Film sul Rugby, film del Rugby

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yeti
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Messaggio da yeti » 25 feb 2004, 9:57

Cavalieri della Luce? L\'occhio del diavolo?
<BR>Caro Eck, io non so quello che stai facendo, ma il mio timore è che intorno a questa storia del film sul rugby si crei un impianto molto altisonante, fatto di grandi valori, di metafore esistenziali, etc. Tu sai meglio di me che è un rischio: finisci per arrivare a banali simbolismi da quattro soldi come ne \"I magi randagi\" di Sergio Citti, o all\'esaltazione buonistica di valori in cui nessuno si riconosce. Diceva bene Gozzano quando tra le righe scriveva di una cosa vera che \"è così bello che sembra finto\": la confusione tra il vero e il falso, tra la realtà e l\'immaginario.
<BR>Cavalieri? Penso ai cavalieri, penso ai miei compagni di squadra, e mi chiedo dov\'è il loro essere cavalieri. Non c\'è. Il valore di ognuno di loro è in un piccolo gesto segreto tra una scorreggia sotto la doccia e un rutto alla fine di una bottiglia di birra (scusa l\'espressione forte). Quale gesto? E chi lo sa? Comunque troppo piccolo e segreto per passare alla gloria degli schermi. Per fare scena (e film) ci vuole forse altro, no? Ma tu sei l\'esperto.
<BR>C\'è anche il disvalore di ognuno di loro. Nessuno dei miei compagni di squadra incarna al cento per cento quell\'ideale di lealtà e sportività che spesso i rugbysti si arrogano. Qualcuno arriva al 98, qualcuno all\'80, qualcuno al 50. Eppure l\'aria del campo e dello spogliatoio è diversa, le birre bevute con loro sono più buone, li guardi in faccia e ti stanno tutti già simpatici. Gli perdoneresti qualsiasi cosa.
<BR>Dov\'è il segreto? Tu mi dirai \"è il nostro lavoro, il confronto delle nostre idee, sviscerare gli aspetti più profondi,...\". E se invece lasciassimo tutto così? Il \"Je ne sais quoi\" (sarà giusto?), quel certo non so che di rousseviana memoria? Perché spiegarci delle cose e cercare di chiarirle? Privarle del fascino? Allora io propongo l\'immagine, la parola non che spiegano, ma che si adagiano sull\'inspiegabile e ne diventano parte.
<BR>Ieri abbiamo fatto allenamento solo di placcaggi e contatti. Siccome gli avversari sanno che sono nuovo entravano sempre in percussione su di me. E il mio sforzo maggiore è stato quello di non cedere alla tentazione di spostarmi, quando ti vedi il pilone o il terza chiusa che ti corre addosso a tutta. C\'è qualcosa del cavaliere? Boh? E anche se fosse?
<BR>La cosa più simile tra cavaliere e rugbysta che finora ho trovato è stata ancora ieri. Una banalità: negli esercizi di placcaggio, uno dei due imbraccia un cuscinone. Ecco, l\'impugnatura e la postura di quel cuscinone è la stessa di uno scudo da cavaliere. A me sembra bellissimo. Non è una scena da film?
<BR>
<BR>G.

yeti
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Messaggio da yeti » 25 feb 2004, 9:59

Una cosa Eck. Il film è tuo, e tu ci fai quello che vuoi. Quello che dico lascia il tempo che trova, sia chiaro.
<BR>Un saluto.
<BR>
<BR>G.
<BR>
<BR>

alessandroviola
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Messaggio da alessandroviola » 25 feb 2004, 10:47

ieri, durante una delle varie visite/analisi che faccio in conseguenza dell\'ultimo infortunio, mi sono tornate in mente le facce dei bambini che allenavo per le scuole e delle loro maestre, che sono passati a vedere come stavo in spogliatoio, subito dopo il mio infortunio, mentre gli altri ancora giocavano... per molti era la prima partita di rugby \"vero\" che vedevano dal vivo, ed erano venuti a vedermi giocare... ho fatto uno sforzo sovrumano per stare in piedi, parlare allegramente e sembrare calmo... ma loro piangevano lo stesso, perché avevo la faccia già gonfia come un pallone... chissà perché mi è venuta in mente proprio quell\'immagine...

pam
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Messaggio da pam » 25 feb 2004, 11:40

