RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Discussioni sulla FIR e sulle Nazionali, maggiore e giovanili

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calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

sandrobandito ha scritto:Caro Calep, ho letto con attenzione tutto quello che è stato scritto, in particolare da te, sull'argomento.
Già dopo aver letto il topic ho avuto il dubbio di aver capito di cosa si volesse parlare, ma il modo in cui hai posto delle domande mi ha fatto presumere che avesse a che fare con l'evoluzione di questo sport. Dopo esser intervenuto ho valutato le tue risposte, a me e a quanti esponevano ragionamenti e congetture circa cosa è giusto e cosa no.
Dalle tue ultime esternazioni però, colgo un paio di problemi in ordine alla comunicazione dovuti ad almeno due fatti:
- sport, attività agonistica, professionismo applicato allo sport, non sembra essere concetti percepiti con convenzioni condivise dagli interlocutori, ciò pregiudica un dialogo costruttivo;
- non ho trovato nelle tue opinioni delle posizioni chiare in merito a obiettivi e soluzioni, spesso invece paragoni inquietanti e critiche poco costruttive alle proposte altrui.
A questo punto mi sento di dare un pò di ordine a quanto ho intuito nonostante tutto, ma magari te lo scrivo un'altra volta. Tu intanto prova a scrivere in maniera più esplicita che vorresti vedere il rugby in televisione come il calcio, e lobotomizzare generazioni di ragazzini facendogli credere che l'aspetto ludico è legato più al gioco che allo sport... :wink:
Grazie per l'intervento pacato e coinvolgente, almeno così mi è parso.
Mi inviti ad essere più chiaro. Pur pensando di essermi già espresso, cercherò di essere più esplicito.
Ovviamente, avevo anche prima di aprire il topic le mie idee in merito, ma mi chiedevo come la pensassero altri.
In sintesi e senza che qualcuno si offenda, credo che la Provincia abbia salvato il rugby in Italia. Senza le tante società e club nati nel dopoguerra e successivamente nell'Italia di provincia dove la guerra non aveva prodotto quei drammi sul tessuto sociale delle grandi città che spostavano attenzioni in altre direzioni, forse il rugby si sarebbe dissolto. Nella provincia italiana il rugby, sport di combattimento ed ispirato ad una sana etica sociale, ha trovato il veicolo della rivalsa sulle grandi città, le metropoli, riorganizzandosi e trovando una seconda giovinezza. Qui sono diventate adulte molte società nate prima della guerra e ne sono sorte nuove costituendo per i successivi 50 anni la colonna vertebrale del movimento.
Con l'arrivo del professionismo l’assetto del rugby, non solo nazionale, è mutato con effetti diversi da paese a paese, creando minori criticità, forse, dove il rugby aveva una struttura ed una tradizione già consolidata come nell’area anglosassone, piuttosto che in Francia..
In Italia è emersa, con tutta la sua evidenza, la difficoltà di reperire le risorse finanziarie ed economiche adeguate per sostenere un assetto rugbystico professionistico. Per alcuni anni proprio nella provincia il movimento ha spesso trovato il conforto della piccola e media industria, del terziario e dei contoterzisti che proprio nella provincia hanno trovato spesso la residenza ideale per le proprie attività.
Ora sappiamo quale sia la situazione economica mondiale e nazionale, il tessuto industriale italiano è in sofferenza da qualche anno, i produttori conto terzi si spostano verso altri paesi pressati dalla globalizzazione incalzante, i grandi gruppi dismettono e le forme di finanziamento per lo sport, inevitabilmente, regrediscono.
In questo conteso l’enfasi assunta sempre più dalla televisione, a torto o a ragione, nella quotidianità delle famiglie, si è dimostrato un possibile efficace veicolo di sponsorship per molti sport che sui diritti televisivi hanno costruito buona parte della propria attuale saluta economica.
Per sfruttare questa leva è necessario, inevitabilmente, del successo sportivo, del campione, dell’evento da poter vendere a milioni di spettatori disposti, quindi, a pagare canoni ed abbonamenti pur di assistere all’avvenimento eclatante.
Come può il rugby entrare in questa spirale economico finanziaria che, non credo, si possa permettere di snobbare?
Due settimane fa SKY che solitamente trasmette la partita di HC della sola franchigia italiana che gioca in casa, decise di trasmettere le partite di entrambe le squadre, Aironi e Treviso. Dopo la strapazzata di Clermont, nell’ultimo turno di HC, SKY ha trasmesso solo Treviso, casualità?
Come potrebbero pensare di entrare in questo giro virtuoso le squadre che partecipano all’Amlin Cup perdendo sempre e comunque con qualunque formazione incontrino?
Ecco che sorge la domanda, può ancora la provincia, da sola, consentire al rugby professionistico di far lievitare ulteriormente il proprio livello, la qualità delle proprie performance per poter aspirare ad entrare nel gotha dello sponsorship televisivo o servono altre formule, è auspicabile che rientrino nel rugby di eccellenza le grandi città, sarebbe opportuno ottimizzare le sinergie di molti club facendoli confluire in uniche franchigie territoriali?
Insomma, quale percorso è auspicabile possa intraprendere il rugby italiano per crescere ulteriormente?
In merito, posto il link di un interessante recente intervista a un grande uomo del rugby italiano.
Ad maiora
http://ilgrillotalpa.com/2012/01/18/mil ... r-uscirne/
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
Blaise Pascal
Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui.
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italicbold
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da italicbold »

