D'altro canto ti eri già espresso sul fatto che la Provincia potesse rappresentare l'alveo ideale per lo sviluppo del rugby italico che, peraltro, sembra essersi fermato al palo già da qualche anno come le difficoltà economiche di diversi club di provincia che hanno, negli anni, incontrato fallimenti non solo sportivi sono la più esemplare dimostrazione, credo. Anche nei paesi celtici le franchigie non sono state introdotte per mero campanilismo che, forse Irlanda a parte, non è poi così regionalizzato (intanto i tre paesi celtici dell'area anglosassone sono già accomunati tra loro da un'unica storica tradizione che li lega in qualche modo tra loro e li contrappone, anche se in maniera, oramai, più bonaria che antagonistica, all'Inghilterra, secondariamente la loro personalità geografica li rende, di per sè, più delle regioni che delle nazioni, aspetto che non avrebbe necessitato, quindi, di pervenire alle franchigie; la franchigia degli Aironi rappresenterebbe un'area geografica - Emilia e Lombardia - ed una popolazione assimilamile in numeri ed economia a tutto il Galles o la Scozia e, forse, anche a tutta l'irlanda, se prese singolarmente! Lo scopo di queste franchigie è stato proprio quello di meglio ottimizzare i flussi mediatici ed economici di ambienti che, tra l'altro, soffrivano sicurmente molto meno di quanto soffra il movimento italiano ora. La provincia può rappresentare il contesto ideale per far nascere qualcosa di nuovo, lontano dalle luci della ribalta e da possibili critiche strumentali o possibili invidie tipiche dei grossi centri metropolitani dove convivono più interessi spesso contrapposti, ma il punto è, ha ancora la forza per far lievitare ulteriormete il movimento attirando nuovi businessman e creare ulteriori opportunità di interesse per nuovi sponsor ed investitori? Sei veramente convinto che la Provincia da sola c'è la possa fare?GiorgioXT ha scritto:Oddio, se parliamo di Irlanda il legame con la provincia è talmente importante che Munster gioca spesso in due città diverse proprio per non perdere il retroterra, in Galles le franchigie sono le eredi dirette oppure proprio il club della città , come Llanelli con gli Scarlets ... in Irlanda tra l'altro si è dovuto investire massicciamente per creare un retroterra di tifosi per il Leinster, club/franchigia di Dublino dove però un paio d'anni fa era costretto a giocare in casa con uno stadio tutto rosso-munster ...ed i risultati hanno aiutato molto; e non parlamo di Scozia, dove le due franchigie hanno sede nelle due città principali , Glasgow e Edinburgo che però sono le più "fredde" come pubblico e la cosa si vede , molti ancora rimproverano alla SRU di aver tagliato i Border Reivers che erano quelli che facevano più pubblico in proporzione .calep61 ha scritto:In questo senso mi chiedevo se la Provincia sia ancora in grado di assolvere pienamente al ruolo di volano evolutivo del movimento e se non fosse più adatto un coinvolgimento, se non delle grandi città, di entità organizzative territorialmente più estese all'insegna, appunto, delle franchigie che da qualche anno si sono inserite in Galles, Scozia ed irlanda e prima ancora in Australia e Sud Africa?
In sostanza : non sono proprio per nulla sicuro che prendere le ricette altrui permetta a noi di fare sviluppo; abbiamo già avuto in passato l'esperienza della "Franchigia in una grande città" che piace tanto ad alcuni ... il Milan Rugby dell'era Berlusconi, con il risultato (a parte gli scudetti vinti) che non solo non è stato creato nulla di duraturo, ma anzi Milano è diventata una delle piazze più difficili per il nostro sport...
RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
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calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Blaise Pascal
Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui.
Umberto Eco
Plinio il Vecchio
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ayr
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Ciao Calep,
da come poni la domanda si capisce che ti aspetti che noi ti si dica che e' meglio cancellare il rugby dalla provincia trapiantarlo "per grazia ricevuta" nei grandi centri.
Citi anche esempi esteri (a volte impropriamente, permettimi di dirlo: in Scozia posso toccare con mano che la scelta dei grandi centri urbani non ha molto funzionato... e anche in Francia, nonostante tanti sostegni federali per le grandi citta' (Marsiglia, Lione.... anche Parigi...), molte squadre storiche e di vertice si trovano in paesini pirenaici...
Il problema e' che in Italia i campionati regionali o di selezioni varie non hanno mai "funzionato" (mentre nei paesi anglosassoni e' una cosa molto comune): questa impostazione non e' mai entrata "nel cuore" degli Italiani in nessuno sport (che io sappia, eh... ma posso sbagliarmi, come spessissimo accade!).
Bisogna comunque osservare che nel calcio (e in parte anche nel basket), alla lunga sono emersi i grandi centri urbani (a fianco delle provinciali), anche quando ci sono retrocessioni: le grandi citta' fanno prima a recuperare le risorse umane ed economiche per risalire la china.
In Italia sono rarissimi i casi di campionati sportivi senza retrocessioni: piace il confronto fratricida, con promozioni e retrocessioni.
Direi che alla fine e' questo il punto di vista che piu' si confa' alla mentalita' italiana (e quindi forse alla lunga potra' richiamare piu' appassionati?): c'e' un campionato nazionale con promozioni e retrocessioni? Bene, decida il campo: se a Calvisano riescono ad organizzarsi meglio che a Bari, nonostante la grande disparita' di uomini e mezzi a disposizione nelle due localita', beh, complimenti a Calvisano! Alla lunga, se il tuo discorso e' valido, vincera' piu' Bari (o Napoli, o Roma, o Milano, o Torino, o Bologna, o...) di Calvisano (o Mogliano, o San Dona', o Viadana, o Noceto, o Segni, o...).