Caro Yeti...è sempre interessante leggerTi, ma soprattutto porti una domanda: ma sei sicuro che quanto dici sia diverso dal concetto dei \"Cavalieri\"? Mi spiego: a me non pare che si sia parlato di \"Cavaliere Bianco formato AIAX detersivo\", non credo che \"il rugbysta\" non possa fare le bolle, siano esse di sapone da una parte o di birra dall\'altra...Credo piuttosto che la magia, passami il volo pindarico, sia nel trasformarsi in campo per quello che di meglio si possa essere. Tu stesso me lo confermi quando mi parli del pilonaccio o del n°6 che arriva come un bisonte...eppure non Ti sposti, anzi, pensi \"meno male che viene di qua che io lo fermo!\" anche se quello poi Ti asfalta Tu ci hai messo tutto quello che potevi, perchè fermarlo era il Tuo compito, quello che la squadra si aspetta da Te, la Tua mission...e nessuno, nessuno Ti biasimerà se non ci sarai riuscito perchè tutti sanno che hai fatto il massimo. Sarà la Tua coscienza il Tuo giudice più severo ed implacabile che non tacerà finchè quel bestione non si sarà ripresentato forte, duro e determinato come prima, ma Tu, stavolta, lo fermerai, lo placcherai, lo alzerai da terra come se fossi Al Kogan...perderà la palla e tutto ricomincierà come prima, ma non nel Tuo cuore, non nel cuore della Tua squadra che avrà un\'altra grande (piccolissima, ma importantissima) vittoria da cui farsi cullare.
<BR>Pochi sugli spalti si saranno accorti del Tuo gesto eroico, nessuno sentirà quel dolore sordo che hai al naso che pulsa e che pare Ti entri nella testa o il braccio che non riesci a muovere per almeno 5 minuti e non capisci come mai hai ancora la spalla che eri convinto Ti avessero sradicato...solo la Tua squadra gioirà in silenzio della Tua impresa e condividerà con Te quel dolore fisico terribile, ma che aiuta lo spirito.
<BR>Mi spieghi altrimenti la foga di voler fare a tutti i costi una meta anche se a 5 minuti dalla fine perdi 40 a 0?
<BR>Forse sto diventando troppo ecumenico...ma non ho fumato i funghi, bensì mi sono mangiato un ottimo rognone trifolato...
<BR>a bien tot
<BR>pam
RADICITUS NUX VICTORIA CONSTANTER.

yeti
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Messaggio da yeti » 25 feb 2004, 12:03

>>eppure non Ti sposti, anzi, pensi \"meno male che viene di qua che io lo fermo!\"<<
<BR>
<BR>Ho detto che non mi sposto, mica che li fermo. Hai presente i cartoni animati di Willy il Coyote, quando Beep-Beep passa e lui rimane sull\'asfalto con una riga di pelo bruciato nel mezzo? Qualcosa del genere. Ecco, ho più timore di fermare uno di 60 chili che mi corre incontro piuttosto che di lanciarmi io contro tre o quattro. Forse il segreto della difesa e di un buon placcaggio è proprio quello: correre contro a chi sta correndo contro di te. Devo provarci.
<BR>
<BR>G.

alessandroviola
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Messaggio da alessandroviola » 25 feb 2004, 12:49

lo so: autocitarsi è una cosa terribile, ma mi sembra pertinente dopo gli interventi di yeti e pamagri....
<BR>
<BR>
<BR><!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 20-02-2004 alle ore 09:37, alessandroviola wrote:
<BR>mi sembra che l\'aspetto più cavalleresco del rugby possa venire evidenziato da alcuni aspetti:
<BR>1) ti prepari e ti tempri per lungo tempo nel corpo e nello spirito, lottando per trovare il tempo e la serenità per farlo con la tua famiglia, il lavoro ecc...
<BR>2) ti concentri profondamente prima della partita, sapendo che potresti trovarti \"a mettere la testa dove altri non vorrebbero mettere neanche un piede\" (virgolette doverose perché si tratta di una citazione di una frase famosa)
<BR>3) giochi mettendo tutto te stesso, le tue energie, il tuo coraggio ecc.. in campo... cercando continuamente di superare te stesso, le tue paure, i tuoi fantasmi...
<BR>4) esci dal campo che hai dato veramente tutto, e magari sei anche un po\' ammaccato (da cattivo sportivo quale sei, sei molto molto triste e arrabbiato se perdi e moderatamente soddisfatto se vinci...)
<BR>5) bevi una birra e fai amicizia con chi ti ha ammaccato
<BR>6) torni a casa distrutto e devi subire una sfuriata sul fatto che torni sempre a casa un po\' ammaccato (nessuno ti chiede il risultato, neturalmente...)
<BR>7) la mattina dopo ti alzi come sempre e vai a lavorare (anche se ti senti un po\' ammaccato).
<BR>da una parte sai che nessuno ti farà i complimenti per come hai giocato (e magari hai appena vinto lo scudetto o giocato con la nazionale!!!...) e dall\'altra speri che nessuno si ricordi che giochi a rugby, noti che sei un po\' ammaccato e soprattutto speri che non ti creino problemi sul lavoro per il fatto che giochi a rugby...
<BR>
<BR>per farlo, silenziosamente, anno dopo anno, senza che nessuno se ne accorga e ti dia una minima soddisfazione oltre a quelle che riesci a crearti da te stesso, ci vuole veramente un animo nobile e valoroso, da vero cavaliere... il lieto fine o il livello a cui giochi non ha alcuna importanza...
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>
<BR>PS yeti: è proprio così, devi il più possibile andare in contro al tuo avversario perché il tuo placcaggio sia efficace al massimo, per una quantità di buoni motivi... e metticela tutta!

yeti
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Messaggio da yeti » 25 feb 2004, 13:42