Io ricito quello che ho scritto all'inizio di questo topic.
E aggiungo che proprio oggi LeFigaro pubblicava un articolo interessante sull'incremento della diffusione (+22% di tesserati) del rugby nelle banlieue parigine, cosa abbastanza nuova.
Il che determinerà, nei prossimi anni, ma se ne vedono già i prodromi oggi, l'esplosione di giovani talenti, francesi di seconda generazione.


italicbold ha scritto:
Luqa-bis ha scritto: - voilà guazziniamoci
Non so se é ironico, ma il paradosso tiene. Il "Guazzinarsi" é un'opzione possibile.
Guazzini ha modificato profondamente e definitivamente il rugby francese.
Criticato, vilipeso, preso di mira quanto volete ma se oggi il rugby si é avvicinato al calcio in Francia il merito é in gran parte dovuto a questo "folle" manager.
Fino alla fine degli anni 90 il rugby, con l'eccezione delle partite del 6 nazioni,restava uno sport seguito ma non di massa. Soprattutto per l'assenza appunto delle grandi città.
La storia del rugby francese é una storia di lotta serrata, e centenaria, tra il rugby universitario (elitario, legato agli ambienti universitari o intellettuali soprattutto parigini) e quello più popolare, sanguigno, terreno, dei paesotti arroccati sulle pendici dei Pirenei. Con l'assenza importante di larghissima parte del territorio dove il rugby resta, ancora oggi, uno sport di nicchia (parlo soprattutto del nord, della bretagna, della Normandia ecc...)
In era dilettantistica soltanto il Racing Club alla fine degli anni 80 riusci' a imporsi, li chiamavano la generazione show business, attesi in ogni campaccio di Francia dove erano considerati una vergogna per il rugby francese e spesso aggrediti già alla discesa dal pullman.
Il purista francese considera il vero rugby solo quello giocato tra Castres e Agen, tra Biarritz e Mont de Marsan (paesotti che fanno in totale non più di 100 mila abitanti) .
Questo, per decenni ha limitato il numero di spettatori, quindi l'interesse per il campionato francese.
Poi, appena entrati nell'era professionista, l'arrivo di Max Guazzini ha rivoltato il rugby francese. Riportando in alto un club che sembrava dimenticato e portando sul davanti della scena anche il campionato francese, riempiendo lo Stade de France, o anche solo Charlety. Lo ha fatto in una maniera che é stata, appunto, spesso criticata.
Ma lo ha fatto, ha fatto entrare il rugby nel paesaggio audiovisivo francese, ha portato famiglie intere a vedere la loro prima partita di rugby, ha creato interesse, anche passando per calendari e saltimbanchi. E ha spinto altre realtà a rinascere e a trovare terreno fertile. L'ho già scritto, senza Guazzini, non ci sarebbe stato il Lione, non ci sarebbe stata la rinascita del Racing, del Begles Bordeaux, e quella di Tolone (che spesso e volentieri, con grande scorno dei suoi tifosi avvelenati, preferisce giocare a Marsiglia dove malgrado la presenza ingombrante dell'Olympique de Marseille riempie spesso e volentieri il velodromo).
E anche, va detto, il declino di club storici come Bourgoin, che spesso ha anche lei provato l'ebbrezza di giocare nella vicina Grenoble.

Non so quale sia il futuro sperabile per il rugby italiano, non credo che il calcio sia un buco nero, anzi penso che spesso possa essere più una molla per poter crescere. E' vero che la partita contro gli All Blacks fa storia a parte, pero' é anche il segno che comunque sia, la gente a vedere una partita di rugby importante ci puo' andare, la fame di sport esiste ancora. Ricordo trent'anni fa la febbre per il basket che colpi' Roma durante l'epopea del Bancoroma di Wright e Bianchini, che vinse il campionato e la coppa dei campioni. Riempimmo (c'ero anch'io) per anni il Palaeur anche in concomitanza con le partite di Lazio e di Roma, e si sfidava la grande Milano (nonostante Milan e Inter) di Pittis, Premier, D'antoni e McAdoo. E si andava in diretta televisiva, quando i canali erano molto meno, e in prima serata.
Ora, restando al basket e con tutto il rispetto per la lunga striscia di vittorie di Siena, non si puo' dire che il basket italiano, sconvolga le folle.

