Quoto l'ultimo articolo di Right Rugby, al solito molto puntuale, mi pare un contributo interessantissimo oltre che condivisibile, in particolare per quanto riguarda il discorso "avanti" e sulla scomparsa delle maul e co. nel nostro gioco.
Sarebbe opportuno attendere la fine del trittico di Test Match d'autunno prima di azzardare giudizi sullo stato dell'arte Azzurro, ma preferiamo proporre pubblicamente sin d'ora qualche notarella al riguardo, perchè conosciamo "i nostri polli".
Se infatti la Nazionale attraversa un momento "down" - e vorrei anche vedere, perdere sempre non fa piacere a nessuno - tra una settimana potrebbe essere peggio: se perdessimo anche con Fiji - evento per nulla fuori dal mondo come ripetiamo da un mese - avremmo lo stracciamento di vesti totale e l'alzarsi delle forche nella pubblica piazza sommersi dalle urla, e allora addio analisi razionali. Se invece vincessimo, magari bene, allora molto verrà sottaciuto, al limite il malanimo verrà anche un po' ad arte indirizzato sui parafulmini tradizionali tipo Nick Mallett. Quindi tanto vale muoverci sin d'ora con un abbozzo di analisi "di getto"sui perchè e percome l'Italia stia sempre in mezzo al guado, nè di qua nè di là, ovviamente dal nostro personalissimo punto di vista.
- L'antefatto: la solita "lungimiranza" ambientale - L'Italia arrivava a questo novembre con più certezze che dubbi: la difesa, il tipo di gioco, un pack molto definito sia nelle prime linee che nei rincalzi, tre quarti - mediana inclusa - in lento ma costante progresso, qualche giovane interessante da testare, qualche prova d'appello (Tebaldi), qualche prezioso reintegro nel gruppo dopo incomprensioni (LoCicero). L'obiettivo dello staff Azzurro per questi Test era il medesimo di tutte le altre nazionali impegnate: fare esperienza e confidenza; non stravolgere ma raffinare team e tattiche in vista dei mondiali; se possibile poi, approfittarne per piantare qualche "picchetto" psicologico, per lanciare segnali interni ed esterni di forza, consistenza, allineamento.
Parallelamente però la Federazione ha deciso di lanciare segnali di fumo interni. Come spiegare altrimenti il parlare di obiettivo due vittorie su tre, di decimo posto nel ranking? Contro Argentina, Australia e Fiji?! Ma non le vedono le partite, non li conoscono i ranking e i track record?
Il fatto che sul piatto venisse esplicitamente posto il possibile (non) rinnovo del contratto al coach post 2011, rivela l'obiettivo dell'operazione mediatica: non so se è chiaro a tutti, ma la decisione se Mallett va o resta post 2011, sarà (o già è) primariamente sua e non della Fir.
Tant'è; per mettere le mani avanti a una situazione simil Berbizier ai Mondiali 2007, l'effetto collaterale è stato di concentrare pronti via sulla prima partita tutto il peso del successo o insuccesso dell'intera campagna autunnale; una volta perso, si son trovati a dover dar corda mediatica a aspettative irrealistiche sulla partita con l'Australia e quel che è peggio, stanno dando a una sfida assolutamente impegnativa con Fiji il mero ruolo di contentino, di obiettivo minimale, manco fosse Georgia o Romania.
Insistiamo sul "mediatico": a nostro avviso la squadra non ha subito gran contraccolpi da tutto questo, i ragazzi per quanto giovani son tutti professionisti, abituati a spallate ben più dure. E' stato l'ambiente esterno ad accusare di più il colpo: tifosi, simpatizzanti, sedicenti esperti e stampa.
Tra i primi, tifosi e simpatizzanti una-volta-ogni-tanto, molti sono giustamente delusi a fronte delle aspettative ingenerate. Però ci sono sempre: 32.000 le presenze al Franchi post sconfitta con Argentina. Qualcuno dei sedicenti esperti aveva gridato alla disaffezione del pubblico del rugby guardando alle audience tv disperse e perchè al Bentegodi c'eran dei vuoti sugli spalti, dovuti alla struttura dispersiva e disorganizzata di uno stadio abituato da tempo ad accogliere 10.000 persone quando va bene. Essendo stata tra l'altro la prima partita, sarebbe un caso molto interessante di disaffezione preventiva ...
Le vere vittime collaterali troviamo siano i sedicenti opinion makers: non riescono a filtrare e interpretare messaggi tronfi, irrealistici e un po' furbetti della Federazione, e poi si fingono incavolati capipopolo oppure fanno gli scettici a posteriori. Uno degli esempi "belli freschi" - che NON linkiamo - è stato il commento a Italia - Australia uscito domenica su La Stampa: pareva un Chirico qualsiasi sulla Juve di qualche mese fa - del resto la cultura mainstream è quella.
