Poca testa!
Moderatore: Emy77
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cke-Angel
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Anche io ritengo che il problema non sia lo psicologo o il cuoco o l'astrologo ecc ecc ma sia la mancanza di abitudine a giocare ad un certo livello con costanza. E' questa abitudine che ti dà la capacità di essere sempre concentrato al massimo per tutta la partita.
Per quanto riguarda il ruolo dei "motivatori" nello sport moderno e della presunta "scientificità" di alcuni comportamenti vorrei citare un episodio di qualche anno fà:
1992, campionato europeo di calcio, la Danimarca partecipa agli Europei perché ripescata al posto della Jugoslavia, squalificata per la guerra scoppiata nei Balcani. Sembra una partecipazione di comodo, con i giocatori che a pochi giorni dall’inizio della manifestazione vengono richiamati dalle spiagge, dal sole e dalle vacanze… eppure vincono.....
morale della favola forse qualche volta è più utile avere la testa meno stressata, pensare a giocare come sai senza troppe pressioni e sei hai delle buone basi i risultati arrivano.
Per quanto riguarda il ruolo dei "motivatori" nello sport moderno e della presunta "scientificità" di alcuni comportamenti vorrei citare un episodio di qualche anno fà:
1992, campionato europeo di calcio, la Danimarca partecipa agli Europei perché ripescata al posto della Jugoslavia, squalificata per la guerra scoppiata nei Balcani. Sembra una partecipazione di comodo, con i giocatori che a pochi giorni dall’inizio della manifestazione vengono richiamati dalle spiagge, dal sole e dalle vacanze… eppure vincono.....
morale della favola forse qualche volta è più utile avere la testa meno stressata, pensare a giocare come sai senza troppe pressioni e sei hai delle buone basi i risultati arrivano.
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pulici
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non capisco l'esempio...cke-Angel ha scritto:Anche io ritengo che il problema non sia lo psicologo o il cuoco o l'astrologo ecc ecc ma sia la mancanza di abitudine a giocare ad un certo livello con costanza. E' questa abitudine che ti dà la capacità di essere sempre concentrato al massimo per tutta la partita.
Per quanto riguarda il ruolo dei "motivatori" nello sport moderno e della presunta "scientificità" di alcuni comportamenti vorrei citare un episodio di qualche anno fà:
1992, campionato europeo di calcio, la Danimarca partecipa agli Europei perché ripescata al posto della Jugoslavia, squalificata per la guerra scoppiata nei Balcani. Sembra una partecipazione di comodo, con i giocatori che a pochi giorni dall’inizio della manifestazione vengono richiamati dalle spiagge, dal sole e dalle vacanze… eppure vincono.....
morale della favola forse qualche volta è più utile avere la testa meno stressata, pensare a giocare come sai senza troppe pressioni e sei hai delle buone basi i risultati arrivano.
inoltre quella squadra era ricca di giocatori con fortissime motivazioni personali.
Sono d'accordo con GiorgioXT sul fatto che gli U21 giochino pochi match SPERIAMO CHE LA FIR ponga rimedio.
Quelli della nazionale A invece non hanno scusanti...
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robb
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GiorgioXT ha scritto:Tutto molto interessante ... non scherzo , molta filosofia.
Però stiamo parlando di attività complementari e integrative cose utili e che possono certamente dare quel 5% di rendimento in più...(e per favore, non confrontiamo sport individuali e disquadra, se non non ne usciamo più...) quando il problema evidente é nelle POCHE PARTITE GIOCATE ! ripeto, a parte 2 o 3 elementi che giocano nel S10 (e qualcuno direbbe che comunque il livello é basso) gli altri U20 quante partite hanno giocato questa stagione con le proprie squadre? quante partite da 50/100 punti di distacco e quante giocate "alla morte" ? fin che non affrontiamo QUESTO problema continueremo a fare ..filosofia
Credo tu abbia fondamentalmente ragione!
Detto questo , ritengo che più in generale(qualità delle formazioni /giocatori Italiani nelle rispettive nazionali) ci un problema che potremmo definire"Darwiniano" o di evoluzione della specie.
