TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

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Arianna
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TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

Messaggio da Arianna » 21 set 2006, 13:31

Indipendentemente dalla storia di ogni singola squadra sarei curiosa di approfondire l'argomento " geografia del rugby".

Perchè secondo voi il rugby in Italia è più diffuso e sentito al Nord rispetto che al centro e al sud? Perchè al centro si è sviluppato proprio a L'Aquila e al sud a Catania? Motivi economici? Sociali? Storici?

Chi me lo sa dire? :)

baci

lido-rugby
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RE: TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

Messaggio da lido-rugby » 21 set 2006, 15:05

A l'aquila fu un prof. Fattori che lho importo creando col tempo una squadra,che dopo alcuni decenni ha vinto titoli nazionali e creando in una cittadina di montagna una fantastica mentalita' rugbystica,immagino sia successo uguale a catania.
in francia e' nel sud che si e' diffuso piu' il rugby,forse la vicinanza geografica a facilitato la diffusione.
a sud c'e' la difficolta' per le squadre a trovare campi,e per mia esperienza trovare aziende che investano in publicita' in uno sport poco conosciuto.
ma la mentalita' rugbystica sta scendendo,tanti club stanno nascendo, in centro italia e spero anche a sud!
anche se non e' una questione di nord e sud...qui in abruzzo in montagna e nella marsica tutti conoscono il rugby,qua alla costa niente,o per lho meno sta crescendo!
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astronaut84
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Re: TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

Messaggio da astronaut84 » 21 set 2006, 15:12

Arianna ha scritto:Indipendentemente dalla storia di ogni singola squadra sarei curiosa di approfondire l'argomento " geografia del rugby".

Perchè secondo voi il rugby in Italia è più diffuso e sentito al Nord rispetto che al centro e al sud? Perchè al centro si è sviluppato proprio a L'Aquila e al sud a Catania? Motivi economici? Sociali? Storici?

Chi me lo sa dire? :)

baci
Da napoletano posso dire che qualsiasi cosa al nord sia vissuta con interesse, passione e coinvolgimento, non lo è al sud. Il motivo oltre che economico, penso sia natura "mentale"...inutile nasconderlo, noi del sud abbiamo un'altra mentalità. Per quanto riguarda il rugby, anch'esso è vittima dei nostri problemi, uno sport che in città nel nord Italia è praticamente un culto, giù da noi è visto quasi come una barzelletta (parlo per esperienze personali)..."Perchè giocare a rugby quando esiste il calcio?": "Ma che 'fa cu 'stu regbbì?!" "'Cca te pijen pe' scem!"..etc ..etc...Per fortuna esistono le eccezioni, e anche qui non mancano, eccezioni che ci consentono di vivere un sogno diverso da quello che inseguono tanti...un sogno ovale. Ed alcuni, come me, nutrono la speranza che un giorno tutto (da noi) possa cambiare...
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GRUN
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RE: TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