Farò del mio meglio, Alessandro.
<BR>Intanto apro un nuovo fronte sulla illusione/delusione.
<BR>Ieri ho fatto la prima seduta di fisioterapia, che in realtà si tratta di fare gli allenamenti di pesi che facevo quando ero un atleta. La cosa è stata utile e piacevole. Sono andato alla sera al campo sportivo e già facendo riscaldamento sentivo che le gambe giravano: tendini più reattivi, birra in corpo. E alla fine dell\'allenamento le gambe stavano meglio di prima, meglio delle volte precedenti quando mi trascinavo (e trascinavo, letteralmente, le mie gambe) come un\'ombra sul terreno di gioco. Ho pensato che forse ce la faccio davvero a ricuperare la condizione e ad imparare allo stesso tempo un minimo di tecnica fondamentale. Ma questa notte a casa il mio piede mi ha chiamato a rapporto. Dolori lancinanti sull\'articolazione del malleolo. Non poteva essere il legamento: corro già da due settimane, ho già pure giocato, non ho mai avuto nessun dolore. Passi il ginocchio che ancora non è del tutto a posto, ma il piede... L\'imprevisto dolore, non sai spiegartelo, cominci a pensare che ti farai il culo e quando meno te lo aspetti ti spunta il dolorino del c4$$o senza soluzione. Ho pensato al tendine d\'achille (il mio tallone d\'achille) già provato dagli ostacoli, a qualche vecchio malanno, a una microfrattura.
<BR>Oggi avevo appuntamento dall\'ortopedica. Tira, piega, gira. Niente: i legamenti sono a posto. Il problema è osseo e non si sa quale. Esclusa una frattura, forse a livello di articolazione c\'è un contatto tra due ossicini che si fregano uno con l\'altro. Iniezione di cortisone per sciogliere il nodo eventuale. Altrimenti altra tomografia. Poi vedremo.
<BR>Lei dice che posso continuare ad allenarmi. Però ogni passo è come una siringata.
<BR>E\' una sciocchezza rispetto a tanti altri guai peggiori.
<BR>Però c\'è un piccolo turbinio di sensazioni che vale la pena di provare.
<BR>Per la prima volta ti senti un loro pari: ti rendi conto che tu entri nei raggruppamenti a spingere e gli avversari arretrano, che ci si mettono in due per fermarti e fanno fatica.
<BR>Poi torni a casa, mangi, bevi, ti intrattieni con la persona che ami. Sei soddisfatto e anche un piatto di patate lesse con un goccio di olio ti sembra un mangiare da re.
<BR>Improvvisamente senti che c\'è qualcosa che non va, oltretutto proprio nel posto che non ti aspetti, che ti aveva dato meno problemi. E allora senti che non sei più pari ai tuoi pari, che è stata una menzogna di carnevale, che c\'è un\'ombra inevitabile, inesorabile. Sono i tuoi anni che sono passati: non sei più giovane come una volta, e il primo risultato è quella sordità cocciuta con cui rifiuti di ammettere che se oggi hai corso bene e ti sentivi in forma è stato solo un caso. Il canto del cigno. O forse non è ancora così?
<BR>Dov\'è la verità?
<BR>
<BR>G.
<BR>

pam
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Messaggio da pam » 25 feb 2004, 15:36

Yetazzo, mi ripeto fino alla noia: vieni a Noceto a imparare dai miei bimbi come si placca! Fingono d\'incazzarsi quando li chiamo bimbi, perchè ormai a 16 anni, già di uno e novanta per tanti kili...ma sono contenti, sanno che il conforto è sempre pronto, anche la ramanzina, ma sempre con un abbraccio. Al di là delle specifiche personali, temo che continuiamo ad essere troppo individualisti nel \"sentire\" cari Yetazzo e Alessandroviola... Ad esempio, Che ostacoli facevi? 110 o 400? Che ricordi meravigliosi dell\'atletica, ma era la sublimazione dello sport individuale, l\'esatto opposto dello spirito rugbistico o meglio, solo una parte di esso. Prova a pensare tutta la fatica della preparazione agli ostacoli solo come la base della Tua preparazione per essere pronto ad iniziare a giocare con la squadra...da lì nasce tutto il resto: dal sostegno agli schemi...e questa parte non è meno dura della prima. Per di più c\'è sempre il solito, sì quello che scoreggia sotto la doccia, che non sta mai attento che per colpa sua devi rifare quel benedetto incrocio 100 volte, perchè è sempre troppo piatto o non parte mai al momento giusto, cosa che non farebbe nemmeno un bambino...Ma non lo mandi dove si meriterebbe, non lo fai perchè \"gli perdoni tutto\"(cito Te) perchè è della squadra...
<BR>au revoir
<BR>pam
RADICITUS NUX VICTORIA CONSTANTER.

pam
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Messaggio da pam » 25 feb 2004, 15:40

PS: lungi da me il voler insegnare tecnica, ma sul correre o meno incontro all\'avversario da placcare, prima valuta la situazione vantaggio/svantaggio numerico.
<BR>
RADICITUS NUX VICTORIA CONSTANTER.

