Inviato: 12 lug 2004, 19:24
1) Se volete vedere gli USA giocare venite a BIELLA il 27 Novembre nel test match contro l\'ITALIA.
<BR>
<BR>2) Una storia commovente e curiosa è quella di Mark Bingham. Ex rugbysta che era sul volo dirottato l\'11 settembre ed è stato una dei promotori della rivolta contro i dirottatori. Vi riscrivo cosa trovai non so più dove a proposito di quell\'episodio. Spero non Vi annoi:
<BR>
<BR> \"Mark Bingham dorme sulla collina\"
<BR>
<BR>Volo United Airlines 93. È passato un mese. Un mese dal giorno del terrore e della devastazione, da quell\'undici settembre martedì buio della storia. Tra le grida d\'aiuto e le disperate telefonate d\'amore uscite dalle Torri gemelle di Manhattan in fiamme e dagli aerei dirottati, c\'era anche la voce di Mark Bingham il cui atto di coraggio, attraverso i satelliti della Cnn, ha commosso il mondo.
<BR>Mark si trovava sul quarto aereo preso di mira dai terroristi, quello precipitato tra i campi a Sud Ovest della Pennsylvania e presumibilmente diretto contro Camp David. Mark era uno di noi. Uno del rugby. Aveva 31 anni e giocava nel San Francisco Fog dopo essere stato per sette anni nell\'altra squadra di Frisco, l\'Olimpic, nella prima divisione californiana. Mark aveva un lavoro: responsabile delle relazioni pubbliche di una società americana e per questo divideva il suo tempo tra New York e San Francisco. Per questo quella mattina era sul volo United Airlines 93. Ma se il suo destino si è incrociato in modo così eroico con quello dei terroristi di bin Laden, al punto da farne fallire l\'obiettivo, forse è solo perchè Mark Bingham era un giocatore di rugby. Quando i tre pirati dell\'aria con la bandanarossa e i coltelli in pugno hanno preso il controllo dell\'aereo, gridando di avere una bomba e di stare calmi, altrimenti l\'avrebbero fatto esplodere, tra i passeggeri sono cominciate le prime telefonate ad amici e familiari. E c\'è voluto poco per intuire quale fosse il loro destino, dopo aver appreso degli altri aerei schiantati contro le Torri gemelle e il Pentagono. A bordo è stato subito panico. Un passeggero ha perso la calma, si è lanciato contro i dirottatori finendo accoltellato. Non è quello che ci vuole, deve aver pensato Mark Bingham. Lo schema lui ce l\'aveva chiaro in testa. Non cose da public relations ma da partita vera. Deve aver pensato a una ruck tra le nuvole. A quelle mischie compatte, rugose, piene di rabbia che servivano a fermare i panzer dello Standford e del Berkeley in certe torride sfide di campionato. Ma stavolta senza nessun arbitro della baia a fischiare cravatte, stamping e cazzotti da moltiplicare a più non posso. Questo deve aver pensato Mark. Che si è guardato attorno. Ha scelto tre o quattro passeggeri fisicamente ben messi, tra i quali Jeremy Glick, 31 anni come lui, seconda linea della Rochester University, conosciuto per caso su quel volo. Ha parlato a bassa voce, come un capitano nello spogliatoio. Hanno messo ai voti la tattica d\'attacco. Solo il tempo di una telefonata d\'addio alle persone più care. Mark ha chiamato la madre: «Voglio che tu sappia che ti voglio bene». L\'ha tranquillizzata: «Sono qui con altri due ragazzi grandi e grossi, sopra il metro e novanta. Cercheremo di fermarli. Stai tranquilla, torno a casa». Poi è bastato uno sguardo e sono partiti all\'attacco. La mischia più dura della loro carriera, a novemila metri, per disarmare i terroristi: fermati al prezzo della vita.
<BR>È passato un mese. Dove riposano ora Mark e Jeremy? E gli altri 14 rugbisti scomparsi nell\'attentato? Tutti, tutti, dormono sulla collina, direbbe Lee Masters. Quella collina in cui riposano Webb Ellis e Maci Battaglini, Ivan Francescato e i grandi spiriti del rugby.