Messaggio da GRUN » 21 set 2006, 15:55

Arianna ciao. Ci sarebbe da scrivere per degli anni... nei prossimi giorni, se troverò un pò di tempo, cercherò di dare il mio piccolo contributo. Permittimi però un piccolo appunto: tu indichi in Catania il centro di riferimento per il sud. Oggi è così, ma storicamente la prima città meridionale a sviluppare cultura rugbistica fu Napoli, partecipando nel 1931/32, con la squadra del Guf, al campionato di serie A, che fino ad allora aveva visto protagoniste squadre del nord e società romane. Il Guf Catania ed il Guf Palermo entrarono in A nel 1934/35. Dopo un breve periodo di crisi delle squadre del sud, Napoli tornò nella massima divisione nel 1938, con la S.S., peraltro subita retrocessa. Il testimone fu raccolto dal Guf Napoli nel 1939/40, che tra alterne vicende, si barcamenò fino al 1942/43. nel dopoguerra il primo campionato si giocò nel 1945/46, e per ragioni organizzative ed economiche si raggrupparono le squadre in due gironi, quello settentrionale (Coppa Alta Italia) e quello del Centro Sud, diviso in Campionato Romano (con 5 partecipanti, Rugby Roma, Olympic '44, Juventus, Goliardica e Amatori Lazio) e quello camoano, che venne vinto da Napoli, in quanto... unica iscritta. per la cronaca nel gironcino finale a tre del Campionato Centro Sud, i partenopei arrivarono secondi a pari punti con l'Olympic dietro la Rugby Roma, poi sconfitta nella finale nazionale dalla fortissima Amatori Milano. Napoli tornò in A con la Snus nel 1947, che vi rimase, con poca gloria, fino al 1949, quando a rilevarla nella massima serie fu il Napoli, che nel 1951 divenne Partenope, retrocedendo però al termine della stagione 1952/53, risalendo nel 1956, sempre unica squadra meridionale di vertice. Il salto di qualità avvenne nel 1958 e per alcune stagioni la Partenope si rivelò davvero tra le protagoniste del nostro campionato arrivando a vincerlo nel 1964/65, con Emilio Fusco in panchina ed Elio Fusco, Ascantini, Ambron, tra gli altri, in campo. La stagione successiva ci fu il bis, e alla compagnia si aggiunse, proveniente dall'Italsider Genova, Marco Bollesan. Per vedere un'altra squadra del sud in serie A bisognerà attendere il 1970/71, quando a Napoli, diventato nel 1969 Cus, si aggiungerà l'Amatori Catania. Nel 1976/77 ci sarà poi l'esperienza, effimera della caronte Reggio Calabria, due campionati nella massima divisione, sufficienti però a mettere in mostra e a valorizzare un grande giocatore calabrese, Giuseppe Artuso, 31 caps con la nazionale, destinato a trovare gloria nel Petrarca Padova. Il campionato più soddisfacente dell'Amatori ctania fu quello del 1981/82, quando la squadra chiuse terza dietro Scavolini L'Aquila e Benetton Treviso. Purtroppo all'ascesa dei catanesi fece da contraltare la crisi dei napoletani che, retrocessi nel 1973, non sarebbero più stati in grado di proporsi ai massimi livelli. In Campania va comunque ricordata Benevento, dove il rugby ha conosciuto un grandissimo successo e dove si sono formati, nei vivai delle due più importanti squadre cittadine, Unione Sannio e Us Rugby Benevento, giocatori importanti, quali, fra i tanti Totò Perugini e Zullo.

Arianna
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Re: RE: TANTO RUGBY AL NORD E POCO AL SUD, PERCHE?

Messaggio da Arianna » 22 set 2006, 14:13

Grazie mille a tutti :)

Le vostre informazioni sono preziose per una che sta ancora "studiando" oltre che la tecnica anche la cultura di questo sport :wink:
:wink:

rugbyteacher
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Messaggio da rugbyteacher » 22 set 2006, 15:21

Hei Grun piano a parlare di GUF se no anche in questo post nasce una super discussione....(scherzo ovviamente)

comunque come in tutte le cose e tutti gli sport penso che la differenza tra nord e sud sia culturale:

SUD:

PRO giocatori fantasiosi, grande passione, grandissimimo orgoglio e tenacia in campo

CONTRO poca dedizione, 0 programmazione (vedi Catania, Roma Olimpic, a suo tempo R.C. ecc.)

NORD:

PRO voglia di migliorarsi, razionalità, organizzazione (che ovviamente permette l'approdo di investimenti)

CONTRO passione non sempre accesa, concorrenza accesa da parte di altri sport, campanilismi

insomma penso che al Nord tu possa trovare società ben strutturate che trainano il movimento, al sud squadre di livello ....ma solo per qualche anno

waenedhelion
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Messaggio da waenedhelion » 22 set 2006, 16:16

Sinceramente, parlare di Nord e Sud in maniera così schematica, buttando tutto sulla solita solfa della "diversità culturale e di mentalità" è troppo semplicistico e, perdonatemi, da bar dello sport. La differenza è una sola: a Nord è presente una più vivace attività di piccola e media impresa, che se non garantisce investimenti da Premiership, quanto meno aiuta a tirare avanti la baracca per molte società che, parliamoci chiaro, saranno pure numerose e ricche di volenterosi e bravi giocatori, ma quanto credete vadano oltre la semplice attività ricreativa? A Sud questa rete di piccoli investitori non esiste, o quanto meno è molto ristretta, per questo i tantissimi giovani che praticano il rugby (ma il discorso, nel suo complesso, vale per un po' tutti gli sport) si autofinanziano o tirano a campare con qualche sponsorizzazione occasionale o con piccoli contributi pubblici (Regioni, Comuni, ecc.), finiti i quali, tutti a casa.
Certo, c'è il problema della "semina", ma anche quello lo rimanderei alla questione investimenti: se ho un buon budget a disposizione, ovvio che cresco e che trovo la mia stabilità, la quale mi consente di programmare e di mantenermi attivo e vivo sul territorio.