yeti
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Messaggio da yeti » 25 feb 2004, 16:28

Facevo i 400H, ma mi sono sempre infortunato troppo e nei momenti cruciali per poter dire di essermi tolto qualche soddisfazione. Ed ero molto più bravo nei salti, lungo e triplo.
<BR>E\' vero, nell\'atletica prevale la componente individuale, ma non esageriamo. E\' più difficile creare una squadra, ma proprio perchè è più difficile alla fine risulta più accattivante. Noi eravamo una grande squadra, di cui resta ormai poco o nulla, giusto un incontro breve e sentito sotto le feste. Come quest\'anno a Natale, quando all\'improvviso a casa dell\'allenatore càpitano di sorpresa tre reduci dei bei vecchi tempi. Mi piacerebbe farti leggere il mail che il mio vecchio allenatore (grand\'uomo) mi ha scritto dopo un nostro fugace incontro a Strasburgo l\'anno passato.
<BR>Ma attento: anche nellatletica la squadra c\'è, e il confronto pure, ma è con te stesso. Perchè il primo confronto è con te stesso. Nell\'atletica c\'è il cronometro, negli sport di squadra l\'avversario. Quando io placco o attacco non mi confronto con l\'avversario, ma con me stesso innanzitutto. Quando io devo rischierarmi e sono morto perché sono appena uscito da due maul consecutive mi sto confrontando con me stesso. In termini diversi nei modi ma uguali nella sostanza, quando facevo le prove ritmiche al 95 per cento o i ripetuti per la resistenza lattacida (quelli che dopo o vomiti o ti cacci le dita in gola per farlo altrimenti stai male da morire) era la stessa sfida. Sei al settimo 300 (recupero di 100 metri a passo), ne manca uno. Avresti già voluto smettere al sesto. Vuoi cedere. Ma fai anche l\'ottavo e ti accorgi che poi gli ultimi tre sono stati i più veloci.
<BR>Ed eravamo sempre in due o tre a dividerci questa fatica immensa. Non c\'era il contatto fisico, tutto era più sublimato. Ora mi ritrovo a combattere ogni cinque secondi con la voglia di non schierarmi subito, di allontanarmi dal cuore dell\'azione, di fare due passi per il campo prima di prendere posizione.
<BR>La sfida è questa, la squadra non c\'entra è solo un mezzo. Una volta regolàti i conti con te stesso, poi puoi ridarti alla squadra.
<BR>
<BR>G.

Eck
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Messaggio da Eck » 26 feb 2004, 5:46

