roy bish

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

Moderatore: Emy77

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yary
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Messaggio da yary »

Solo per la cronaca, al grandissimo Paolo Rosi è stato intitolato lo stadio di atletica antistante i campi di rugby dell'Acquacetosa a Roma.
<BR>Mi voglio complimentare con te GRUN, sono anch'io di quella generazione e atutti quelli che hanno letto questo thread dico che è tutto vero, posso testimoniare..le parole che hai usato per commemorare Paolo mi hanno lasciato il segno GRUN....grazie.
<BR>Per la completezza delle informazioni, mio fratello ha fatto parte di quelle nazionali.
Amo il rugby non perché è violento, ma perché è intelligente. Françoise Sagan
pds
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Messaggio da pds »

Mi hai acceso dei ricordi di bambino fantistaci. Mio padre ci metteva tutti davanti alla TV quelle rare volte che trasmettevanoil rugby mitiche le le storie sul rugby e su i suoi personaggi raccontate da Rosi nelle telecronache, il mitico terzo tempo, il dentista seconda linea o il polizziotto centro e l'ala pilota della RAF MITICO!!! Sbaglio o Rosi ha giocato anche nei Barbarians?
L3gs
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Messaggio da L3gs »

[quote="pds"] 02-03-2006 alle ore 12:02, pds wrote:
Mi hai acceso dei ricordi di bambino fantistaci. Mio padre ci metteva tutti davanti alla TV quelle rare volte che trasmettevanoil rugby mitiche le le storie sul rugby e su i suoi personaggi raccontate da Rosi nelle telecronache, il mitico terzo tempo, il dentista seconda linea o il polizziotto centro e l'ala pilota della RAF MITICO!!! Sbaglio o Rosi ha giocato anche nei Barbarians? [\quote]

Andiamoci piano, Rosi faceva parte di un rugby mitico, bellissimo, ma di quel mito voleva sempre trasferire il tono nelle sue telecronache, a volte anche in modo troppo calcato.

Ogni percussione diventava automaticamente "devastante", un buon calciatore era per forza di cose un "fromboliere" e così via.

Nella telecronaca delle due finali vinte dal Rovigo a Roma e Brescia il commento di Rosi è quasi insopportabile, per quanto mi riguarda.

In quella di Brescia accanto a lui c'era anche Bollesan, ed entrambi fin dal primo minuto inneggiano al gioco spumeggiante di Treviso, accusando velatamente i rossoblu di essere Botha-dipendenti e che quella finale non sarebbe mai e poi mai andata alla squadra che avrebbe difeso meglio e calciato meglio.

Ai posteri, poi, l'ardua sentenza. Benetton tritato in mischia (per ammissione dello stesso Guido Rossi) e occupazione territoriale rossoblu spaventosa.

18-9 per noi e tutti in P.zza Vittorio Emanuele II° a festeggiare.
Ultima modifica di L3gs il 8 giu 2006, 15:11, modificato 4 volte in totale.
L3gs
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Messaggio da L3gs »

Concludo: Rosi non ha mai giocato nei Baa Baas.
<BR>
<BR>Il primo italiano (ed unico, fino al 1996, quando vennero invitati ad indossare la maglia bianconera Dominguez, Troncon, Giacheri, Giovanelli, i fratelli Cuttitta, Gardner, Vaccari, etc) a giocarci è stato il mio concittadino STEFANO BETTARELLO.
<BR>
<BR>Il pilota della raf era il grandissimo Rory Underwood, indimenticabile ala inglese, fratello di Tony; quella grande inghilterra che andò in finale in coppa del mondo 1991, perdendola in casa contro Campese e Lynagh; l'inghilterra che divenne ossatura portante di ben tre tour dei lions.
<BR>
<BR>Rory Underwood si vide anche "passare sopra" Jonah Lomu, in quella che divenne la sua meta rivelatrice verso il mondo rugbystico, nella RWC '95.
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:

http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
GRUN
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Messaggio da GRUN »

