roy bish
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GRUN
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Verosqualo, ciao. Mi collego al tuo intevento, che come ha scritto Bix, è interessantissimo e aperto a molti sviluppi. Sono rimasto molto colpito da una frase pronunciata qualche settimana fa da Michalak (e non da Castagneide come avevo erroneamente scritto) "quando abbiamo bisogno di dettagli dobbiamo rivolgerci a... (e giù il nome di un allenatore australiano di "oggi"), quando abbiamo necessità di gioco globale dobbiamo fare riferimento a Villepreux". Un altro articolo che mi pare di avere letto su Planet Rugby sottolineava la sempre maggiore dipendenza dei giocatori del rugby contemporaneo dai coach, evidenziando come molti atleti, anche di alto livello siano in difficoltà quando si presentano in campo quesiti non analizzati con gli allenatori e non metabolizzati attraverso strutture di gioco provate e riprovate in allenamento. L'autore commentava che se il rugby dell'era dilettantistica soffriva di "latenza di coaching", quello professionale patisce un'invadenza dei tecnici. Tutto questo mi fa pensare al precedente intervento di Verosqualo su questo thread ed in particolare alla notazione sulle troppe sedute settimanali che vengono inflitte anche a ragazzi ancora adolescenti...
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verosqualo
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<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 07-03-2006 alle ore 17:41, GRUN wrote:
<BR>Verosqualo, ciao. Mi collego al tuo intevento, che come ha scritto Bix, è interessantissimo e aperto a molti sviluppi. Sono rimasto molto colpito da una frase pronunciata qualche settimana fa da Michalak (e non da Castagneide come avevo erroneamente scritto) "quando abbiamo bisogno di dettagli dobbiamo rivolgerci a... (e giù il nome di un allenatore australiano di "oggi"), quando abbiamo necessità di gioco globale dobbiamo fare riferimento a Villepreux". Un altro articolo che mi pare di avere letto su Planet Rugby sottolineava la sempre maggiore dipendenza dei giocatori del rugby contemporaneo dai coach, evidenziando come molti atleti, anche di alto livello siano in difficoltà quando si presentano in campo quesiti non analizzati con gli allenatori e non metabolizzati attraverso strutture di gioco provate e riprovate in allenamento. L'autore commentava che se il rugby dell'era dilettantistica soffriva di "latenza di coaching", quello professionale patisce un'invadenza dei tecnici. Tutto questo mi fa pensare al precedente intervento di Verosqualo su questo thread ed in particolare alla notazione sulle troppe sedute settimanali che vengono inflitte anche a ragazzi ancora adolescenti...
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>Grun, ti confesso una certa emozione, condita da inevitabile lusinga, nel confrontarmi con Te che da quanto ho letto hai una conoscenza profondissima del gioco, delle sue radici, della storia e degli uomini che lo hanno praticato e/o vissuto...ma bando alle ciance: credo che hai colto un punto focale. Quando prima invocavo un'analisi laica sulle conseguenze della perdita di valori anche per i risultati del vertice del Rugby ( Nazionale Azzurra) mi riferivo proprio all'invadenza del meccanicismo del gioco: tutto è predefinito...si difende così... si attacca così...etc. etc. GUAI a lasciare uno spazio di improvvisazione ai giocatori. Se oggi capitasse di avere in squadra un genio i compagni sarebbero incapaci di offrirgli il sostegno...lo vedrebbero come un marziano e aspetterebbero l'intervento del medico di campo per farlo internare in una clinica per malattie mentali...Voglio dire, anche, che se la partita si sviluppa in modo inaspettato - e capita - nessuno più in campo ha la capacità di riadattare il proprio comportamento. Insomma in sostanza quei giocatori che sono tolti dalle difficoltà ed insidie della vita e posti in un limbo fatto di allenamenti partite play station musica in cuffie non hanno il sostegno del confronto quotidano per vivere ed affermarsi. Questo costituisce quel bagaglio di conoscenze che ti porti pure in campo. Non c'è più, insomma, quella osmosi fantastica che consentiva nella vita di far tesoro delle esperienze del rugby e nel rugby di quelle della vita. Ti faccio un esempio che mi riguarda: spesso prima di durissimi esami universitari nella spasmodica snervante attesa del mio turno trovavo una calma interiore dicendomi" non sarà mai come una partita ( peraltro in prima LINEA ) e magari la domenica successiva nell'intensità dello spogliatoio, magari prima di una sfida decisiva per lo scudetto, mi veniva da pensare che ero lì per il mio più grande divertimento e che il vero impegno era lo studio o il lavoro. in entrambe le situazioni riuscivo ad avere quella estraneità e freddezza che poi spesso in campo erano decisive per capire dove fosse necessario trovare vie diverse, da quelle preparate, per la vittoria.
