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<BR>Marzio Zanato, classe 1965, docente di marketing, uomo di rugby da sempre. Fuori dal campo di una cortesia che è quasi timidezza,
<BR>dentro al rettangolo di gioco un tecnico rigoroso ed esigente di quelli che ti fanno “schiumare”. Ora Zanato è arrivato all’Aquila ed è
<BR>iniziata la sua avventura con il rugby d’appennino.
<BR>Domanda: Marzio Zanato allenatore dell’Aquila Rugby: quante volte nel suo passato aveva immaginato questa prospettiva?
<BR>Risposta: Decisamente mai! Ma non avevo immaginato nemmeno di andare ad allenare a Rovigo dopo 30 anni di Petrarca (da giocatore
<BR>e tecnico). So solo che volevo arrivare in alto e con il lavoro e l’impegno ho trovato la mia strada.
<BR>D: Per il pubblico rugbystico e la città, tracciamo un breve cursus honorum della sua attività sportiva...
<BR>R: Da giocatore non ero un granchè. A 7anni ho cominciato a giocare con le giovanili a Padova fino a 20; poi ho capito che la mia strada
<BR>nel rugby era un’altra ed ho iniziato ad allenare la squadra dei pulcini della mia città e tutte le categorie minori; nel 1999 ho allenato
<BR>l’under 20 del Rovigo e lì abbiamo vinto il titolo italiano; nella stagione ‘99-2000 sono stato tecnico della nazionale under 18 e fino al
<BR>2003 anche del Mirano; nel 2003-2004 sono arrivato in Top Ten a Rovigo e oggi...sono qui
<BR>D: Come immaginava un ambiente come quello aquilano, una realtà rugbystica ai piedi del Gran Sasso, terra di un Abruzzo forte e gentile? Crede che la storia della nostra città abbia contribuito a dare carattere e personalità al rugby italiano?
<BR>R: Quando sono arrivato in città non ero a digiuno, già conoscevo un pò la realtà aquilana. Il primo impatto l’ho avuto perdendo nel ‘96
<BR>il titolo under 20 quando allenavo il Petrarca e difronte ci trovammo una grande squadra aquilana. Oltretutto i miei maestri sono stati
<BR>illustri aquilani come Loreto Cucchiarelli, Pino Lusi, Massimo Mascioletti. Non sono arrivato nudo e crudo! Fra l’altro prima di decidere di
<BR>fare questa esperienza ho incontrato la società che mi ha dato rassicurazioni su una stagione di buon livello e mi ha entusiasmato...
<BR>Se in Italia nomini piazze come L’Aquila, Padova e Rovigo, al di là dei recenti risultati sul campo, ancora riesci ad evocare grande
<BR>passione e tradizione molto più che di Treviso.
<BR>D: “Un padovano all’Aquila”, come le suona questo titolo per l’intervista che stiamo facendo?
<BR>R: Suona molto meglio di un padovano a Rovigo com’è successo finora.
<BR>D: C’è qualcuno a cui piace tramandare storie di rugby e racconta che durante le interminabili trasferte dalle terre di Veneto verso L’Aquila, qualche giocatore preferiva rimanere in autogrill piuttosto che superare il Gran Sasso per venire a disputare la partita...
<BR>R: Non mi è mai capitato di vivere di persona queste vicende. E’sicuro che venire a giocare al Tommaso Fattori è un’esperienza
<BR>fondamentale per il bagaglio rugbystico di un atleta. Un pò come quando entri al Battaglini a Rovigo, hai la sensazione che ti si chiuda
<BR>lo stomaco perchè sai che ti stai confrontando con realtà che fanno dell’aggressività, della passione, della tradizione e del pubblico un
<BR>grande punto di forza. Però quest’anno vorrei vedere una squadra molto solida anche fuori dal Fattori.
<BR>D:Rimpiange quel rugby del passato, i costumi, le sensazioni, gli odori?
<BR>R: Si, c’è un pò di rimpianto per uno sport che aveva un’anima più passionale, di forte radicamento culturale. Allora gli esempi di Bota a
<BR>Rovigo e Campese a Padova erano solo eccezioni per un rugby italiano con connotazioni ancora dilettantistiche, uno sport oggi
<BR>profondamente cambiato, ormai professionista e per fortuna davvero multietnico soprattutto dopo la fine dell’apartheid in Sud Africa.
<BR>D: Insomma ora comincia questa avventura all’Aquila, come ha valutato le risposte della società e della città?
<BR>R: La società ha mostrato grande serietà e disponibilità al lavoro ed io per questo rapporto fiduciario che si è creato fra le parti ho
<BR>messo da parte anche alcune cose che facevo fuori dal rugby. Con la città il rapporto è ovviamente di curiosità reciproca, aspetto di farmi
<BR>conoscere meglio...
<BR>D: Sembra subito che il Torneo dei Quarti abbia dato risposte positive e addirittura sia stato una sorpresa per il livello di gioco espresso dalla squadra, peccato per la partita contro il Toulone...
<BR>R: Credo che i risultati siano andati oltre tutte le aspettative considerando che qualche atleta era arrivato in città la mattina stessa della
<BR>partita dopo un viaggio estenuante e qualcun’altro ancora ha qualche problema con la lingua italiana. Le prestazioni sono state positive:
<BR>con il Parma abbiamo dato prova di grande solidità,era normale un calo fisico e di concentrazione nel secondo tempo contro i francesi.
<BR>Credo che il problema del gioco da fasi statiche, soprattutto da touche, sia essenzialmente un problema di comunicazione in mezzo al
<BR>campo per le cose che dicevo prima e che sicuramente dovremo migliorare. Comunque la squadra ha mostrato una componente
<BR>caratteriale di spessore che si è fatta notare soprattutto nella seconda partita, probabilmente è un gruppo che vuole togliersi qualche
<BR>soddisfazione...
<BR>D: Mi sembra che finalmente il chiacchiericcio dell’anno scorso sul vivaio aquilano che ha smesso di produrre giocatori da Top Ten sia definitivamente smentito, i giovani aquilani stanno già dando belle soddisfazioni...
<BR>R: Bhè.. Avere Mariani premiato come miglior giocatore del torneo è un segnale chiaro che va in questo senso: il vivaio produce
<BR>assolutamente buoni giocatori. Più in generale credo che ci sia un problema di tutto il movimento giovanile del nostro Paese, difficoltà di
<BR>indotto se vogliamo anche numeriche. Non si riesce più a fare rose delle giovanili di 40, 50 ragazzi. Nonostante questo qui all’Aquila,
<BR>l’anno scorso, l’under 17 è riuscita a iscrivere due squadre ai campionati di categoria, questa è la risposta che va data al chiacchiericcio!
<BR>D: Quindi valorizziamo il vivaio aquilano e diamo prestigio alla società?
<BR>R: Esatto
<BR>D: Quali obiettivi stagionali si sente di assicurare a questo pubblico?
<BR>R: Sono uno a cui non piace lasciarsi andare a facili entusiasmi. Il campionato di Top Ten è un campionato duro, ormai di buon livello
<BR>anche se l’involuzione economica dei grandi club ha livellato un pochino il livello generale di competitività delle squadre, perciò credo che
<BR>questo sarà un torneo abbastanza equilibrato. In definitiva, io penso che bisogna attrezzarsi ed adoperarsi per rimanere in Top Ten, poi
<BR>con tanto lavoro e un pizzico di fortuna possiamo provare a guardare più in alto.
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