franzele ha scritto:Scusate se mi intrometto, l'articolo irlandese che ci critica e critica ancora più pesantemente la gestione "politica" del rugby tricolore mi sembra velato dalla solita supponenza anglosassone, loro ingrediente irrinunciabile, ma nella sostanza non mi pare che abbiano pisciato tanto fuori dal boccale. In particolare quando si parla della inspiegabile assenza di ogni programmazione per quanto riguarda la ricerca/costruzione di un giocatore chiave come l'apertura.
Togliendo dalla discussione qualsiasi riferimento al sovrannaturale (in sintesi estrema: sappiamo tutti che in fondo è anche questione di c***) e rimanendo nel recinto di "quello che si può e si deve fare", considerati i risultati e analizzando i percorsi che li hanno determinati, potremmo dire che nell'ultimo (grosso modo) decennio chi doveva fare, muovere, decidere, programmare, in realtà e a conti fatti non ha combinato un beato...nulla, affidandosi con scarsa fortuna al già citato fattore "sovrannaturale" e a qualche ideuzza es-temporanea, se non addirittura es-otica, comunque quasi sempre es-terofila.
I risultati sono sotto gli occhi di tutto il mondo e a questo punto non li considero neanche più giustificabili, tale e tanta è la mancanza di un qualsiasi tipo di intelligenza applicata al problema, che quindi è lì, assolutamente irrisolto. Domanda: esiste una soluzione? Io mi rispondo sì, e nell'abrasivo articolo irlandese trovo confermate alcune considerazioni fatte da me e da altri, magari davanti una birra post allenamento (implicita auto dichiarazione di competenza appassionata, ma sui generis, ai confini con l'In-competenza).
Esempio: Campagnaro ha 18/19 anni, è da quando è un under 12 che ne sento parlare benissimo, c'è stato chi me lo ha descritto come un fenomeno, un predestinato, occhi appassionati e forse un po' troppo entusiasti lo hanno visto quattordicenne come "un futuro capitano della nazionale". Apertura, ottimo calcio, forza fisica fuori dalla norma, carattere, determinazione, estro. E udite udite... Intelligenza.
Un caso come potrebbero essercene quanti altri in una generazione? Quanti quattordicenni c'erano così in Italia quattro anni fa? Solo uno? Cinque? Quindici? Non lo so. E secondo me non lo sa neanche la federescion che, invece di programmare un percorso di crescita personalizzato, allenamenti personalizzati, tutoraggio, seminari in Italia e all'estero ( sei la FIR, hai un sacco di soldi e potere, non riesci a coltivare un ragazzo molto dotato meglio di come riesci a coltivare i tuoi mercanteggi e la tua corte?), si limita all'elezione in accademia e al minimo sindacale di una esperienza in un campionato non propriamente eccelso come la serie A nostrana. Mi viene in mente lui, ma secondo me ce ne sono altri, che andrebbero seguiti con professionalità, intelligenza devozione, ci vuole, ma intendo dire ci voleva, un "progetto apertura" invece di quella incommensurabile castronata del "progetto statura", forse ancora meglio ci sarebbe voluto un "progetto materia grigia" per una dirigenza tecnica e ahimè politica di trascurabilissima levatura.
La differenza, soprattutto quando si parla di raggiungere risultati, la si fa con le buone idee, con la competenza, con l'intelligenza e la capacità di portare a termine buoni progetti, in una parola direi: onestà, eliminando qualsiasi traccia di marciume politicheggiante, compromissorio e, sempre in una parola: disonesto, che però è forse il dato più evidente e tristemente ineluttabile della nostra classe dirigente, rugbistica e non.
Era inevitabile finire su questi binari e nonostante mi fossi ripromesso di soprassedere, questo ultimo commento mi spinge ad una prima obiezione.
La premessa che fai è indiscutibile, ma il tema vero è, a chi deve essere assegnata effettivamente la responsabilità di questa situazione?
Ora, i principali, se non tutti, club di rugby di alto livello, diciamo dall’eccellenza in su, ma potremmo tranquillamente tirare dentro anche le categorie A e, ovviamente le due franchigie, hanno organizzato all’interno della loro struttura una sorta di accademia giovanile, chi riconosciuta ed appoggiata direttamente dalla FIR e chi un po’ meno, ma tutte pienamente rientranti nel programma didattico assoggettato all’ombrello della Federazione che sponsorizza, comunque, in qualche misura tali iniziative.
Ora, vogliamo analizzare le soluzioni adottate da alcuni dei principali di questi club nelle abituali scelte fatte per la copertura dell’apertura nei rispettivi campionati in corso, bene (vado un po’ a memoria):
Pro12
• Treviso – Burton, australiano e De Waal, sudafricano oltre a Di Bernardo, argentino
• Aironi – Orquera, argentino e Olivier, sudafricano
Eccellenza
• Petraca Padova – Hickey, irlandese e Walsh, australiano
• Rovigo – Bustos, argentino e Duca, italiano
• Mogliano – Cornwell, inglese
• Reggio - Griffiths, inglese e Halse, neozelandese
• Aquila - Loki Crichton, neozelandese
A1
• Rugby Lyons - Kelly Haimona, neozelandese
• Grande Milano - Gerhard Boshoff, inglese (se non sbaglio)
• Modena Rugby - Naude Japie – sudafricano
Forse, l’analisi può sembrare superficiale, ma posso assicurare che anche in altre formazioni di A è possibile trovare l’impiego di stranieri nella copertura dell’apertura.
Possibile che con così tante accademie nessuna abbia saputo far crescere aperture degne di poter competere con questi giocatori stranieri, c’è un problema di programmi svolti in queste accademie o è un problema genetico della natura italica che non permette la crescita di buoni giocatori in questo ruolo tanto da far richiedere dai club sempre l’aiuto oltrefrontiera,
o è la FIR che ogni volta che intravede qualche vaga speranza invia qualche suo federale ad eliminare fisicamente l’impiccio o, piuttosto, il problema, mai risolto in Italia (e non solo nel rugby), è anche di permanente esterofilia di manager che non si fidano di far giocare qualche giovane italiano, tra l'altro molti di questi che dirigono queste squadre non sono nenache italiani?
Ora, pensiamo davvero si possano escludere i principali motori del movimento rugbystico nazionale, cioè i club che competono nei principali campionati nazionali di questo sport, dalla responsabilità di questa carenza programmatica e di attenzione, nonché sensibilità (leggi menefreghismo) al tema, vogliamo dimenticare le tanto criticate
goffe, riconosco, iniziative della FIR per cercare un po’ di ingessare l’autonomia dei team nell’articolare norme che impedissero/incentivassero l’impiego di aperture italiane.
Cos’altro dovrebbe/potrebbe fare una Federazione di fronte a così tanto e ripetuto impiego di stranieri.
Io credo che tutto il movimento italiano di debba fare un po’ il mea culpa, ad ogni livello, e tirarsi su, finalmente, le maniche per lavorare tutti assieme nella stessa direzione se si vuole veramente limitare critiche come quelle dei soloni giornalisti celtici.