Poi non è assolutamente vero che in tutto il Nord il rugby sia "praticamente già un culto": lo sviluppo del triangolo Emilia-Lombardia-Veneto non è riscontrabile ad esempio in Piemonte e Liguria, due regioni così vicine a quella Provenza tanto ricca di campioni. Ancora, in Lombardia, in Abruzzo e in Sicilia ci sono addirittura difformità interne. Per questo credo sia più giusto parlare di diffusione a macchia di leopardo piuttosto che di una vera e propria questione geografica, tipica invece della Francia o dell'Australia, ad esempio.

P.S.: astronaut84, perché ti tiri la zappa sui piedi da solo? Sei davvero convinto che solo a Sud ti prendano per scemo se giochi a rugby? Cerchiamo di non vedere sempre il Paradiso che vorremmo là dove non c'è!

lido-rugby
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Messaggio da lido-rugby » 22 set 2006, 16:38

GIUSTO E' PRPRIO COSI A MACCHIA DI LEOPARDO.
un po come tutti gli sport minori in italia,in abruzzo cambia per provincia e va in base ai risulatati che ha la prima squadra d interesse,a Roseto vicino alle mie parti il basket e' in serie A e non c'e uno stabilimentto che non monti un canestro,tempo fa non ne vedevi uno!
alla giante piace poterne parlare,leggere,vedere in tv il proprio sport,se non ne parla neanche la tv locale a ch vuoi che gle ne freghi.metti che l'italia ai prossimi mondiali si piazzi bene nei piani alti...metti che ne parlino i tg vedrei che tutto cambiera'!io do colpa anche ai media che non ne parlano,la 7,e'una tv romana e a Roma il rugby interessa,quindi viene trasmesso.aspettiamo un po facciamo crescere gli ascolti come sta accadendo e le macchie del leopardo si allargheranno!
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GRUN
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Messaggio da GRUN » 22 set 2006, 17:10

Il rugby in Italia, nella sua fase embrionale, che va dal 1890, quando dei gentiluomini inglesi di stanza a Genova iniziano a passarsi una pallaovale, al 1928, anno del primo campionato, si lega indossolubilmente alla presenza di stranieri che, divertendosi con un gioco da loro già popolare, gettano i primi semi. Nel 1910 a Torino, città allora d'avanguardia nel nostro panorama sportivo, si disputa il primo test in terra italiana tra Racing Club Parigi e Servette Ginevra, mentre il 2 aprile 1911 a Milano, grazie alla tenacia di Piero Mariani, il primo vero pionere del rugby italiano, l'U.S. Milanese affronta i francesi dell'U.A. Voironnaise, perdendo per 15-0. Dopo un'altra partita giocata a Vercelli dai milanesi l'anno dopo e persa 3-12 contro lo Sport Athletique Chambery, cala il sipario. Sgretolate dagli eventi legati al primo conflitto mondiale, costrette a forzati rientri in patria, le comunità straniere abbandonano le città italiane ed interrompono il processo di sviluppo del rugby. Del quale si riprende a parlare nel 1926, grazie alle iniziative di un signore milanese, Stefano Bellandi, che, aiutato da Algiso Rampoldi, presidente della società polisportiva S.C. Italia, recluta un manipolo di baldi giovanotti, quasi tutti fino ad allora dediti all'atletica leggera, insegna loro i primi rudimenti e li porta in giro per l'Italia settentrionale a giocare contro squadre francesi e, soprattutto, a fare propaganda alla nuova disciplina. Nel frattempo, esattamente nella primavera del 1927, anche a Roma si avvertono le prime scosse, grazie all'ingegner Roberto Villa, che, appassionatosi in Francia, dove si reca spesso per ragioni professionali, a questo sport, lo diffonde, tra gli studenti universitari. Il successo è così repentino da determinare la creazione del Comitato di Propaganda centro-meridionale (al nord Bellandi aveva fondato il Comitato Nazionale di Propaganda del Giuoco della Palla Ovale) e, fatto importantissimo, l'istituzione della sezione rugby all'interno del Guf Roma. E qui mi aggangio all'intervento di rugbyteacher per affrontare l'argomento Guf. Si trattava dei gruppi universitari fascisti, demandati all'organizzazione delle attività sportive degli studenti. Il partito, così attento a tutto ciò che atteneva all'educazione fisica ed ai piani di formazione da attuarsi attraverso la pratica delle varie discipline, mostrò subito di gradire il nuovo sport, tanto da consigliarne, anzi, caldeggiarne, attraverso le parole del gerarca, segretario del partito e presidente del Coni, Achille Starace, la pratica. Sport di contatto e combattimento, il rugby sembrava esaltare le caratteristiche di virilità e coraggio che i dirigenti del partito volevano veder incarnate nella gioventù italiana. In pochi anni quasi tutti gli atenei italiani, e quindi i Guf, disposero di una squadra iscritta ai vari campionati. Al secondo campionato nazionale, quello del 1929/30, parteciparono il Guf Torino e quello genovese; nel 1932/33 le squadre dei Guf iscritte al massimo caqmpionato erano ben quattro su sette partecipanti (Guf Torino, Guf Genova, Guf Napoli e Guf Padova). "L'imprinting" universitario sullo sviluppo di questo sport in Italia è stato quindi forte ed evidente: basti pensare che a Rovigo la prima palla bislunga venne fatta rotolare nel maggio 1935 da Davide Lanzoni, che studente di medicina a Padova. si era innamorato del "rebi" contagiato dai compagni di facoltà che lo praticavano da qualche anno... Questi sono eventi storici oggettivamente riscontrabili, sui quali non credo debbano pesare scorie ideologiche. E' altresì vero che nel secondo dopoguerra in alcune città ci furono resistenze alla pratica del rugby, che veniva ricordato come troppo strumentale a certe forme di propaganda fasciste. L'eredità dei Guf, dopo processo di depurazione, venne raccolta dai Cus, Comitati universitari sportivi, che continuarono a garantire grande sostegno al rugby, come dimostrano le esperienze di Genova, Roma, Padova, Napoli, Milano, le cui squadre Cus parteciparono, in epoche diverse, al massimo campionato, dando tanti giocatori alla rappresentativa nazionale.

