mariemonti ha scritto:
A me sembra che qui lo si accusi proprio del contrario.
Lo accusano di aver voluto fare "qualcosa di diverso". Qui si critica il principio delle accademie federali (bada bene, non si criticano SOLO le persone, ma si critica proprio l'idea di un controllo tecnico dell'alto livello da parte della federazione) quando è stato proprio un tentativo di fare qualcosa di diverso perchè il settore giovanile sia pure con alti e bassi non progrediva.
La Celtic League non è "qualcosa di diverso"? Anche qui, critiche a non finire. Però i problemi economici delle franchigie non sono certo di responsabilità di Dondi mentre l'aiuto tecnico è stato gentilmente rifiutato da parte delle franchigie (salvo poi accettarlo troppo tardi da parte degli Aironi). Adesso vedremo le Zebre. Se otterranno anche solo una vittoria in più degli Aironi, sarà un altro bel successo, perché il budget è molto più basso (a quanto ha detto Dondi) rispetto a quello degli Aironi.
Il nodo è qui. Qualcuno vuole fare la rivoluzione quando invece basterebbe cambiare qualche personaggio in qualche ruolo-chiave. Avrei valutato qualsiasi altra candidatura di personaggi di spicco magari senza grande esperienza manageriale, tipo Giovanelli o altro. Vedo con favore anche la candidatura di Amore, ma non metterei mai la FIR nelle mani di chi già adesso è la massima potenza del rugby italiano.
Io penso che la critica sia verso questo tipo di accademie e di impostazione di un alto livello più declamato che realizzato.
Illuminante a proposito è il post odierno di Giorgio xt nella discussione
BASTA ACCADEMIE FEDERALI !! ACCADEMIE NEI CLUB !! che cito perchè la condivido totalmente.
Non si può ridurre a diatribe da teatro dei burattini il problema dell'involuzione del rugby italiano nella produzione di talenti dalle giovanili, come non si può cercare di gestire con un dirigismo ideologico e basato sulla sussunzione fra gli eletti di molti signorsì lo sviluppo di un vero confronto con il professionismo nel rugby nostrano.
In realtà ciò che manca a livello giovanile è quello che ben descrive Giorgio; mentre la democrazia e la dialettica nelle scelte federali tecniche e sportive è la base del possibile sviluppo di una massa critica a livello societario e dei giocatori tale da permettere da un lato una minore esterofilia su alcuni ruoli soprattutto e dall'altro una maggiore professionalità nella gestione.
Credo che Dondi abbia capito che, dopo un momento in cui ha dato una spinta propulsiva al rugby italiano, era arrivato per lui come per tutti il momento di passare la mano, prima della decadenza finale. Diciamo che ha deciso di farlo in maniera troppo interventista e, probabilmente, scontando una più o meno volontaria idea padronale di una struttura pubblica. Poteva e, forse, doveva fare altre scelte ed assumere altri comportamenti.