Tutto questo per dire, ed é una cosa sulla quale sono arcivonvinto, é che comunque, prima o poi, il rugby italiano, se vuole fare veramente il salto di qualità, dovrà passare per una diffusione maggiore e più capillare sull'intero territorio e dovrà investire sulle grandi agglomerazioni urbane. Parlo, ovviamente, di Roma, Milano, Napoli, Genova, Torino e perché no, anche Palermo.
Il tutto, ça va sans dire, cercando di non distruggere, o di mortificare, le realtà che per anni hanno comunque simbolizzato il cuore pulsante della palla ovale italiana.

Compito arduo, non c'é che dire.
Luqa-bis
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Luqa-bis »

Calep61

premesso che l'ultimo intervento è un po' "pipponesco" (scusa eh), mipare affetto da una logica simile a quella con la quale le imprese si spostano in Romania, Vitenam, Cina..ecc.

O ad essere buoni a quella che porta le franchigie americane a sposatrsi di città in città.

ORa, se sisuggerisce a entità effettivamente piccole per dimensione demografica, come Viadana, Calvisano, Noceto di esaminare la possibilità di far convergere le proprie forze su un progetto "comitale" la cosa ha un senso.
se si chiede a scoietà che vengono da realtyà demograficamente più importanti (Treviso, Padova, Reggio Emilia, Prato, Udine) di arruolarsi in una metropoli, beh , mi pare che si stia esagerando .
E peraltro come scelta contribuisce vieppiù a perifericizzare la provincia.

Si vuole il rugby nelle grandi città?
Si investa nelle società delle grandi città, si propongano federazioni di società.
Ma attenzione: la società risultante è quella della provincia che si è unita non del capoluogo metropolitano, altrimenti lo scherzo che si manifesta è un reiterarsi dei casi Noceto-Parma
calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

Luqa-bis ha scritto: ... ORa, se sisuggerisce a entità effettivamente piccole per dimensione demografica, come Viadana, Calvisano, Noceto di esaminare la possibilità di far convergere le proprie forze su un progetto "comitale" la cosa ha un senso.
se si chiede a scoietà che vengono da realtyà demograficamente più importanti (Treviso, Padova, Reggio Emilia, Prato, Udine) di arruolarsi in una metropoli, beh , mi pare che si stia esagerando .
Una ipotetica simulazione virtuale, senza volerlo e senza che qualcuno pensi ad una proposta operativa, la introduci proprio con le citazioni in inciso; a parte Treviso che, comunque, non performa più di 4.000/5.000 spettatori medi a partita, Padova e Rovigo non vanno abitualmente oltre i 3.000 e, spesso, sono assestati su 1.000/2.000 spettatori, fatto di cui, non credo ci si possa esaltare.
Ipotizzando un unico Superclub o Franchigia che si voglia con la confluenza di queste 3 realtà, si assisterebbe a partite con poco meno di 10.000 spettatori e un ipotizzabile miglioramento sia in termini di performance agonistiche che di salute economica societaria, nonchè una visione dello stadio zuppo di persone, bell'altra immagine per il rugby da trasmettere in tv che delle tristi semivuote tribune.
Però, stiamo parlando delle 3 società rugbystiche più rinnomate della seconda metà del '900, ma tale effetto si potrebbe ottenere, magari in scala proporzionalmente ridotta, anche in altre situazioni.
La confluenza di più operatori non potrebbe che sintetizzare le positività di ognuno e soffocare le criticità.
Certo, chi dovrebbe fare il passo indietro e come gestire il passaggio dalle vecchie alle nuove responsabilità societarie, come salvaguardare la storia, le passioni ed i successi dei singoli nei nuovi assetti? Tutt'altro che semplice ........
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
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Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto.
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Umberto Eco
sandrobandito

Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da sandrobandito »

calep61 ha scritto:
sandrobandito ha scritto: ...Dalle tue ultime esternazioni però, colgo un paio di problemi in ordine alla comunicazione dovuti ad almeno due fatti:
- sport, attività agonistica, professionismo applicato allo sport, non sembrano essere concetti condivisi dagli interlocutori, ciò pregiudica un dialogo costruttivo;
- non ho trovato nelle tue opinioni delle posizioni chiare in merito a obiettivi e soluzioni, spesso invece paragoni inquietanti e critiche poco costruttive alle proposte altrui.
A questo punto mi sento di dare un pò di ordine a quanto ho intuito nonostante tutto, ma magari te lo scrivo un'altra volta. Tu intanto prova a scrivere in maniera più esplicita che vorresti vedere il rugby in televisione come il calcio, e lobotomizzare generazioni di ragazzini facendogli credere che l'aspetto ludico è legato più al gioco che allo sport... :wink:
Grazie per l'intervento pacato e coinvolgente, almeno così mi è parso.
Mi inviti ad essere più chiaro. Pur pensando di essermi già espresso, cercherò di essere più esplicito.
Ovviamente, avevo anche prima di aprire il topic le mie idee in merito, ma mi chiedevo come la pensassero altri.
In sintesi e senza che qualcuno si offenda...
Riprendo da dove avevo lasciato.
Nell'invitarti ad essere più chiaro ho trascurato di chiederti anche maggiore sintesi, infatti dopo l'ennesima rilettura di considerazioni e questi reiterati logorroicamente mi si sono sfranti i cabasisi e ancora non capisco dove vuoi andare a parare.
Cosa ti stà a cuore, la formazione personale dei giovani atleti? l'aumento dei tesserati? i successi nelle competizioni? E per quali risultati? appagamento personale nel vedere partite più belle? prestigio nazionale? una società civile migliore?
Lo sport è un gioco organizzato, serve a formare persone civili e sane attraverso un'attività ludica prima che agonistica.
Per i principi su cui si basa sarebbe bello far giocare a rugby quanta più gente possibile, ma per renderlo appetibile al mercato rischiamo di confezionare un prodotto senza valore.
Se vuoi un paragone te ne propongo uno culinario: il salame del contadino è buono perchè ha allevato il maiale con amore nel cortile di casa ed egli stesso ne è il primo consumatore, quello industriale non è altrettanto buono perchè i maiali son cresciti in allevamento e l'insaccato deve rispettare standard di igene e conservazione funzionali al mercato.
Il nostro gioco è uno sport bello perchè non è ancora un business, il calcio non lo è più nè un gioco nè uno sport da quando è diventato un business. Non farei fare al rugby la fine del balon... :wink:
Brules
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Brules »

calep61 ha scritto: Una ipotetica simulazione virtuale, senza volerlo e senza che qualcuno pensi ad una proposta operativa, la introduci proprio con le citazioni in inciso; a parte Treviso che, comunque, non performa più di 4.000/5.000 spettatori medi a partita, Padova e Rovigo non vanno abitualmente oltre i 3.000 e, spesso, sono assestati su 1.000/2.000 spettatori, fatto di cui, non credo ci si possa esaltare.
Ipotizzando un unico Superclub o Franchigia che si voglia con la confluenza di queste 3 realtà, si assisterebbe a partite con poco meno di 10.000 spettatori e un ipotizzabile miglioramento sia in termini di performance agonistiche che di salute economica societaria, nonchè una visione dello stadio zuppo di persone, bell'altra immagine per il rugby da trasmettere in tv che delle tristi semivuote tribune.
O forse ti ritroveresti che la SuperFranchigia la vanno a vedere in 500 perche' agli altri 9500 della superfranchigia non interessa un fico secco e preferiscono andare a vedersi il Badia o il Casale. Come potrebbero essere molti di piu'.
Queste analisi lasciano il tempo che trovano, sono pure speculazioni basate su assunzioni tuttaltro che verificabili.
calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

