Dieci anni fa
Inviato: 24 nov 2017, 13:52
Dieci anni fa, a Bellinzona, I Muccati di rugby.it scesero in campo per la prima volta. Non erano ancora 'Muccati' (le maglie frisone arriveranno solo al terzo appuntamento, Roma Corviale) ma solo 'Raminghi', o – ancora – l'armata delle quindici seggiole (FünfzehnSturmStuhl Armee). L'origine è comunque accertata, valga la carta da gioco come cap.
Qui
http://www.rugby.it/forum/viewtopic.php?f=50&t=13000
il thread originale di reclutamento, iniziato da Radagast. I diciannove temerari (sui monti attorno al campo c'era la neve) erano, in ordine rigorosamente casuale: m.map, billingham, orso1967, ellis, luigixvi, radagast, nevio, cicca, hank, d.sartori, giancarlo01, stefano, uinnithepu, bruno, franco, marco, esseapostrofo, vecchioubo, orazio
E qui sotto, il resoconto della mia esperienza di quella memorabile giornata, pubblicata su un periodico on-line con base a genova il 26 novembre 2007
Piove. Dura da quattro giorni questo clima umido e freddo. Ormai sono pronto, l'equipaggiamento è nella borsa, la ficco in macchina. Salgo, metto in moto e alzo il riscaldamento al massimo. Quando la strada ritorna visibile attraverso il parabrezza, parto. Le nuvole sono sempre più basse, fino a poco fa vedevo le montagne svizzere davanti a me, i cocuzzoli bianchi di neve. Ma ora vedo solo il Verbano alla mia sinistra, increspato. È di un colore metallico, scuro; la strada è stretta, lambita dall'acqua del lago e bagnata dalla pioggia. Arrivo alla frontiera, rallento e apro il finestrino. A velocità da funerale passo vicino ai finanzieri, che non mi degnano d'uno sguardo.
Il doganiere svizzero invece mi chiede: «Ha merze inn makkina?» «No, niente», e poiché ritorna subito al suo stato catatonico senza ascoltare la mia risposta, tiro su il vetro e me ne vado. Ora, in Sfitzerland, la strada è più larga e il lago più calmo. Misteri delle frontiere. Però il colore acciaio opaco rimane lo stesso e piove sempre. Arrivo a Bellinzona, città poco adatta a un genovese. Per via del nome, si capisce…
Ho qualche appunto su un foglietto, e quando mi sembra di essere a destinazione, svolto a sinistra e vedo una signora con tre bimbetti al seguito: «Buongiorno, signora, mi sa dire dov'è il campo del Rugby Ticino?»
Mi guarda smarrita e dice: «No, non saprei, qui ci sono solo campi di calzio».
«Via Mirasole sa dov'è?»
«Zì, è kwesta!» risponde trionfante «Cira lì hattorno und è arrifato».
Ce l'ho fatta, mentre riparto sento uno dei bimbi chiedere:
«Mamma, coza è il rügbi?»
Ah, dura è la vita…
Finalmente, pochi metri dopo intravedo una coppia di pali molto alti e davanti a me quattro tipacci all'ingresso di un parcheggio. Li guardo, mi guardano, ci facciamo un cenno d'intesa.
Incontrati in qualunque altro posto in Italia, li avrei scambiati per quattro clandestini. Lì, in quel preciso posto e in quel preciso momento, non mi potevo sbagliare. Erano quattro del Rugby Club Ticino.
«Ciao, sei degli italiani?» «Sì, vengo da Genova…»
Okey, okey, è tutto okey. L'emozione si sta sciogliendo, arrivano altri svizzeri, arrivano gli italiani. Siamo pronti. Sul campo, i giovani del Ticino stanno finendo l'allenamento. Noi old entriamo negli spogliatoi, presentazioni tra chi si vede per la prima volta (io, esordiente assoluto…), vestizione, distribuzione delle maglie, nere senza fregi di sorta. Io prendo la numero 14, ala.
Scendiamo in campo. Radagast fa la formazione, io entrerò a metà del primo tempo; si comincia, ora si fa sul serio.
La pressione del team di rugby.it è costante, ma gli svizzeri difendono bene. Contrattaccano, ma vengono subiti fermati. I nostri fanno qualche avanti di troppo, ma Orso1967 riesce a portare l'ovale in meta. L'arbitro fa provare la trasformazione, cosa insolita nel rugby old. Va be', il calcio non centra i pali, era troppo angolato, si riprende.
Fine del primo tempo, c'è del tè caldo. Ritorniamo tutti agli anni '70, di colpo…
Si ricomincia, io sono ancora fuori, ma ritorno ben presto in gioco. Gli elvetici trovano un buco sulla sinistra, uno dei loro centri taglia il campo verso destra, mi è davanti e corro come un pazzo per placcarlo, ma non ce la faccio. È nettamente più veloce, e va a segnare in mezzo ai pali. Così, mettono dentro anche la trasformazione. Pazienza, alla fine non ci sentiamo certo battuti: le mete dicono uno a uno, e il gioco espresso è stato complessivamente migliore da parte nostra.
Doccia, mi accorgo di avere un dito storto. Non riesco a muoverlo, ma non mi fa male. Con l'altra mano lo torturo un po', senza ottenere risultati apprezzabili. Decido che non me ne frega niente, andrò dal medico, lunedì.
Passiamo al terzo tempo, birra, salumi, formaggi e altre prelibatezze. Chiacchiere, sparate, sfottò; Radagast distribuisce i caps: una carta da gioco, da estrarre alla cieca dal mazzo. Io pesco un cavallo di bastoni, sulla quale ho scritto il luogo e la data – Bellinzona, 24/11/2007 – e ora è esposta sulla credenza, in cucina. Continua a piovere, piano piano la compagnia si disperde. Qualcuno arriva da molto lontano, magari col treno. La giornata è finita, risalgo in macchina e torno a casa.
