Storia del campionato italiano e del super 10
Moderatore: Emy77
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Per il campionato 1951/52 la federazione decise di riportare a dieci il numero delle squadre partecipanti. E' una stagione che si ricorda per tutta una serie di ragioni. E' il primo campionato in massima divisione della Partenope Napoli e de L'Aquila, due squadre che segneranno profondamente la storia del campionato e del rugby italiano. Per la prima volta Brescia, altra società destinata a recitare un ruolo importante nei decenni successivi, si arrampica ben oltre il centroclassifica ed arriva terzo, con ventun punti. Si ripropone il duello serratissimo, punto a punto, tra Rovigo e Parma, risolto con la vittoria dei rodigini, che chiudono a 31 contro 30. Ma è un campionato che si rammenta soprattutto per quello che succede nel Polesine nel novembre del 1951. Annunciata da perturbazioni atmosferiche violente e continue che a partire dal 10 novembre flagellano in pratica tuttal'Italia del nord, con precipitazioni che ingrossano come mai si era visto Sesia, Ticino, Toce, Brambo, Serio e poi il Po, il 14 il Po tracima ed attraverso le brecce di Vallice, Bosco e Malcantone allaga le campagne polesane, con una massa d'acqua di 6000 mc. al secondo che si sposta verso est e che il giorno 15, dopo il cedimento dell'argine destro di Fossa Polesella, passa nel Canal Bianco ed aggredisce Rovigo, dopo che già Adria, la seconda città del Polesine, e gli altri centri dell'area erano stati travolti dalle acque. Rovigo viene allagata e si registra uno sgombero disperato che assume la connotazione di un doloroso esodo. Nella notte si consuma la tragedia di Frassinelle, dove un camion, partito da Rovigo e stracarico di disperati in fuga verso un altrove creduto più sicuro, si blocca e viene coperto da una massa di acqua e fango. Alcuni si salvano, ma ben ottantaquattro persone, e tra queste molti bambini, trovano una morte atroce. Le opere di soccorso partono con rapidità, corroborate dal contributo, commosso e generoso, di una nazione intera, ma i primi censimenti ed i primi rilievi, mettono nero su bianco le proporzioni della catastrofe. I danni al comparto agricolo, sul quale poggiava l'economia polesana, sono immani e anche le non numerosissime, ma comunque importanti, realtà industriali (specie i sette zuccherific e le otto aziende metalmeccaniche che rappresentavano la voce più consistente del settore secondario) vanno distrutte, così come irreparabili sono i danni arrecati ai pozzi ed alle centrali delle industrie metanifere, che stavano consolidandosi come tra le più importanti d'Italia.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Per una provincia di circa 360.000 abitanti e che, malgrado i primi timidi segnali di ripresa, contava nel 1948 un'eccedenza di mano d'opera, che tra settore agricolo, industriale ed artigianale, di ben 36.000 lavoratori, quei giorni di novembre sono un'inappellabile sentenza di condanna. I giorni successivi alla catastrofe portano allo sfollamento dei centri colpiti e poi ad un'emigrazione di proporzioni bibliche, ad un processo di sradicamento che condurrà le genti polsane in molte zone d'Italia, specie in quelle racchiuse nel triangolo industriale occidentale e capaci e desiderose di assorbire forza lavoro.
Anche il rugby viene inevitabilmente toccato dalla traumatica necessità del dispatrio e da lì a poco alcuni giocatori rossoblu, già in precedenza ricordati, lasceranno Rovigo per accettare proposte, di sport, ma soprattutto di lavoro, capaci di traghettarli fuori dalla miseria contingente e dall'assenza di prospettive future. Ma anche in questo momento tremendo, il rugby rodigino riceve dal destino un segno benevolo; in una città coperta da acque che in alcuni quartieri sono arrivate a superare i due ed anche i tre metri di altezza, incredibilmente il campo da gioco e da allenamento non viene allagato e l'attività, pur tra disagi indicibili, prosegue. Proprio in queste fasi storiche l'amore dei rodigini per il rugby si fa ancora più bruciante, la passione più salda. E' scritto nella storia: sarà la palla ovale a dare onore e dignità, senso di appartenenza ed orgoglio, ad una terra e a persone così provate, così segnate. La vittoria finale, in quel campionato del 1951/52, appare allora ancora più ammirevole ed, in un certo senso, ancora più inevitabile, un risarcimento emotivo certo insufficiente, ma comunque gravido di significati e di stimoli per un futuro sempre incertissimo, ma che Battaglini e gli altri ragazzi fanno sembrare meno difficile da affrontare.
