Ilgorgo ha scritto: 2 apr 2020, 9:57
La differenza è comunque molto ampia; voglio dire, anche se l'India avesse una capacità di trovare casi positivi dieci volte meno efficace di quella dell'Italia, avremmo cmq 10 casi per milione di abitanti in India e 1836 in Italia. La Tunisia è uno stato vicino a noi e ha un livello civile, sociale e -immagino- sanitario non troppo distante da quello italiano: là la media per milione di abitante è 36, in Italia 1836.
In Uganda le autorità si vantavano nei giorni scorsi che là i risultati degli esami arrivano alle persone in metà tempo che in Europa, perché là il sistema sanitario è rodato da epidemie precedenti.
In Indonesia, ultimo esempio, la media per milione di abitanti è 6, e nella trasmissione di Report dell'altra sera a un certo punto si è intravisto un documento dell'OMS (precedente a questo coronavirus) sulla capacità di risposta di ogni nazione a una pandemia: in quella classifica mondiale l'Italia era 31°, l'Indonesia 30°.
Insomma, si tratta di una nazione con un sistema sanitario adeguato e attualmente ha una media ufficiale trecentosei volte inferiore alla nostra.
Di sicuro non è solo grazie al caldo, ma che il caldo un poco possa influire io continuo a sperarlo.
Naturalmente da quando ho iniziato a sperarlo qui è tornato l'inverno: oggi temperatura minima 0°.
Gorgo, non sono riuscito a far cogliere il punto, che non è la maggiore o minore capacità tecnica di fare test, o il tempo che serve a farli o altro: c'è un tema sociale ENORME dietro. gli abitanti degli slum di Calcutta, o di una bidonville di Rio, semplicemente per le autorità *non esistono*: non esistono in tempi normali(se non come problema di ordine pubblica), non esistono a maggior rafgione in tempi come questi, e quello che succede in quegli ambiti non viene tracciato, non viene incluso nelle statistiche, non c'è.
l'unico modo per avere qualche informazione al riguardo sarebbe quello di verificare se chi è quotidianamente sul campo (ONG, associazioni religiose ecc.) ha dei dati, ed anche così bene che vada si potrebbero avere idee sui trend, non sui numeri assoluti.
Segnalo a solo titolo di esempio questo articolo del 25/3 (
https://www.saluteinternazionale.info/2 ... in-africa/):
"Perché relativamente pochi casi confermati, fino ad ora, in Africa?
Da più parti sono state avanzate ipotesi sulle possibili ragioni di questa apparente anomalia. Si va da una ipotetica immunità genetica degli Africani al SARS-Cov2, alle temperature più calde che potrebbero rendere il virus meno attivo, alla prevalente giovane età della popolazione Africana (età mediana 19,7 anni, 60% della popolazione con meno di 25 anni), alla possibilità che molti casi non vengano riconosciuti come tali o perché paucisintomatici o perché non sottoposti a test specifici. La giovane età della maggior parte della popolazione Africana potrebbe, effettivamente, favorire una minore aggressività del virus, ma non una sua minore diffusione.
In una conferenza stampa tenutasi il 19 marzo, queste ipotesi sono state presentate alla Direttrice dell’Ufficio OMS della Regione Africa, la Dottoressa Matshidiso Moeti e ai suoi collaboratori. La risposta è stata che le prime tre ipotesi sono allo studio. L’ultima sarebbe da escludere, almeno per quanto riguarda casi sintomatici, in quanto 40 paesi sarebbero ora in grado di utilizzare i test specifici (da due che erano all’inizio dell’anno: uno a Johannesburg e l’altro a Dakar). Eppure sorprende che paesi come Angola, Mozambico, Tanzania, Uganda, abbiano finora registrato pochi casi e altri, come il densamente popolato Burundi, nessuno. Inoltre, l’ottimismo della Direttrice non sembra tener conto del fatto che la maggior parte dei laboratori attrezzati si trova in aree urbane (nella Repubblica Democratica del Congo tutti i casi confermati sono stati identificati nella capitale) e che i kit per i test scarseggiano in tutto il continente. La Tanzania disporrebbe, al momento, di 1.500 kit per il test. Per dare una idea dell’importanza del numero di test eseguiti per l’identificazione di casi, si veda il caso del Sudafrica che, al 23 marzo, dichiarava 274 casi confermati: il 3% dei 9.315 test eseguiti. Oltre ai kit per i test, nel continente scarseggiano anche i kit per la protezione del personale sanitario. Questo fa ragionevolmente temere prossimi alti tassi di morbilità e mortalità fra gli operatori sanitari.
In Nigeria i medici della capitale, Abuja, hanno dichiarato uno sciopero ad oltranza il 17 marzo perché non pagati da più di due mesi. Lo hanno sospeso il 23 marzo “in considerazione del crescente numero dei casi di coronavirus e dell’impegno mostrato dagli operatori sanitari”. Il paese, al 23 marzo, contava 22 casi confermati e più di 1.300 contatti monitorati. Nel 2014 la Nigeria riuscì a controllare efficacemente l’epidemia di Ebola. Un articolo apparso sul Lancet avanza dubbi sulla possibilità che un simile successo possa essere ripetuto con la presente pandemia in un paese con più di 200 milioni di abitanti, poche unità di terapia intensiva ed un virus che si diffonde molto velocemente.
La risposta più intelligente alla domanda posta dal titolo di questo paragrafo la ha fornita David Heyman, infettivologo della London School of Hygiene and Tropical Medicine: “A questa domanda, per ora, nessuno è in grado di rispondere”. Chiaro e conciso."