eufemismo). Il problema è che Low si è già assentato per un mese tra febbraio e marzo per i trials degli Springboks ed il 24 aprile è chiamato a giocare col Resto del Mondo una delle partite leggendarie degli anni ottanta, quella organizzata all'Arms Park dalla federazione gallese per celebrare il proprio centenario. Low promette di raggiungere comunque la squadra per la partita di Treviso e parte da Londra ALLA DOMENICA MATTINA, destinazione Venezia. Come da copione c'è un ritardo e Low immalinconisce in laguna, mentre le radioline dei famigliari dei passeggeri in attesa gracchiano "Tutto il calcio minuto per minuto". Gli aquilani aspettano, aspettano e poi realizzano che dovranno fare a meno di Low, rivoluzionando una terza linea già priva dell'infortunato Mariani. Come da copione perdono (6-16) e rischiano di andare agli spareggi...

GRUN
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 30 mar 2009, 17:57

Delle mirabolanti imprese di Campese nel Petrarca di Munari e nella Mediolanum ti scriverò domani.
Oggi ti posso solo dire che non sai cosa ti sei perso a non averlo visto giocare... Della ristretta elite dei cavalieri elettrici, quei campioni in grado di scuotere una partita con le loro accelerazioni mercuriali, una cerchia di campioni che comprende Sid Going, il maori mormone che giocava come scosso da diavoli interiori (ah, se avesse saputo passare un pò meglio...), Sella, Blanco, naturalmente John Kirwan, Gareth Edwards, basettoni JPR Williams, e, me lo consentite?, sì, me lo consentite, Massimo Mascioletti, Campese è stato il più completo. Come ebbe a dire uno che due o tre cosette di rugby in linea di massima le capiva, Bob Dwyer, "...ogni volta che la palla andava a Campese il livello del gioco s'impennava". Illuminava le partite e le squadre in cui giocava e se è vero, come dichiarò il suo compagno di nazionale Mark Ella, che "... era un attaccante eccezionale, imprevedibile, velocissimo, che, come me, amava sempre giocare la palla con le mani, senza calciare", Campese in realtà i piedi li sapeva usare, e molto bene. Non solo per i calci tattici, che detestava, ma all'occorrenza sapeva eseguire, ma anche come piazzatore, tanto che con la nazionale, oltre a sessantaquattro mete, mise a segno sette punizioni, otto trasformazioni e due drop. Ne sanno qualcosa Giorgio Morelli e gli altri azzurri che lo affrontarono il 22 ottobre 1983 a Rovigo, in un caldo pomeriggio.Quasi nessuno lo conosceva, era poco più che un ragazzino, ma schierato all'ala fece vedere i draghi agli azzurri, col suo campionario di finte e controfinte, accelerazioni e cambi di direzione, passaggi al bacio e calci: sì, perché quel pomeriggio s'incaricò lui di scavare il solco tra noi e loro, trasformando tre mete e mettendo tra i pali una delle numerose punizioni che l'ineffabile arbitro francese Yché (sul quale dalle tribune si riversarono insulti irriferibili e del quale non posso dire cosa pensa Giorgio, considerata la presenza di bimbi nel forum...) ci fischiò contro.
Figlio di un rugby libero dai condizionamenti soffocanti degli allenatori amanti delle lezioni da mandare a memoria, ma non sprovvisto di organizzazione e di conoscenze, Campese giocava con la gioia anarcoide, creativa, beffarda dei ragazzini di talento, ma era in possesso di sapere tattico e di tecnica assoluta, doti che gli consentivano gli adattamenti necessari alle situazioni e ai quesiti posti dagli avversari, che contro di lui giocavano sempre con la massima concentrazione e determinazione.

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da jack95 » 30 mar 2009, 18:24

I miei avevano un bar a 100 mt. dal Tre Pini sede del Petrarca . David frequentava spesso il nostro bar , vestiva sempre Adidas con i colori Verde-Oro , era un ragazzino , io avevo 13 anni e giocavo in una società minore della città ed alla domenica , con i miei compagni di squadra , partivamo in bici verso il Plebiscito a vedere il Suo passo dell'oca .