sandrobandito ha scritto: .... Per i principi su cui si basa sarebbe bello far giocare a rugby quanta più gente possibile, ma per renderlo appetibile al mercato rischiamo di confezionare un prodotto senza valore.
Se vuoi un paragone te ne propongo uno culinario: il salame del contadino è buono perchè ha allevato il maiale con amore nel cortile di casa ed egli stesso ne è il primo consumatore, quello industriale non è altrettanto buono perchè i maiali son cresciti in allevamento e l'insaccato deve rispettare standard di igene e conservazione funzionali al mercato.
Il nostro gioco è uno sport bello perchè non è ancora un business, il calcio non lo è più nè un gioco nè uno sport da quando è diventato un business. Non farei fare al rugby la fine del balon... :wink:
Se parli di contadini che fanno del loro lavoro un mestiere, dimentichi che molti di questi per stare nel mercato sono stati costretti ad associarsi tra loro o appoggiarsi alle cooperative sociali locali o, meglio, servire piccole e medie industrie dell'agroalimentare per non chiudere i battenti, insomma, per dire, che non è tutto oro quello che luccica. Se per comprare un salame fatto da un contadino con i criteri da te elencati devi spendere quanto il caviale, probabilmente non se ne venderebbero così tanti, diversamente anche l'industria non avrebbe senso di esistere o chi comprerebbe questi prodotti sarebbe da considerare matto, non credi.
Non si deve, a mio modo di vedere, ne demonizzare troppo il business e non si deve neanche snaturare i valori sani e propri del rugby che, però deve poter soppravvivere in questo mondo dove senza il denaro diventa difficle sbarcare il lunario. Vogliamo crogiolarci attorno all'epica ed immortale immagine del rugby che contro ogni possibile ragione, intende soppravvivere nel dilettantismo (o falso professionismo), sostenuto solo ed esclusivamente dal volontariato, con giocatori dopolavoristi o che presa la laurea abbandonano l'agonismo?
Accontentiamoci di quello che abbiamo e vediamo ai vari 6N, WRC, HC, Amlin, ecc., finche durerà.
Se desideriamo un'ulteriore evoluzione, il professionismo forte e solido ha bisogno di ulteriori forme di finanziamento del sistema e la televisione può rappresentare un leva importante.
Non capisco, poi, questa paura del calcio; il calcio è diventato quello che è diventato molto prima che le televisioni diventassero il mostro mediatico che molti dipingono, ha cominciato a muovere soldoni già all'inizio del '900. Poi il calcio è il calcio, il rugby è il rugby. In tutti i paesi europei dove il rugby si è affermato conviùve con il calcio, galles forse a parte, e non mi sembra sia un problema!
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andrea12
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da andrea12 »

Credo, Calep, che al di là del minestrone sopra, il tutto, anche in ottica imprenditoriale, e non necessariamente solo e soltanto economica, sia risolvibile con pochissimi concetti, che fusi insieme (magari, scusami eh, banalizzando un poco) si condensano in una risposta: fare in modo che il settore giovanile sia affidato a professionisti dell’educazione ma che, questo allenatori/educatori abbiano come necessità deontologica, l’evoluzione del rugby dei loro ragazzini (ipotesi che lascerei ferma dalla U.14 compresa in su, e su questo vedi che convengo con te). Entrando nel merito del tuo scritto, vedo parecchie espressioni che non capisco proprio: parli della provincia e delle metropoli. Ma guarda che in Italia di metropoli non ce ne sono: ci sono un paio di grandi città (Milano e Roma), poi ci sono tante città che sono rimaste sostanzialmente dei grandissimi paesoni ma, anche per motivi storici e sociali, non sono mai diventate grandi città, e tantomeno metropoli. Pensare, successivamente ai tuoi ragionamenti, che il rugby possa essere perfettamente disconnesso da quel disastro non solo valoriale ma anche di etica che sta attraversando il nostro Bel Paese (magari non incolpiamo troppo la globalizzazione e guardiamo in faccia un Paese che non è neppure riuscito a metabolizzare la propria storia recente e recentissima e, peggio ancora, crede che la Scuola debba fare istruzione come 100 anni fa …..) è un po’ utopico. La risposta, anche questa un po’ banale, ne convengo, è che se non c’è impresa, l’industria ce la siamo giocata da un po’, come fa ad esserci imprenditorialità in uno sport di nicchia? (sono tutti di nicchia eccetto il calcio, ma solo da noi perchè, da noi, non c'è CULTURA, neppure sportiva). Per rendere il tutto un po’ meno cavilloso e inutile, credo che si possa dire che il futuro del rugby italiano starà in provincia come nelle città e cittadine, solo se i Club sapranno: a) ideare progettualità spendibile e non addobbare fesserie per i soldini della FIR, b) relegare ai livelli giovanili (dall’U.13/14 in su ) il meglio del coaching, c) insieme alla Federazione/Comitati ripensare ad un ampliamento della base seniores con una SerieC dove sia indispensabile aver assolto le obbligatorietà giovanili, e una serie D “birra e salsiccia”. Con il faraonico budget delle accademie, pensare ad attività sportiva internazionale e riferita all’aggiornamento dei coach (ma col modello didattico UK, però) rivedendo e innovando il meccanismo di progressione di livello del coaching Italia. Potremmo continuare (chiunque di noi) per giorni e filosofeggiare su tutto; io per esempio sarei molto interessato a capire come fai ad ipotizzare un modello anglosassone? Io, invece, opterei per un modello misto: francese e italiano …..ma anche queste sono menate che nel giornaliero non portano da nessuna parte. Il resto, Calep, permettimelo, sono solo menate
calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

andrea12 ha scritto: Il resto, Calep, permettimelo, sono solo menate
ok, ok, vorrà dire che la prossima volta mi consulterò prima con te, prima di esprimere un commento :oops:
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
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Burbero
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Burbero »