Più precisamente in considerazione che l'evoluzione è sempre dettata da una necessità di miglioramento,e che il livello degli attuali campionati nazionali ,dal S10 al U20 non lo richiede,la specie giocatori nazionali fatica ad evolversi/migliorare perche non necessario.
A controprova di quanto affermato possono essere considerati i notevoli miglioramenti conseguiti dai giocatori nazionali quando sottoposti all'impegno del confronto con campionati esteri che sicuramente richiedono per "sopravvivere" determinate qualità, anche psichiche ,che qui da noi non sono necessarie.
Detto questo che fare? le soluzioni possibli sono due:
-incoraggiare l'andata all'estero dei nostri giocatori per poi avere di ritorno dei giocatori "evoluti";
-trovare un sitema per conseguire "l'evoluzione " dei campionati nazionali( Celtic League, Selezioni, Professionismo "serio" dei club,ristrutturazione dei campionati ecc..ecc per permettere ai nostri giocatori di "evolversi" in casa.
Personalmente preferisco la seconda soluzione perche ritengo possa agire da trascinamento per tutto il movimento nazionale.
Ritengo che anche la F.I.R. dovrebbe essere di questa idea .....o no????
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pam
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Surfo sull'onda sollevata da robb:
cosa deve fare, secondo Te, un ragazzo di 18-19 anni oggi in Italia?
Decidere di stare nel club e rinunciare all'accademia, scontentando ovviamente la FIR e i suoi allenatori di nazionale oppure lasciare il club che sta investendo in grossi progetti (vedi Viadana, tanto per fare un esempio) e andare all'accademia di Tirrenia, rischiando di non giocare la domenica in campionato?
Perchè l'evoluzione che oggi i grossi club stanno finalmente applicando ai loro settori giovanili pare debba necessariamente passare per un duello rusticano?
Cui prodest questa sfida all'Ok Corral? Non ci sono i rinovi dei vertici FIR previsti a breve, allora?
La cosa mi lascia molto molto perplesso: tutti si lamentano che la FIR non fa l'accademia e quando la fa, in molti la..."snobbano". Allora non è un problema di metodo, bensì di merito. Perchè? Se qualcuno non è d'accordo su come viene impostata l'accademia, perchè non lo dice?
Sono naif, vero?
pam
cosa deve fare, secondo Te, un ragazzo di 18-19 anni oggi in Italia?
Decidere di stare nel club e rinunciare all'accademia, scontentando ovviamente la FIR e i suoi allenatori di nazionale oppure lasciare il club che sta investendo in grossi progetti (vedi Viadana, tanto per fare un esempio) e andare all'accademia di Tirrenia, rischiando di non giocare la domenica in campionato?
Perchè l'evoluzione che oggi i grossi club stanno finalmente applicando ai loro settori giovanili pare debba necessariamente passare per un duello rusticano?
Cui prodest questa sfida all'Ok Corral? Non ci sono i rinovi dei vertici FIR previsti a breve, allora?
La cosa mi lascia molto molto perplesso: tutti si lamentano che la FIR non fa l'accademia e quando la fa, in molti la..."snobbano". Allora non è un problema di metodo, bensì di merito. Perchè? Se qualcuno non è d'accordo su come viene impostata l'accademia, perchè non lo dice?
Sono naif, vero?
pam
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robb
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- Iscritto il: 18 set 2003, 0:00
Caro Pam leggo tanta amarezza nelle tue parole, ti comprendo, credo sinceramente che tu abbia ragione questo mondo ,rugby Italiano ,è in un momento di passaggio e credo non riesca a dare certezze a nessuno , ed onestamente è anche difficile capire se la situazione evolverà verso un professionismo maturo o che cosa ,per i nostri ragazzi è difficile individuare la via giusta.pam ha scritto:Surfo sull'onda sollevata da robb:
cosa deve fare, secondo Te, un ragazzo di 18-19 anni oggi in Italia?
