Inviato: 2 nov 2007, 14:18
da "il centro"
RUGBY SERIE A - IL PERSONAGGIO
Tom McVerry: «Mi manda Coleman»
Marco Camplone
L’australiano dell’Easy Living L’Aquila
«Esordio, vittoria e primato: magnifico»
L’AQUILA. Se decidesse di percorrere al rovescio il cammino dei sui antenati, probabilmente finirebbe in Irlanda. «Credo che i miei siano partiti da lì, ma non ne ho la certezza. La curiosità sì, quella c’è». Un’occhiata alla cartina geografica e si scopre la contea di Kerry. Un po’ di fantasia, una giocata d’azzardo ed ecco che si può pensare a un cognome frutto di qualche lettera storpiata nel corso dei decenni: McVerry. Tom McVerry, l’australiano. L’ultimo straniero in ordine di apparizione dell’Easy Living L’Aquila, fresca capolista della serie A di rugby.
Il suo arrivo era atteso con tale impazienza dal popolo neroverde che nessuno ha avuto dubbi quando c’è stata la prima meta nel big match con i Cavalieri Prato. «Non l’ho realizzata io, ma Mark Siddons. Capisco l’errore: c’era una fischia furibonda e confusa», svela la terza linea nata a Melbourne, smentendo così anche il tabellino ufficiale della partita. Beh, sarà per la prossima volta. Magari domenica a Benevento. «Esordire con una vittoria, peraltro davanti al mio nuovo pubblico, è stata una bellissima esperienza. Qui c’è l’atmosfera giusta, la competenza di chi è abituato a vedere un buon rugby. La serie A mi sembra una categoria in via di sviluppo. Adesso siamo primi e vogliamo rimanerci. Il gioco? Miglioreremo tantissimo e in breve tempo: i presupposti ci sono tutti». Parola di un atleta forgiato nel Super 14 e nel Super 12, leghe dove si cimentano le migliori formazioni australiane, neozelandesi e sudafricane. «Ho fatto un’esperienza anche in Giappone e conto di tornarci in estate, quando verrà chiusa la parentesi aquilana. Meglio specificare: scadrà il contratto che ho firmato. Se le cose saranno andate bene e se io e L’Aquila lo riterremo opportuno, potremo firmarne un altro». Mai dire mai, insomma.
Nell’Easy Living è arrivato grazie all’interessamento di Darren Coleman, coach che conosce bene la realtà australiana. «Non ho avuto il minimo dubbio, quando mi è stata offerta l’Italia. Per me, il rugby non è solo agonismo. Ho l’opportunità di girare il mondo e conoscerlo: non me la voglio lasciare sfuggire. All’Italia, poi, bisogna riconoscere un fascino particolarissimo. Sono cattolico e, alla prima occasione, andrò a Roma per visitare il Vaticano. Incontrare il papa? Sarebbe fantastico».
La prepotenza dell’autunno aquilano si abbatte sul campo dell’Acquasanta. Pioggia. Freddo. McVerry è in pantaloncini corti, come quasi tutti i compagni di squadra. Guardarlo fa pensare a una sfida perché lui vive nel Queensland, che significa sole, spiaggie magnifiche, deserti infuocati e foreste lussureggianti. «Queste condizioni climatiche sono nuove per me, ma non mi spaventano. Anzi, sogno un bianco Natale come nelle favole. Io non ho mai vissuto un inverno degno di questo nome». Magari è il richiamo delle origini irlandesi.
L’enorme botola della lingua italiana lo risucchia appena prova ad avvicinarsi. «Fabiloso». Favoloso. E’ l’aggettivo che utilizza per definire lo spogliatoio trovato all’Aquila. «Ci sono altri stranieri, quasi tutti i giocatori capiscono abbastanza l’inglese. L’aria è buona. Finora mi sono divertito. Da questo punto di vista, posso definirmi fortunato: ho sempre avuto compagni di squadra in gamba. Gente con cui è facile e piacevole stare insieme. Le vittorie nascono nello spogliatoio prima che sul campo. Se questa squadra è prima in classifica malgrado i problemi avuti durante la preparazione - infortuni, malanni, l’assenza del coach... - sta a significare che ha grandissimi valori. Vincere il campionato è l’obiettivo a breve scadenza. Per il resto, voglio semplicemente continuare a giocare a rugby. Ho conosciuto il superprofessionismo, adesso sto girando il mondo. E mi piace. Molto. Desidero godermi il più possibile il privilegio di essere un atleta e la possibilità di conoscere posti nuovi e nuova gente».