Grazie Gab, e visto che hai stimolato la mia vanità, t'infliggerò nel pomeriggio qualche altra escursione nel tempo. Grazie anche a te Yary, sapere che gli è stato intitolato un impianto sportivo mi commuove e rende felice. T'invidio per aver avuto un fratello capace di entrare in quella porzione di storia, forse di mito, che sono state quelle partite. Posso solo immaginare quale emozioni provaste nella vostra famiglia, avevo la pelle d'oca io, figurati... Voglio aggiungere questo, su Paolo Rosi: talvolta poteva dare l'impressione che, coinvolto emozionalmente dagli avvenimenti che raccontava, l'enfasi debordasse nella telecronaca. Ma a salvare l'equilibrio interveniva quell'ironia gigiona, molto romana, in ogni caso mai volgare, che sapeva dispensare anche nei momenti di maggiore pathos. Nei commenti pugilistici, quando uno dei due combattenti si faceva troppo spavaldo e l'avversario puniva l'eccesso di confidenza, diceva che il tracotante "ERA STATO INDOTTO A PIU' MITI CONSIGLI"... Trovamele oggi certe finezze... Prendo la palla al balzo per sottolineare questo: la produzione letteraria (??!!!) sul calcio ha storicamente prodotto delle sciagure trascurabilissime, con le dovute eccezioni, (AZZURRO TENEBRA di Arpino mi sembra la più luminosa) e numericamente esigue, per fortuna. Negli ultimi anni però molte case editrici, Limina in testa, hanno pubblicato molti lavori, anche questi quasi tutti modesti, almeno a mio parere, di stampo nostalgico memorialistico, evocativi di un'aura perduta, desiderosi di restituire sensazioni che il calcio contemporaneo, degenerato e precipitato nella palude della mercificazione più spinta, non sarebbe più in grado di offrire. Sempre più appassionati di calcio si voltano indietro e reclamano l'attivazione della memoria storica (e questo spiega il successo delle prime edizioni di SFIDE, il magazine di Rai tre molto orientato in quella direzione). Nel rugby mi pare stia accadendo il contrario: travolti dalla persuasività dell'era professionale, molti ritengono che quanto avvenuto prima del 1995 sia una preistoria polverosa e poco interessante. La muscolarità, anche simbolica, del rugby contemporaneo, ha schienato il profilo più esile e filiforme del rugby di ieri. Penso che sia pericoloso trascurare la storia, dimenticare, rimuovere, storie di uomini, di campi, di viaggi, che devono rimanere vive per non rimanere intrappolati nell'esasperazione tecnica, atletica, ma a volte indeterminata sotto il profilo emozionale odierna. Non è solo nostalgia la mia, credo che ci siano elementi oggettivi ineludibili a dimostrarlo: il professionismo leva profondità alle vicende biografiche, ai percorsi esistenziali dei giocatori. Fanno tutti lo stesso lavoro, seguono gli stessi rituali, vengono assorbiti dall'uniformità. Il dilettantismo d'antan garantiva pluralità di traiettorie biografiche. C'era il meccanico che faceva reparto col medico, lo studente che riceveva palla dal minatore, entrare in uno spogliatoio negli anni 70 permetteva di mordere le tensioni sociali di quel periodo, di azzannare VITE, non un'unica, indeterminata vita professionale. Il rugby godeva di uno straordinario privilegio, quello cioè di veder saldata la base dei praticanti al vertice del movimento. Caligiuri o D'Anna si allevano quanto e agli stessi orari dei miei compagni, con i medesimi problemi e le medesime necessità. Loro giocavano in nazionale semplicemente perchè molto più bravi, ma il processo d'immedesimazione era semplice, immediato. Oggi lo stesso non sarebbe più possibile, i professionisti paiono dei supermen a fronte della normalità, pure strutturale, dei giocatori di base. E' un processo inevitabile, ma proprio per questo dobbiamo ricordare.
THAKER
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Messaggio da THAKER »

Grazie GRUN, detto da un ragazzo nato agli inizi degli anni '80 che ha scoperto il Rugby solo nel 1999...
roxhano
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Messaggio da roxhano »

Anche da uno nato nel '70 che ha cominciato a giocare nell'84 ed ancora continua....
n°685
GRUN
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Messaggio da GRUN »