@calep61: non mi è chiara una cosa… passerò per scemo ma faccio fatica a mettere a fuoco la discussione. Una considerazione: credo che società nate ex novo nei grandi centri urbani siano fantascienza (vedi esempio parigino). Spiego: sarebbe un atto di forza e ci troveremmo con supersocietà prive di prospettiva (esempio: un settore giovanile per crescere e dare frutti ha bisogno di anni). Il problema quindi è: come tiri su una società dal nulla se non hai formazioni iscritte ai campionati cadetti, giovanili ecc? Ok Milano ce le ha, con grossa frammentazione; ok, Roma ce l’ha; ok Genova anche. Non conosco bene la situazione al sud e a Torino (che però in serie B vanta 2 società). Ma siamo al punto di partenza: le realtà esistenti andrebbero fuse, accorpate, riunite in franchising ecc? poi, acquisisci i meriti sportivi? di chi? riparti dalla serie xyz provinciale o rionale? facciamo man bassa nei CUS? dimmelo tu calep61… ripeto, a me piacerebbe poter vantare una grossa società xes a Genova ma le considerazioni che fai tu, ovviamente speculative, non credi che prevedano a monte una riorganizzazione complessa del modo di fare rugby in Italia (il che riguarderebbe anche il minirugby che consideri secondario o non fondamentale)… o è proprio qui che volevi arrivare? Se è tanto per parlare, per carità… ma ti prego, e lo dico in modo molto neutro e pacato, anzi è una cortesia che ti chiedo, dicci qualcosa di tangibile.
Grazie mille
“They showed resilience and they showed bravery, and above all that they showed ability. And they went after Scotland with accuracy and flair, and delivered the big scores when they needed… and in the end so often it’s swung against them but not on this day in Rome. Not on this day! They have held firm...” o qualcosa del genere in lingua vernacula Britannica. Nell'etere, 9 marzo 2024, intorno a las cinco de la tarde.
ayr
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da ayr »

Solo qualche pensierino sparso...

Il rugby e' un gioco dove ci si affronta apertamente e la competizione premia il migliore.
Non e' detto che un pilone di 140 kg sia migliore di un pilone di 80 kg: mettiamoli uno contro l'altro e vediamo chi manda indietro l'avversario.
Non e' detto che una seconda linea alta 2.15 sia migliore di una seconda linea alta 1.80: mettiamoli uno contro l'altro e vediamo chi prende le touche.
Non e' detto che un'ala di 20 anni sia piu' veloce di un'ala di 40 anni: mettiamoli uno contro l'altro e vediamo chi fa meta....

Certo che, sulla carta, e' avvantaggiato il pilone piu' grosso, la seconda linea piu' alta, l'ala piu' giovane, ma sul campo ci vanno persone e non pezzi di carta.
Tutti i calcoli fatti fuori dal campo possono andare a farsi benedire: e' IL CAMPO che deve dare i responsi.

Allo stesso modo, le grandi citta' hanno certi vantaggi sulle piccole citta'. Bene, che LI SFRUTTINO ed emergeranno facilmante.
SE invece emergeranno i paesini, applaudiremo i paesini, perche IL CAMPO ha emesso questi verdetti.
Allo stesso modo applaudiremo le seconde linee piu' basse della media, ma che rubano le touche agli avversari piu' alti, i piloni leggeri che mandan0o indietro quelli pesanti, le ali "datate" che corrono piu' di quelle giovani, eccetera... perche' il migliore e' quello che vince sul campo e chi perde si allenera' meglio per la prossima volta, senza perdersi d'animo.

QUESTO e' quello in cui credo e che ho imparato del rugby.

In Italia ci piace invece selezionare i giocatori con le bilance e le cordelle metriche e metterli davanti a quelli che sanno giocare meglio... allo stesso modo vorremmo fare con le societa' e le citta'... io credo che i migliori si vedano sul campo e che sia quello il criterio per individuare le eccellenze.
I metodi che puntano ad individuare i migliori "a tavolino" tandono sempre a partorire "mostri"...

