Inviato: 20 set 2004, 10:51
Domenica 19 settembre, alle ore 15.45 presso lo Stadio Comunale di Saint-Avold si è consumato un evento degno di entrare negli annali della storia mondiale del rugby.
<BR>Durante il triangolare amchevole tra le formazioni di Hayange, Saint Avold e Forbach-Sarreguemines, ha esordito, fresco 34enne, un palmipede lungimembruto e pelosone, noto negli ambienti della bassa criminalità saarlandese col nome di Yeti (in francese ietì).
<BR>Il losco figuro era già stato avvistato nello scorso inverno, aggirarsi con fare guardingo e sospettoso intorno ad un prato in cerca di trifole e tuberi selvatici, di cui normalmente si nutre in mancanza di gatti e hamburger di McDonald (meglio i gatti, comunque). Il prato altro non era che il campo da Rugby di Forbach, dove gioca la squadra locale di rugby.
<BR>Subito notato dai tecnici della squadra locale per le sue mosse feline e il portamento animalesco, fu avvicinato e con un linguaggio misto graffiti, gorgoglii, brontolamenti gutturali, gli fu chiesto se fosse disposto a mettere il suo enorme potenziale peloso a servizio della nobile causa del rugby. La risposta fu -Gu!!- che in dialetto yetesco significa \'ma qui ne avete di gatti?\".
<BR>Gli inizi furono disastrosi: la prima volta che prese una palla in mano tento di sbucciarla. Ogni volta che era placcato e cadeva al suolo cominiciava a scavare un buco per farsi la tana. Era inverno, doveva pensare al letargo.
<BR>Finchè un giorno un ex-pilone arrivò al campo con un cagnetto molto simpatico. Fu amore a prima vista e lo ietì penso \'Gu\' che in dialetto ietesco significa \'buoni i cani, meglio dei gatti\'. Allora lo ietì pensò che bisognava fare le cose sul serio, per non deludere il suo grande amore. C\'è chi lo fa per le donne, chi per i cani, chi per tutti e due. Lo ietì pensò che se avesse giocato bene, forse l\'ex-pilone gli avrebbe regalato il cane. Era il primo pensiero elaborato in forma complessa dallo ietì, il che dimostra l\'alto valore educativo e pedagogico del rugby.
<BR>Lo ietì progrediva nello sviluppo tecnico e fisico. Dopo un paio di mesi riusciva quasi a correre come gli esseri umani, ma solo in tondo. L\'idea di correre in linea retta gli venne inseguendo un suo compagno che stava cercando di salvare i suoi calzini che, in un impeto di voracità, voleva divorargli. Uno degli ultimi rigurgiti di bestialità dello ietì che a partire da quei giorni cominciò un cammino che, sulle orme di Greystoke, lo avrebbe portato al fatidico giorno del suo riscatto di fronte all\'umanità.
<BR>Ci furono momenti difficili, in verità. Per esempio quando il primo centro durante uno dei primi allenamenti gli praticò un placcaggio assassino di spalle con lesione ai legamenti del ginocchio e della caviglia. Era quello dei calzni, forse voleva vendicarsi. Lo ietì si chiese \'ma perchè gli altri mi devono far male?\'. E così dopo circa 4 mesi si fece male da solo. Infortunio onanistico: strappo al polpaccio sinistro.
<BR>Ma neanche questo riuscì a fermarlo. Imperterrito, cominciò a frequentare una palestra per la riabilitazione e il potenziamento del fisico in Germania. Così imparo facilmente il tedesco, la lingua che più di qualunque altra ricorda i borborismi dei cavernicoli. Dopo di chè passò al francese per poter comunicare coi suoi compagni. Ormai lo ietì era ben avanti nel suo cammino: 50.000 anni di scala evolutiva in pochi mesi. Record mondiale battuto (il precedente apparteneva a Maurizio Mosca, che peró si è fermato al livello dell\'australopiteco).
<BR>Finchè Martedì 14 settembre il coach comunicò che si sarebbe svolto un triangolare amichevole a Saint Avold. Lo ietí disse che sarebbe venuto volentieri. E così fece. Mal gliene incorse.
<BR>Nel senso che, da buon esordiente, pensava che al massimo gli avrebbero fatto giochicchiare gli ultimi 10 minuti. Invece, negli spogliatoi dello stadio, Pascal si avvicina allo ietì con una maglia e gli fa \"dosiem lign\". \"Dosiem ligne de la panchìn?\" chiede lo ietì (il che dimostra che lo ietì nel frattempo aveva imparato a formulare pensieri molto, ma molto complessi). Pascal apre la maglia e compare uno sfavillante numero 5. \"Mais che cas tu dì?\" fa lo ietì \"Est-tu rencoglionì. Je me suì allenè tugiur avec le tre quart\". Si, Pascal era r***. E lo è tuttora.