D'altro canto e a loro discolpa, va detto che la Federazione qualcosa deve pure inventarsi per raccattar spazio mediatico: mica si può sempre campare sulle "sconfitte onorevoli contro i più forti"; anche se ingenerare false aspettative può diventare un boomerang. Non c'è da stupirsi se i meno razionali tra i tifosi poi rispolverino antiche solfe anti Malettiane sulle scelte in mediana piuttosto che sul gioco dei trequarti.
Liquidate le situazioni ambientali interne ed esterne che non stanno certamente aiutando - e si tratta di ferite auto-inflitte - veniamo ai fatti sportivi, sempre per come li abbiamo letti noi.
- Le due partite - La gara con l'Argentina è stata resa la chiave di volta, s'è detto. Erano gli Azzurri realmente pronti, convinti di potercela fare? Ritengo di si, ma si sbagliavano. Han commesso troppi errori, dicono. La realtà è che mentre credevamo di avere il pallino in mano, i Pumas con la loro consistenza, l'esperienza e la tranquilla sicurezza del loro "rugby dei poveri", tessevano la loro tela, ci tiravano dentro e al primo mismatch sulla linea, zac ci han punito.
Dopodichè, poca calma e metodicità nei nostri perchè anche se nessuno lo dice, non abbiamo un pack affidabile in fase dinamica d'attacco: altro che trequarti o mediano lento! Una maul avanzante che arrivi in meta come ai vecchi tempi, una serie di pick & go dentro all'area dei 22metri avversari efficace: niente di niente, siamo ancorati alla sola mischia ordinata. Oltretutto, quello che siamo riusciti faticosamente a tessere (la meta di punizione) ce lo siamo giocati con le indiscipline (tre punizioni subite negli ultimi dieci minuti, fa nove punti contro i sette da noi marcati con la meta). As simple as that: credevamo di gestire e siamo stati gestiti, e tra sogni di mediana e trequarti multifase, l'arma migliore che avevamo è spuntata.
La seconda gara era contro l'Australia, gli unici che da un anno a questa parte abbiano battuto gli All Blacks: non è abbastanza? Secondo alcuni no: montati dal battage mediatico derivato dalle premesse dette sopra, si doveva e poteva vincere! No comment.
La conclusione razionale è quella che vi abbiamo raccontato: abbiamo offerto una bella prova, con una difesa rocciosa in cui ha giganteggiato nelle fasi dinamiche, va detto finalmente, la nostra seconda linea in primis Del Fava, e poi i passaggi veloci raso linea di Orquera, un diligente e migliorabile Ugo Gori, Sgarbi e Canale con Mirco Bergamasco attivissimi, tutti capaci di gestire multi fasi anche di otto o dieci ripartenze. Siamo stati bravi a innervosirli, bloccando le loro iniziative da dietro e sulla linea. Significativo che Pocock non si sia visto nei recuperi e Elsom nè McCalman sono mai riusciti a partire, così come Ashley Cooper, Quade Cooper, Beale son stati sempre bloccati. Tutto il resto son chiacchiere.
Si poteva far di più? Detto in camera caritatis e rimanga tra noi, delle tre sfide in programma, la più "potabile" in certe particolari condizioni secondo noi era proprio quella coi Wallabies. Perchè tendono a prenderci sottogamba e non a caso anche nel recente passato li abbiamo fatti moderatamente soffrire.
Di fatto dopo il primo tempo sul 9-13 era persino lecito farsi delle moderate aspettative. Invece l'esperienza conta: i Wallabies han ripiegato sulla disciplina, punendoci tra 50' e 70' con quattro piazzati (e son 12 punti contro i 5 della meta trovata da Barbieri) e la nostra capacità di reazione ha trovato i detti limiti nel pack cronicamente poco produttivo dentro ai 22metri avversari e nei trequarti bravi nel multifase ma ancora poco adusi a gestire più di tre passaggi in fila al largo. Un ottimo giovane come Tommy Benvenuti, dai grandi skill nella protezione della palla quand'è placcato, non è riuscito a controllare quattro (pessimi) passaggi al largo; ma un'ala deve saper sfruttare tutto quel poco che gli arriva, vedi ad esempio i non trascendentali argentini Amorosino e Camacho contro la Francia, han saputo controllare ovali ben peggiori. Un problema di affiatamento e dimestichezza col ruolo (Tommy lo vedrei meglio al centro, assieme a Gower; Mirco ala destra e un centro come Masi o Canale a sinistra).
- Che fare ora? - Rimane Fiji; Gonzalo Canale correttamente sintetizza: “Contro l’Argentina eravamo e ci sentivamo più forti dei Pumas, ma non abbiamo gestito al meglio la partita una volta in campo (o loro ha saputo gestirci meglio? Ndr). Sabato scorso a Firenze contro l’Australia abbiamo giocato alla pari contro una delle squadre più forti al mondo, ora vogliamo chiudere nel migliore dei modi contro le Fiji, un avversario difficile ma che dobbiamo battere se vogliamo puntare ad entrare stabilmente nella top-ten mondiale”.