<BR> 07-03-2006 alle ore 17:41, GRUN wrote:
<BR>Verosqualo, ciao. Mi collego al tuo intevento, che come ha scritto Bix, è interessantissimo e aperto a molti sviluppi. Sono rimasto molto colpito da una frase pronunciata qualche settimana fa da Michalak (e non da Castagneide come avevo erroneamente scritto) "quando abbiamo bisogno di dettagli dobbiamo rivolgerci a... (e giù il nome di un allenatore australiano di "oggi"), quando abbiamo necessità di gioco globale dobbiamo fare riferimento a Villepreux". Un altro articolo che mi pare di avere letto su Planet Rugby sottolineava la sempre maggiore dipendenza dei giocatori del rugby contemporaneo dai coach, evidenziando come molti atleti, anche di alto livello siano in difficoltà quando si presentano in campo quesiti non analizzati con gli allenatori e non metabolizzati attraverso strutture di gioco provate e riprovate in allenamento. L'autore commentava che se il rugby dell'era dilettantistica soffriva di "latenza di coaching", quello professionale patisce un'invadenza dei tecnici. Tutto questo mi fa pensare al precedente intervento di Verosqualo su questo thread ed in particolare alla notazione sulle troppe sedute settimanali che vengono inflitte anche a ragazzi ancora adolescenti...
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<BR>Grun, ti confesso una certa emozione, condita da inevitabile lusinga, nel confrontarmi con Te che da quanto ho letto hai una conoscenza profondissima del gioco, delle sue radici, della storia e degli uomini che lo hanno praticato e/o vissuto...ma bando alle ciance: credo che hai colto un punto focale. Quando prima invocavo un'analisi laica sulle conseguenze della perdita di valori anche per i risultati del vertice del Rugby ( Nazionale Azzurra) mi riferivo proprio all'invadenza del meccanicismo del gioco: tutto è predefinito...si difende così... si attacca così...etc. etc. GUAI a lasciare uno spazio di improvvisazione ai giocatori. Se oggi capitasse di avere in squadra un genio i compagni sarebbero incapaci di offrirgli il sostegno...lo vedrebbero come un marziano e aspetterebbero l'intervento del medico di campo per farlo internare in una clinica per malattie mentali...Voglio dire, anche, che se la partita si sviluppa in modo inaspettato - e capita - nessuno più in campo ha la capacità di riadattare il proprio comportamento. Insomma in sostanza quei giocatori che sono tolti dalle difficoltà ed insidie della vita e posti in un limbo fatto di allenamenti partite play station musica in cuffie non hanno il sostegno del confronto quotidano per vivere ed affermarsi. Questo costituisce quel bagaglio di conoscenze che ti porti pure in campo. Non c'è più, insomma, quella osmosi fantastica che consentiva nella vita di far tesoro delle esperienze del rugby e nel rugby di quelle della vita. Ti faccio un esempio che mi riguarda: spesso prima di durissimi esami universitari nella spasmodica snervante attesa del mio turno trovavo una calma interiore dicendomi" non sarà mai come una partita ( peraltro in prima LINEA ) e magari la domenica successiva nell'intensità dello spogliatoio, magari prima di una sfida decisiva per lo scudetto, mi veniva da pensare che ero lì per il mio più grande divertimento e che il vero impegno era lo studio o il lavoro. in entrambe le situazioni riuscivo ad avere quella estraneità e freddezza che poi spesso in campo erano decisive per capire dove fosse necessario trovare vie diverse, da quelle preparate, per la vittoria.