(02 novembre 2007)
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RUGBY SERIE A - IL PERSONAGGIO
Tom McVerry: «Mi manda Coleman»
Marco Camplone
L’australiano dell’Easy Living L’Aquila
«Esordio, vittoria e primato: magnifico»
L’AQUILA. Se decidesse di percorrere al rovescio il cammino dei sui antenati, probabilmente finirebbe in Irlanda. «Credo che i miei siano partiti da lì, ma non ne ho la certezza. La curiosità sì, quella c’è». Un’occhiata alla cartina geografica e si scopre la contea di Kerry. Un po’ di fantasia, una giocata d’azzardo ed ecco che si può pensare a un cognome frutto di qualche lettera storpiata nel corso dei decenni: McVerry. Tom McVerry, l’australiano. L’ultimo straniero in ordine di apparizione dell’Easy Living L’Aquila, fresca capolista della serie A di rugby.
Il suo arrivo era atteso con tale impazienza dal popolo neroverde che nessuno ha avuto dubbi quando c’è stata la prima meta nel big match con i Cavalieri Prato. «Non l’ho realizzata io, ma Mark Siddons. Capisco l’errore: c’era una fischia furibonda e confusa», svela la terza linea nata a Melbourne, smentendo così anche il tabellino ufficiale della partita. Beh, sarà per la prossima volta. Magari domenica a Benevento. «Esordire con una vittoria, peraltro davanti al mio nuovo pubblico, è stata una bellissima esperienza. Qui c’è l’atmosfera giusta, la competenza di chi è abituato a vedere un buon rugby. La serie A mi sembra una categoria in via di sviluppo. Adesso siamo primi e vogliamo rimanerci. Il gioco? Miglioreremo tantissimo e in breve tempo: i presupposti ci sono tutti». Parola di un atleta forgiato nel Super 14 e nel Super 12, leghe dove si cimentano le migliori formazioni australiane, neozelandesi e sudafricane. «Ho fatto un’esperienza anche in Giappone e conto di tornarci in estate, quando verrà chiusa la parentesi aquilana. Meglio specificare: scadrà il contratto che ho firmato. Se le cose saranno andate bene e se io e L’Aquila lo riterremo opportuno, potremo firmarne un altro». Mai dire mai, insomma.
Nell’Easy Living è arrivato grazie all’interessamento di Darren Coleman, coach che conosce bene la realtà australiana. «Non ho avuto il minimo dubbio, quando mi è stata offerta l’Italia. Per me, il rugby non è solo agonismo. Ho l’opportunità di girare il mondo e conoscerlo: non me la voglio lasciare sfuggire. All’Italia, poi, bisogna riconoscere un fascino particolarissimo. Sono cattolico e, alla prima occasione, andrò a Roma per visitare il Vaticano. Incontrare il papa? Sarebbe fantastico».
La prepotenza dell’autunno aquilano si abbatte sul campo dell’Acquasanta. Pioggia. Freddo. McVerry è in pantaloncini corti, come quasi tutti i compagni di squadra. Guardarlo fa pensare a una sfida perché lui vive nel Queensland, che significa sole, spiaggie magnifiche, deserti infuocati e foreste lussureggianti. «Queste condizioni climatiche sono nuove per me, ma non mi spaventano. Anzi, sogno un bianco Natale come nelle favole. Io non ho mai vissuto un inverno degno di questo nome». Magari è il richiamo delle origini irlandesi.
L’enorme botola della lingua italiana lo risucchia appena prova ad avvicinarsi. «Fabiloso». Favoloso. E’ l’aggettivo che utilizza per definire lo spogliatoio trovato all’Aquila. «Ci sono altri stranieri, quasi tutti i giocatori capiscono abbastanza l’inglese. L’aria è buona. Finora mi sono divertito. Da questo punto di vista, posso definirmi fortunato: ho sempre avuto compagni di squadra in gamba. Gente con cui è facile e piacevole stare insieme. Le vittorie nascono nello spogliatoio prima che sul campo. Se questa squadra è prima in classifica malgrado i problemi avuti durante la preparazione - infortuni, malanni, l’assenza del coach... - sta a significare che ha grandissimi valori. Vincere il campionato è l’obiettivo a breve scadenza. Per il resto, voglio semplicemente continuare a giocare a rugby. Ho conosciuto il superprofessionismo, adesso sto girando il mondo. E mi piace. Molto. Desidero godermi il più possibile il privilegio di essere un atleta e la possibilità di conoscere posti nuovi e nuova gente».
(02 novembre 2007)
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