Sarà prova molto tosta. C'è qualcosa che si potrebbe fare per agevolare il compito? Non mi pare che a Mallett si possa imputare di aver trascurato gran talenti rispetto alla sua idea di gioco. Sul coach en passant si tende a scordare che prima di lui l'Italia difendeva sessanta minuti quando andava bene, ora fermiamo l'Australia per 80 minuti: onore al merito.
Per quanto riguarda le fasi d'attacco, fedele alla missione di "insegnare agli italiani ad attaccare", Mallett s'è focalizzato da anni verso un gioco basato su sfondamenti centrali, multifase quanto si può, puntando su fisicità e velocità di ricircolo. Si può discutere se questo sia il gioco che ci conviene fare - personalmente sono convinto di no - ma non sul fatto che il coach non sia chiaro e soprattutto coerente e che non si veda qualche risultato. Comunque vada, quella con Mallett sarà stata una grande esperienza educativa per noi, sia per la difesa che per l'attacco.
Sulla antica querelle della mediana non vale la pena di insistere: Mallett fa le scelte corrette per quel tipo di gioco; un sistema diverso privilegerebbe la capacità al piede e soprattutto i drop (Burton?).
Fatta salva quindi la difesa e tutto sommato, mutatis mutandis anche i trequarti, ciò che resta critico dell'Italia di Mallett in fase di attacco, come abbiamo sottolineato nell'analisi della gara con l'Argentina è a nostro avviso il reparto degli avanti. Non tanto nei suoi protagonisti (anche se qualcuno è oggettivamente appannato, vedi Parisse e un po' anche Zanni), quanto nella sua organizzazione.
Ha perduto produttività ed efficacia offensiva rispetto alle gestioni precedenti. A parte le mischie ordinate, qualche timido progresso in rimessa laterale e una ragionevole disciplina e compostezza, nelle fasi dinamiche d'attacco dentro l'area dei 22m avversaria, non ci siamo. Come detto nel caso Argentina, dove son finiti la maul avanzante, i pick and go negli ultimi 5 metri? La sola arma in mano al nostro miglior reparto rimane la mischia ordinata: un po' pochino, difatti non vinciamo mai.
Proprio Fiji, che per quanti bei progressi abbia fatto nell'organizzazione di gioco da prima dei Mondiali 2007 a questa parte non è certo l'Irlanda, potrebbe essere l'occasione giusta per provare a rimettere in moto il pack come si sapeva fare una volta, iniziando ad acquisire quella confidenza che ora pare perduta.
Parafrasando i tifosi milanisti che fino a qualche settimana fa dicevano meno punte più punti, anche gli Azzurri farebbero bene a pensar un po' meno ai trequarti e tornare a guardare ogni tanto agli avanti in fase offensiva.
Aldilà dei modi di giocare (scelte fatte, che non si cambiano a 288 giorni dal Mondiale) e degli skill individuali (quelli sono, e gran talenti a rimasti casa non ce n'è), rimane un altro fattore, decisivo in tutti gli sport: la motivazione. Che si declina in convinzione, autostima, che assieme all'esperienza serve a mantenere la lucidità quando la situazione si fa tosta.
Credo che questa squadra Azzurra, o almeno molti dei suoi senatori, abbia interiorizzato nel tempo il concetto della onorevole sconfitta come obiettivo accettabile. Beninteso non per colpa loro: questo non è il giuoco dove la palla è rotonda e sempre incombe l'arbitro o la Mano de Dios: a forza di subire Sudafrica, All Blacks, Australia, e poi Galles, Inghilterra, Irlanda e senza mai una Romania o Georgia (quelle vanno alla Nazionale A) così, giusto per non perdere il senso della vittoria.
Dopo anni di sconfitte, ai nostri manca la mentalità per mantenere carica e lucidità e andare a prendersi quei maledetti 4-5 punti che ti dividono dal risultato storico contro l'Inghilterra (scorso 6Nazioni) o contro l'Australia a fine del primo tempo. Attenzione a non fraintendere: non stiamo dicendo che ai nostri manchi l'impegno, ma forse quel pizzico in più di convinzione, di autostima. Potranno arrivare secondo noi solo quanto i Senatori lasceranno il posto ai giovani, magari meno bravi ma "vergini"; condizione necessaria ma non sufficiente - ci vogliono gli skill individuali, da crescere in qualche torneo tosto come la Celtic League e non certo l'Eccellenza - ed è gravissimo per tutti, cara Fir, che non esista un link bidirezionale tra i due ambienti.
E' la differenza tra i nostri e la Scozia di Robinson: tolti un paio di specialisti del piazzato, non ha a disposizione individualità granchè superiori alle nostre; son solo più convinti, ci provano davvero fino a quando non vengano soverchiati; possiedono la mentalità su cui può far leva un coach (che non scende mai in campo, va ricordato, a meno di chiamarsi Tana Umaga). Non per caso Mallett stesso dopo un annetto di incazzature, s'è rassegnato all'andazzo. Ribadiamo, è una questione di centimetri e secondi. Ce la giochiamo sempre, almeno per un po' e contro tutti, All Blacks inclusi. Ma alla fine siamo sempre noi in deficit nel punteggio.