<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 25-02-2004 alle ore 09:57, yeti wrote:
<BR>Cavalieri della Luce? L\'occhio del diavolo?
<BR>Caro Eck, io non so quello che stai facendo, ma il mio timore è che intorno a questa storia del film sul rugby si crei un impianto molto altisonante, fatto di grandi valori, di metafore esistenziali, etc. Tu sai meglio di me che è un rischio: finisci per arrivare a banali simbolismi da quattro soldi come ne \"I magi randagi\" di Sergio Citti, o all\'esaltazione buonistica di valori in cui nessuno si riconosce. Diceva bene Gozzano quando tra le righe scriveva di una cosa vera che \"è così bello che sembra finto\": la confusione tra il vero e il falso, tra la realtà e l\'immaginario.
<BR>Cavalieri? Penso ai cavalieri, penso ai miei compagni di squadra, e mi chiedo dov\'è il loro essere cavalieri. Non c\'è. Il valore di ognuno di loro è in un piccolo gesto segreto tra una scorreggia sotto la doccia e un rutto alla fine di una bottiglia di birra (scusa l\'espressione forte). Quale gesto? E chi lo sa? Comunque troppo piccolo e segreto per passare alla gloria degli schermi. Per fare scena (e film) ci vuole forse altro, no? Ma tu sei l\'esperto.
<BR>C\'è anche il disvalore di ognuno di loro. Nessuno dei miei compagni di squadra incarna al cento per cento quell\'ideale di lealtà e sportività che spesso i rugbysti si arrogano. Qualcuno arriva al 98, qualcuno all\'80, qualcuno al 50. Eppure l\'aria del campo e dello spogliatoio è diversa, le birre bevute con loro sono più buone, li guardi in faccia e ti stanno tutti già simpatici. Gli perdoneresti qualsiasi cosa.
<BR>Dov\'è il segreto? Tu mi dirai \"è il nostro lavoro, il confronto delle nostre idee, sviscerare gli aspetti più profondi,...\". E se invece lasciassimo tutto così? Il \"Je ne sais quoi\" (sarà giusto?), quel certo non so che di rousseviana memoria? Perché spiegarci delle cose e cercare di chiarirle? Privarle del fascino? Allora io propongo l\'immagine, la parola non che spiegano, ma che si adagiano sull\'inspiegabile e ne diventano parte.
<BR>Ieri abbiamo fatto allenamento solo di placcaggi e contatti. Siccome gli avversari sanno che sono nuovo entravano sempre in percussione su di me. E il mio sforzo maggiore è stato quello di non cedere alla tentazione di spostarmi, quando ti vedi il pilone o il terza chiusa che ti corre addosso a tutta. C\'è qualcosa del cavaliere? Boh? E anche se fosse?
<BR>La cosa più simile tra cavaliere e rugbysta che finora ho trovato è stata ancora ieri. Una banalità: negli esercizi di placcaggio, uno dei due imbraccia un cuscinone. Ecco, l\'impugnatura e la postura di quel cuscinone è la stessa di uno scudo da cavaliere. A me sembra bellissimo. Non è una scena da film?
<BR>
<BR>G.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>ci sono un sacco di interventi e tutti ricchi di spunti.
<BR>
<BR>Parto dal primo messaggio di Yeti.
<BR>
<BR>Mi pare che tutte le volte che si esce dalla ricerca dell\' equilibrio nella media mediocrità, si rischi di sembrare altisonanti.
<BR>
<BR>Non ti sembra una contraddizione Yeti?
<BR>
<BR>Mi pare che la risultante del tuo commento sia parafrasabile in: visto che tutti cantano in falsetto perchè parlare del do di petto.
<BR>
<BR>
<BR>Tra le altre cose, è importante individuare lo spirito del cavaliere, che non corrisponde al gonfiare i muscoli, ma allo spirito, il CUOR-AGGIO, ho conosciuto cavalieri sulla sedia a rotelle e c******* con i muscoli che esplodevano.
<BR>
<BR>Ho visto perfetti imbecilli rischiare la propria vita e quella degli altri in autostrada per fare i ganzi, ma incapaci di assumersi il benchè minimo rischio nell\'esistenza.
<BR>
<BR>E poi, perchè insistere nel cercare nella banalità della percezione spazio temporale consueta i significati che sono altre lo spazio e il tempo.
<BR>
<BR>Non è metafisica, è fiisca, teoria della relatività e quanti, è passato quasi un secolo.....
<BR>
<BR>che c\'entra questo con il rugby?
<BR>
<BR>La faccio io la domanda:
<BR>Dimmi: perchè non c\'entra?
<BR>
<BR>dirò di più è vitale, essenziale, insostituibile.
<BR>
<BR>Non basta cercare dentro di sè la risposta: è il rapporto col prossimo che è noi stessi, una fusione totale che è la vera scoperta della nostra identità, della nostra insostituibile unicità.
<BR>
<BR>E\' ora di agire, con quella generosità che tutto dà e nulla chiede, quel tormento che dona l\'estasi, quell\'amor che palpita, quell\'amor che questo ed altri mondi regge.
<BR>
<BR>Vedi Yeti io ha avuto una vita molto avventurosa è ho imparato ad affrontare presto il contatto fisico, ma non per provare qualcosa a me stesso, ma per donarmi agli altri.
<BR>
<BR>Ho conosciuto molti maestri e questa era la loro esperienza.
<BR>
<BR>L\'eroe, il cavaliere senza macchia, è dentro di noi, dobbiamo cercarlo, dobbiamo combattere mille battaglie per trovarlo, ma c\'è, te lo assicuro.
<BR>
<BR>

alessandroviola
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Messaggio da alessandroviola » 26 feb 2004, 6:54

