Sinceramente, penso, che ogni sistema umano che preveda qualcuno destinato a giudicare altri non potrà mai essere perfetto.
L'uomo non è perfetto, i suoi gusti, valori, convinzioni non rappresentano e non possono rappresentare convincimenti universalmente condivisibili ed il giudizio dato su altri non potrà che essere condizionato da tutto ciò.
Questi processi sono, però, perfettibili, cioè migliorabili, si possono elevare ai più alti gradi di affidabilità ed efficacia, se vogliamo, di eccellenza, questo si può tentare di fare.
Affidabilità, efficacia?
Cosa possono rappresentano, effettivamente, questi termini, quale significato hanno nel linguaggio comune?
Si è affidabili rispetto ala capacità di garantire il raggiungimento di un obbiettivo, piuttosto che essere efficaci nel saper raggiungere un obbiettivo in poco tempo e con poco costo o, meglio, a costi definiti?
Insomma, per poter giudicare, a sua volta, il lavoro di un un uomo, di una persona, di un formatore (stiamo parlando di accademie, di formazione giovanile), non si può prescindere dal definire prima aspetti come quali obiettivi, in quanto tempo ed a quali costi.
Certo, se parliamo di formazione giovanile nel rugby, l'obiettivo non potrà che essere far crescere e maturare giocatori che possano finalmente far emergere il rugby italiano nel mondo.
Ovvio?
Non proprio; volere il mondo perfetto non può essere un obbietivo credibile e, molto probabilmente, rappresenta un'utopia o, semmai, un desiderio a cui tendere, ma nulla di più.
Come vogliamo raggiungerlo questo obbiettivo, verso quali priorità orientare il lavoro e le prime attenzioni, quali programmi e quali tempi darsi e non ultimo per importanza, quanto vogliamo/possiamo investire in termini economici e, presumibilmente, a discapito di chi e che cosa, tenuto conto che le disponibilità finanziarie nella società occidentale (ma non solo) non sono infinite?
Insomma, non facciamo troppo semplice quello che non è, l'Italia rugbystica rimane un paese ancora poco strutturato, con un movimento molto chiassoso, ma troppo disunito, con troppi feudi di potere egoismi poco utili alla sua evoluzione e troppo attenti al dettaglio piuttosto che al contorno, al contesto nel suo complesso. Le accademie ci sono (e teniamocele strette, la loro esistenza non è scontata e non tutti gli sport possono vantare di averle in Italia), il lavoro fatto in queste realtà è riconosciuto come valido da molti tecnici ed addetti ai lavori, i risultati sul campo stanno anche confermando ciò con prestazioni dignitose delle diverse Under in campo internazionale. Si tratta, semmai, di continuare a migliorare dove possibile i programmi didattici, contribuire a coltivare nel movimento un tessuto di appoggio e fiducia a queste organizzazioni sempre e comunque perfettibili ed ai giovani ai quali dare la possibilità di fare esperienza nelle maggiori competizioni e avere ancora un po' di pazienza (per crti versi le Under italiane stanno facendo meglio della nostra nazionale maggiore

).