L3gs,ciao. Inorridirai, ma non ricordo la telecronaca di Rovigo- Benetton giocata a Brescia nel 1990, forse ho rimosso per troppo affetto nei confronti di Rosi. Posso convenire che talvolta ci fossero delle scorie retoriche nei suoi commenti; d'altronde aveva vinto il concorso per entrare in Rai alla fine degli anni 50 ed il modello ineludibile per quella prima generazione di telecronisti era Carosio. Con gli anni credo abbia saputo emanciparsi da quel referente, grazie anche a quell'ironia a cui ho accennato prima, creando uno stile molto personale, che poteva non piacere, ma che lo rendeva inconfondibile. Quello che ho voluto sottolineare è in particolare la forza trainante che ha avuto per il movimento, oltre che la capacità di entrare in una magari piccola, ma significativa, porzione d'immaginario collettivo. Lo stesso penso si possa dire, sconfinando nel basket, per Dan Peterson. Poteva risultare simpatico o no, convincere o no, però ha indicato una nuova, originale, maniera di fare la telecronaca, portando molti ragazzi ad innamorarsi della pallacanestro e della NBA in particolare. Comunque per farmi perdonare da un vecchio leone rodigino come te, posso dirti che, tra le venete ho sempre tifato per Rovigo, anche perchè nella Sanson alla fine degli anni settanta venne a giocare, proveniente dal Cus Genova, un mio conterraneo, Fabrizio Sintich, come ricorderai bene...
yary
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Messaggio da yary »

Grazie delle tue gradite parole, Grun, difatti eravamo orgogliosi in famiglia ma soprautto la mia città che ha onorificato quelle presenze.
<BR>Comunque.......volevo dire, a proposito di Roy Bish (che ho conosciuto personalmente), una cosa strana che mi ha sbalordito che è stato il non trovare nulla sul sito della Federazione Gallese, e dire che Roy non è stato un personaggio da dimenticare sia a livello nazionale che internazionale...strano.
<BR>
<BR>P.S.: c'è posta per te, vedi nei " Messaggi Privati"
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verosqualo
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Messaggio da verosqualo »