<BR>Fattosta che lo ietì avrebbe giocato 80 minuti, e che, nonostante si fosse allenato sempre con i 3/4, gli sarebbero toccato il pacchetto. Il primo pensiero fu \'gu\' (quando lo ietì è in ambascia ricorre ancora alla madrelingua) che in dialetto ietesco significa \'dove c4$$o ho lasciato la mia clava\'. Poi però si riscosse subito quando sulle sue ginocchia vide la maglia neroverde aquilana, dono simbolico e sacrificale ricevuto durante una visita alla tribù primitiva che abita quella città, con lo stesso numero 5. \"C\'est le destèn\", pensò lo ietì.
<BR>E si buttò nella mischia. Con qualche timore, a dire il vero. Ebbe addirittura il coraggio di mettere la faccia dove gli altri non metterebbero i piedi. Poi gli spiegarono che in quei casi è meglio non metterci nè la faccia, nè i piedi: è molto difficile abbattere una seconda linea lanciata di 100 e passa chili sperando di farla inciampare sul tuo naso. Ma lo ietì era uno ietì. Nonostante fosse cartavelinato stile Wilcoyote si rialzò subito e continuò imperterrito. Si riscattò ribaltando un pilone di 110 chili. Tutto sommato non fece grossi danni e riuscì ad uscire con le sue gambe dopo 80 minuti, il che fu il più grande successo della giornata. Per la cronaca, Forbach vinse i due tempi per 21-0 con Hayange e per 12-5 con Saint-Avold, grazie ad una linea di 3/4 prodigiosa e nonostante il pacchetto di mischia del tutto improvvisato (4 non titolari, poi 5 con l\'infortunio dell\'altra seconda linea, il capitano).
<BR>Alla fine della partita lo ietì fu intervistato da un ragazzino del locale giornale della parrocchia e gli fu chiesto che cosa pensasse del suo ruolo in secondo. \"Bien\" rispose lo ietì, facendo finta di riflettere \" je pans che la dosiem lign è la plas muàn dansceres pur l\'echìp e plu dansceres pur muà\". Interrogato poi sulla storia simbolica del numero 5, rispose. \"uì, s\'è un sign du destèn. Sfortunantmàn s\'è le mem numero de Bortolamì\". Il che dimostra che, nonostante le botte in testa, lo ietì aveva imparato a formulare pensieri molto, ma molto complessi.
<BR>Durante il triangolare amchevole tra le formazioni di Hayange, Saint Avold e Forbach-Sarreguemines, ha esordito, fresco 34enne, un palmipede lungimembruto e pelosone, noto negli ambienti della bassa criminalità saarlandese col nome di Yeti (in francese ietì).
<BR>Il losco figuro era già stato avvistato nello scorso inverno, aggirarsi con fare guardingo e sospettoso intorno ad un prato in cerca di trifole e tuberi selvatici, di cui normalmente si nutre in mancanza di gatti e hamburger di McDonald (meglio i gatti, comunque). Il prato altro non era che il campo da Rugby di Forbach, dove gioca la squadra locale di rugby.
<BR>Subito notato dai tecnici della squadra locale per le sue mosse feline e il portamento animalesco, fu avvicinato e con un linguaggio misto graffiti, gorgoglii, brontolamenti gutturali, gli fu chiesto se fosse disposto a mettere il suo enorme potenziale peloso a servizio della nobile causa del rugby. La risposta fu -Gu!!- che in dialetto yetesco significa \'ma qui ne avete di gatti?\".
<BR>Gli inizi furono disastrosi: la prima volta che prese una palla in mano tento di sbucciarla. Ogni volta che era placcato e cadeva al suolo cominiciava a scavare un buco per farsi la tana. Era inverno, doveva pensare al letargo.
<BR>Finchè un giorno un ex-pilone arrivò al campo con un cagnetto molto simpatico. Fu amore a prima vista e lo ietì penso \'Gu\' che in dialetto ietesco significa \'buoni i cani, meglio dei gatti\'. Allora lo ietì pensò che bisognava fare le cose sul serio, per non deludere il suo grande amore. C\'è chi lo fa per le donne, chi per i cani, chi per tutti e due. Lo ietì pensò che se avesse giocato bene, forse l\'ex-pilone gli avrebbe regalato il cane. Era il primo pensiero elaborato in forma complessa dallo ietì, il che dimostra l\'alto valore educativo e pedagogico del rugby.
