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Il tecnico della Fir spiega obiettivi e rischi del massimo torneo a 12 squadre al servizio della Celtic. «Ai club budget da un milione di euro»
«Campionato più italiano, giovane ed economico»
Ascione: «La qualità del gioco calerà ma le Accademie produrranno in quattro anni i 100 giocatori espulsi dal Super 10»
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Lunedì 22 Giugno 2009,
«Non posso pensare che due entità in Celtic League risolvano i problemi del rugby italiano. Sono solo una strategia. Se non troviamo il modo di alimentare l’alto livello non risolveremo i problemi. Come riuscirci? Con campionato che sotto la Celtic garantisca la competizione più combattuta possibile. Perchè la competizione è una delle componenti fondamentali nella formazione di un giocatore di alto livello».
Il campionato a cui il tecnico federale Franco Ascione fa riferimento è quello che dal 2010/11 sostituirà il Super 10. Dodici squadre divise in due gironi da sei secondo la classifica della stagione precedente. Poule scudetto (con finale per il titolo) e poule salvezza (una retrocessione) nella seconda fase. Nei 22 a referto 16 giocatori di formazione italiana, 2 eleggibili secondo le norme Irb (tipo Gower o McLean, con passaporto italiano ma formati all’estero) e 5 stranieri. Challenge Cup (l’Heineken è riservata alla franchigie di Celtic) disputata non più dai club, ma da quattro aggregazioni territoriali di club. Le quali per giocheranno fra aprile e giugno anche un torneo fra di loro. È questa la riforma partorita dalla Fir e dalla commissione di presidenti per il massimo campionato italiano.
«Dagli incontri con tutte le società - spiega Ascione - sono emersi un dato e una necessità inderogabile, anche alla luce della crisi economica. Il dato è che il Super 10 così com’è non basta più a nessuno. La necessità è la riduzione dei costi per i club attraverso l’italianizzazione delle squadre. Il consiglio federale ha in seguito deciso di delegare l’alto livello alle due franchigie di Celtic, con i 60 migliori italiani, e noi abbiamo costruito un modello di campionato per supportarlo».
Un nuovo campionato dove «il budget di un club sarà intorno al milione di euro o meno a stagione», non il triplo come ora. Dove «spariranno 100-110 giocatori del torneo attuale: i 60 migliori italiani della Celtic e i 50-60 oriundi o stranieri che, visti i 16 italiani di formazione obbligatori, non avranno più spazio». E con un dapuauperamento del genere, rispetto a un campionato già di medio-basso livello come il Super 10, si vorrebbero produrre un livello di gioco e atleti capaci di alimentare le franchigie di Celtic? I dubbi sono molto forti.
«Sicuramente il livello del campionato italiano rispetto ad ora si abbasserà - conferma Ascione - La sfida sarà non abbassarlo al punto da farlo diventare dilettantistico come quello di 10 anni fa. Altrimenti lo scollamento con la Celtic sarebbe troppo elevato e non ci potrà essere l’auspicato ricambio fra le due competizioni». Bella sfida, ma come sarà possibile vincerla? E quanto tempo ci vorrà per riuscirci?
«Lo strumento per farcela - continua Ascione - è il potenziamento della Accademie giovanili federali (che secondo il presidente del Petrarca Junior Giacomo Lorello hanno invece fallito, ndr). Le 3 nascenti di under 18 dovranno diventare 4. Quella under 20 di Tirrenia dovrà raddoppiare. Dal loro ciclo formativo usciranno una trentina di giocatori a stagione. I migliori 2-3 finiranno in Celtic. Gli altri 25 passeranno alle squadre del campionato italiano, riformando nel giro di un quadriennio quei 100-110 giocatori di perduti dal Super 10. Questi giovani, attraverso un torneo con partite dai risultati mai scontati e l’esperienza in Europa, cresceranno al punto da fornire il ricambio alle squadre di Celtic». Appuntamento al 2015 quindi, con (speriamo) il campionato a regime e il Mondiale in Italia.
Ivan Malfatto