<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 02-03-2006 alle ore 12:40, GRUN wrote:
<BR>Grazie Gab, e visto che hai stimolato la mia vanità, t'infliggerò nel pomeriggio qualche altra escursione nel tempo. Grazie anche a te Yary, sapere che gli è stato intitolato un impianto sportivo mi commuove e rende felice. T'invidio per aver avuto un fratello capace di entrare in quella porzione di storia, forse di mito, che sono state quelle partite. Posso solo immaginare quale emozioni provaste nella vostra famiglia, avevo la pelle d'oca io, figurati... Voglio aggiungere questo, su Paolo Rosi: talvolta poteva dare l'impressione che, coinvolto emozionalmente dagli avvenimenti che raccontava, l'enfasi debordasse nella telecronaca. Ma a salvare l'equilibrio interveniva quell'ironia gigiona, molto romana, in ogni caso mai volgare, che sapeva dispensare anche nei momenti di maggiore pathos. Nei commenti pugilistici, quando uno dei due combattenti si faceva troppo spavaldo e l'avversario puniva l'eccesso di confidenza, diceva che il tracotante "ERA STATO INDOTTO A PIU' MITI CONSIGLI"... Trovamele oggi certe finezze... Prendo la palla al balzo per sottolineare questo: la produzione letteraria (??!!!) sul calcio ha storicamente prodotto delle sciagure trascurabilissime, con le dovute eccezioni, (AZZURRO TENEBRA di Arpino mi sembra la più luminosa) e numericamente esigue, per fortuna. Negli ultimi anni però molte case editrici, Limina in testa, hanno pubblicato molti lavori, anche questi quasi tutti modesti, almeno a mio parere, di stampo nostalgico memorialistico, evocativi di un'aura perduta, desiderosi di restituire sensazioni che il calcio contemporaneo, degenerato e precipitato nella palude della mercificazione più spinta, non sarebbe più in grado di offrire. Sempre più appassionati di calcio si voltano indietro e reclamano l'attivazione della memoria storica (e questo spiega il successo delle prime edizioni di SFIDE, il magazine di Rai tre molto orientato in quella direzione). Nel rugby mi pare stia accadendo il contrario: travolti dalla persuasività dell'era professionale, molti ritengono che quanto avvenuto prima del 1995 sia una preistoria polverosa e poco interessante. La muscolarità, anche simbolica, del rugby contemporaneo, ha schienato il profilo più esile e filiforme del rugby di ieri. Penso che sia pericoloso trascurare la storia, dimenticare, rimuovere, storie di uomini, di campi, di viaggi, che devono rimanere vive per non rimanere intrappolati nell'esasperazione tecnica, atletica, ma a volte indeterminata sotto il profilo emozionale odierna. Non è solo nostalgia la mia, credo che ci siano elementi oggettivi ineludibili a dimostrarlo: il professionismo leva profondità alle vicende biografiche, ai percorsi esistenziali dei giocatori. Fanno tutti lo stesso lavoro, seguono gli stessi rituali, vengono assorbiti dall'uniformità. Il dilettantismo d'antan garantiva pluralità di traiettorie biografiche. C'era il meccanico che faceva reparto col medico, lo studente che riceveva palla dal minatore, entrare in uno spogliatoio negli anni 70 permetteva di mordere le tensioni sociali di quel periodo, di azzannare VITE, non un'unica, indeterminata vita professionale. Il rugby godeva di uno straordinario privilegio, quello cioè di veder saldata la base dei praticanti al vertice del movimento. Caligiuri o D'Anna si allevano quanto e agli stessi orari dei miei compagni, con i medesimi problemi e le medesime necessità. Loro giocavano in nazionale semplicemente perchè molto più bravi, ma il processo d'immedesimazione era semplice, immediato. Oggi lo stesso non sarebbe più possibile, i professionisti paiono dei supermen a fronte della normalità, pure strutturale, dei giocatori di base. E' un processo inevitabile, ma proprio per questo dobbiamo ricordare.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>Caro grun, ti scrivo come ad un amico, anche senza conoscerti perchè condivido tutte le tue considerazioni, ma in specie questa che cito...
<BR>Sono un ex azzurro, dal 1976 con Roy Bish... alla coppa del mondo del 1987 con, ahimè..., Bollesan; ebbene con ciò che il rugby ha significato e continua a significare in una vita piena di successo e soddisfazioni mi ritrovo a riflettere su mio figlio che, giovane rugbista da under 15, mai potrà godere, lasciate le giovanili, del succo di vita che si estraeva dagli spogliatoi e dell'amicizia senza confini che oggi mi conforta più di allora...E poi che fame di rugby che si aveva...oggi già a 17 anni si fanno 5/6 allenamenti a settimana più la partita...credo che ai giovani dotati di senso della misura venga presto un senso di nausea...E per finire che uomini formiamo dopo questo pseudo professionismo che ci restituirà persone di trenta/trentacinque anni a fine carriera che avranno già consumato i soldi che guadagnavano e saranno per il resto della loro vita, per la gran parte, dei poveri cristi...Dove finirà la tradizione del Rugby dove i leader del campo diventavano i leader nella vita?
GRUN
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Messaggio da GRUN »

Roxhano, complimenti per la tenacia. Per la gioia di Gab, Thaker, pds e anche di L3gs che sul personaggio ne sa molto più di me e potrebbe illuminarci, vorrei riagganciarmi al primo messaggio di Nebelhexe e spendere qualche riga su Carwin James, tecnico tra l'altro della Sanson Rovigo campione d'Italia nella stagione 1978/79. Per farlo trascrivo alla lettera questa testimonianza di Doro Quaglio, bandiera rodigina di quel decennio, contenuta in quello splendido libro che è LA LEGGENDA DI MACI DI Marco Pastonesi: "Oltre a Maci, ho avuto altri due allenatori fondamentali, decisivi. Amos Du Plooy e Carwin James... Carwin James, gallese, tecnicamente non valeva nenche il mignolo di Maci, ma nello spogliatoio ti faceva sudare: la prendeva alla larga, ma alla fine ti strozzava. Parlava di quello che la nostra terra era per noi, e di quello che noi rappresentavamo per la nostra gente. La partita era un fatto assolutamente marginale, soltanto una scusa, la circostanza per cui noi eravamo lì. L'omosessualità di Carwin James era la sua marcia in più: per sensibilità, per umanità, per delicatezza. Solo uno come lui avrebbe potuto ottenere, con i Lions britannici, una serie di ventitre partite senza sconfitte in una tournée di tre mesi in Nuova Zelanda".
Nebelhexe
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Messaggio da Nebelhexe »