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GRUN
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Verosqualo, non ti voglio in alcun modo lusingare. Il fatto è che i tuoi interventi sono di una pregnanza, di una competenza, da lasciare senza fiato. Uno degli aspetti che si evita bene di analizzare è l'autoreferenzialità del rugby professionistico, che tende a pensarsi, direi quasi ad illudersi, di essere un universo chiuso, concluso, impermeabile ad influssi esterni. Per sostenere questa convinzione si scelgono l'esasperazione della preparazione atletica, la destrutturazione in fase analitica delle varie situazioni di gioco, la reiterazione dei gesti fondamentali, la cura maniacale dei dettagli, proponendo tutto ciò come cifra espressiva e designatoria del rugby contemporaneo. Ecco allora staff, all'interno dei club e delle squadre nazionali, di specialisti dello specialismo: ho scritto un paio di giorni fa che arriveremo ad avere curatori del pick and drive, dell'up and under, del drop, del calcio di avvio, e non stavo scherzando... Tutti tecnici sovrani assoluti del dettaglio minimo, ma incapaci di visioni globali e di spiegare quegli aspetti del gioco, come il SOSTEGNO, che sono sì tecnici, ma che si connettono ad elementi emotivi, culturali. Lo stesso processo si è verificato nel basket professionistico americano. Un paio di anni fa i telecronisti italiani del campionato NBA, durante una partita dei Dallas Mavericks, commentavano ammirati, quasi stregati, che la squadra texana aveva uno staff di nove assistenti, e che quesa era una delle ragioni che spiegavano l'enorme gap che separava ancora il basket professionistico statunitense da quello del resto del mondo. Tre mesi dopo, la nazionale a stelle e strisce, formata dalle stelle, o presunte tali, della NBA, veniva sconfitta di 17 punti dall'Italia, di 18 da Porto Rico, poi battuta dalla Lituania e dall'Argentina, chiudendo terza alle Olimpiadi, peggior risultato della sua storia. Nel match contro l'Italia, costretti ad attaccare una difesa a zona due-tre , gli americani, che avevano in panchina Larry Brown, fresco vincitore del campionato e considerato un guru, si trovarono in penoso imbarazzo. Giocatori pagati milioni di dollari non sapevano risolvere un quesito tecnico-tattico che nel nostro paese trova risposte nei campionati amatoriali. In panchina non gli furono di aiuto, perchè si erano dimenticati di portarsi dietro non uno SPECIALISTA della difesa a zona, ma della difesa a zona due-tre... Ah, la squadra americana non alloggiava al villaggio olimpico, troppo caotico e con stanze troppo anguste per giocatori ed allenatori abituati alle suites degli alberghi a cinque stelle...
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L3gs
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Qualche pagina addietro qualcuno chiedeva lumi sul tallonatore rossoblu degli anni '70 PAOLO FERRACIN.
<BR>
<BR>Cosa si può dire su uno dei più grandi tallonatori rossoblu ed italiani di tutti i tempi?
<BR>
<BR>PAOLO FERRACIN proviene da una famiglia di talenti rossoblu di quegli anni, paragonabile agli ZANELLA (NARCISO, ALE e PATRIZIO). Fratello di ENRICO, promettente terza linea di quegli anni, PAOLO aveva 23 anni ed era titolare nella Sanson allenata da Saby che vinse lo scudetto nel '76.