magopiccolo
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Messaggio da magopiccolo » 22 set 2006, 17:40

Andiamo di male in peggio prima al sud c'è più passione poi al nord più soldi... :roll:
Non sono certo questi i motivi, nel quadrilatero TV PD VE RO il rugby è il secondo sport, o almeno se la gioca con il secondo sport (ciclismo, bascket, pallavolo) che sia, e l'equazione sport=calcio e se ci gioco sono un figo viene meno.
Il Treviso l'anno scorso era in serie A ma non se lo cagava nessuno ed il presidente continuava a ritenere la sua scuadra, giustamente, la minore tra Bentton rugby/bascket e Sisley.
In alcune zone d'Italia il rugby è stato portato da alcuni filantropi ed ha attecchito è cresciuto ed ha prosperato, in altre no, solo ultimamente con il 6N il rugby è diventato visibile a tutti e stà crescendo "dall'alto" tramite la nazionale, prima creseva "dal basso" tramite un amico, l'insegnante di educazione fisica o il papà.
Concludo portando un esempio che volevo inserire in mezzo al discorso per trarre alcune conclusioni ma non trovando il momento giusto posto di seguito: a Roma mi è capitato di accennare il 6N a dei clienti (la partita Italia-Scozia era il giorno dopo) questi mi risposero ...eh ....si :cry: poi mi capita di andare al tabacchino della stazione di Castelfranco a comprare la Meta e trovo na vecchiarda che mi vuole convincere che Pez è meglio di Dominguez... :lol:
"Bè potrei anche fare altre cose, ad esempio mi occupo di magia, si sono un mago, potrei sempre scopare nel tempo libero!"

sanscrito
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Messaggio da sanscrito » 24 set 2006, 14:16

Dato a Grun quel che è di Grun, e cioé il riconoscimento della sua profonda conoscenza della storia e della mitologia del nostro gioco, bisogna dire che una risposta allo squilibrio tra Nord e Sud nel rugby forse non c'è. Non c'è una risposta sola: ha ragione chi parla della rete di aziende medio piccole più diffusa al Nord, e Viadana credo che sia un esempio importante di come un paese non molto grande faccia nascere una squadra e un movimento diventati una realtà a livello nazionale. Ma quante Viadana ci sono nel Sud? E poi: al Sud probabilmente c'è più fame rispetto al Nord (e mi scuso se posso dire cose piuttosto banali), e il rugby in Italia non è sport che dà da mangiare. Ci sono poi senz'altro altri motivi, magari storici: ricordo di aver letto che furono battaglioni di soldati alleati britannici, perfino neozelandesi, che fecero rinascere il movimento italiano nell'immediato dopo guerra, che riaccesero quella scintilla che sembrava essersi spenta. Questi reggimenti sono passati anche nel Meridione? Io non lo so, ma magari una piccola parte di risposta sta anche in queste cose, e chissà se Grun è in grado di dipanare un po' questa matassa. Mi stupirei del contrario...
P.S. Magopiccolo, come era la vegliarda? Una grande, certamente