Trovo pero' ingiusto far retrocedere "d'ufficio" Calvisano e metterci al suo posto Napoli senza che questa citta' abbia acquisito il diritto alla massima serie "sul campo".
In Italia abbiamo gia' abbastanza promossi e bocciati "a tavolino" e senza passare per l'ordalia della competizione sul campo, faccia a faccia: i grandi centri hanno di per se dei grandi vantaggi "iniziali" (pubblico piu' vasto, piu' sponsor locali da contattare...) senza che ci si metta la solita "leggina" a fargli passare "la selezione" senza nemmeno scendere in campo...
Questo e' quello che mi sento di dirti in questo momento, ma... non pretendo certo che sia oro colato, anzi...
da come poni la domanda si capisce che ti aspetti che noi ti si dica che e' meglio cancellare il rugby dalla provincia trapiantarlo "per grazia ricevuta" nei grandi centri.
Citi anche esempi esteri (a volte impropriamente, permettimi di dirlo: in Scozia posso toccare con mano che la scelta dei grandi centri urbani non ha molto funzionato... e anche in Francia, nonostante tanti sostegni federali per le grandi citta' (Marsiglia, Lione.... anche Parigi...), molte squadre storiche e di vertice si trovano in paesini pirenaici...
Il problema e' che in Italia i campionati regionali o di selezioni varie non hanno mai "funzionato" (mentre nei paesi anglosassoni e' una cosa molto comune): questa impostazione non e' mai entrata "nel cuore" degli Italiani in nessuno sport (che io sappia, eh... ma posso sbagliarmi, come spessissimo accade!).
Bisogna comunque osservare che nel calcio (e in parte anche nel basket), alla lunga sono emersi i grandi centri urbani (a fianco delle provinciali), anche quando ci sono retrocessioni: le grandi citta' fanno prima a recuperare le risorse umane ed economiche per risalire la china.
In Italia sono rarissimi i casi di campionati sportivi senza retrocessioni: piace il confronto fratricida, con promozioni e retrocessioni.
Direi che alla fine e' questo il punto di vista che piu' si confa' alla mentalita' italiana (e quindi forse alla lunga potra' richiamare piu' appassionati?): c'e' un campionato nazionale con promozioni e retrocessioni? Bene, decida il campo: se a Calvisano riescono ad organizzarsi meglio che a Bari, nonostante la grande disparita' di uomini e mezzi a disposizione nelle due localita', beh, complimenti a Calvisano! Alla lunga, se il tuo discorso e' valido, vincera' piu' Bari (o Napoli, o Roma, o Milano, o Torino, o Bologna, o...) di Calvisano (o Mogliano, o San Dona', o Viadana, o Noceto, o Segni, o...).
Trovo pero' ingiusto far retrocedere "d'ufficio" Calvisano e metterci al suo posto Napoli senza che questa citta' abbia acquisito il diritto alla massima serie "sul campo".
In Italia abbiamo gia' abbastanza promossi e bocciati "a tavolino" e senza passare per l'ordalia della competizione sul campo, faccia a faccia: i grandi centri hanno di per se dei grandi vantaggi "iniziali" (pubblico piu' vasto, piu' sponsor locali da contattare...) senza che ci si metta la solita "leggina" a fargli passare "la selezione" senza nemmeno scendere in campo...
Questo e' quello che mi sento di dirti in questo momento, ma... non pretendo certo che sia oro colato, anzi...
Grazie al cielo l'hanno inventato a Rugby e non a Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch!
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ayr
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Su una cosa pero' ti devo dare ragione: nel rugby Italiano c'e' spesso una mentalita' troppo "provinciale".
Vediamo se riesco a spiegarmi meglio: quando ero ragazzino, nelle squadre di A1 in Italia c'erano uno, al massimo due grandi campioni per squadra (Campese, Knox, Gould, Botha, Lynagh, Kirwan, Green, Brooke...) e "giustamente" questi grandi campioni avevano il "posto" in squadra assicurato anche se a volte... ehm... non avevano proprio una gran voglia di allenarsi (Kirwan), oppure se fisicamente non erano proprio a posto (Lynagh), perche' poi in campo facevano comunque la differenza.
Questi grandi giocatori stranieri venivano "a svernare" in Italia perche' in Italia si barava sui regolamenti internazionali che all'epoca volevano il rugby completamente amatoriale (altrimenti non sarebbero mai venuti), ma da noi la federazione chiudeva un occhio sui numerosi casi di professionismo "mascherato" (borse di studio, "lavoro" di appoggio nella ditta dello sponsor o in una banca compiacente, ecc.) che all'estero erano strettamente proibiti (tranne un po' in Francia, per dire la verita'...).
Quando negli altri paesi e' stato permesso il professionismo, loro si sono attrezzati e in Italia non sono piu' arrivati i grandi campioni perche' noi siamo rimasti ancora con la mentalita' del professionismo "marron" (in realta' abbiamo cominciato a chiedere ai giocatori di comportarsi sempre da professionisti tranne che nei giorni di paga.... perche di portare il professionismo/professionalita' nelle dirigenze...
).