<BR>Nonostante la sua giovane età era già uno dei punti di riferimento di quello straordinario organico che viene a tutt'oggi chiamato la 3^ GENERAZIONE DEL VIVAIO ROSSOBLU (la prima era quella degli "uomini di Maci", scudettati negli anni '50: Borsetto, R. Bettarello, Campice, Bobisse, Guandalini, Malosti, Milani, Stievano...; la seconda è quella dei tre successi consecutivi allenata da Campice: Bellinazzo, Vecchi, Bordon, Navarrini, i fratelli Biscuola Silvano e Luciano...; la quarta (allargata) è quella dell'era Smith/Botha/Lupini: Brunello, Bombonato, Baratella, S. Bordon, Ravanelli, Ale. Moscardi, Checchinato, David, De Stefani, M. Quaglio, M. Visentin, Reale...) e che ha prodotto talenti del calibro di A. "Banana" Visentin + i due fratelli Oscar e Giorgio (quest'ultimo cresciuto da Saby e che ha chiuso la carriera scudettato nell'88 a Roma sotto la guida di N. Smith, passando attraverso C. James -vincendo un premio peraltro come miglior giocatore nel torneo a 7 estivo disputato da quel Rovigo che C. James si portò in tournee oltremanica-, N. McEwan, etc.), I. Quaglio, E. De Anna, N. Rossi, R. Salvan, Toffoli, G. Checchinato... .
<BR>
<BR>Tornando a noi, nel '76 chiesero ad Elio De Anna: "Quale è il giocatore che ammiri di più?"
<BR>Elio rispose: "PAOLO FERRACIN".
<BR>Provate a pensare che cosa voglia dire giocare tallonatore in una squadra che ha come principale riferimento in touche DIRK NAUDE' ed in mischia ANGELO VISENTIN.
<BR>"BANANA" grida: "FEE-RRO!" come segnale per il sincronismo con Paolo nell'introduzione.
<BR>
<BR>In campo Ferracin sembrava non sentire dolore. A Madrid contro la Spagna, in una delle poche convocazioni in nazionale (o meglio, in una delle poche da lui accettate; Ferracin non dimostrava un grande interesse per ciò che non era rossoblu), si lussa la spalla destra. Zitto zitto è rimasto in campo ed ha continuato a legare in mischia chiusa ed a lanciare con il braccio destro (!!!) in touche per 60'.
<BR>Constatato il danno, i tre medici della nazionale si arrovellarono sul come, lussato, avesse anche solo potuto rimanere in campo, andando con la stessa foga a contatto con l'avversario.
<BR>
<BR>Cosa si può dire su uno dei più grandi tallonatori rossoblu ed italiani di tutti i tempi?
<BR>
<BR>PAOLO FERRACIN proviene da una famiglia di talenti rossoblu di quegli anni, paragonabile agli ZANELLA (NARCISO, ALE e PATRIZIO). Fratello di ENRICO, promettente terza linea di quegli anni, PAOLO aveva 23 anni ed era titolare nella Sanson allenata da Saby che vinse lo scudetto nel '76.
<BR>Nonostante la sua giovane età era già uno dei punti di riferimento di quello straordinario organico che viene a tutt'oggi chiamato la 3^ GENERAZIONE DEL VIVAIO ROSSOBLU (la prima era quella degli "uomini di Maci", scudettati negli anni '50: Borsetto, R. Bettarello, Campice, Bobisse, Guandalini, Malosti, Milani, Stievano...; la seconda è quella dei tre successi consecutivi allenata da Campice: Bellinazzo, Vecchi, Bordon, Navarrini, i fratelli Biscuola Silvano e Luciano...; la quarta (allargata) è quella dell'era Smith/Botha/Lupini: Brunello, Bombonato, Baratella, S. Bordon, Ravanelli, Ale. Moscardi, Checchinato, David, De Stefani, M. Quaglio, M. Visentin, Reale...) e che ha prodotto talenti del calibro di A. "Banana" Visentin + i due fratelli Oscar e Giorgio (quest'ultimo cresciuto da Saby e che ha chiuso la carriera scudettato nell'88 a Roma sotto la guida di N. Smith, passando attraverso C. James -vincendo un premio peraltro come miglior giocatore nel torneo a 7 estivo disputato da quel Rovigo che C. James si portò in tournee oltremanica-, N. McEwan, etc.), I. Quaglio, E. De Anna, N. Rossi, R. Salvan, Toffoli, G. Checchinato... .
<BR>
<BR>Tornando a noi, nel '76 chiesero ad Elio De Anna: "Quale è il giocatore che ammiri di più?"
<BR>Elio rispose: "PAOLO FERRACIN".