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da Rugby-Tv » 30 mar 2009, 18:31

MARCOGRUN ha scritto:Delle mirabolanti imprese di Campese nel Petrarca di Munari e nella Mediolanum ti scriverò domani.
Oggi ti posso solo dire che non sai cosa ti sei perso a non averlo visto giocare... Della ristretta elite dei cavalieri elettrici, quei campioni in grado di scuotere una partita con le loro accelerazioni mercuriali, una cerchia di campioni che comprende Sid Going, il maori mormone che giocava come scosso da diavoli interiori (ah, se avesse saputo passare un pò meglio...), Sella, Blanco, naturalmente John Kirwan, Gareth Edwards, basettoni JPR Williams, e, me lo consentite?, sì, me lo consentite, Massimo Mascioletti, Campese è stato il più completo. Come ebbe a dire uno che due o tre cosette di rugby in linea di massima le capiva, Bob Dwyer, "...ogni volta che la palla andava a Campese il livello del gioco s'impennava". Illuminava le partite e le squadre in cui giocava e se è vero, come dichiarò il suo compagno di nazionale Mark Ella, che "... era un attaccante eccezionale, imprevedibile, velocissimo, che, come me, amava sempre giocare la palla con le mani, senza calciare", Campese in realtà i piedi li sapeva usare, e molto bene. Non solo per i calci tattici, che detestava, ma all'occorrenza sapeva eseguire, ma anche come piazzatore, tanto che con la nazionale, oltre a sessantaquattro mete, mise a segno sette punizioni, otto trasformazioni e due drop. Ne sanno qualcosa Giorgio Morelli e gli altri azzurri che lo affrontarono il 22 ottobre 1983 a Rovigo, in un caldo pomeriggio.Quasi nessuno lo conosceva, era poco più che un ragazzino, ma schierato all'ala fece vedere i draghi agli azzurri, col suo campionario di finte e controfinte, accelerazioni e cambi di direzione, passaggi al bacio e calci: sì, perché quel pomeriggio s'incaricò lui di scavare il solco tra noi e loro, trasformando tre mete e mettendo tra i pali una delle numerose punizioni che l'ineffabile arbitro francese Yché (sul quale dalle tribune si riversarono insulti irriferibili e del quale non posso dire cosa pensa Giorgio, considerata la presenza di bimbi nel forum...) ci fischiò contro.
Figlio di un rugby libero dai condizionamenti soffocanti degli allenatori amanti delle lezioni da mandare a memoria, ma non sprovvisto di organizzazione e di conoscenze, Campese giocava con la gioia anarcoide, creativa, beffarda dei ragazzini di talento, ma era in possesso di sapere tattico e di tecnica assoluta, doti che gli consentivano gli adattamenti necessari alle situazioni e ai quesiti posti dagli avversari, che contro di lui giocavano sempre con la massima concentrazione e determinazione.
che ricordi.
E' un piacere leggerti Grun. Complimenti.

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da Arazon » 30 mar 2009, 20:31

.... sono commosso... :oops: :oops: :oops:
era il mio primo messaggio in questo forum e ho avuto questa risposta straordinaria. Che dire... GRAZIE.

La mia passione per il rugby fino a qualche mese fa si limitava alla nazionale italiana che seguo in tv da più di dieci anni, ma ultimamente sto avvertendo come una febbre, una sete di conoscenza. Guardo partite di altre nazionali, documentari, cerco su internet dati sui giocatori, statistiche delle squadre e più entro in questo mondo più mi appassiono. La tua risposta mi da la conferma del mondo straordinario che sto scoprendo. Con le tue parole, anche se non ho potuto vedere quei campioni e quel rugby, ho rivissuto quei momenti. Potevo cercare all'infinito su internet non avrei mai avuto tutte queste informazioni.
Aspetterò con ansia i nuovi post.

GRUN
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 31 mar 2009, 12:03

Sei l'unico al mondo ad attendere con ansia i post e questa tua singolare condizione ti vale un excursus sul rugby di quei giorni (tranquillo, tornerò prestissimo su Campese), che mi sembra ti stia affascinando. Come già in altri post scritto ed in questo confermato, gli anni ottanta rappresentarono un'autentica età dell'oro per il nostro campionato. Arrivavano i migliori giocatori del mondo, attratti certo dal fascino dell'Italia, dalla possibilità di fare esperienze culturali, dal mito del cibo e delle belle ragazzotte (molti trovavano pure moglie...), ma soprattutto da ingaggi belli grassi, che in Sudafrica, Nuova Zelanda ed Australia si potevano sognare. In realtà tutto avveniva non esattamente alla luce del sole, perché ufficialmente tutti erano e dovevano rimanere dilettanti. I giocatori italiani, con qualche eccezione, erano davvero "puri" e prendevano al massimo dei rimborsi spese modesti, ma accettavano le condizioni di privilegio economico degli stranieri perché riconoscevano a questi valori tecnici ed esperienze ad alto livello superiori. E perché da loro, da autentiche leggende delle massime potenze rugbistiche mondiali, potevano imparare, avviando o consolidando processi di crescita tecnica. Un monumento come Rob Louw (finalmente l'ho scritto giusto, a Tempera e Camarda mi stavano già prendendo per il c***...), al di là delle partite che ha fatto vincere a L'Aquila (molti ricordano ancora oggi il placcaggio, incredibile, su Osti lanciato in meta all'ultimo secondo di una rovente sfida del 1981 a Rovigo...) è stato un autentico maestro di rugby, prezioso anche e soprattutto negli allenamenti.
A tirare giù la lista di chi ha giocato in Italia in quegli anni c'è da perdere la testa: Campese, Louw, Burger, Kirwan, Mark Ella, Botha, Green, Brewer, solo per citarne alcuni, dimenticando chissà quanti campioni.

