Inviato: 7 dic 2005, 11:41
IERI ARTICOLI SU BRESCIAOGGI, GIORNALEDIBRESCIA, INCITTA' e citazione della partita durante una trasmissione di commento ai risultati del Brescia Calcio su una delle due tv del regime.
<BR>Anche e soprattutto così si inizia a promuovere un evento! Anche se mediaticamente credo si sarebbe potuto fare qualcosina in più, facendo leva sul Neo Zelandaese, per portar gente allo stadio a vedere la partita e trasformare un incontro di Coppa Europa in una sorta di evento-promozione per il nostro sport.
<BR>
<BR>Giornale di Brescia:
<BR>RUGBY La partita di Heineken Cup di sabato contro il Cardiff è destinata a diventare un evento storico
<BR>A Calvisano il grande ritorno di Jonah Lomu
<BR>
<BR>Alberto Pellegrini
<BR>
<BR>Torna in campo il giocatore che visse due volte. Torna perchè a trent’anni vuole ancora giocare a rugby e per dimostrare di aver vinto anche la partita più difficile della vita, quella contro la malattia che gli ha rovinato i reni e sembrava averlo tolto di mezzo per sempre. Torna in campo Jonah Lomu e (udite udite!) torna sul campo di Calvisano. Sembra incredibile ma è vero. Sabato pomeriggio, nell’incontro di Heineken Cup tra il Ghial e i fortissimi Cardiff Blues ci sarà anche lui, il più grande e più famoso giocatore della storia del rugby. Si sapeva che Lomu, fermo da due anni e mezzo per un trapianto di rene, aveva firmato per sette mesi con il Cardiff. Si sapeva che prima o poi sarebbe di nuovo sceso in campo e tutti, qui in Italia, si auguravano che partecipasse alla partita di Heineken contro il Calvisano. Ma sembrava un sogno, di quelli da rugbisti che in fondo non crescono mai del tutto e continuano a credere nei miti e nei sogni. E invece Jonah ci sarà, giocherà al San Michele il suo grande rientro. Già, perchè quella di sabato nella Bassa bresciana non sarà una partita normale, non sarà neppure una partita tra due grandi squadre, ma un evento storico senza precedenti non solo per il mondo del rugby che, non sembra un azzardo prevederlo, calamiterà l’attenzione dei media di tutto il mondo. Per capire l’importanza di ciò che accadrà a Calvisano tra pochi giorni vale la pena ripercorrere brevemente la storia di Jonah Lomu. Nasce ad Auckland in Nuova Zelanda il 12 maggio 1975. Inizia prestissimo a giocare a rugby, come un po’ tutti da quelle parti. A 19 anni e 45 giorni, nel giugno 1994, esordisce nella nazionale neozelandese in una partita contro la Francia. Ma è l’anno successivo che Lomu diventa un mito a soli vent’anni: il 18 giugno di quell’anno la Nuova Zelanda si gioca contro l’Inghilterra l’ammissione alla finale della prima Coppa del Mondo. Lomu ha alle spalle sei partite con gli All Blacks ed è nel mirino degli osservatori di tutto il mondo perchè ha già fatto vedere di essere interprete di un nuovo rugby, forse un rugby per superuomini, ma spettacolare ed entusiasmante come non è mai accaduto prima. Quel 18 giugno Jonah Lomu segna quattro mete, due nei primi sette minuti, la Nuova Zelanda va in finale: non vincerà la Coppa che andrà all’Australia, ma Lomu è ormai nella leggenda. É diventato il fenomeno, il colosso di due metri per 115 chili, che gioca ala perchè è agile e veloce come una gazzella. I giornalisti di tutto il mondo non sanno più cosa inventare per descrivelo: il giornale francese L’Équipe, con immancabile sciovinismo, trova una similitudine gallica e affermare che Lomu è l’unico umano paragonabile ad Obelix. Per il ventenne maori inizia un periodo di grande rugby, di successi e di enorme popolarità. Colleziona caps negli All Blacks e segna grappoli di mete (in carriera Lomu ha vestito la maglia tutta nera per 63 volte ed ha segnato 37 mete). Ma col nuovo secolo iniziano i guai: una rara forma di nefrite lo costringe prima a rallentare gli allenamenti, poi a sottoporsi alla dialisi, salta così per Lomu la Coppa del Mondo 2003 e l’anno successivo lo stop. Dal 2004 Lomu non ha più giocato se si esclude una partita amichevole a Londra nel giugno scorso nella quale, segnando una meta, si è anche lussato una spalla. Due anni fa il trapianto di rene e tutti pensano che per lui sia finita, che al massimo riuscirà a sopravvivere. Ma Jonah, d’accordo con i medici, ha altre idee: si fa installare il nuovo rene qualche centimetro più in alto, perchè sia protetto dalle costole e non rischi di rimanere traumatizzato. É evidente che Lomu non ha mai pensato, neppure per un attimo, di aver già giocato la sua ultima partita. (a. pell.)