Oh, intendiamoci, a parere mio...
Grazie al cielo l'hanno inventato a Rugby e non a Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch!
calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

Burbero ha scritto:@calep61: non mi è chiara una cosa… passerò per scemo ma faccio fatica a mettere a fuoco la discussione. Una considerazione: credo che società nate ex novo nei grandi centri urbani siano fantascienza (vedi esempio parigino). Spiego: sarebbe un atto di forza e ci troveremmo con supersocietà prive di prospettiva (esempio: un settore giovanile per crescere e dare frutti ha bisogno di anni). Il problema quindi è: come tiri su una società dal nulla se non hai formazioni iscritte ai campionati cadetti, giovanili ecc? Ok Milano ce le ha, con grossa frammentazione; ok, Roma ce l’ha; ok Genova anche. Non conosco bene la situazione al sud e a Torino (che però in serie B vanta 2 società). Ma siamo al punto di partenza: le realtà esistenti andrebbero fuse, accorpate, riunite in franchising ecc? poi, acquisisci i meriti sportivi? di chi? riparti dalla serie xyz provinciale o rionale? facciamo man bassa nei CUS? dimmelo tu calep61… ripeto, a me piacerebbe poter vantare una grossa società xes a Genova ma le considerazioni che fai tu, ovviamente speculative, non credi che prevedano a monte una riorganizzazione complessa del modo di fare rugby in Italia (il che riguarderebbe anche il minirugby che consideri secondario o non fondamentale)… o è proprio qui che volevi arrivare? Se è tanto per parlare, per carità… ma ti prego, e lo dico in modo molto neutro e pacato, anzi è una cortesia che ti chiedo, dicci qualcosa di tangibile.
Grazie mille
Hai centrato il problema. Spesso si parla di livello qualitativo modesto del rugby italiano e, certo, non siamo in cima al rating mondiale, ma sono convinto che il reale livello del nostro rugby non si sia ancora espresso in tutte le sue potenzialità.
Una riorganizzazione nel senso di accorpare, dove possibile e con dinamiche libere e fisiologiche, consentirebbe anche di far emergere tutta una serie di qualità che, per una serie di motivi e vicissitudini anche fortuite, non riescono e non possono.
Il rugby di punta si è allontanato da aree geografiche come la liguria, il piemonte (dove il rugby ha mosso i suoi primi passi), il milanese, bologna, il beneventano, Napoli, Roma si salva in calcio d'angolo, tutti luoghi dove il rugby di base, però, prolifera egregiamente e anche con punte di discreta eccellenza non solo nella quantità. Possibile che queste esperienze, debbano rimanere nell'oscurità, nell'anonimato e non possano, invece,concorrere alla crescita del movimento con maggiore protagonismo? Certo, l'obiezzione più facile sarebbe, se ne hanno le capacità che si facciano spazio con i campionati, salendo di categoria; giusto!
Se oltre l'aspetto sportivo, però, si volesse considerare anche quello economico di queste società, si potra ben capire come l'accorpamento di più entità riasolvererebbe non pochi problemi di bilancio; un vecchio motto recita: l'unione fa la forza, inoltre, si ricorderà che qualche anno fa il Calvisano per questioni economiche dovette rinunciare al campionato d'eccellenza, accettando la retrocessione.
Ecco, quindi, la soluzione delle franchigie o superclub che siano, come possibile soluzione per una riorganizzazione territoriale che dia nuova linfa ed opportunità ad aree un po' abbandonate dalla ribalta del grande rugby, ma rinforzare anche quelle realtà geografiche già sufficientemente performanti.
Anche il minirugby, utilissimo, intendiamoci, come veicolo di avvicinameto a questo sport dei più piccoli, non potrebbe che giovarne.
Quindi, meno frammentazione, è maggiore capacità competitiva.
Ovviamente, il mio è solo un auspicio che pone le base su esperienze simili già avviate nei paesi celtici e non solo.
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Doc1999 »

ayr ha scritto:Solo qualche pensierino sparso...
Oh, intendiamoci, a parere mio...
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E mi ricordo, come appassionato di basket di un milione di anni fa, che Charlie Caglieris era uno dei migliori play italiani, ed è alto 1.77...
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Mad Max »

pastaefasioi ha scritto:
calep61 ha scritto: Il minirugby, sinceramente, non lo prenderei neanche in esame, non lo considero formativo, ma solo, se fatto bene e non è detto che sia così per ogni club che lo propone, un'iniziativa propedeutica all'avvicinamento dei bambini ad un nuovo, per loro, sport, niente di più, niente di meno.
Come si organizzi il minirugby è ininfluente sul futuro del rugby agonistico e il fatto che nel galles o a canicattì si organizzi nello stesso modo, non mi importa e non rappresenta un valore aggiunto per l'evoluzione del rugby. Se lo scopo è quello di far correre qualche bambino attorno a un pallone ovale, fargli assaporare il gusto di rotolarsi per terra senza farsi male più di tanto e crescere sani e felici, mi sta bene, ma siamo in un altro contesto, quello della ricreazione post scuola.
Il minirugby è un'importante opportunità per molti club di arrotondare, forse anche rimpinguare, i modesti bilanci societari offrendo un servizio di ricreazione sportiva alle famiglie, bene, anzi, ottimo, ma fermiamoci qui, DIAMO A CESARE QUELLO CHE è DI CESARE!
quindi proponi di abolire il minirugby? a che eta' bisognerebbe iniziare a giocare a rugby x avere un valore aggiunto x lo sport? cioe' secondo te e' ininfluente x lo sviluppo della disciplina quanti bambini si avvicinano al rugby, quanti se ne innamorano, quanti invece lo lasciano x vari motivi ? ma ti rendi conto della quantita' di stronzate che dici?