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da Arazon » 31 mar 2009, 14:36

Leggendo le storie di alcuni nomi che mi hai dato (kirwan, botha, going) credo che in italia non sarà più possibile rivedere uno spettacolo simile a meno che tra 20 o 30 anni non diventi una potenza tipo francia o inghilterra.

GRUN
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 31 mar 2009, 16:53

in realtà Going in Italia non ha giocato, però negli anni dei suoi furori agonistci, i settanta, arrivarono comunque fior di rugbisti: Nelson Babrow, del quale abbiamo parlato tante volte, Greenwood, capitano della nazionale inglese e papà del centro campione del mondo nel 2003 (tra l'altro nato a Roma dove il babbo giocava), il fortissimo n.8 rodesiano Murphy, Galon (papà di Ezio), francese di Treviso, Guy Pardiès, il gallese Cornwall, che dettava legge a Brescia, senza dimenticare il rumeno Penciu, il primo straniero di reale valore approdato in Italia, dal 1969 a Rovigo. Come vedi non mancavano i motivi per andare al campo, anche se, ripeto, l'età dell'oro del campionato è da collocare nel decennio successivo, quando, grazie anche al lavoro di tecnici come Saby, Bish, Villepreux, James, si registrò una crescita complessiva del movimento ed un miglioramento delle qualità dei giocatori italiani.
Purtroppo (per noi liguri) negli anni settanta l'unica squadra che non riusciva a scegliere uno straniero decente era il Cus Genova, capace di fare approdare in darsena i più dubbi figuri rugbistici del creato. E dire che sarebbe bastato un calciatore tanto tanto normale, un'aperturina come si deve, per vincere almeno uno scudetto e non finire per tre anni di seguito secondi dietro il Petrarca. Belin...

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da MAX_AM » 1 apr 2009, 17:39

MARCOGRUN ha scritto:Sei l'unico al mondo ad attendere con ansia i post e ...(cut)
:-]
Bentornato Grun! :wink:
"I think It's time ..." (Raphaël Ibañez)

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Re: David Campese in Italia

Messaggio da GRUN » 20 apr 2009, 17:34

Caro Arazon,
mi scuso per il ritardo, ma i fatti de L'Aquila, che nel cuor mi sta, mi avevano tenuto in apprensione per quello che stava succedendo ai miei amici abruzzesi. Prometto che, presto o tardi, scriverò (ancora) qualcosa sui tanti straordinari personaggi del rugby aquilano degli anni settanta e ottanta.
Oggi cerco di completare l'informalissima scheda dedicata a Campese.
Qualche settimana fa mi chiedevi lumi sull'esperienza italiana di quell'incredibile giocatore. Le statistiche le puoi consultare su siti abbastanza attendibili; comunque, per riassumere, Campese giocò nel Petrarca dal 1984 al 1986 e nel campionato 1987/88 (in questo torneo in coppia con un altro grande australiano, Knox, che era stato chiamato a sostituirlo nella stagione precedente). Poi, dal 1988 al 1993, passò all'Amatori Milano. A Padova venne portato da Vittorio Munari, che, poco più che trentenne e tra molte perplessità degli addetti ai lavori, venne scelto da Memo Geremia a sostituire Lucio Boccaletto, l'allenatore dello scudetto del 1984. Munari disponeva di una squadra molto forte, con giocatori di forza, talento e personalità, come Lorigiola, Marzio Innocenti, Artuso, Galeazzo, Gardin, Stefano Barba, solo per citarne alcuni. Se possibile rese quel gruppo ancora più granitico, feroce in difesa e nella caccia e nel recupero del pallone, con una mischia solidissima e completa, forte nelle fasi statiche ed in quelle dinamiche, con Lorigiola a telecomandare il pacchetto e a mischiare le varie soluzioni una volta in possesso della palla. Lui, Campese e Knox usavano scientificamente il gioco al piede e divennero famosi e redditizi i calci di Lorigiola dalla base dei raggruppamenti nei box più laterali, con relativa pressione dei bisonti del pack e frequente recupero dell'ovale. Campese venne schierato prevalentemente all'apertura, specie nei primi due campionati, a dimostrare la versatilità e la completezza delle quali disponeva, anche se spesso arretrava, quasi da secondo estremo, per ricevere da Lorigiola e ripartire sfruttando la sua spaventosa abilità a correre in campo aperto, conferendo ad una squadra che giocava un rugby fatto di ferro quel fuoco imprevedibile, quell'eterodossia anarcoide che si configuravano come valori aggiunti. Giocò ventinove partite in due anni ed il Petrarca vinse sia nel 1984/85 che nella stagione seguente (non c'erano ancora i play-off, introdotti a partire dal 1987/88).
A Milano, dopo un secondo ed un terzo posto, si mise lo scudetto sul petto nel 1990/91, giocando da superstella in una supersquadra (pochissimo amata nel resto d'Italia) che aggregava un numero impressionanti di giocatori di altissimo livello (Dominguez, Giovannelli, i fratelli Cuttitta, Bonomi e potrei continuare per qualche minuto), allenata da Mark Ella. I milanesi si ripeterono nel 1993, quando, come due anni prima, in finale sconfissero nettamente la Benetton. Campese a Milano giocò quasi sempre estremo, divertendosi ad esplorare i punti deboli delle difese avversarie, infilandosi negli intervalli tra i difensori, mettendone a sedere parecchi con le sue finte, i cambi di passo e velocità, i cambi di direzione. Segnò, nel campionato italiano, 817 punti con 74 mete: poi ci sarebbero da enumerare tutte quelle che fece realizzare ai compagni con i suoi passaggi, anche quelli variati e mai banali. Un fenomeno.