<BR>
<BR>
<BR><!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE> </BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>2) Una storia commovente e curiosa è quella di Mark Bingham. Ex rugbysta che era sul volo dirottato l\'11 settembre ed è stato una dei promotori della rivolta contro i dirottatori. Vi riscrivo cosa trovai non so più dove a proposito di quell\'episodio. Spero non Vi annoi:
<BR>
<BR> \"Mark Bingham dorme sulla collina\"
<BR>
<BR>Volo United Airlines 93. È passato un mese. Un mese dal giorno del terrore e della devastazione, da quell\'undici settembre martedì buio della storia. Tra le grida d\'aiuto e le disperate telefonate d\'amore uscite dalle Torri gemelle di Manhattan in fiamme e dagli aerei dirottati, c\'era anche la voce di Mark Bingham il cui atto di coraggio, attraverso i satelliti della Cnn, ha commosso il mondo.
<BR>Mark si trovava sul quarto aereo preso di mira dai terroristi, quello precipitato tra i campi a Sud Ovest della Pennsylvania e presumibilmente diretto contro Camp David. Mark era uno di noi. Uno del rugby. Aveva 31 anni e giocava nel San Francisco Fog dopo essere stato per sette anni nell\'altra squadra di Frisco, l\'Olimpic, nella prima divisione californiana. Mark aveva un lavoro: responsabile delle relazioni pubbliche di una società americana e per questo divideva il suo tempo tra New York e San Francisco. Per questo quella mattina era sul volo United Airlines 93. Ma se il suo destino si è incrociato in modo così eroico con quello dei terroristi di bin Laden, al punto da farne fallire l\'obiettivo, forse è solo perchè Mark Bingham era un giocatore di rugby. Quando i tre pirati dell\'aria con la bandanarossa e i coltelli in pugno hanno preso il controllo dell\'aereo, gridando di avere una bomba e di stare calmi, altrimenti l\'avrebbero fatto esplodere, tra i passeggeri sono cominciate le prime telefonate ad amici e familiari. E c\'è voluto poco per intuire quale fosse il loro destino, dopo aver appreso degli altri aerei schiantati contro le Torri gemelle e il Pentagono. A bordo è stato subito panico. Un passeggero ha perso la calma, si è lanciato contro i dirottatori finendo accoltellato. Non è quello che ci vuole, deve aver pensato Mark Bingham. Lo schema lui ce l\'aveva chiaro in testa. Non cose da public relations ma da partita vera. Deve aver pensato a una ruck tra le nuvole. A quelle mischie compatte, rugose, piene di rabbia che servivano a fermare i panzer dello Standford e del Berkeley in certe torride sfide di campionato. Ma stavolta senza nessun arbitro della baia a fischiare cravatte, stamping e cazzotti da moltiplicare a più non posso. Questo deve aver pensato Mark. Che si è guardato attorno. Ha scelto tre o quattro passeggeri fisicamente ben messi, tra i quali Jeremy Glick, 31 anni come lui, seconda linea della Rochester University, conosciuto per caso su quel volo. Ha parlato a bassa voce, come un capitano nello spogliatoio. Hanno messo ai voti la tattica d\'attacco. Solo il tempo di una telefonata d\'addio alle persone più care. Mark ha chiamato la madre: «Voglio che tu sappia che ti voglio bene». L\'ha tranquillizzata: «Sono qui con altri due ragazzi grandi e grossi, sopra il metro e novanta. Cercheremo di fermarli. Stai tranquilla, torno a casa». Poi è bastato uno sguardo e sono partiti all\'attacco. La mischia più dura della loro carriera, a novemila metri, per disarmare i terroristi: fermati al prezzo della vita.
<BR>È passato un mese. Dove riposano ora Mark e Jeremy? E gli altri 14 rugbisti scomparsi nell\'attentato? Tutti, tutti, dormono sulla collina, direbbe Lee Masters. Quella collina in cui riposano Webb Ellis e Maci Battaglini, Ivan Francescato e i grandi spiriti del rugby.
<BR>
<BR>
<BR><!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE> </BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->