Decidere di stare nel club e rinunciare all'accademia, scontentando ovviamente la FIR e i suoi allenatori di nazionale oppure lasciare il club che sta investendo in grossi progetti (vedi Viadana, tanto per fare un esempio) e andare all'accademia di Tirrenia, rischiando di non giocare la domenica in campionato?![]()
Perchè l'evoluzione che oggi i grossi club stanno finalmente applicando ai loro settori giovanili pare debba necessariamente passare per un duello rusticano?
Cui prodest questa sfida all'Ok Corral? Non ci sono i rinovi dei vertici FIR previsti a breve, allora?
La cosa mi lascia molto molto perplesso: tutti si lamentano che la FIR non fa l'accademia e quando la fa, in molti la..."snobbano". Allora non è un problema di metodo, bensì di merito. Perchè? Se qualcuno non è d'accordo su come viene impostata l'accademia, perchè non lo dice?
Sono naif, vero?![]()
pam
Il discorso dell'Hdemia è piuttosto difficile da affrontare non avendo chiaro cosa realmente offre afronte dei sacrifici che sicuramente richiede,credo che sia un discorso un pò delicato che forse è meglio affrontare con un msg privato .
ciao con affetto robb.
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GiorgioXT
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Tra l'altro il ragazzo in questione dovrà mollare scuola amici e tutto il resto ... niente di trascendentale, già lo hanno sempre fatto gli allievi ufficiali nelle varie scuole ed accademie , ma lì ci si costruisce realmente un futuro.pam ha scritto:Surfo sull'onda sollevata da robb:
cosa deve fare, secondo Te, un ragazzo di 18-19 anni oggi in Italia?
Decidere di stare nel club e rinunciare all'accademia, scontentando ovviamente la FIR e i suoi allenatori di nazionale oppure lasciare il club che sta investendo in grossi progetti (vedi Viadana, tanto per fare un esempio) e andare all'accademia di Tirrenia, rischiando di non giocare la domenica in campionato?![]()
Sono comunque favorevole all'accademia come un momento di sviluppo ;sono altrettanto convinto che fare SOLO l'accademia sia come cercare di far star su una sedia con due gambe solo.... se non facciamo ANCHE crescere il livello qualitativo dei club nelle giovanili, specie quelli del S10 , cosa ce ne faremo dei 14/18 ragazzi che nella migliore delle ipotesi usciranno dall'accademia fra tre anni? li mandiamo direttamente in nazionale?
La risposta a tanti nostri problemi di gioco secondo si può leggere nei bei interventi del thread "Finali Under" nella sezione giovanile : si arriva alle semifinali avendo giocato troppo poche partite e troppo facili.
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marcofk
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marcofk
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Piú seriamente: la mia esperienza personale é pre-rugbystica. Giocavo a pallavolo in seconda divisione dopo aver fatto un anno allenandomi con una squadra di C2 ed essermi allenato per un paio di mesi nelle giovanili dell'allora Gabeca Montichiari (all'epoca capace, con la prima squadra, di vincere due Coppe europee in successione). Non ero un fenomeno, ma ero almeno un paio di categorie sopra ai miei compagni di squadra di seconda divisione dal punto di vista strettamente tecnico. Ironicamente, quasi tutti i titolari erano ex rugbysti. La cosa che, per i due anni che passai con quella squadra, non riuscivo a mandar giú era il fatto che, pur essendo tecnicamente ed atleticamente uno dei migliori, non riuscivo a conquistarmi un posto in prima squadra, a dispetto dell'impegno messo in allenamento. Da buon italiano
pensai ad un complotto, a favoritismi nei confronti della vecchia guardia (un alzatore indecente in particolare) ed al terrore da parte dell'allenatore di correre dei rischi (essendomi allenato in C2, ero stato incoraggiato, in passato a rischiare i colpi in allenamento per migliorarne l'accuratezza tecnica: in seconda divisione la regola é "Palla difficile, fai pallonetto"). Dieci anni dopo aver abbandonato la pallavolo (con mio enorme dispiacere), sono finalmente riuscito a guardare in faccia la realtá: senza troppa pressione ero un giocatore decisamente migliore rispetto ai miei compagni, ma non appena c'era da giocare un punto che contava, io sistematicamente sbagliavo, a prescindere dal rischio che prendevo. La cosa, probabilmente, sará stata accentuata dal fatto che ero poco abituato a stare in campo in quei momenti, ma il fatto rimane che non serve a niente essere Baggio (scusate il riferimento calcistico) se il rigore decisivo lo spari sopra la traversa (ed io avrei fatto la fortuna dei cacciatori di souvenir seduti in curva...) . Certamente, l'abitudine ad affrontare certe situazioni aiuta a ridurre i casi di "braccino" o "choking" come si dice in Italia, peró resta il fatto che una certa fragilitá psicologica é impossibile da eliminare. Certo, uno psicologo puó far vincere a Rocca 6 slalom in una stagione, ma non lo fará mai diventare un Tomba.