Il problema e' che cosi' in Italia abbiamo cominciato ad "importare" (per moda o, appunto, provincialismo) una serie di giocatori di livello molto ma molto inferiore ai suddetti (Campese, Knox, Gould, Botha, Lynagh, Kirwan, Green, Brooke...), condedendo loro pero' lo stesso livello di "indulgenza" quando erano fuori forma o simili (anche perche', visto che questo lo pago e il giovane del vivaio no, lo straniero DEVE giocare a tutti i costi, anche se e' appena atterrato dall'Argentina e la prima partita che puo' giocare e' il giorno dopo, senza aver fatto nemmeno un allenamento con la squadra
).
In questo modo abbiamo mandato un chiaro "segnale" al vivaio e ci siamo messi nel sacco da soli... e ancora non l'abbiamo capita fino in fondo...
Ecco, questo e' l'aspetto di mentalita' "provinciale" del rugby italiano che mi piacerebbe recedesse... almeno un pochino... ma non mi sembra (per quel pochissimo che ci posso capire, da lontano...) che le squadre di calcio dei grandi centri urbani italiani siano cosi' superiori sotto questo punto di vista...
Vediamo se riesco a spiegarmi meglio: quando ero ragazzino, nelle squadre di A1 in Italia c'erano uno, al massimo due grandi campioni per squadra (Campese, Knox, Gould, Botha, Lynagh, Kirwan, Green, Brooke...) e "giustamente" questi grandi campioni avevano il "posto" in squadra assicurato anche se a volte... ehm... non avevano proprio una gran voglia di allenarsi (Kirwan), oppure se fisicamente non erano proprio a posto (Lynagh), perche' poi in campo facevano comunque la differenza.
Questi grandi giocatori stranieri venivano "a svernare" in Italia perche' in Italia si barava sui regolamenti internazionali che all'epoca volevano il rugby completamente amatoriale (altrimenti non sarebbero mai venuti), ma da noi la federazione chiudeva un occhio sui numerosi casi di professionismo "mascherato" (borse di studio, "lavoro" di appoggio nella ditta dello sponsor o in una banca compiacente, ecc.) che all'estero erano strettamente proibiti (tranne un po' in Francia, per dire la verita'...).
Quando negli altri paesi e' stato permesso il professionismo, loro si sono attrezzati e in Italia non sono piu' arrivati i grandi campioni perche' noi siamo rimasti ancora con la mentalita' del professionismo "marron" (in realta' abbiamo cominciato a chiedere ai giocatori di comportarsi sempre da professionisti tranne che nei giorni di paga.... perche di portare il professionismo/professionalita' nelle dirigenze...
Il problema e' che cosi' in Italia abbiamo cominciato ad "importare" (per moda o, appunto, provincialismo) una serie di giocatori di livello molto ma molto inferiore ai suddetti (Campese, Knox, Gould, Botha, Lynagh, Kirwan, Green, Brooke...), condedendo loro pero' lo stesso livello di "indulgenza" quando erano fuori forma o simili (anche perche', visto che questo lo pago e il giovane del vivaio no, lo straniero DEVE giocare a tutti i costi, anche se e' appena atterrato dall'Argentina e la prima partita che puo' giocare e' il giorno dopo, senza aver fatto nemmeno un allenamento con la squadra
In questo modo abbiamo mandato un chiaro "segnale" al vivaio e ci siamo messi nel sacco da soli... e ancora non l'abbiamo capita fino in fondo...
Ecco, questo e' l'aspetto di mentalita' "provinciale" del rugby italiano che mi piacerebbe recedesse... almeno un pochino... ma non mi sembra (per quel pochissimo che ci posso capire, da lontano...) che le squadre di calcio dei grandi centri urbani italiani siano cosi' superiori sotto questo punto di vista...
Grazie al cielo l'hanno inventato a Rugby e non a Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch!
- andrea12
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Anche il rugby, nella sua accezione ludica, è figlio e diretto erede della socialità in cui si sviluppa. Nel nostro mondo capitalistico (e con questo mi riferisco al nostro mondo "ricco": Europa, Nord America e Oceania, con qualche eccezione sparsa....), quindi , non può che seguire logiche di mercato, ma anche sociali e sociologiche.
Quindi, anche il rugby, si sviluppa bene e si diffonde, là dove l'impianto economico complessivo, risulta più efficiente; cioè dove circola più denaro (banalizzando).
Le provincie ricche del profondo nord, in questo, risultano tremendamente avvantaggiate e non vanno citate solo le provincie venete o quella parmense, ma anche, per esempio, quella bresciana, che se fosse in grado (e volesse) coalizzarsi imprenditorialmente, creerebbe, forse, la più grande squadra italiana di club (ma poi prevalgono egocentrismi e paura di perdita di visibilità, ed altre meschinità varie)
Le grandi città, a titolo diverso, ma similmente, hanno sfruttato nel tempo la circolazione di una maggiore liquidità di denaro e di idee (ma attualmente il quadro è cambiato molto), con l'aggiunta di una maggiore facilità di scambi.
Se ciò che dico può essere condivisibile, assisteremo ad un incremento leggerissimo della "provincia" (anche perchè non è vero che i "soldi non ci sono"; diciamo invece, che non circolano e non vengono distribuiti, così come si fa in quasi tutti gli altri Paesi capitalistici) e ad un arretramento ulteriore della metropoli che, comunque, potrà sempre contare su rapporti e scambi facilitati (anche per condizione mentale).