<BR>
<BR>Bresciaoggi:
<BR> Rugby. L’ala neozelandese torna dopo due anni di stop per un trapianto di rene: il rientro sabato al S. Michele col Cardiff per l’Heineken Cup
<BR>Riparte da Calvisano l’avventura del mitico Lomu
<BR>
<BR>
<BR> Una rara forma di insufficienza renale lo aveva allontanato dai campi di rugby, il Calvisano gli rimette in mano la palla ovale. Jonah Lomu, probabilmente il giocatore più famoso che abbia mai giocato a rugby tornerà a disputare una gara ufficiale dopo circa 2 anni di stop e un trapianto di rene. Succederà sabato al San Michele: la grande ala neozelandese, tesserato ad inizio stagione dai Cardiff Blues, affronterà con i gallesi il Ghial nella terza giornata di Heineken cup.
<BR>Con Lomu è sempre stato normale utilizzare le iperboli. Normale parlare di fenomeno. Non solo nell’accezione di persona dalle qualità eccezionali: è alto 196 cm per 118 chilogrammi e corre i cento metri in meno di 11 secondi. Ma di fenomeno mediatico, il primo di dimensione planetaria che il rugby abbia conosciuto. La repentina ascesa della sua stella (a 19 anni e qualche mese è il più giovane All Blacks della storia) coincide infatti con l’aprirsi del rugby al professionismo e con il fatto che questo sport diventi televisivo. E Lomu è il testimonial per eccellenza di questo boom, che fa del gioco nato in un collage una disciplina capace di calamitare grandi capitali e travalicare i tradizionali confini del mondo anglosassone.
<BR>Lomu è il simbolo di questa escalation. Il fatto poi che vesta la maglia nera della Nuova Zelanda lo fa partecipe del mito a prescindere. Un mito che però lui riusciva perfino ad adombrare, nel senso che negli anni del suo maggior fulgore, dovunque andassero gli All Blacks, prima arrivava Lomu e poi la leggendaria squadra con la felce argentata. Era vero che come il più geniale e involontario dei pubblicitari, lui stava reiventando il mito, un mito eminentemente sportivo e, per così dire, tradizionale, adeguandolo all’era del merchandising e delle tv. Se insomma il rugby è diventato quel che è ora, uno degli sport più capaci di autoremunerarsi, lo deve molto a lui, a Jonah, alla sua immagine di invincibilità tra cartone animato giapponese e videogioco e, insieme, di guerriero antico, il cui segreto di forza potrebbe celarsi in una pozione ma sicuramente affonda nella notte dei tempi, in riti aborigeni come la Haka.
<BR>Lomu è infatti tongano d’origine, benchè sia nato neozelandese di Auckland il 12 maggio ’75, nei cui sobborghi è cresciuto, guerriero metropolitano nelle bande giovanili, l’insospettabile piaga di una Nuova Zelanda per il resto icona della qualità della vita e della criminalità ai minimi. Il rugby però lo ha strappato alle strade, sorte che invece non è toccata al fratello finito decapitato in un vicolo. Ma di Lomu, che ad un certo punto la nefrite sembrava dovesse impedirgli per sempre di camminare, si ricorda soprattutto quanto ha fatto sul campo. Con i tutti neri ha giocato 63 match segnado 37 mete. Ma non è mai riuscito a vincere la Coppa del mondo: perse la finale in Sudafrica con gli Springbocks nel ’95 e la semifinale con la Francia nel ’99. Ora forse per lui comincia una nuova vita, da Calvisano.
