Ci sono anche altri esempi tipo l'hockey su rotelle dove l'Italia basa completamente le serie A (1-2) su piccole città e piccolissimi centri, pur restando tra le prime a livello mondiale (Portogallo - sport nazionale -, Argentina, Spagna...)masterweb ha scritto:Bravo. La pallavolo è l'esempio lampante che non è necessaria la grande metropoli per arrivare a dei risultati importanti a livello internazionale.MatR ha scritto:Ti ringrazio, sono lieto se il mio contributo può essere costruttivo, per quel che può valere.AINDA ha scritto:MatR ha scritto: Di Kirwan conosco poco o nulla, quindi posso sbagliarmi, ma dico che la mia sensazione è che potrebbe (avrebbe potuto?) essere per il rugby quello che Velasco è stato per il volley.
sono convinto che a suo tempo kirwan fece un grande lavoro, in particolare lanciando tanti giovani di talento (seppur ancora acerbi a quel tempo hanno poi formato l'ossatura della nazionale negli anni successivi e cercando anche di invertire una certa mentalità perdente. Obbiettivamente forse il materiale umano a disposizione di velasco era di qualità superiore però questo non toglie che kirwan lo vedrei alla guida della nazionale anche ora
dico la mia su alcuni punti e ti faccio i complimenti per il bel intervento
Parlando di Velasco intendo richiamare l'altro grande tema, l'altra faccia della medaglia: la crescita organica del movimento. Dici che Velasco aveva materiale umano di qualità superiore rispetto a Kirwan: non sono in grado di fare paragoni ma è senz'altro vero, visti i risultati sul campo. Ma quel materiale umana è stato il frutto di una programmazione nazionale partita da lontano: nel 1986 vidi la nazionale maggiore arrivare qualcosa come dodicesima o giù di lì ai mondiali di Parigi, ma nel 1985 la nazionale juniores vinse l'argento ai mondiali di categoria in Italia. E la grande Italia di Velasco si costruì sull'ossatura di quella juniores, la quale a sua volta era il risultato di un progetto sistematico durato 6 anni. Velasco poi ha portato nel volley italiano cultura manageriale, capacità organizzativa, visione strategica: in quegli anni è cambiato il dna di una disciplina che fino a metà anni '80 aveva la stessa valenza che abbiamo oggi nel rugby.
Questo a prescindere dai mondiali vinti o non vinti: il volley ha beneficiato di un elemento particolare, che è stato il dissolvimento del blocco sovietico, dominatore assoluto fino ai mondiali 1986 quando l'URSS fu sconfitta dagli USA in finale. E anche qui troviamo una parabola istruttiva: gli USA seppero costruire dal nulla uno squadrone, guidato da un signore che creò impostazioni strategiche e soluzioni tattiche che cambiarono il modo di giocare a pallavolo in tutto il mondo. Ma: quel progetto era finalizzato alle Olimpiadi di Los Angeles, fatte quelle il volley USA è stato abbandonato a se stesso e finito quel ciclo è tornato nei ranghi: agli ultimi mondiali gli USA si sono classificati decimi…
E se la nazionale italiana maschile non è più la corazzata di Velasco, è pur sempre tra le prime 5 del mondo, e la nazionale femminile ha cominciato a vincere tutto pure lei, e…. agli ultimi europei maschili c’erano se non ricordo male 6 allenatori italiani su altrettante panchine delle nazionali partecipanti alla fase finale. Questo significa che in 20 anni una nazione che non era nessuno ha saputo costruire una propria scuola di atleti e di tecnici che rimane leader mondiale a prescindere dai risultati sportivi specifici.
E: quest’anno i mondiali di pallavolo maschile si terranno in Italia.
E tutto questo senza metropoli. E’ vero che ai tempi del boom ci fu la Milano di Berlusconi (sempre lui), ma è anche vero che i grandi nomi stabili del volley sia maschile che femminile sono città di provincia. Nel maschile vogliamo parlare di due città a caso? Parma e Treviso.... E il femminile è diventato campione del mondo reggendosi su squadre di vertice chiamate Bergamo, Novara, Pesaro, Matera….
Ecco: questo è quello che Velasco ha saputo iniziare, non come semplice ct ma come portatore di una nuova cultura manageriale, e che tutto il movimento ha saputo mettere a frutto. E’ così impossibile pensare a una cosa del genere per il rugby? Anche la metà, io credo, basterebbe….
Scusate la lunghezza, e anche l'off topic. NOn lo faccio più, prometto.
Per farvi un esempio il paesino in cui sono cresciuto (7500 anime!) ha una squadra in serie A1 di Hockey e tutta la città ha giocato almeno qualche anno nelle giovanili, un bel numero dei ragazzi ha trovato posto in squadre blasonate e in nazionale. Ma tutta la cittadina era coinvolta e il palazzetto sempre pieno.
In Italia, dove il calcio occupa già il posto nelle città più grandi, esempi di largo coinvolgimento sono possibili laddove il calcio non potrà eccellere, ovvero i centri minori.
Quello che non quadra in questi confronti con il rugby è l'ampiezza del seguito necessaria affinchè lo sport si affermi.
E' indubbio infatti che il Volley, l'Hockey e la Pallacanestro possano essere soddisfatti da pubblici dai 1000 ai 5000, mentre al rugby di vertice si richiedono masse ben più consistenti.
Con questo voglio dire che, a parer mio, al rugby serve il coinvolgimento di aree più ampie di utenza, che non vuol dire Milano, Roma, Napoli e/o Torino, ma significa che le squadre (specialmente di vertice) devono diventare espressione di aree anzichè di singoli comuni.
Per fare un esempio sul Terraglio (tra Venezia e Treviso quindi) ci sono 8 (10 se si includono Riviera-Mira e Mirano) squadre seniores, di cui 2 in S10 e 3 in SA1/2. Se esistesse una franchigia (anche solo per il S10) per la globalità di queste società (che significa rappresentanza, coinvolgimento e localizzazione centrale) essa avrebbe un seguito che adeguatamente curato potrebbe essere pari a quelli che invidiamo tanto agli amici francesi e inglesi. E il rugby potrebbe davvero scalzare il calcio come sport di vertice dell'area, con tutti i benefici mediatici che ne deriverebbero.
Altro esempio può essere il parmense 5 squadre di vertice in pochi km...
Ciò che manca al rugby italiano è la mancanza di collaborazione, promozione e innovazione.
Con e senza CL.
Saluti PR