Vanno anche valutate le ipotesi di aggregazione aziendale (join venture) che appaiono più realistiche nei grandi centri piuttosto che nelle terre provinciali.
Lo studio (??) comporterebbe più tempo ma se la discussione si allarga potremmo avvantaggiarcene tutti
Buon rugby
Quindi, anche il rugby, si sviluppa bene e si diffonde, là dove l'impianto economico complessivo, risulta più efficiente; cioè dove circola più denaro (banalizzando).
Le provincie ricche del profondo nord, in questo, risultano tremendamente avvantaggiate e non vanno citate solo le provincie venete o quella parmense, ma anche, per esempio, quella bresciana, che se fosse in grado (e volesse) coalizzarsi imprenditorialmente, creerebbe, forse, la più grande squadra italiana di club (ma poi prevalgono egocentrismi e paura di perdita di visibilità, ed altre meschinità varie)
Le grandi città, a titolo diverso, ma similmente, hanno sfruttato nel tempo la circolazione di una maggiore liquidità di denaro e di idee (ma attualmente il quadro è cambiato molto), con l'aggiunta di una maggiore facilità di scambi.
Se ciò che dico può essere condivisibile, assisteremo ad un incremento leggerissimo della "provincia" (anche perchè non è vero che i "soldi non ci sono"; diciamo invece, che non circolano e non vengono distribuiti, così come si fa in quasi tutti gli altri Paesi capitalistici) e ad un arretramento ulteriore della metropoli che, comunque, potrà sempre contare su rapporti e scambi facilitati (anche per condizione mentale).
Vanno anche valutate le ipotesi di aggregazione aziendale (join venture) che appaiono più realistiche nei grandi centri piuttosto che nelle terre provinciali.
Lo studio (??) comporterebbe più tempo ma se la discussione si allarga potremmo avvantaggiarcene tutti
Buon rugby
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calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Evidentemente sono stato frainteso.
Nessun intendimento di attacco indiscriminato alla provincia italiana o di introdurre dualismi provincia vs metropoli, ne, tantomeno, introdurre beceri e sterili giudizi pro o contro.
Ancor meno era l’intendimento di proporre automatismi nelle competizioni per sopprimere/sostituire uno o l’altro club di provincia o meno (con quale valenza giuridica possibile, non saprei, poi, quale autorità ne avrebbe facoltà?).
La riflessione che proponevo era molto più easy e meramente interrogativa sull’evoluzione del movimento rugbystico nazionale e su quale sviluppo ideale si potesse ipotizzare in futuro per massimizzare il bene di questo sport: la Provincia italiana ha avuto un ruolo indiscusso almeno dal 1950 nel far crescere il rugby in Italia sostituendo nel dopo guerra le grandi città ed è questo l’aspetto curioso e, se vogliamo, un po’ atipico rispetto ad altri sport di maggiore successo.
Da questa considerazione iniziale nasce la mia domanda che, ripeto, non vuole essere ne polemica ne provocatoria.
Può la Provincia continuare con gli strumenti e le soluzioni adottate finora a presidiare adeguatamente un ulteriore sviluppo del movimento e dell’agonismo di punta, in particolare?
Mettiamo da parte le principale città del rugby italiano d’eccellenza – Padova, Rovigo, Treviso – che possono rappresentare per dimensioni e motore economico anche un’eccezione, a quali altre località si fa riferimento:
- Calvisano, l’Aquila, Mogliano, Parma, Prato, Reggio Emilia, San Gregorio di Catania, Viadana;
e anche in A1, tra 12 team in competizione troviamo città come:
- Livorno, Modena, Piacenza, Tirrenia, Recco e San Donà di Piave che, tra l’altro, non stanno per niente sfigurando in classifica.
Insomma, la Provincia certamente spopola per presenza nei campionati di vertice e per performance agonistiche, ma, spesso, assistiamo a stadi vuoti, la televisione e distratta, i media seguono poco il rugby e, in sintesi, si assiste ad una situazione un po’ di nicchia per tutto l’anno in attesa del grande evento che sia, a secondo delle annate, il 6 nazioni, piuttosto che qualche sfida con qualche squadra nazionale più blasonata o, ogni 4 anni, del mondiale per attirare, finalmente, il grande pubblico, i media ed il mondo intero e questo si ripete ormai da troppi anni.
Ecco il perché della domanda, cosa potrebbe far evolvere questa situazione di stallo in una crescità maggiore in termini di audience per usare, volutamente, un termine televisivo ed attirare, contemporaneamente, maggiori sponsor, nuovi investitori e alimentare ulteriormente gli ingranaggi della macchina economica?

Nessun intendimento di attacco indiscriminato alla provincia italiana o di introdurre dualismi provincia vs metropoli, ne, tantomeno, introdurre beceri e sterili giudizi pro o contro.
Ancor meno era l’intendimento di proporre automatismi nelle competizioni per sopprimere/sostituire uno o l’altro club di provincia o meno (con quale valenza giuridica possibile, non saprei, poi, quale autorità ne avrebbe facoltà?).
La riflessione che proponevo era molto più easy e meramente interrogativa sull’evoluzione del movimento rugbystico nazionale e su quale sviluppo ideale si potesse ipotizzare in futuro per massimizzare il bene di questo sport: la Provincia italiana ha avuto un ruolo indiscusso almeno dal 1950 nel far crescere il rugby in Italia sostituendo nel dopo guerra le grandi città ed è questo l’aspetto curioso e, se vogliamo, un po’ atipico rispetto ad altri sport di maggiore successo.