<BR>Eugenio Barboglio
<BR>
<BR>Mi rammarico xò di non vedere lo stesso articolo nelle altre due testate del gruppo: Arena di Verona e Giornale di Vicenza, era un'occasione di promozione molto ghiotta.
<BR>Anche e soprattutto così si inizia a promuovere un evento! Anche se mediaticamente credo si sarebbe potuto fare qualcosina in più, facendo leva sul Neo Zelandaese, per portar gente allo stadio a vedere la partita e trasformare un incontro di Coppa Europa in una sorta di evento-promozione per il nostro sport.
<BR>
<BR>Giornale di Brescia:
<BR>RUGBY La partita di Heineken Cup di sabato contro il Cardiff è destinata a diventare un evento storico
<BR>A Calvisano il grande ritorno di Jonah Lomu
<BR>
<BR>Alberto Pellegrini
<BR>
<BR>Torna in campo il giocatore che visse due volte. Torna perchè a trent’anni vuole ancora giocare a rugby e per dimostrare di aver vinto anche la partita più difficile della vita, quella contro la malattia che gli ha rovinato i reni e sembrava averlo tolto di mezzo per sempre. Torna in campo Jonah Lomu e (udite udite!) torna sul campo di Calvisano. Sembra incredibile ma è vero. Sabato pomeriggio, nell’incontro di Heineken Cup tra il Ghial e i fortissimi Cardiff Blues ci sarà anche lui, il più grande e più famoso giocatore della storia del rugby. Si sapeva che Lomu, fermo da due anni e mezzo per un trapianto di rene, aveva firmato per sette mesi con il Cardiff. Si sapeva che prima o poi sarebbe di nuovo sceso in campo e tutti, qui in Italia, si auguravano che partecipasse alla partita di Heineken contro il Calvisano. Ma sembrava un sogno, di quelli da rugbisti che in fondo non crescono mai del tutto e continuano a credere nei miti e nei sogni. E invece Jonah ci sarà, giocherà al San Michele il suo grande rientro. Già, perchè quella di sabato nella Bassa bresciana non sarà una partita normale, non sarà neppure una partita tra due grandi squadre, ma un evento storico senza precedenti non solo per il mondo del rugby che, non sembra un azzardo prevederlo, calamiterà l’attenzione dei media di tutto il mondo. Per capire l’importanza di ciò che accadrà a Calvisano tra pochi giorni vale la pena ripercorrere brevemente la storia di Jonah Lomu. Nasce ad Auckland in Nuova Zelanda il 12 maggio 1975. Inizia prestissimo a giocare a rugby, come un po’ tutti da quelle parti. A 19 anni e 45 giorni, nel giugno 1994, esordisce nella nazionale neozelandese in una partita contro la Francia. Ma è l’anno successivo che Lomu diventa un mito a soli vent’anni: il 18 giugno di quell’anno la Nuova Zelanda si gioca contro l’Inghilterra l’ammissione alla finale della prima Coppa del Mondo. Lomu ha alle spalle sei partite con gli All Blacks ed è nel mirino degli osservatori di tutto il mondo perchè ha già fatto vedere di essere interprete di un nuovo rugby, forse un rugby per superuomini, ma spettacolare ed entusiasmante come non è mai accaduto prima. Quel 18 giugno Jonah Lomu segna quattro mete, due nei primi sette minuti, la Nuova Zelanda va in finale: non vincerà la Coppa che andrà all’Australia, ma Lomu è ormai nella leggenda. É diventato il fenomeno, il colosso di due metri per 115 chili, che gioca ala perchè è agile e veloce come una gazzella. I giornalisti di tutto il mondo non sanno più cosa inventare per descrivelo: il giornale francese L’Équipe, con immancabile sciovinismo, trova una similitudine gallica e affermare che Lomu è l’unico umano paragonabile ad Obelix. Per il ventenne maori inizia un periodo di grande rugby, di successi e di enorme popolarità. Colleziona caps negli All Blacks e segna grappoli di mete (in carriera Lomu ha vestito la maglia tutta nera per 63 volte ed ha segnato 37 mete). Ma col nuovo secolo iniziano i guai: una rara forma di nefrite lo costringe prima a rallentare gli allenamenti, poi a sottoporsi alla dialisi, salta così per Lomu la Coppa del Mondo 2003 e l’anno successivo lo stop. Dal 2004 Lomu non ha più giocato se si esclude una partita amichevole a Londra nel giugno scorso nella quale, segnando una meta, si è anche lussato una spalla. Due anni fa il trapianto di rene e tutti pensano che per lui sia finita, che al massimo riuscirà a sopravvivere. Ma Jonah, d’accordo con i medici, ha altre idee: si fa installare il nuovo rene qualche centimetro più in alto, perchè sia protetto dalle costole e non rischi di rimanere traumatizzato. É evidente che Lomu non ha mai pensato, neppure per un attimo, di aver già giocato la sua ultima partita. (a. pell.)