GRAZIE a tutti per gli interventi.
<BR>
<BR>Carwyn james....finita la carriera rugbistica non si diede alla politica?
<BR>
<BR>ma è vero che cecinelli fu allenato da bish?
<BR>
<BR>grazie per aver citato Doro Quaglio :-]
Lei non sa chi io mi credo di essere!!!!
GRUN
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Messaggio da GRUN »

Verosqualo, quello che hai scritto andrebbe letto ad alta voce a tutti quei ragazzi (e ai loro genitori e ai loro dirigenti, che oggi si fanno chiamare anche managers e ai loro tecnici) che sono abbagliati dal professionismo e scelgono, legittimamente, per carità, di seguire un certo tipo di percorso. Interrogarsi su quello che sta accadendo, sul cambiamento (o perdita?) d'identità di questo sport, rilevare che il doping è un problema sociale riguardante anche il rugby, non significa fare del disfattismo. Rendere viva la memoria di un passato che mai era sembrato così remoto credo possa contrastare certe esasperazioni attuali che troppo spesso vengono metabolizzate, accettate passivamente come un segno di una modernità che tutti dovremmo accettare passivamente, come segno tangibile di progresso ed evoluzione. E' vero, rimanere prigionieri del sogno non serve ad alcuno, anche a passi incerti dobbiamo procedere in avanti, ma mi piacerebbe si facesse ricordando i rischi che tu hai giustamente messo in rilievo. Mi sembra si stia vivendo una sorta di orgasmo del presente: pochi vogliono rammentare i giorni, gli uomini, le storie di ieri, ma troppi fingono di o non provano a considerare quali macerie potremmo raccogliere domani. Sì, anche per me sei un amico.
L3gs
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Messaggio da L3gs »