Da questa considerazione iniziale nasce la mia domanda che, ripeto, non vuole essere ne polemica ne provocatoria.
Può la Provincia continuare con gli strumenti e le soluzioni adottate finora a presidiare adeguatamente un ulteriore sviluppo del movimento e dell’agonismo di punta, in particolare?
Mettiamo da parte le principale città del rugby italiano d’eccellenza – Padova, Rovigo, Treviso – che possono rappresentare per dimensioni e motore economico anche un’eccezione, a quali altre località si fa riferimento:
- Calvisano, l’Aquila, Mogliano, Parma, Prato, Reggio Emilia, San Gregorio di Catania, Viadana;
e anche in A1, tra 12 team in competizione troviamo città come:
- Livorno, Modena, Piacenza, Tirrenia, Recco e San Donà di Piave che, tra l’altro, non stanno per niente sfigurando in classifica.
Insomma, la Provincia certamente spopola per presenza nei campionati di vertice e per performance agonistiche, ma, spesso, assistiamo a stadi vuoti, la televisione e distratta, i media seguono poco il rugby e, in sintesi, si assiste ad una situazione un po’ di nicchia per tutto l’anno in attesa del grande evento che sia, a secondo delle annate, il 6 nazioni, piuttosto che qualche sfida con qualche squadra nazionale più blasonata o, ogni 4 anni, del mondiale per attirare, finalmente, il grande pubblico, i media ed il mondo intero e questo si ripete ormai da troppi anni.
Ecco il perché della domanda, cosa potrebbe far evolvere questa situazione di stallo in una crescità maggiore in termini di audience per usare, volutamente, un termine televisivo ed attirare, contemporaneamente, maggiori sponsor, nuovi investitori e alimentare ulteriormente gli ingranaggi della macchina economica?
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Blaise Pascal
Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui.
Umberto Eco
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GiorgioXT
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
La mia posizione è basata (purtroppo) su dati di fatto : le esperienze di Roma e Milano dimostrano che è certamente molto più difficile "sfondare" in una metropoli. Roma in particolare ha visto sparire una squadra storica come la Rugby Roma , ritirarsi dal massimo campionato la Capitolina - squadra dall'ottimo background di giovanili e minirugby e molto sostenuta dalla FIR, e rimanere la Lazio grazie però al sostegno del proprietario/sponsor , romano certo, ma con l'attività basata ed imperniata a nordest...Lazio peraltro con uno dei migliori settori giovanili d'italia
Facile dire a posteriori che l'avventura della Rugby Roma di Abbondanza era più che viziata in partenza dalla presenza di interessi che tutto erano tranne che rugbystici (io lo avevo scritto due stagioni fa che senza la parte immobiliare sarebbe crollato tutto)
A Milano è andata anche peggio con l'Amatori Milano, qui evidentemente c'erano solo le parole e nemmeno le speranze immobiliari; io temo che lo strapotere e la strapresenza del calcio abbia finito con "avvelenare i pozzi" delle grandi città , dove vedo peraltro che fanno fatica anche sport come il basket ed il voley ben più frequentati e forti del nostro (a Milano nonostante un main sponsor del calibro di Armani...)
Che le cose possano cambiare? sono pessimista al riguardo, sia perchè l'utilità politica del calcio non è venuta affatto meno, sia perchè i tifosi hanno dimostrato di poter digerire qualsiasi porcheria ...
Facile dire a posteriori che l'avventura della Rugby Roma di Abbondanza era più che viziata in partenza dalla presenza di interessi che tutto erano tranne che rugbystici (io lo avevo scritto due stagioni fa che senza la parte immobiliare sarebbe crollato tutto)
A Milano è andata anche peggio con l'Amatori Milano, qui evidentemente c'erano solo le parole e nemmeno le speranze immobiliari; io temo che lo strapotere e la strapresenza del calcio abbia finito con "avvelenare i pozzi" delle grandi città , dove vedo peraltro che fanno fatica anche sport come il basket ed il voley ben più frequentati e forti del nostro (a Milano nonostante un main sponsor del calibro di Armani...)
Che le cose possano cambiare? sono pessimista al riguardo, sia perchè l'utilità politica del calcio non è venuta affatto meno, sia perchè i tifosi hanno dimostrato di poter digerire qualsiasi porcheria ...
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Luqa-bis
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Si calep61,ma attenzione a confondere come si dice dalel mie parti il quol e le 40ore...
Tra le 24 società di "vertice" in Italia (cioè le 2 società franchigia, le 10 di Eccelenza e le 12 di A1) i casi sonodisparati.
Abbiamo 2 società atipiche: FF.OO e Accademia per le quali le considerazioni fatet nonvalgono: sono squadre federali o militari che hanno un loro motivo di esistere e una loro logica.
Abbiamo poi, mettendo nel buglione tutti:
società che vengono da realtà metropolitane (pop > 1 mil): Roma (Lazio), Milano (Gr.MI)
società che vengono da città medio grandi (pop > 200mila): Firenze, Verona, Padova
società che vengono da realtà cittadine medie (pop. > 100mila) : Brescia, Prato, Parma, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Piacenza;
società che vengono da città piccole: Udine, Treviso, Rovigo, L'Aquila, S.Donà
società di piccoli comuni: Viadana, Calvisano, Recco, S.Gregorio
Se poi passiamo al possibile bacino, occorre tenere presente che S.Gregorio significa Catania, che Treviso significa una provincia di quasi 900mila abitanti.