<BR>
<BR>Bresciaoggi:
<BR> Rugby. L’ala neozelandese torna dopo due anni di stop per un trapianto di rene: il rientro sabato al S. Michele col Cardiff per l’Heineken Cup
<BR>Riparte da Calvisano l’avventura del mitico Lomu
<BR>
<BR>
<BR> Una rara forma di insufficienza renale lo aveva allontanato dai campi di rugby, il Calvisano gli rimette in mano la palla ovale. Jonah Lomu, probabilmente il giocatore più famoso che abbia mai giocato a rugby tornerà a disputare una gara ufficiale dopo circa 2 anni di stop e un trapianto di rene. Succederà sabato al San Michele: la grande ala neozelandese, tesserato ad inizio stagione dai Cardiff Blues, affronterà con i gallesi il Ghial nella terza giornata di Heineken cup.
<BR>Con Lomu è sempre stato normale utilizzare le iperboli. Normale parlare di fenomeno. Non solo nell’accezione di persona dalle qualità eccezionali: è alto 196 cm per 118 chilogrammi e corre i cento metri in meno di 11 secondi. Ma di fenomeno mediatico, il primo di dimensione planetaria che il rugby abbia conosciuto. La repentina ascesa della sua stella (a 19 anni e qualche mese è il più giovane All Blacks della storia) coincide infatti con l’aprirsi del rugby al professionismo e con il fatto che questo sport diventi televisivo. E Lomu è il testimonial per eccellenza di questo boom, che fa del gioco nato in un collage una disciplina capace di calamitare grandi capitali e travalicare i tradizionali confini del mondo anglosassone.
<BR>Lomu è il simbolo di questa escalation. Il fatto poi che vesta la maglia nera della Nuova Zelanda lo fa partecipe del mito a prescindere. Un mito che però lui riusciva perfino ad adombrare, nel senso che negli anni del suo maggior fulgore, dovunque andassero gli All Blacks, prima arrivava Lomu e poi la leggendaria squadra con la felce argentata. Era vero che come il più geniale e involontario dei pubblicitari, lui stava reiventando il mito, un mito eminentemente sportivo e, per così dire, tradizionale, adeguandolo all’era del merchandising e delle tv. Se insomma il rugby è diventato quel che è ora, uno degli sport più capaci di autoremunerarsi, lo deve molto a lui, a Jonah, alla sua immagine di invincibilità tra cartone animato giapponese e videogioco e, insieme, di guerriero antico, il cui segreto di forza potrebbe celarsi in una pozione ma sicuramente affonda nella notte dei tempi, in riti aborigeni come la Haka.
<BR>Lomu è infatti tongano d’origine, benchè sia nato neozelandese di Auckland il 12 maggio ’75, nei cui sobborghi è cresciuto, guerriero metropolitano nelle bande giovanili, l’insospettabile piaga di una Nuova Zelanda per il resto icona della qualità della vita e della criminalità ai minimi. Il rugby però lo ha strappato alle strade, sorte che invece non è toccata al fratello finito decapitato in un vicolo. Ma di Lomu, che ad un certo punto la nefrite sembrava dovesse impedirgli per sempre di camminare, si ricorda soprattutto quanto ha fatto sul campo. Con i tutti neri ha giocato 63 match segnado 37 mete. Ma non è mai riuscito a vincere la Coppa del mondo: perse la finale in Sudafrica con gli Springbocks nel ’95 e la semifinale con la Francia nel ’99. Ora forse per lui comincia una nuova vita, da Calvisano.
<BR>Eugenio Barboglio
<BR>
<BR>Mi rammarico xò di non vedere lo stesso articolo nelle altre due testate del gruppo: Arena di Verona e Giornale di Vicenza, era un'occasione di promozione molto ghiotta.