rask ha scritto:Sto ai fatti: durante il giro d'onore (quale onore poi?) di Saint-Etienne hai visto, come me, Pez e Canale indossare quella strana maglietta con sponsor abusivo. Quell'azione era evidentemente preparata, con i complici in tribuna, le magliette pronte e magari qualche assegno intascato da Toyota. Tutto questo ha richiesto concentrazione, telefonate, complicità, segreti ecc. energie mentali tolte alla concentrazione sul match.
Ecco, ti chiedo un'opinione su questo
Ti odio (posso dirlo per scherzo, perché sai che non è vero

) perché mi hai "stanato", non dal "mio terreno preferito" (ti ringrazierò se mi dirai qual è), ma dal numero tondo sotto l'avatar, in cui narcisisticamente mi specchiavo!
Dal momento che sono stato chiamato in causa, risponderò, in ritardo per motivi di lavoro, ma risponderò.
Avevo in mente una risposta scherzosa, basata sulla considerazione che né tu né io conoscevamo abbastanza Canale o Pez da poter non dico conoscere, ma nemmeno inferire i motivi del loro gesto, col corollario che avremmo fatto meglio ad astenerci da qualsiasi giudizio prima di aver assunto le debite informazioni.
Tuttavia, sulla base della mia ormai "antica" e fugace esperienza da sportivo professionista, preferisco affrontare alla radice l'argomento sollevato dalla tua ultima riflessione sulle "energie mentali tolte alla concentrazione sul match". Immagino che ci fosse un'allusione all'allusione (ripetizione voluta) contenuta nell'intervista a Lo Cicero, quando parlava di coloro che "hanno pensato ad altro". Io ho l'infondata impressione che il Barone si riferisse alla "guerra per la captaincy" tra Bortolami e Bergamauro, evidentemente in atto da un bel pezzo, magari allo scopo di inserirsi così di soppiatto nella contesa nella speranza di uscirne come "terzo gaudente". Quello che però vorrei scongiurare tutti di evitare è questa TOTALIZZAZIONE del dato sportivo e rugbystico dei giocatori, un meccanismo che stritola il sistema e lo porta all'esasperazione. E' un filone di "pensiero" che è attivissimo nel calcio e che ha contrinuito in maniera fondamentale al mio allontanamento da esso. Nello sport da cui provengo, si pretendeva che i ventenni: non trombassero, non si divertissero, non stramangiassero, non si occupassero altro che di calcio, si impegnassero in qualsiasi attività di allenamento, dessero più del massimo in ogni partita e non avessero distrazioni. Per noi giocatori era vietato, da parte dei dirigenti, leggere o guardare la TV a partire da quattro ore prima della partita (oggi immagino che analogo divieto esista per la PSP o analoghi aggeggi). E' giusto e doveroso cercare la massima concentrazione prima di un incontro importante. Ma la preparazione di un evento non può essere tale da annullare gli spazi per altre iniziative e per problemi di natura diversa. La serenità del giocatore è un dato fondamentale, ma non può e non deve essere ricercata obbligandolo a tagliare i ponti con la sua vita.
Rask lo chiedo a te e a tutti gli altri: NON CADETE NEL TRANELLO DI CONSIDERARE I GIOCATORI SOLO COME RUGBYSTI E NON COME PERSONE. I GIOCATORI NON SONO L'OGGETTO DEL NOSTRO VOYEURISMO SPORTIVO, MA INDIVIDUI CON UNA VITA PERSONALE, UN'ESPERIENZA PASSATA E PREOCCUPAZIONI PER IL FUTURO. Chiaramente sia vita personale che passato e futuro, soprattutto in tempi di professionismo, sono per loro pesantemente e naturalmente condizionati dal rugby. Non pretendiamo però che, per assecondare le nostre passioni, essi si debbano dedichare al rugby interamente e totalmente. Facciamo che il rugby rimanga solo un modo per passare meglio la vita.