Per confronto, le province irlandesi variano tra i 500mila e i 2,5 milioni, ma si tratta di province non di città.
e in tal caso TV, BS, PD, FI, CT sonotutte province attorno al milione.
Il Galles? Newport 140mila, Cardiff 340mila, Swansea 230mila, Llanelli 180mila nell'intera contea.
Nemmeno in Inghilterra , eccezion fatta per i 4 club londinesi, o in Francia il dominio nel rugby è delle grandi città.
E del resto, secondo me, è proprionelle cittàmedia , come per pallacanestro e pallavolo che il rugby può trovare una dimensione forte:
lo sport dominante a livello mediatico, pubbliciatrio e diseguito è il calcio.
per eccellere occororno grandi capitali e grandi volumi, che solo i grandi club metropolitani possono raccogliere (vedere campionato di calcio).
questosignifica che in una gardne metropoli devi sottrarre spettatori ai grandi club calcistici.
Hai un grande bacino, ma anche una grande concorrenza.
nelle città medie invece anche uno psort medio può raccogliere i non appassionati, se la squadra è competitiva, se l'ambiente è favorevole, se l'impianto è ben gestito.
Del resto, nella mia modesta carriera, ho sempre rimorchiato di più nelle piccole feste di paese o nei circolini di quartiere che non nelle megadiscoteche di riviera o nei mega eventi metropolitani .
E le donen che ci capitavano, eccezion fatta per le note cubiste, erano le stesse eh...
Tra le 24 società di "vertice" in Italia (cioè le 2 società franchigia, le 10 di Eccelenza e le 12 di A1) i casi sonodisparati.
Abbiamo 2 società atipiche: FF.OO e Accademia per le quali le considerazioni fatet nonvalgono: sono squadre federali o militari che hanno un loro motivo di esistere e una loro logica.
Abbiamo poi, mettendo nel buglione tutti:
società che vengono da realtà metropolitane (pop > 1 mil): Roma (Lazio), Milano (Gr.MI)
società che vengono da città medio grandi (pop > 200mila): Firenze, Verona, Padova
società che vengono da realtà cittadine medie (pop. > 100mila) : Brescia, Prato, Parma, Modena, Reggio Emilia, Livorno, Piacenza;
società che vengono da città piccole: Udine, Treviso, Rovigo, L'Aquila, S.Donà
società di piccoli comuni: Viadana, Calvisano, Recco, S.Gregorio
Se poi passiamo al possibile bacino, occorre tenere presente che S.Gregorio significa Catania, che Treviso significa una provincia di quasi 900mila abitanti.
Per confronto, le province irlandesi variano tra i 500mila e i 2,5 milioni, ma si tratta di province non di città.
e in tal caso TV, BS, PD, FI, CT sonotutte province attorno al milione.
Il Galles? Newport 140mila, Cardiff 340mila, Swansea 230mila, Llanelli 180mila nell'intera contea.
Nemmeno in Inghilterra , eccezion fatta per i 4 club londinesi, o in Francia il dominio nel rugby è delle grandi città.
E del resto, secondo me, è proprionelle cittàmedia , come per pallacanestro e pallavolo che il rugby può trovare una dimensione forte:
lo sport dominante a livello mediatico, pubbliciatrio e diseguito è il calcio.
per eccellere occororno grandi capitali e grandi volumi, che solo i grandi club metropolitani possono raccogliere (vedere campionato di calcio).
questosignifica che in una gardne metropoli devi sottrarre spettatori ai grandi club calcistici.
Hai un grande bacino, ma anche una grande concorrenza.
nelle città medie invece anche uno psort medio può raccogliere i non appassionati, se la squadra è competitiva, se l'ambiente è favorevole, se l'impianto è ben gestito.
Del resto, nella mia modesta carriera, ho sempre rimorchiato di più nelle piccole feste di paese o nei circolini di quartiere che non nelle megadiscoteche di riviera o nei mega eventi metropolitani .
E le donen che ci capitavano, eccezion fatta per le note cubiste, erano le stesse eh...
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ayr
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Secondo me ogni situazione (e dimensione cittadina) ha i suoi pro e i suoi contro, poi sta' a noi sfruttare al meglio ogni particolare situazione.
Il futuro del rugby italiano, a mio modestissimo parere, dipende molto di piu' dalla quantita' e qualita' di lavoro che si vorra' (potra') fare nelle scuole, dalla volonta' della Federazione di fare delle regole che premino fortemente chi fa il lavoro di base di reclutamento e formazione, dalla volonta' delle societa' di mettere in cima alla lista delle priorita' questo lavoro (si, anche prima dei risultati della prima squadra per la stagione in corso...
).
Se si lavorara' BENE sull base, il futuro del rugby italiano sara' roseo, altrimenti sara' da cosi' a peggio.
Il resto e' fuffa.
Il futuro del rugby italiano, a mio modestissimo parere, dipende molto di piu' dalla quantita' e qualita' di lavoro che si vorra' (potra') fare nelle scuole, dalla volonta' della Federazione di fare delle regole che premino fortemente chi fa il lavoro di base di reclutamento e formazione, dalla volonta' delle societa' di mettere in cima alla lista delle priorita' questo lavoro (si, anche prima dei risultati della prima squadra per la stagione in corso...
Se si lavorara' BENE sull base, il futuro del rugby italiano sara' roseo, altrimenti sara' da cosi' a peggio.