<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 25-02-2004 alle ore 16:28, yeti wrote:
<BR>Facevo i 400H, ma mi sono sempre infortunato troppo e nei momenti cruciali per poter dire di essermi tolto qualche soddisfazione. Ed ero molto più bravo nei salti, lungo e triplo.
<BR>E\' vero, nell\'atletica prevale la componente individuale, ma non esageriamo. E\' più difficile creare una squadra, ma proprio perchè è più difficile alla fine risulta più accattivante. Noi eravamo una grande squadra, di cui resta ormai poco o nulla, giusto un incontro breve e sentito sotto le feste. Come quest\'anno a Natale, quando all\'improvviso a casa dell\'allenatore càpitano di sorpresa tre reduci dei bei vecchi tempi. Mi piacerebbe farti leggere il mail che il mio vecchio allenatore (grand\'uomo) mi ha scritto dopo un nostro fugace incontro a Strasburgo l\'anno passato.
<BR>Ma attento: anche nellatletica la squadra c\'è, e il confronto pure, ma è con te stesso. Perchè il primo confronto è con te stesso. Nell\'atletica c\'è il cronometro, negli sport di squadra l\'avversario. Quando io placco o attacco non mi confronto con l\'avversario, ma con me stesso innanzitutto. Quando io devo rischierarmi e sono morto perché sono appena uscito da due maul consecutive mi sto confrontando con me stesso. In termini diversi nei modi ma uguali nella sostanza, quando facevo le prove ritmiche al 95 per cento o i ripetuti per la resistenza lattacida (quelli che dopo o vomiti o ti cacci le dita in gola per farlo altrimenti stai male da morire) era la stessa sfida. Sei al settimo 300 (recupero di 100 metri a passo), ne manca uno. Avresti già voluto smettere al sesto. Vuoi cedere. Ma fai anche l\'ottavo e ti accorgi che poi gli ultimi tre sono stati i più veloci.
<BR>Ed eravamo sempre in due o tre a dividerci questa fatica immensa. Non c\'era il contatto fisico, tutto era più sublimato. Ora mi ritrovo a combattere ogni cinque secondi con la voglia di non schierarmi subito, di allontanarmi dal cuore dell\'azione, di fare due passi per il campo prima di prendere posizione.
<BR>La sfida è questa, la squadra non c\'entra è solo un mezzo. Una volta regolàti i conti con te stesso, poi puoi ridarti alla squadra.
<BR>
<BR>G.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>
<BR>caro yeti,
<BR>
<BR>anch\'io ho fatto un po\' di atletica, prima del rugby (getto del peso & C.), ma, da quel poco che ne capisco, mi sembra che le dimensioni del gioco \"di squadra\" siano diverse: è vero che ti confronti prima di tutto con te stesso, ma in un\'ottica di squadra.
<BR>Provo a spiegarmi: è importante montare più o meno \"in linea\"? Ok, accettiamo questo principio. Ne consegue che il più lento/stanco dovrà sforzarsi di salire in linea con gli altri, anche se ogni muscolo del suo corpo gli sta urlando disperatamente di sdraiarsi per terra e riposare; il più veloce/fresco dovrà accettare di salire alla stessa velocità degli altri, controllando la corsa, per non creare \"buchi\"... diciamo che può funzionare più o meno così.
<BR>Entrambe i giocatori presi in esame in qualche modo si \"fanno violenza\" in funzione della squadra, per non vanificare la fatica e lo sforzo dei compagni. Per questo, a volte, avere un \"fenomeno\" che fa il \"fenomeno\" in squadra non è molto utile a fare un vero salto di qualità: spesso è meglio avere di fianco un compagno che sappia essere un \"uomo-squadra\", magari meno forte e prestante in assoluto, ma assolutamente affidabile, che, a costo di sputare sangue, sappia essere sempre esattamente dove deve essere, che non ti lasci mai \"solo\" e isolato.
<BR>Sta all\'allenatore disporti in campo in modo da far emergere nel modo più opportuno i diversi talenti particolari dei vari giocatori, e tu ti devi adattare a quello che ti si richiede, anche se forse potresti fare più bella figura facendo altre cose...
<BR>
<BR>Una delle cose che ti spingono di più ai margini dei tuoi limiti fisici è la consapevolezza del fatto che devi rispettare il lavoro e la fatica degli altri, che, se ti tiri indietro tu, toccherà ad un altro tuo compagno, che magari non è ancora pronto a certe sfide, ma che non si tirerà indietro, a costo di farsi male.
<BR>
<BR>Se vinci o perdi il confronto in prima linea (faccio questo esempio perché è forse l\'unica situazione in cui c\'è un confronto abbastanza chiaro uno contro uno, e si capisce bene chi vince e chi perde...), puoi ottenere una bella soddisfazione o una delusione, che però non sono nulla in confronto alle ben più grandi soddisfazioni o delusioni che ti derivano dal vincere o perdere la partita: serve a poco massacrare il tuo avversario, se poi la tua squadra perde!...
<BR>
<BR>Quando devi rischierarti e sei morto, magari hai già finito il rispetto per te stesso, ma ti resta ancora un po\' di energia mentale che ti spinge a farlo non tanto per te, quanto per \"la squadra\": se tu avessi fatto un esercizio che comporta lo stesso dispendio fisico durante una seduta atletica di allenamento, adesso ti butteresti a terra tra i conati di vomito, e adesso invece, non sai bene come, ti trovi schierato in linea chiamando il tuo uomo con espressione allucinata.
<BR>
<BR>Secondo me, a parte l\'emulazione e la naturale spinta che porta tutti gli uomini a dare il meglio in compagnia (in \"squadra\"), la squadra ad un certo punto non è più un alibi o un mezzo, ma l\'unico modo di rendere possibile il fatto che 1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1+1 non faccia più 15 ma ben di più (e le prove lampanti che questo sia vero e accada ogni giorno non si contano)... certo, sono d\'accordo con te che prima di integrarsi bene in una squadra bisogna regolare certi conti con se stessi

yeti
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Messaggio da yeti » 26 feb 2004, 11:19