Qui
http://www.rugby.it/forum/viewtopic.php?f=50&t=13000
il thread originale di reclutamento, iniziato da Radagast. I diciannove temerari (sui monti attorno al campo c'era la neve) erano, in ordine rigorosamente casuale: m.map, billingham, orso1967, ellis, luigixvi, radagast, nevio, cicca, hank, d.sartori, giancarlo01, stefano, uinnithepu, bruno, franco, marco, esseapostrofo, vecchioubo, orazio
E qui sotto, il resoconto della mia esperienza di quella memorabile giornata, pubblicata su un periodico on-line con base a genova il 26 novembre 2007
Piove. Dura da quattro giorni questo clima umido e freddo. Ormai sono pronto, l'equipaggiamento è nella borsa, la ficco in macchina. Salgo, metto in moto e alzo il riscaldamento al massimo. Quando la strada ritorna visibile attraverso il parabrezza, parto. Le nuvole sono sempre più basse, fino a poco fa vedevo le montagne svizzere davanti a me, i cocuzzoli bianchi di neve. Ma ora vedo solo il Verbano alla mia sinistra, increspato. È di un colore metallico, scuro; la strada è stretta, lambita dall'acqua del lago e bagnata dalla pioggia. Arrivo alla frontiera, rallento e apro il finestrino. A velocità da funerale passo vicino ai finanzieri, che non mi degnano d'uno sguardo.
Il doganiere svizzero invece mi chiede: «Ha merze inn makkina?» «No, niente», e poiché ritorna subito al suo stato catatonico senza ascoltare la mia risposta, tiro su il vetro e me ne vado. Ora, in Sfitzerland, la strada è più larga e il lago più calmo. Misteri delle frontiere. Però il colore acciaio opaco rimane lo stesso e piove sempre. Arrivo a Bellinzona, città poco adatta a un genovese. Per via del nome, si capisce…
Ho qualche appunto su un foglietto, e quando mi sembra di essere a destinazione, svolto a sinistra e vedo una signora con tre bimbetti al seguito: «Buongiorno, signora, mi sa dire dov'è il campo del Rugby Ticino?»
Mi guarda smarrita e dice: «No, non saprei, qui ci sono solo campi di calzio».
«Via Mirasole sa dov'è?»
«Zì, è kwesta!» risponde trionfante «Cira lì hattorno und è arrifato».
Ce l'ho fatta, mentre riparto sento uno dei bimbi chiedere:
«Mamma, coza è il rügbi?»
Ah, dura è la vita…
Finalmente, pochi metri dopo intravedo una coppia di pali molto alti e davanti a me quattro tipacci all'ingresso di un parcheggio. Li guardo, mi guardano, ci facciamo un cenno d'intesa.
Incontrati in qualunque altro posto in Italia, li avrei scambiati per quattro clandestini. Lì, in quel preciso posto e in quel preciso momento, non mi potevo sbagliare. Erano quattro del Rugby Club Ticino.
«Ciao, sei degli italiani?» «Sì, vengo da Genova…»
Okey, okey, è tutto okey. L'emozione si sta sciogliendo, arrivano altri svizzeri, arrivano gli italiani. Siamo pronti. Sul campo, i giovani del Ticino stanno finendo l'allenamento. Noi old entriamo negli spogliatoi, presentazioni tra chi si vede per la prima volta (io, esordiente assoluto…), vestizione, distribuzione delle maglie, nere senza fregi di sorta. Io prendo la numero 14, ala.
Scendiamo in campo. Radagast fa la formazione, io entrerò a metà del primo tempo; si comincia, ora si fa sul serio.
La pressione del team di rugby.it è costante, ma gli svizzeri difendono bene. Contrattaccano, ma vengono subiti fermati. I nostri fanno qualche avanti di troppo, ma Orso1967 riesce a portare l'ovale in meta. L'arbitro fa provare la trasformazione, cosa insolita nel rugby old. Va be', il calcio non centra i pali, era troppo angolato, si riprende.
Fine del primo tempo, c'è del tè caldo. Ritorniamo tutti agli anni '70, di colpo…
Si ricomincia, io sono ancora fuori, ma ritorno ben presto in gioco. Gli elvetici trovano un buco sulla sinistra, uno dei loro centri taglia il campo verso destra, mi è davanti e corro come un pazzo per placcarlo, ma non ce la faccio. È nettamente più veloce, e va a segnare in mezzo ai pali. Così, mettono dentro anche la trasformazione. Pazienza, alla fine non ci sentiamo certo battuti: le mete dicono uno a uno, e il gioco espresso è stato complessivamente migliore da parte nostra.
Doccia, mi accorgo di avere un dito storto. Non riesco a muoverlo, ma non mi fa male. Con l'altra mano lo torturo un po', senza ottenere risultati apprezzabili. Decido che non me ne frega niente, andrò dal medico, lunedì.
Passiamo al terzo tempo, birra, salumi, formaggi e altre prelibatezze. Chiacchiere, sparate, sfottò; Radagast distribuisce i caps: una carta da gioco, da estrarre alla cieca dal mazzo. Io pesco un cavallo di bastoni, sulla quale ho scritto il luogo e la data – Bellinzona, 24/11/2007 – e ora è esposta sulla credenza, in cucina. Continua a piovere, piano piano la compagnia si disperde. Qualcuno arriva da molto lontano, magari col treno. La giornata è finita, risalgo in macchina e torno a casa.