Il resto e' fuffa.
Grazie al cielo l'hanno inventato a Rugby e non a Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch!
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italicbold
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- Iscritto il: 15 dic 2008, 17:10
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Non conosco la realtà del rugby italiano, ma conosco bene quella del rugby francese.
Il futuro, malgrado gli sforzi e la non tanto velata, disperazione dei vecchi nostalgici va verso le grandi città.
E' una questione di sviluppo economico di questo sport, di ricerca di nuovi mercati, nuove strutture e nuove possibilità.
Non c'é giudizio in quello che scrivo, c'é una presa di coscienza.
La disparizione lenta e inesorabile dai grandi palcoscenici di realtà importanti ma limitate geograficamente e socialmente come Bourgoin, Dax, Montauban, e la crescita di club come Lione, Bordeaux (fusione con Begles) e fra poco anche Marsiglia, dimostrano che quello é il percorso. Voluto o imposto, questo non lo so.
La realtà italiana, e ripeto che faccio un'analisi da spettatore lontano, é probabilmente ancora lontana da quella francese, anche se la velocità di diffusione dell'interesse per la palla ovale mi sembra che abbia avuto una discreta accellerata in questi ultimi anni. In questa fase evolutiva va bene anche la realtà espressa dalle due franchigie in celtic.
Ma mi sembra indubbio che il futuro (prossimo ?) non puo' che passare per lo sviluppo in realtà metropolitane.
Il futuro, malgrado gli sforzi e la non tanto velata, disperazione dei vecchi nostalgici va verso le grandi città.
E' una questione di sviluppo economico di questo sport, di ricerca di nuovi mercati, nuove strutture e nuove possibilità.
Non c'é giudizio in quello che scrivo, c'é una presa di coscienza.
La disparizione lenta e inesorabile dai grandi palcoscenici di realtà importanti ma limitate geograficamente e socialmente come Bourgoin, Dax, Montauban, e la crescita di club come Lione, Bordeaux (fusione con Begles) e fra poco anche Marsiglia, dimostrano che quello é il percorso. Voluto o imposto, questo non lo so.
La realtà italiana, e ripeto che faccio un'analisi da spettatore lontano, é probabilmente ancora lontana da quella francese, anche se la velocità di diffusione dell'interesse per la palla ovale mi sembra che abbia avuto una discreta accellerata in questi ultimi anni. In questa fase evolutiva va bene anche la realtà espressa dalle due franchigie in celtic.
Ma mi sembra indubbio che il futuro (prossimo ?) non puo' che passare per lo sviluppo in realtà metropolitane.
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orme53
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- Iscritto il: 16 feb 2004, 0:00
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Argomento interessante. Proposte e analisi dell'argomento in gran parte condivisibili. Ma secondo me sarebbe interessante analizzare dove trascorre il tempo libero (o meglio, gli fanno trascorrere) all'italiano medio. La soluzione si avrà quando la smetteremo di riempire i parcheggi degli outlet, centi commerciali e quant'altro. Pensare di spostare i campionati minori in giornate e orari diversi dalle partite di cartello della zona per avere più appassionati allo stadio vuol dire solo versare una goccia nel mare.
Purtroppo gli interessi economici non credo siano interessati al momento a soluzioni diverse.
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calep61
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- Iscritto il: 27 ott 2011, 11:51
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Non vorrei risultare pedante togliendo spazio ad altri, ma un paio di dati esemplificativi:
amichevole Italia vs AllBlacks – San Siro, Milano, novembre 2009 –spett. 80.000
prossimo Italia vs Inghilterra – Stadio Olimpico, Roma, febbraio 2012 – biglietti già venduti 40.000 ad 1 mese dalla partita
Di seguito, alcune tra le partite più interessanti del Campionato eccellenza 2011-2012
Cammi Calvisano vs Femi-CZ Vea Rovigo - Stadio San Michele, Calvisano (BS), spett. 1200
Femi-CZ Rovigo vs Estra I Cavalieri Prato - Stadio Mario Battaglini, Rovigo, spett. 1400
Cammi Calvisano vs BancaMonteParma Crociati - Stadio San Michele, Calvisano (BS), spett. 300
Marchiol Mogliano vs Petrarca Padova - Stadio Maurizio Quaggia, Mogliano (TV), spett. 500
Certo, gli A.B. attirano anche chi il rugby non sa cosa sia, si potrà commentare, oppure, che una sfida del 6 nazioni non è paragonabile alle sfide di eccellenza, aggiungo che, in effetti, il confronto è volutamente eccessivo, ma siamo 120.000 contro 3.000 spettatori!
Ora, la domanda è, a quale ipotetico sponsor potrebbe interessare d’investire per manifestazioni che riescano a coinvolgere 1000/2000 spettatori per singolo evento e quale contributo, a regole di mercato, potrebbe chiedere l’organizzatore di tale manifestazione?