Per quanto riguarda il rugby italiano il problema é doppio: da un lato in Italia siamo culturalmente portati ad esaltare chi rischi non ne corre, chi gioca sul sicuro, in campo come nella vita. Questo comporta una tendenza ad essere prevedibili nei momenti di difficoltá (quando una scelta rischiosa puó ribaltare un risultato sfavorevole, e piú si é abituati al rischio piú possibilitá ci sono che il rischio paghi). Dall'altro, nel rugby in particolare, ma anche in altri sport di squadra, la palla che scotta finisce quasi sempre in mano ad uno straniero. Per fare un altro esempio calcistico: ad un certo punto Del Piero e Zidane erano considerati ugualmente forti, ma poiché Zidane era quello che portava palla e Del Piero finalizzava e basta, nel tempo uno (Zidane) é diventato uno dei giocatori piú forti al mondo non tanto in virtú della sua tecnica individuale (formidabile, ma non piú di quella di un buon numero di altri giocatori) ma per la sua capacitá di essere decisivo, mentre l'altro (Del Piero) a 31 anni suonati non si sá ancora cosa sia.
A mio avviso, la soluzione é duplice: da un lato prediligere i giocatori di carattere su quelli piú "tecnici" e "fisici", purché la differenza tecnica non sia enorme, dall'altro operare, in termini di politica federale, al fine di far abituare i nostri giocatori a giocare sotto maggior pressione e con maggiori responsabilitá (leggi: tornei equilibrati e competitivi, pochi stranieri a togliere le castagne dal fuoco, se non in assoluto, almeno quando si tratta di giocare punti decisivi). Chiaramente, come implementare queste riforme é il soggetto di un'altra semi-infinita serie di thread e se ne puó parlare nei luoghi piú opportuni. Peró, per rispondere all'obiezione iniziale: uno psicologo puó essere piú utile a migliorare il rendimento medio di un atleta (vedasi esempio di Rocca), ma nei momenti che contano, il massimo che puó ottenere é un rendimento casuale (fifty/fifty) piú che una sicurezza. Alla fine, sono sempre quelli con le palle che vincono le partite che contano, non quelli che fanno solo le giocate spettacolari. E abbiamo bisogno di un po' piú gente con le palle per fare il salto di qualitá.
Per quanto riguarda il rugby italiano il problema é doppio: da un lato in Italia siamo culturalmente portati ad esaltare chi rischi non ne corre, chi gioca sul sicuro, in campo come nella vita. Questo comporta una tendenza ad essere prevedibili nei momenti di difficoltá (quando una scelta rischiosa puó ribaltare un risultato sfavorevole, e piú si é abituati al rischio piú possibilitá ci sono che il rischio paghi). Dall'altro, nel rugby in particolare, ma anche in altri sport di squadra, la palla che scotta finisce quasi sempre in mano ad uno straniero. Per fare un altro esempio calcistico: ad un certo punto Del Piero e Zidane erano considerati ugualmente forti, ma poiché Zidane era quello che portava palla e Del Piero finalizzava e basta, nel tempo uno (Zidane) é diventato uno dei giocatori piú forti al mondo non tanto in virtú della sua tecnica individuale (formidabile, ma non piú di quella di un buon numero di altri giocatori) ma per la sua capacitá di essere decisivo, mentre l'altro (Del Piero) a 31 anni suonati non si sá ancora cosa sia.