<BR>Provate a pensare che cosa voglia dire giocare tallonatore in una squadra che ha come principale riferimento in touche DIRK NAUDE' ed in mischia ANGELO VISENTIN.
<BR>"BANANA" grida: "FEE-RRO!" come segnale per il sincronismo con Paolo nell'introduzione.
<BR>
<BR>In campo Ferracin sembrava non sentire dolore. A Madrid contro la Spagna, in una delle poche convocazioni in nazionale (o meglio, in una delle poche da lui accettate; Ferracin non dimostrava un grande interesse per ciò che non era rossoblu), si lussa la spalla destra. Zitto zitto è rimasto in campo ed ha continuato a legare in mischia chiusa ed a lanciare con il braccio destro (!!!) in touche per 60'.
<BR>Constatato il danno, i tre medici della nazionale si arrovellarono sul come, lussato, avesse anche solo potuto rimanere in campo, andando con la stessa foga a contatto con l'avversario.
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:
http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
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L3gs
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It's all true.
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:
http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
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- lelacat
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- Località: Repubblica Marinara di Cogoleto
<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 04-03-2006 alle ore 01:29, lelacat wrote:
<BR>Ciao Grun, sai dirmi qualche notizia su un Italia vs U.R.S.S. ciocato a Genova circa 17/20 anni fa ? Mi sembra di ricordare che ci fece 4 mete lo stesso giocatore ?
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->![Mr. Green :-]](./images/smilies/icon_mrgreen.gif)
<BR> 04-03-2006 alle ore 01:29, lelacat wrote:
<BR>Ciao Grun, sai dirmi qualche notizia su un Italia vs U.R.S.S. ciocato a Genova circa 17/20 anni fa ? Mi sembra di ricordare che ci fece 4 mete lo stesso giocatore ?
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
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BixBeiderbecke
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L3gs
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Giusto, teniamo su il thread. A questo proposito, spero che chi aveva chiesto lumi su Ferracin sia stato accontentato da quanto ho postato una pagina fa.
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:
http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
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sanzen
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E' vero L3gs non ti ho ringraziato per le notizie su Ferracin, lo faccio adesso con il cuore. Sarò Domenica prossima (19 Marzo) al Battaglin per sostenere i giovani virgulti del Valpolicella.
<BR>Possiamo vederci e volentieri ti porterò un piccolo regalo per la tua gentilezza, fatti vivo via MP se hai tempo, voglia e sete.
<BR>Possiamo mantenere vivo il 3D e come ho già proposto potrebbe essere una piccola rubrica in cui ognuno porta il suo pezzo di storia. Lascio l'arduo compito della realizzazione agli amministratori
Posso metterci qualche ricordo e magari stimolarne altri, mi servirebbe però un'annuario, farei meno fatica a ricordare nomi e date.........Aspetto qualche suggerimento in proposito.
<BR>Possiamo vederci e volentieri ti porterò un piccolo regalo per la tua gentilezza, fatti vivo via MP se hai tempo, voglia e sete.