<BR>Lo ietì progrediva nello sviluppo tecnico e fisico. Dopo un paio di mesi riusciva quasi a correre come gli esseri umani, ma solo in tondo. L\'idea di correre in linea retta gli venne inseguendo un suo compagno che stava cercando di salvare i suoi calzini che, in un impeto di voracità, voleva divorargli. Uno degli ultimi rigurgiti di bestialità dello ietì che a partire da quei giorni cominciò un cammino che, sulle orme di Greystoke, lo avrebbe portato al fatidico giorno del suo riscatto di fronte all\'umanità.
<BR>Ci furono momenti difficili, in verità. Per esempio quando il primo centro durante uno dei primi allenamenti gli praticò un placcaggio assassino di spalle con lesione ai legamenti del ginocchio e della caviglia. Era quello dei calzni, forse voleva vendicarsi. Lo ietì si chiese \'ma perchè gli altri mi devono far male?\'. E così dopo circa 4 mesi si fece male da solo. Infortunio onanistico: strappo al polpaccio sinistro.
<BR>Ma neanche questo riuscì a fermarlo. Imperterrito, cominciò a frequentare una palestra per la riabilitazione e il potenziamento del fisico in Germania. Così imparo facilmente il tedesco, la lingua che più di qualunque altra ricorda i borborismi dei cavernicoli. Dopo di chè passò al francese per poter comunicare coi suoi compagni. Ormai lo ietì era ben avanti nel suo cammino: 50.000 anni di scala evolutiva in pochi mesi. Record mondiale battuto (il precedente apparteneva a Maurizio Mosca, che peró si è fermato al livello dell\'australopiteco).
<BR>Finchè Martedì 14 settembre il coach comunicò che si sarebbe svolto un triangolare amichevole a Saint Avold. Lo ietí disse che sarebbe venuto volentieri. E così fece. Mal gliene incorse.
<BR>Nel senso che, da buon esordiente, pensava che al massimo gli avrebbero fatto giochicchiare gli ultimi 10 minuti. Invece, negli spogliatoi dello stadio, Pascal si avvicina allo ietì con una maglia e gli fa \"dosiem lign\". \"Dosiem ligne de la panchìn?\" chiede lo ietì (il che dimostra che lo ietì nel frattempo aveva imparato a formulare pensieri molto, ma molto complessi). Pascal apre la maglia e compare uno sfavillante numero 5. \"Mais che cas tu dì?\" fa lo ietì \"Est-tu rencoglionì. Je me suì allenè tugiur avec le tre quart\". Si, Pascal era r***. E lo è tuttora.
<BR>Fattosta che lo ietì avrebbe giocato 80 minuti, e che, nonostante si fosse allenato sempre con i 3/4, gli sarebbero toccato il pacchetto. Il primo pensiero fu \'gu\' (quando lo ietì è in ambascia ricorre ancora alla madrelingua) che in dialetto ietesco significa \'dove c4$$o ho lasciato la mia clava\'. Poi però si riscosse subito quando sulle sue ginocchia vide la maglia neroverde aquilana, dono simbolico e sacrificale ricevuto durante una visita alla tribù primitiva che abita quella città, con lo stesso numero 5. \"C\'est le destèn\", pensò lo ietì.
<BR>E si buttò nella mischia. Con qualche timore, a dire il vero. Ebbe addirittura il coraggio di mettere la faccia dove gli altri non metterebbero i piedi. Poi gli spiegarono che in quei casi è meglio non metterci nè la faccia, nè i piedi: è molto difficile abbattere una seconda linea lanciata di 100 e passa chili sperando di farla inciampare sul tuo naso. Ma lo ietì era uno ietì. Nonostante fosse cartavelinato stile Wilcoyote si rialzò subito e continuò imperterrito. Si riscattò ribaltando un pilone di 110 chili. Tutto sommato non fece grossi danni e riuscì ad uscire con le sue gambe dopo 80 minuti, il che fu il più grande successo della giornata. Per la cronaca, Forbach vinse i due tempi per 21-0 con Hayange e per 12-5 con Saint-Avold, grazie ad una linea di 3/4 prodigiosa e nonostante il pacchetto di mischia del tutto improvvisato (4 non titolari, poi 5 con l\'infortunio dell\'altra seconda linea, il capitano).
<BR>Alla fine della partita lo ietì fu intervistato da un ragazzino del locale giornale della parrocchia e gli fu chiesto che cosa pensasse del suo ruolo in secondo. \"Bien\" rispose lo ietì, facendo finta di riflettere \" je pans che la dosiem lign è la plas muàn dansceres pur l\'echìp e plu dansceres pur muà\". Interrogato poi sulla storia simbolica del numero 5, rispose. \"uì, s\'è un sign du destèn. Sfortunantmàn s\'è le mem numero de Bortolamì\". Il che dimostra che, nonostante le botte in testa, lo ietì aveva imparato a formulare pensieri molto, ma molto complessi.