A mio avviso, la soluzione é duplice: da un lato prediligere i giocatori di carattere su quelli piú "tecnici" e "fisici", purché la differenza tecnica non sia enorme, dall'altro operare, in termini di politica federale, al fine di far abituare i nostri giocatori a giocare sotto maggior pressione e con maggiori responsabilitá (leggi: tornei equilibrati e competitivi, pochi stranieri a togliere le castagne dal fuoco, se non in assoluto, almeno quando si tratta di giocare punti decisivi). Chiaramente, come implementare queste riforme é il soggetto di un'altra semi-infinita serie di thread e se ne puó parlare nei luoghi piú opportuni. Peró, per rispondere all'obiezione iniziale: uno psicologo puó essere piú utile a migliorare il rendimento medio di un atleta (vedasi esempio di Rocca), ma nei momenti che contano, il massimo che puó ottenere é un rendimento casuale (fifty/fifty) piú che una sicurezza. Alla fine, sono sempre quelli con le palle che vincono le partite che contano, non quelli che fanno solo le giocate spettacolari. E abbiamo bisogno di un po' piú gente con le palle per fare il salto di qualitá.
"It ain't over till the fat man spins!" - David Gower, 2005
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robb
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Sono in gran parte d'accordo con te Marcofk, quindi proporrei di aprire un nuovo Thread daltitolo inequivocabile:marcofk ha scritto:Piú seriamente: la mia esperienza personale é pre-rugbystica. Giocavo a pallavolo in seconda divisione dopo aver fatto un anno allenandomi con una squadra di C2 ed essermi allenato per un paio di mesi nelle giovanili dell'allora Gabeca Montichiari (all'epoca capace, con la prima squadra, di vincere due Coppe europee in successione). Non ero un fenomeno, ma ero almeno un paio di categorie sopra ai miei compagni di squadra di seconda divisione dal punto di vista strettamente tecnico. Ironicamente, quasi tutti i titolari erano ex rugbysti. La cosa che, per i due anni che passai con quella squadra, non riuscivo a mandar giú era il fatto che, pur essendo tecnicamente ed atleticamente uno dei migliori, non riuscivo a conquistarmi un posto in prima squadra, a dispetto dell'impegno messo in allenamento. Da buon italianopensai ad un complotto, a favoritismi nei confronti della vecchia guardia (un alzatore indecente in particolare) ed al terrore da parte dell'allenatore di correre dei rischi (essendomi allenato in C2, ero stato incoraggiato, in passato a rischiare i colpi in allenamento per migliorarne l'accuratezza tecnica: in seconda divisione la regola é "Palla difficile, fai pallonetto"). Dieci anni dopo aver abbandonato la pallavolo (con mio enorme dispiacere), sono finalmente riuscito a guardare in faccia la realtá: senza troppa pressione ero un giocatore decisamente migliore rispetto ai miei compagni, ma non appena c'era da giocare un punto che contava, io sistematicamente sbagliavo, a prescindere dal rischio che prendevo. La cosa, probabilmente, sará stata accentuata dal fatto che ero poco abituato a stare in campo in quei momenti, ma il fatto rimane che non serve a niente essere Baggio (scusate il riferimento calcistico) se il rigore decisivo lo spari sopra la traversa (ed io avrei fatto la fortuna dei cacciatori di souvenir seduti in curva...) . Certamente, l'abitudine ad affrontare certe situazioni aiuta a ridurre i casi di "braccino" o "choking" come si dice in Italia, peró resta il fatto che una certa fragilitá psicologica é impossibile da eliminare. Certo, uno psicologo puó far vincere a Rocca 6 slalom in una stagione, ma non lo fará mai diventare un Tomba.