<BR>Possiamo mantenere vivo il 3D e come ho già proposto potrebbe essere una piccola rubrica in cui ognuno porta il suo pezzo di storia. Lascio l'arduo compito della realizzazione agli amministratori
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GRUN
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Per la gioia, credo, di Sanzen, Nebelhexe e altri due o tre, aggiungo un capitoletto alla saga su Roy Bish e gli altri padri. Ho saputo che dal prossimo numero, quello di maggio, de LA META, verranno pubblicati articoli ed interventi inerenti a molti dei grandi personaggi dei quali abbiamo parlato in questo spazio. Per i lettori di questo thread già alla prossima uscita potrebbe esserci una sorpresa... Segnalo che già sul numero di aprile della stessa rivista, in edicola da qualche giorno, ci sono due pagine interessantissime, che rievocano un sondaggio fatto nel 1978 per eleggere il più forte giocatore italiano di sempre e che riportano un bell'articolo di luciano Ravagnani nel quale vengono tracciati dei profili di alcuni grandi della nostra storia ovale. Tra questi Franco Zani, giocatore d'immenso valore, che negli anni sessanta emigrò in Francia e lì rimase a vivere finita la carriera agonistica. Zani compare anche in una serie documentaria di produzione francese intitolata "UOMINI E RUGBY", girata e prodotta tra il 2000 ed il 2001, che andò in onda su Planet, canale satellitare. Si trattava di episodi di un'ora circa che convogliavano l'interesse del regista e degli autori sulle varie realtà rugbistiche dei due emisferi, cercando di capire e far capire questo sport attraverso le storie, minime e titaniche, umili e gloriose, delle persone che a questo sport hanno dato e da questo sport hanno preso ed appreso. Si tratta, a mio modesto avviso, di uno dei lavori migliori che il cinema abbia relizzato sul rugby, purtroppo non gratificat, e ti pareva, del successo e dell'interesse che avrebbe meritato. Le sequenze dedicate a Zani sono tra le più pregnanti di tutta la serie e fanno emergere l'emozionante dignità dell'uomo, che ricorda di non aver mai voluto rinunciare alla cittadinanza italiana e di aver rinunciato, per una forma di coerenza che definirei etica, alla possibilità di giocare con la maglia della nazionele francese nel Cinque Nazioni, un traguardo allora sbalorditivo per un giocatore di nazionalità e scuola rubistica italiane...
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sanzen
- Messaggi: 387
- Iscritto il: 9 ott 2003, 0:00
Grazie per l'informazione,
a) Ho già visto la puntata dedicata a Zani tempo fa sul satellite. E' notevole l'impatto emozionale e toccante l'apetto umano. Non aggiungo altro, ma invito chi ha a cuore le proprie radici di vederlo, registrarlo e diffonderlo tra tutti quei giovani che vogliono capire da dove arriva l'orgoglio e la convinzione di essere giocatori italiani.
b) Ricordo il sondaggio del 1978 sul giocatore Italiano più rappresentativo in cui si poteva votare (o è solo una mia confusa mistificazione?). Ravagnani fù in quegli anni colui che tenne in piedi il racconto del rugby attraverso gli uomini, il gioco e la storia. Sul Gazzettino pubblicava articoli su giocatori singoli, squadre e realtà nuove del rugby che tenevano vivo l'interesse anche per situazioni sconosciute ai più. Ho vivido un articolo dedicato a Robazza grande tallonatore di Treviso, soprannominato Uomo del Pack in latino maccheronico.
Comprerò la Meta anche se non mi piace.
Continuiamo la saga?
In che modo per tenerla viva?
a) Ho già visto la puntata dedicata a Zani tempo fa sul satellite. E' notevole l'impatto emozionale e toccante l'apetto umano. Non aggiungo altro, ma invito chi ha a cuore le proprie radici di vederlo, registrarlo e diffonderlo tra tutti quei giovani che vogliono capire da dove arriva l'orgoglio e la convinzione di essere giocatori italiani.
b) Ricordo il sondaggio del 1978 sul giocatore Italiano più rappresentativo in cui si poteva votare (o è solo una mia confusa mistificazione?). Ravagnani fù in quegli anni colui che tenne in piedi il racconto del rugby attraverso gli uomini, il gioco e la storia. Sul Gazzettino pubblicava articoli su giocatori singoli, squadre e realtà nuove del rugby che tenevano vivo l'interesse anche per situazioni sconosciute ai più. Ho vivido un articolo dedicato a Robazza grande tallonatore di Treviso, soprannominato Uomo del Pack in latino maccheronico.
Comprerò la Meta anche se non mi piace.
Continuiamo la saga?
In che modo per tenerla viva?
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sassogl
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- Iscritto il: 20 lug 2005, 0:00
Grun ha scritto: "Non credete che persone come questa dovrebbero essere ricordate? A nessuno è mai venuto in mente d'intitolare uno stadio, un torneo, ad un uomo che in concreto ha fatto per questa disciplina più di tanti burocrati e dirigenti?"
A Roma gli è stato intitolato l'ex stadio delle aquile nel complesso coni delll'acqua acetosa.
A Roma gli è stato intitolato l'ex stadio delle aquile nel complesso coni delll'acqua acetosa.