Caro Eck, non mi occupo di sostanza e valori da ormai tanto tempo. Sono stato nauseato quando ero più \"giovane\" dai valori propinatami attraverso compressine-slogan di nessun sapore e gusto. Per questo quando intuisco la presenza della parola \"valori\" mi si rizzano un po\' i peli. Il timore è di riconsegnare il tutto alla retorica preconfezionata. Odio il simbolismo perchè il simbolo finisce per essere fine a sé stesso, come il pane dell\'ostia o la bandiera a 7 colori e la scritta \"pace\" che ha riempito inutilmente le nostre piazze. Perchè la gente manifesta contro l\'imperialismo americano e poi fuma Philipp Morris e beve Coca-cola?
<BR>Sull\'utilizzo dello slogan inutile, invece che l\'atto utile (io non bevo Coca-cola e non ho mai fumato tabacco americano per principio: non finanzio gli imbecilli. Se tutti fossero come me l\'economia americana sarebbe in ginocchio) ci sarebbe molto da dire. E\' un argomento sociologico affascinantissimo, la chiave di volta del pensiero moderno.
<BR>Per tornare a noi, il mio timore è di ritrovare nel tuo film una facilità di simboli, una retorica scontata basata su equazioni che si fondano sulla necessità che i valori devono emergere in modo evidente e lampante tramite una retorica di parola ed immagine di facile accesso e deduzione. Ma è il tuo, il vostro film e sono affari vostri come lo fate. Potrò solo dire se mi piace o non mi piace.
<BR>Ho cominciato a rendermi conto nel tempo che lavorare sulla forma, sul modo di esprimerti (immagini, parole, figura) ti obbliga a ripensare al succo di ogni questione. Se io dico \"fate l\'amore non fate la guerra\" non dico niente e non penso a niente: uso una frase che è un atto civile e sociale, in quanto mi porta a riconoscermi in un gruppo e a rassicurarmi in quanto membro di quel gruppo; gruppo a cui delego molti impegni miei civili e personali, primo fra tutti quello di pensare con la mia testa e di confrontarmi personalmente con la realtà, ritrovando nei modi di questo confronto la natura e la quintessenza della mia persona. Se io mi sforzo di uscire dalla pigrizia di adottare una frase prefabbricata e cerco di trovare una forma mia, allora sono forzato a pensare quello che voglio esprimere e ricerco l\'atto pragmatico in forma di parola che me lo ridà il più conforme possibile al mio spirito e alla mia persona. Mi affermo come individuo pensante. Così si capisce anche la necessità dello slogan che parte dall\'alto, non da chi contesta, ma paradossalmente da chi viene contestato. Necessità di omogeneizzare, di spersonalizzare l\'individuo, rendendolo innocuo in una qualsiasi forma di aggregazione. E si capisce la paura che la società moderna ha cominciato a nutrire per l\'artista o per l\'intellettuale (cfr. Kris e Kurts \"La leggenda dell\'artista\" o F.Moretti \"il Romanzo di Formazione\"): ogni sistema prevede la sua protesta. La protesta non prevista è pericolosa ed è frutto di atto creativo, meditato e riflettuto, intervento sul vero punto debole con un punto forte. Se elimini la creatività avrai solo protesta prevista ed elimini ogni pericolo. Altro che gli anarchici da quattro soldi del c4$$o che spediscono i pacchi-bomba a Prodi. Gandhi era un vero anarchico.
<BR>Molto spesso si corre il rischio di attribuire alla forma l\'etichetta di \"superficiale\" e ai valori l\'etichetta di \"sostanziale\". Invece superficialità e profondità sono modi di agire sull\'oggetto in questione: c\'è un modo molto profondo di agire sulla superficie delle cose, sul loro apparire. E c\'è un modo molto superficiale di agire sulla profondità delle cose.
<BR>Non è il COSA, ma il COME.
<BR>Questo per spiegarti come, alla fine di tutte le mie pippe mentali, alla metafora rugby-cavaliere io ti rispondo con l\'immagine volgare, con l\'atto banale di un giocatore che imbraccia il cuscinone come fosse uno scudo. Ci avevi mai pensato a questa analogia? Forse ne troverò altre sul campo e durante le partite. Questa è la mia modalità d\'analisi. Non cerco di filosofeggiare più di tanto, in fin dei conti, nonostante la deviazione professionale mi porti a farlo.
<BR>Ho come l\'impressione che io e te, Eck, partiamo da due presupposti diametralmente opposti: tu ricerchi la sostanza per risalire ad una forma, io studio la forma per ritrovarvi pian piano la sostanza. Oppure stiamo girando intorno alla stessa colonna e non ce ne stiamo rendendo conto?
<BR>In fondo abbiamo condotto due vite diverse: tu molto avventurosa e in movimento, io invece alla ossessionante ricerca della quiete. Mi sono spostato una volta solo per venire dove sono venuto. Ho modalità di \"insediamento\" molto personali e complesse: fare spesso strade diverse per collegare gli stessi punti, riprendere vecchie abitudini come andare per funghi. Il tutto perchè \"chi abita abita, chi non abita è morto\". I luoghi mi devono essere famigliari. Sto creando un piccolo mondo, da cui entro ed esco a mio piacimento, fatto di persone, incontri, atti, lavoro. Il tutto in un modo mio, frutto di anni ed anni di lavoro su me stesso. Un lento forgiare e temperare, con pazienza certosina. In questo mondo il dolore entra in punta di piedi, senza urlare, e la gioia non ride sguaiatamente, l\'amore per gli amici e per la tua compagna è discreto e poco invadente. Mi do e mi sottraggo a seconda delle occasioni e delle necessità mie e del prossimo. Cerco di muovermi il meno possibile, cercando di compensare così l\'impeto del mio carattere, cui cedo mentre per esempio ti sto scrivendo ora. Di me e quelli come me si potrebbe dire \"I loro occhi sono fuochi malspenti\" (G.Apollinaire).
<BR>Neroverde è stato qui, e dalle poche righe che mi ha lasciato mi ha fatto capire qualcosa di questo mondo che persino io ignoravo: la capacità di questo luogo di \"alleviare\" i dolori altrui, il desiderio di farli tornare. Mi sto chiedendo che cosa ho fatto e se ne sono consapevole.
<BR>Questo per darti lo sfondo, il ground da dove partono, alla fine di tutto, le banali osservazioni che ti posso fare, come quella dei cuscini.
<BR>Spero di esserti stato e di esserti comunque utile.
<BR>Ciao.
<BR>
<BR>G.