Per quanto riguarda il rugby italiano il problema é doppio: da un lato in Italia siamo culturalmente portati ad esaltare chi rischi non ne corre, chi gioca sul sicuro, in campo come nella vita. Questo comporta una tendenza ad essere prevedibili nei momenti di difficoltá (quando una scelta rischiosa puó ribaltare un risultato sfavorevole, e piú si é abituati al rischio piú possibilitá ci sono che il rischio paghi). Dall'altro, nel rugby in particolare, ma anche in altri sport di squadra, la palla che scotta finisce quasi sempre in mano ad uno straniero. Per fare un altro esempio calcistico: ad un certo punto Del Piero e Zidane erano considerati ugualmente forti, ma poiché Zidane era quello che portava palla e Del Piero finalizzava e basta, nel tempo uno (Zidane) é diventato uno dei giocatori piú forti al mondo non tanto in virtú della sua tecnica individuale (formidabile, ma non piú di quella di un buon numero di altri giocatori) ma per la sua capacitá di essere decisivo, mentre l'altro (Del Piero) a 31 anni suonati non si sá ancora cosa sia.
A mio avviso, la soluzione é duplice: da un lato prediligere i giocatori di carattere su quelli piú "tecnici" e "fisici", purché la differenza tecnica non sia enorme, dall'altro operare, in termini di politica federale, al fine di far abituare i nostri giocatori a giocare sotto maggior pressione e con maggiori responsabilitá (leggi: tornei equilibrati e competitivi, pochi stranieri a togliere le castagne dal fuoco, se non in assoluto, almeno quando si tratta di giocare punti decisivi). Chiaramente, come implementare queste riforme é il soggetto di un'altra semi-infinita serie di thread e se ne puó parlare nei luoghi piú opportuni. Peró, per rispondere all'obiezione iniziale: uno psicologo puó essere piú utile a migliorare il rendimento medio di un atleta (vedasi esempio di Rocca), ma nei momenti che contano, il massimo che puó ottenere é un rendimento casuale (fifty/fifty) piú che una sicurezza. Alla fine, sono sempre quelli con le palle che vincono le partite che contano, non quelli che fanno solo le giocate spettacolari. E abbiamo bisogno di un po' piú gente con le palle per fare il salto di qualitá.
POCHE PALLE !!! .vista la tua primogenitura ,a te l'onore !!!
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napocapo
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- Iscritto il: 30 set 2003, 0:00
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In effetti, la scuola l'ha fatta il basket: con solo due stranieri, anche gli italiani dovevano prendersi i loro rischi: ora no.
ed in tutti gli sport.
prima con solo 2 stranieri, prendevi al massimo un n.8 e l'apertura, con il pensiero di avere qualcuno di livello simile in caso di indisponibilità.
ora , complice la sentenza bosman, il professionismo e quant'altro, tutti possono giocare dappertutto.
in italia, lungi dall'esportare calciatori (unica merce abbondante e mediamente di alto livello) e/o pallavolisti, abbiamo esportato qualche cestista buono e niente altro, sino all'emigrazione di massa dei nazionali rugbistici (equiparati e non ) all'estero, E SOLO PERCHè + ECONOMICI dei corrispettivi locali.
il punto sembra essere centrato: poche palle in senso metaforico perchè gestiscono poche palle (in senso fisico) pesanti, importanti, decisive. E torno alle motivazioni: la naziuonale A ha pareggiato (!!!!!!!!!!) contro un portogallo che è inferiore.
Ma da tabellino si evince che abbiamo fatto 14 punti (su 26) negli ultimi 5'.
Se si fossero svegliati prima .... o se avessero fatto finire prima la benzina ai portoghesi .......
ma con i se non si va alla mola.
senza testarsi in impegni al limite, il limite non si sposta in avanti.
come ad Aosta (vero, pam?)
ed in tutti gli sport.
prima con solo 2 stranieri, prendevi al massimo un n.8 e l'apertura, con il pensiero di avere qualcuno di livello simile in caso di indisponibilità.
ora , complice la sentenza bosman, il professionismo e quant'altro, tutti possono giocare dappertutto.
in italia, lungi dall'esportare calciatori (unica merce abbondante e mediamente di alto livello) e/o pallavolisti, abbiamo esportato qualche cestista buono e niente altro, sino all'emigrazione di massa dei nazionali rugbistici (equiparati e non ) all'estero, E SOLO PERCHè + ECONOMICI dei corrispettivi locali.
il punto sembra essere centrato: poche palle in senso metaforico perchè gestiscono poche palle (in senso fisico) pesanti, importanti, decisive. E torno alle motivazioni: la naziuonale A ha pareggiato (!!!!!!!!!!) contro un portogallo che è inferiore.