Belle queste testimonianze. Basterebbe quella riportata da Doro Quaglio.
<BR>
<BR>Spiace che Sintich sia arrivato a rovigo in un periodo di declino e non abbia saputo dare quell'apporto a far tornare grande la nostra squadra.
<BR>
<BR>
<BR>Su Carwyn James, allenatore, giornalista, scrittore, personalità brillante, psicologo, avevo già scritto su un altro post in questo forum; provo a non ripetermi.
<BR>
<BR>Quando James arrivò a Rovigo, nel '77, si trovò davanti ad una situazione strana: Julien Saby, in tre anni di mandato, aveva vinto uno scudetto, ma ne aveva soprattutto appena perso uno, tragicamente, nello spareggio del diluvio di Udine perduto contro il Petrarca con tanto di fulmine che sugli spalti colpì il tifoso rossoblu Rizzi.
<BR>James si trovava ad avere un gruppo di giocatori fortissimi tecnicamente e fisicamente, che avevano letteralmente re-imparato il gioco del rugby sotto la guida del "guru", dell' "insegnante" Saby.
<BR>Ma si trovava davanti anche una squadra psicologicamente fragile, provata dalla delusione del campionato appena perso.
<BR>James serrò le fila: chi si fosse sacrificato per la squadra sarebbe rimasto.
<BR>La Sanson si presenta così da protagonista al rush finale del campionato '77/'78, ma a questo punto i nervi si inceppano.
<BR>Prima il pareggio interno con l'Intercontinentale, poi il crollo nel derby contro Treviso. Sette giorni dopo Rovigo cede a Brescia e saluta lo scudetto.
<BR>Tanti infortuni -De Anna, Coetzer, su tutti- ma anche la scoperta del giovane Bettarello, fisico minuto ma grande piede.
<BR>
<BR>In un articolo consuntivo del campionato, scritto per il Carlino di Rovigo, James porse gli onori ai neocampioni trevigiani e provò a spiegare le cause del crollo rossoblu, in particolare identificandolo nello sbagliato "culto dell'allenatore", come nel calcio, diceva. Predicava maggiori responsabilità individuali nei giocatori e, per la struttura del campionato italiano -molto logorante- che imponeva di vincere più partite possibili, individuava in una figura di SELEZIONATORE la mentalità adatta all'allenatore di una squadra italiana, onde vincere lo scudetto.
<BR>
<BR>"Non dovrei nemmeno stare in panchina, solo dirigere gli allenamenti in settimana, insegnare ai giocatori come usare la propria testa e lasciare che siano i giocatori a gestire la propria presenza sul terreno di gioco. In panchina, solo medico e massaggiatore. In tribuna allenatore e riserve."
<BR>
<BR>Proposito che James mantenne. Si sedeva su un masso fatto a mò di panchina, vicino alla recinzione che separava il campo dalle tribune, come un raccattapalle anziano; testa ciondolante da un lato, gambe accavallate, con la riga in parte, la brillantina in testa e le mani nelle tasche dell'impermeabile beige.
<BR>Grossomodo dove ora, al Battaglini, quando si gioca una partita, sta l'ambulanza.
<BR>L'estate del '78, l'ultima stagione di Quaglio prima del ritiro, James la passò a stretto contatto con la rosa rossoblu, prima di portarsela in Galles edin inghilterra, per una tournee precampionato.
<BR>
<BR>"Sacrificarsi durante l'estate e vincere fuori casa" diceva.
<BR>
<BR>La Sanson oltremanica gioca tornei a 7 ed a 15; a 7 vince una partita delle sei giocate, ed una a 15 contro il Cefneithin, squadra del paese di James.
<BR>L'altra gara a 15 la gioca contro il mostruoso Llaneli e lo perde per 37-3, ma i gallesi adorano lo spirito guerriero e di sacrificio dei rossoblu.
<BR>
<BR>Inizia il campionato.
<BR>A rovigo, contro l'amatori catania, a metà del primo tempo rovigo è sotto di 10. Naudè si fa buttare fuori; ma è qui che arrivano i risultati della cura James.
<BR>I rossoblu non si scompongono e con un uomo in meno chiudono il primo tempo in vantaggio e nel secondo dilagano.
<BR>Il resto del campionato è quasi una cavalcata trionfale, fino allo scudetto, il nono della storia rossoblu; prima del digiuno, interrotto 9 anni dopo dal rovigo di nelie smith, botha, lupini, smal, reale, brizzante, brunello, ravanelli.
<BR>
<BR>In una prefazione di un libro dedicato alla rugby rovigo, Carwyn ebbe a dire:
<BR>
<BR><<Il successo non è mai il risultato di una notte. E' duro lavoro di mesi, di anni. Da quando sono a Rovigo penso alla "nube di testimoni" di San Paolo. Sono sempre presenti. Senza il loro apporto l'eccellente organizzazione della r.r. non sarebbe quella che noi sappiamo. Battaglini, Campice, Penciu, Prosser, Welch, Saby sono nomi sulla bocca di tutti. Ma dietro la scena ce ne sono altri che hanno lavorato ed operato molto. Spero che venga ricordata anche la loro opera. E vedremo che anche tutt'intorno a noi c'è una "mirabile nube di testimoni".>>
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:

http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
L3gs
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Messaggio da L3gs »

"Il successo non è mai il risultato di una notte. E' duro lavoro di mesi, di anni. Da quando sono a Rovigo penso alla "nube di testimoni" di San Paolo. Sono sempre presenti. Senza il loro apporto l'eccellente organizzazione della r.r. non sarebbe quella che noi sappiamo. Battaglini, Campice, Penciu, Prosser, Welch, Saby sono nomi sulla bocca di tutti. Ma dietro la scena ce ne sono altri che hanno lavorato ed operato molto. Spero che venga ricordata anche la loro opera. E vedremo che anche tutt'intorno a noi c'è una "mirabile nube di testimoni"."
NO ALLO SPOSTAMENTO DEL MONUMENTO DEDICATO A MACI BATTAGLINI!:

http://www.petitiononline.com/maci/petition.html
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