ot x i moderatori: ma in questo forum non e' previsto il ban x i troll? no perche' e' vero che si potrebbe ignorare il personaggio... ma tra i 3d di spam, sto tipo qui, i 3d aperti a caso con 2 righe di messaggio x dire cose senza senso o ampiamente gia' dibattute migliaia di volte, PURTROPPO sto forum sta diventando illeggibile... ed e' un peccato.
concordo :-] e sinceramente già dargli del troll mi sembra proprio un complimento a vedere le ultime uscite...
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da ayr »

calep61 ha scritto:Una riorganizzazione nel senso di accorpare, dove possibile e con dinamiche libere e fisiologiche, consentirebbe anche di far emergere tutta una serie di qualità che, per una serie di motivi e vicissitudini anche fortuite, non riescono e non possono.
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Se oltre l'aspetto sportivo, però, si volesse considerare anche quello economico di queste società, si potra ben capire come l'accorpamento di più entità riasolvererebbe non pochi problemi di bilancio; un vecchio motto recita: l'unione fa la forza
...
Quindi, meno frammentazione, è maggiore capacità competitiva.
Sono d'accordo con te che, qualora con dinamiche libere e fisiologiche ci fossero degli accorpamenti, non ci vedo niente di male.
L'esperienza pero' ci dice che gli accorpamenti nel rugby italiano sono spesso finiti male o malissimo. Perche'?
In un accorpamento e' opportuno che l'unione crei un movimento superiore alla somma delle parti che si uniscono, altrimenti si distruggen anziche' creare.
In soldoni, 1+1 deve essere = 3 per avere un successo. Se invece fa 2 e' stato tutto inutile. Purtroppo troppo spesso il risultato e' stato 1 o 0 e cioe' si e' compiuta un'azione deleteria.

Bisogna capire che "forze" si vogliono unire!!!
Si uniscono le strutture? Difficile, perche' i campi non hanno le gambe. Il peggio che possa capitare e' avere una societa' "donatrice" di strutture e l'altra che se le trove belle fatte senza fatica e "se le pappa", distruggendo l'altra societa'.
Si uniscono i soldi? quali soldi? parliamo forse di societa' di capitali??!?!? ma per piacere...
Si uniscono gli sponsor? Possibile ma assai difficile, perche' (esempio a caso) lo sponsor principale del Rovereto potrebbe facilmente essere disinteressato a diventare lo sponsor secondario dell'unione Trento-Rovereto che giocasse a Trento... o no?!?
Si uniscono "gli appassionati che fanno andare avanti le societa' prestando il loro lavoro A GRATIS" (detti anche volontari)? Questi purtroppo sono i piu' facili da perdere nelle fusioni, specie se sono fusioni "per unire le forze=soldi", perche' queste nuove fulgenti societa' spesso vengono messe nelle mani di "Managers specializzati" e altra gente che viene seguendo il profumo dei soldi e marginalizzano il piccolo esercito di volontari che e' la vera forza trainante della maggior parte delle societa' di rugby di tutto il mondo. Se non altro, visto che vengono presi per il culo dal fatto che arriva gente che piglia soldi e da ordini a tutti, mandano affanc. tutto e magari passano a fare i volontari in un'altra societa' (e come dar loro torto!).
Altre "fusioni" vengono fatte tra societa' che hanno solo prime squadre (e ambizioni... :roll: ) e societa' che hanno solo giovanili (e le giovanili servono a non prendere penalizzazioni in campionato!!! :? ). Di solito la societa' giovanile viene cannibalizzata, svuotata e buttata via come un giocattolo vecchio.

Questo e' il problema!!! COSA si vuole unire... e' fondamentale che le societa' assieme creino qualcosa di piu' della sonna delle parti, altrimenti e' meglio lasciar perdere.
La verita' e' che, gratta gratta, le societa' sono delle "scatole" facilmente (e velocemente) svuotabili di quello che da loro valore e che dovrebbe essere la materia prima della fusione.
Grazie al cielo l'hanno inventato a Rugby e non a Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch!
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