Arazon
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da Arazon » 23 apr 2009, 16:37

Grande Campese! Grandissimo Grun!!!!

ayr
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Re: David Campese in Italia

Messaggio da ayr » 27 apr 2009, 11:32

Ci sono rimasto veramente male quando il Milan ci ha "sfilato" Campese... uno dei primi "veri" professionisti del rugby, che poteva permettersi di allenarsi due volte al giorno, spesso in pista di atletica, con un preparatore atletico di alto livello, dedicato solo a lui... odiosa prima donna negli spogliatoi e in campo (non ha mai veramente "voluto" imparare a parlare l'Italiano, al contrario di molti altri... e molte partite sul fango le ha terminate con la maglia perfettamente pulita!)... certe cose, pero', nella storia del rugby, le ha sapute fare solo lui!

Certo, lo ricordano tutti per la meta in finale dell'Australia fatta su un suo passaggio dietro le spalle... ma per FARE certe cose, bisogna prima PROVARLE in campo... e le prime volte, normalmente, non vanno a finire bene! :?
Spesso ci si e' mangiati il fegato, per certe sue "invenzioni" (andate a finire male), ma poi il compenso per certe "magie" era assolutamente impagabile!
Da ricordare in particolare quando recuperava, in posizione di estremo, i calci lunghi degli avversari (negli anni ottanta/novanta se ne vedevano parecchi...), senza pressione... prendeva la palla al volo... la girava per mettere la valvola (!) al "posto" giusto... prendeva la mira con calma... intanto gli avversari montavano al trotto... riabbassava la palla... annusava il vento... gli avversari passavano al galoppo... caricava la gamba per il contro calcio in touche... scuoteva la testa per togliersi i capelli dagli occhi... il pubblico cominciava a rumoreggiare "oh, no! ancora!"... gli avversari, ormai vicinissimi, erano al galoppo sfrenato... il pubblico: "no! te prego! no sta farlo!"... parte il piede per un ennesimo super calcio in touche... e contemporaneamente il piu' vicino avversario, ormai a portata, stacca da terra e vola a "contrare" il calcio... il pubblico: "noooo!" - e chiude gli occhi... quando riapre gli occhi l'avversario e' ancora la' per aria come un aquilone, a cercare di "contrare" un calcio che non e' mai partito... "Davide" ha fintato il calcio ed e' ripartito al contrattacco...
Ecco: a volte quel contrattacco diventava una serpentina entusiasmante e si concludeva in mezzo ai pali, altre volte ne usciva comunque una buona o buonissima azione, ma... il piu' delle volte... mannaggia :cry: ... ne veniva fuori una cosa che faceva abbassare la testa arrossiti e mormorare parolacce :roll: ... per fortuna che era Campese e lui "poteva" farlo!... certo che certe cose, se non le provi mai -in partita- non ti potranno mai venire bene in una finale mondiale, pero'... se le stesse "azioni" le avessero fatte Trebbia o Minozzi mi sa che Munari gli avrebbe levato la pelle seduta stante! :| ...

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