Ma da tabellino si evince che abbiamo fatto 14 punti (su 26) negli ultimi 5'.
Se si fossero svegliati prima .... o se avessero fatto finire prima la benzina ai portoghesi .......
ma con i se non si va alla mola.
senza testarsi in impegni al limite, il limite non si sposta in avanti.
come ad Aosta (vero, pam?)
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pam
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- Iscritto il: 6 mag 2003, 0:00
napocapo ha scritto:In effetti, la scuola l'ha fatta il basket: con solo due stranieri, anche gli italiani dovevano prendersi i loro rischi: ora no.
ed in tutti gli sport.
prima con solo 2 stranieri, prendevi al massimo un n.8 e l'apertura, con il pensiero di avere qualcuno di livello simile in caso di indisponibilità.
ora , complice la sentenza bosman, il professionismo e quant'altro, tutti possono giocare dappertutto.
in italia, lungi dall'esportare calciatori (unica merce abbondante e mediamente di alto livello) e/o pallavolisti, abbiamo esportato qualche cestista buono e niente altro, sino all'emigrazione di massa dei nazionali rugbistici (equiparati e non ) all'estero, E SOLO PERCHè + ECONOMICI dei corrispettivi locali.
il punto sembra essere centrato: poche palle in senso metaforico perchè gestiscono poche palle (in senso fisico) pesanti, importanti, decisive. E torno alle motivazioni: la naziuonale A ha pareggiato (!!!!!!!!!!) contro un portogallo che è inferiore.
Ma da tabellino si evince che abbiamo fatto 14 punti (su 26) negli ultimi 5'.
Se si fossero svegliati prima .... o se avessero fatto finire prima la benzina ai portoghesi .......
ma con i se non si va alla mola.
senza testarsi in impegni al limite, il limite non si sposta in avanti.
come ad Aosta (vero, pam?)
GRANDE NAPO!!!!
Permettimi solo una domanda retorica: secondo Te fanno più fatica i ns. che vanno a giocare all'estero, dove devono "portar via" il posto ad un "locale" o quelli che rimangono qui a fare i primi della classe?
Io non credo che i ns. vadano all'estero per i soldi di oggi, ma per investire su sè stessi e domani, senz'altro, gadagnare di più. Ma è denaro che avranno solo se oggi si fanno un MAZZO COSI'.
Un pò come la ns. stella, che ci diede qualche privilegio e beneficio economico...dopo che per averla ci siamo mangiati quintali di merda, sbaglio?
buona serata
pam
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napocapo
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- Località: avezzano
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MT
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Concordo!pam ha scritto:
GRANDE NAPO!!!!
Permettimi solo una domanda retorica: secondo Te fanno più fatica i ns. che vanno a giocare all'estero, dove devono "portar via" il posto ad un "locale" o quelli che rimangono qui a fare i primi della classe?
Io non credo che i ns. vadano all'estero per i soldi di oggi, ma per investire su sè stessi e domani, senz'altro, gadagnare di più. Ma è denaro che avranno solo se oggi si fanno un MAZZO COSI'.
Un pò come la ns. stella, che ci diede qualche privilegio e beneficio economico...dopo che per averla ci siamo mangiati quintali di merda, sbaglio?
buona serata
pam
Basta vedere le "condizioni" del S10 e capisci come mai i nostri vadano a giocare all'estero: non per i soldi ma per crescere.
E ci vuole anche un bel coraggio a lasciare un posto sicuro da titolare per uno che ti devi guadagnare.
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lupobravi
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