In questo senso mi chiedevo, può la Provincia da sola, cioè i singoli club, come oggi sono organizzati, ribaltare questa situazione e farle lievitare in maniera decisiva tendendo nel tempo a numeri che, pur lontani da quelli citati, forse impropriamente, ad esempio, possano attirare nuovi e più importanti sponsor?
amichevole Italia vs AllBlacks – San Siro, Milano, novembre 2009 –spett. 80.000
prossimo Italia vs Inghilterra – Stadio Olimpico, Roma, febbraio 2012 – biglietti già venduti 40.000 ad 1 mese dalla partita
Di seguito, alcune tra le partite più interessanti del Campionato eccellenza 2011-2012
Cammi Calvisano vs Femi-CZ Vea Rovigo - Stadio San Michele, Calvisano (BS), spett. 1200
Femi-CZ Rovigo vs Estra I Cavalieri Prato - Stadio Mario Battaglini, Rovigo, spett. 1400
Cammi Calvisano vs BancaMonteParma Crociati - Stadio San Michele, Calvisano (BS), spett. 300
Marchiol Mogliano vs Petrarca Padova - Stadio Maurizio Quaggia, Mogliano (TV), spett. 500
Certo, gli A.B. attirano anche chi il rugby non sa cosa sia, si potrà commentare, oppure, che una sfida del 6 nazioni non è paragonabile alle sfide di eccellenza, aggiungo che, in effetti, il confronto è volutamente eccessivo, ma siamo 120.000 contro 3.000 spettatori!
Ora, la domanda è, a quale ipotetico sponsor potrebbe interessare d’investire per manifestazioni che riescano a coinvolgere 1000/2000 spettatori per singolo evento e quale contributo, a regole di mercato, potrebbe chiedere l’organizzatore di tale manifestazione?
In questo senso mi chiedevo, può la Provincia da sola, cioè i singoli club, come oggi sono organizzati, ribaltare questa situazione e farle lievitare in maniera decisiva tendendo nel tempo a numeri che, pur lontani da quelli citati, forse impropriamente, ad esempio, possano attirare nuovi e più importanti sponsor?
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Blaise Pascal
Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui.
Umberto Eco
Plinio il Vecchio
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GiorgioXT
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- Iscritto il: 19 mag 2004, 0:00
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Calep... un consiglio, vatti a vedere le presenze che facevano Rugby Roma la scorsa stagione e la Capitolina in quella precedente... e non ti vado a tirare fuori le presenze degli Amatori Milano rispetto alle altre squadre di serie A ...
Troppo facile confrontare un evento come gli AB a San Siro dove si è speso in promozione quasi metà del budget di una squadra di eccellenza...
Troppo facile confrontare un evento come gli AB a San Siro dove si è speso in promozione quasi metà del budget di una squadra di eccellenza...
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Mad Max
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- Iscritto il: 12 lug 2011, 11:01
- Località: Milano
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
quoto e inoltre vorrei ricordare che nella piazza di Milano quando il Mediolanum fallì cedendo i titoli sportivi a Brescia, lasciò Milano senza una realtà rugbystica di primo piano, la rinascita venne proprio attraverso la fusione delle realtà cittadine rimaste e di quelle che si erano intanto andando consolidando in provincia...GiorgioXT ha scritto:Calep... un consiglio, vatti a vedere le presenze che facevano Rugby Roma la scorsa stagione e la Capitolina in quella precedente... e non ti vado a tirare fuori le presenze degli Amatori Milano rispetto alle altre squadre di serie A ...
Troppo facile confrontare un evento come gli AB a San Siro dove si è speso in promozione quasi metà del budget di una squadra di eccellenza...
"f*** russians", said the English Fly-half just after being neck-tackled by the russian flanker
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orme53
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- Iscritto il: 16 feb 2004, 0:00
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Giorgio,....quoto....e mi fermo quì......vorrei aggiungere ulteriori osservazioni al tuo intervento, ma poi qualcuno si potrebbe offendere.GiorgioXT ha scritto:Calep... un consiglio, vatti a vedere le presenze che facevano Rugby Roma la scorsa stagione e la Capitolina in quella precedente... e non ti vado a tirare fuori le presenze degli Amatori Milano rispetto alle altre squadre di serie A ...
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calep61
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- Iscritto il: 27 ott 2011, 11:51
Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?
Il punto non è fare il confronto tra prima ed ora, conosco bene la situazione del rugby italiano, o tra provincia e grandi città, ma questo l'ho già detto, scusate.GiorgioXT ha scritto:Calep... un consiglio, vatti a vedere le presenze che facevano Rugby Roma la scorsa stagione e la Capitolina in quella precedente... e non ti vado a tirare fuori le presenze degli Amatori Milano rispetto alle altre squadre di serie A ...
Troppo facile confrontare un evento come gli AB a San Siro dove si è speso in promozione quasi metà del budget di una squadra di eccellenza...
Il punto credo sia:
- la situazione attuale può accontentarci, può accontentare il movimento rugbystico nazionale?
- quali soluzioni potrebbero far evolvere (crescere economicamente, la qualità delle performance non è, sostanzialmente, in discussione o, almeno, non rappresenta una priorità) la situazione?
Le mie riflessioni nascono dalla considerazione dello status quo che, credo, non sia discutibile; possiamo decidere che le cose vadano bene così, o ipotizzare (sperare) su possibili eventi che tendano o possano alimentare un cambiamento evolutivo.
Ora il pallino c'è là la Provincia, anche questo, credo, sia un fatto indicutibile, ed è dalla Provincia che deve nascere qualche cosa.
Personalmente, non credo solo nella grande metropoli come unica possibile futura evoluzione del rugby, ma anche nell'estensione della formula delle franchigie o a qualche cosa che gli assomigli.
D'altro canto, management di molti club di punta ci hanno già pensato (Prato, Parma, Milano), ma i progetti stentano a partire; perchè?
Questo è il punto; perchè il movimento stenta a mettersi in moto?
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Blaise Pascal
Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui.
Umberto Eco
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Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
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