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Messaggio da ciccibaliccio » 24 set 2006, 17:53

Ciao Arianna , solo ora leggo la discussione da te aperta e gli interventi degli altri autorevoli forumisti, tuttavia non mi sento di condividere appieno quanto scritto , nel senso che il rugby fino che è a livello dilettantistico è abbastanza diffuso anche al centrosud (La nosra Regione per esempio è la seconda in Italia , dopo il Veneto per numero di tesserati). Se invece si parla di rugby ad alto livello, sicuramente le regioni del nord grazie alla loro organizzazione ma anche per la migliore situazione economica fanno la parte del leone. In sostanza se vuoi giocare vanno bene anche le società del centrosud , se hai capacità tecnico/fisiche e vuoi che il Rugby diventi la tua professione devi per forza emigrare al Nord o meglio ancora all'estero.

GRUN
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Messaggio da GRUN » 25 set 2006, 18:04

Caro Sanscrito, tu tocchi un nervo scoperto. Il mondo del rugby italiano, dovendo scegliere tra leggenda e storia, ha deciso di debordare verso la prima. Contrariamente ad altri paesi, dove la storia del rugby è anche materia universitaria, da noi ha prevalso il fascino del mito. Mito che è indispensabile motore di narrazioni, ma che se non accompagnato da riscontri e dati certi, rischia di rendere poco solide e poco credibili molte interpretazioni. In molti siti di squadre italiane forti e di lunga tradizione, i cenni storici, quando ci sono, sembrano soffrire di anoressia informativa. La stessa scheda approntata per il popolo di Internet dalla FIR sulla storia della disciplina nel nostro paese, è molto, molto snella, ma non priva di approssimazioni, riscontrabili proprio in merito al tema introdotto da Sanscrito e riconducibile alla "dialettica" nord - sud. Il redattore della suddetta scheda ci dice che un grande contributo allo sviluppo del rugby in Italia venne garantito, nell'immediato dopoguerra, dai soldati delle truppe alleate di stanza in Italia. Non c'è da dubitarne, ma che dati, che testimonianze, sono state utilizzate a supporto di questa informazione? Chi erano questi militari, dove la loro palla ovale si trovò a fendere l'aria? In attesa di riscontri più precisi e sicuri, riporto alcuni elementi statistici che sembrerebbero ridimensionare la portata di quel ruolo. Il massimo campionato italiano tornò disputarsi nel 1945: considerando le partecipanti a quel torneo e a quelli degli anni successivi, arrivando fino al 1955, non si registrano le iscrizioni di città, settentrionali o meridionali, caratterizzate da presenze vincolanti di forze militari alleate, con la parziale eccezione della Giovinezza Trieste, una polisportiva molto connotata, in quelle stagioni torride, spesso tragiche, per la città giuliana, da forte nazionalismo anti jugoslavo. C'erano Parma, l'Amatori Milano, la Ginnastica Torino, il Rugby Genova, Rovigo, il Petrarca Padova (dal 1948), la Snus Napoli, poi sostituita dalla Partenope, dal 1951 L'Aquila, Bologna... Insomma, centri nei quali il rugby aveva già attecchito prima della guerra o dove, come nel caso de L'Aquila, vi sarebbe arrivato per vie autoctone. Forse in centri più piccoli, privi dell'esposizione della massima serie, questo lavoro dei soldati stranieri fu davvero fecondo, ma non è facile disporre di dati certi. In molte cittadine dove i contingenti alleati si stanziarono, rimanendo per lunghi periodi, non ci sono riscontri diretti (ad esempio ad Anzio la squadra di rugby fu fondata solo negli anni sessanta). A mio modo di vedere è stato molto più profondo e determinante il contributo, all'intero movimento rugbistico italiano, garantito da Julien Saby, del quale mi riprometto di parlare nel prossimo intervento.

Arianna
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Messaggio da Arianna » 26 set 2006, 16:16

Grazie a tutti per le risposte! :wink:

belvolady
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Messaggio da belvolady » 4 dic 2006, 12:51

Mi inserisco in questa discussione con una notizia che pochi sanno...negli anni '60 il rugby era molto più diffuso al Sud, tanto più che a Reggio Calabria (città in cui sono nata) proprio la squadra di rugby fu la prima a raggiungere la massima serie. Purtroppo, la concorrenza di altri sport quali basket, pallavolo e soprattutto calcio ha fatto progressivamente scemare l'interesse verso il rugby, ravvivato solo in questi ultimi anni.
Sometimes you put walls up not to keep people out, but to see who cares enough to break them down.

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