Eck
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Messaggio da Eck » 26 feb 2004, 14:39

<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 26-02-2004 alle ore 11:19, yeti wrote:
<BR>Caro Eck, non mi occupo di sostanza e valori da ormai tanto tempo. Sono stato nauseato quando ero più \"giovane\" dai valori propinatami attraverso compressine-slogan di nessun sapore e gusto. Per questo quando intuisco la presenza della parola \"valori\" mi si rizzano un po\' i peli. Il timore è di riconsegnare il tutto alla retorica preconfezionata. Odio il simbolismo perchè il simbolo finisce per essere fine a sé stesso.............
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<BR>Grazie
<BR>Prima di tutto è fuor di dubbio che i tuoi interventi siano utili e che lo saranno in futuro.
<BR>Ho salvato la tua nota, ci lavorerò con calma.
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yeti
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Messaggio da yeti » 26 feb 2004, 14:57

>>Quando devi rischierarti e sei morto, magari hai già finito il rispetto per te stesso, ma ti resta ancora un po\' di energia mentale che ti spinge a farlo non tanto per te, quanto per \"la squadra\": se tu avessi fatto un esercizio che comporta lo stesso dispendio fisico durante una seduta atletica di allenamento, adesso ti butteresti a terra tra i conati di vomito, e adesso invece, non sai bene come, ti trovi schierato in linea chiamando il tuo uomo con espressione allucinata<<
<BR>
<BR>
<BR>Riprendo il tuo pensiero sulla fatica e chiarisco quella frase finale del mio intervento: \"fai i conti con te stesso e riconsegnati alla squadra\". Che cos\'è più facile dal punto di vista della decisione? Rialzarsi nonostante i conati di vomito e rimettersi in linea per la squadra, o fare l\'ultimo ripetuto sui 300 metri, sapendo che dopo starai male e che tanto, se lo fai o no,
<BR>nessuno ci va di mezzo?
<BR>Vedi, nel secondo caso hai un sacco di buone ragioni per cedere, nel caso della squadra hai un sacco di buone ragioni per non cedere. Capisci cosa voglio dire? Se ti educhi alla fatica fine a sé stessa, allora quanto ti sarà più facile affrontare la stessa fatica, o una fatica simile in compagnia e per qualcuno!
<BR>Quando ti alleni su queste distanze, ti viene insegnato a rilasciare il gas solo dopo il traguardo. E\' un allenamento solo ed esclusivamente mentale: coercizione della tua persona, disciplina, volontà ferrea. Ora non ho ancora disciplina verso me stesso. Quando nel bosco vado a fare i percorsi e poi le ripetute in salita con 30-25-20 doppi appoggi mi rendo conto che a due o tre appoggi dalla fine rallento. Perché è la testa che mi dice di fermarmi un pochino prima. Decido di fare 90 secondi e 60 secondi di pausa tra le ripetute. E quando vedo la lancetta vicino al punto la prima cosa che penso è \"le pulsazioni sono ancora alte, non hai ancora recuperato, se non hai recuperato non ti puoi esprimere bene, aspetta ancora un po\'\". E mi viene l\'ansia pensando che devo ripartire. Sono solo 120-140 metri scarsi in progressione al 70-80 per cento delle mie attuali condizioni. Eppure...che cos\'è che non va? Disabitudine alla fatica, allo sputazzo che ti rimane appeso alla barba, allo scricchiolare delle ossa e dei tendini? Come puoi metterti al servizio della squadra se non sai forzare te stesso?
<BR>L\'allenamento solitario è fondamentale: vai alla radice, al cuore. Temprarsi nello spirito e nel corpo, concentrarsi lungamente....sono azioni solitarie, da asceta.
<BR>Vedi, io, prima di imparare a essere un rugbysta, devo reimparare ad essere un atleta nei suoi fondamentali di individuo. E\' un punto di vista diverso, rispetto a chi ha un\'esperienza di molti anni sui campi. E a volte ho l\'impressione (parlo della mia squadra) che alcuni hanno stemperato la componente individuale della fatica nello spirito di corpo. E paradossalmente non sanno più soffrire per gli altri, perché non sanno più soffrire in sé e per sé.
<BR>E\' molto interessante il tuo esempio sull\'avanzamento e le tue notazioni sul \"fenomeno\" e sull\' \"uomo-squadra\". Mi fa pensare al 101-3 del 1999 contro gli AB.
<BR>
<BR>G.

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