Anche il rugby viene inevitabilmente toccato dalla traumatica necessità del dispatrio e da lì a poco alcuni giocatori rossoblu, già in precedenza ricordati, lasceranno Rovigo per accettare proposte, di sport, ma soprattutto di lavoro, capaci di traghettarli fuori dalla miseria contingente e dall'assenza di prospettive future. Ma anche in questo momento tremendo, il rugby rodigino riceve dal destino un segno benevolo; in una città coperta da acque che in alcuni quartieri sono arrivate a superare i due ed anche i tre metri di altezza, incredibilmente il campo da gioco e da allenamento non viene allagato e l'attività, pur tra disagi indicibili, prosegue. Proprio in queste fasi storiche l'amore dei rodigini per il rugby si fa ancora più bruciante, la passione più salda. E' scritto nella storia: sarà la palla ovale a dare onore e dignità, senso di appartenenza ed orgoglio, ad una terra e a persone così provate, così segnate. La vittoria finale, in quel campionato del 1951/52, appare allora ancora più ammirevole ed, in un certo senso, ancora più inevitabile, un risarcimento emotivo certo insufficiente, ma comunque gravido di significati e di stimoli per un futuro sempre incertissimo, ma che Battaglini e gli altri ragazzi fanno sembrare meno difficile da affrontare.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Il campionato 1951/52, oltre che per il successo rodigino, passa alla storia per essere il primo giocato nella massima divisione da L'Aquila. Nella città abruzzese il rugby era arrivato neglia anni trenta ed era stato praticato da un manipolo di studenti delle scuole superiori (non dell'università, che verrà istituita nel 1964, anche se nel 1952 si erano già inaugurati i corsi dell'Istituto Universitario di Magistero) inquadrati nella Gil, una delle tante organizzazioni del partito fascista. E fu proprio osservando una partita del campionato studentesco che, narra la leggenda, il già citato Tommaso Fattori rimase colpito dalla combattività, non dalla tecnica, dei ragazzi aquilani, colpito a tal punto da decidere di trasferirsi nel capoluogo abruzzese ad insegnare un rugby più evoluto a giovanotti così predisposti all'agonismo. Vero o no questo episodio, Fattori prende residenza realmente a L'Aquila, dove gli viene assegnato dal comune l'impiego di custode dello stadio sito in Viale Gran Sasso, destinato poi a portare il suo nome. Il poter organizzare l'attività in un impianto del genere risulterà fondamentale per il successo dell'opera dell'ex pilone della Rugby Roma e della nazionale. Lo stadio, che diviene presto il cuore pulsante del rugby aquilano, prima che per gli allenamenti le società locali, tra le quali deve essere ricordato il Cus L'Aquila, dispongano del campo di Centi Colella, è progettato nel 1929 dall'architetto Vietti Violi e terminato nel 1933, venendo subito considerato l'impianto polisportivo più funzionale d'Italia. Comodo da raggiungere, in strategica posizione non distante dal centro cittadino, rimarrà intatto ed agibile anche durante la seconda guerra mondiale, consentendo a Fattori di gettare le basi per gli sviluppi futuri e di continuare a giocare quando, in altre città italiane, ogni attività risulterà inbita dalle vicende del conflitto.. Per spiegare il successo che fin dagli albori il rugby ha riscosso a L'Aquila, si è sempre sottolineato il lavoro fondamentale di Fattori, tra l'altro entusiasta e galvanizzante reclutatore, ed una predisposizione quasi antropologica dei ragazzi aquilani per uno sport che richiedeva e richiede anche spirito di sacrificio, disciplina, propensione alla lotta, tutte doti insite nel "corredo culturale" e nell'universo emotivo delle genti di montagna. Ma queste pur condivisibili notazioni non possono da sole spiegare il fenomeno aquilano.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Capoluogo di una "regione incerta, cerniera tra il Nord e Sud, nettamente divisa tra la costa, più sviluppata e dinamica (dove in una fascia di 25 chilometri vivono i due terzi degli abitanti) e l'interno, più povero e in fase di continuo spopolamento" (Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore, 31 gennaio 2004) L'Aquila vive, a guerra terminata, uno smarrimento d'identità marcato e decisivo, che si manifesta nella rivalità con Pescara (con manifestazioni di piazza al momento di scegliere il capoluogo di regione), con la contrapposizione tra i due notabili democristiani, autentiche eminenze (nemmeno tanto) grigie abruzzesi, Remo Gaspari, uomo della costa, e Lorenzo Natali, uomo dell'interno, ed infine con le difficoltà ed i dubbi nell'effettuare la scelta su quale percorso seguire per determinare la crescita economica ed occupazionale. La decisione di affidare le sorti della città al polo elettronico porta i benefici auspicati fino agli anni ottanta, ma la fine dell'I.R.I. "rappresenta anche il fallimento dell'industrializzazione forzata. (Oggi) il polo dell'elettronica è ormai un pallido ricordo, di imprenditoria locale praticamente non è nata, la cultura resta quella del posto, anziché del lavoro... E la provincia aquilana (che occupa la 72a posizione nazionale nella classifica nazionale del reddito pro capite) assorbe da sola il 53% della cassa integrazione regionale" (M. Moussanet, v.s.). In una città dagli equilibri così precari e sempre attraversata da dubbi amletici, almeno in età moderna e contemporanea, il rugby, che tra l'altro non subisce la concorrenza di altre discipline sportive, arriva come ideale strumento di coesione e si propone come generatore di identità in altri campi non rintracciabili, garantendo a L'Aquila prestigio e visibilità e suscitando nei cittadini orgoglio e senso di appartenenza.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Dopo un lungo periodo di propedeutica attesa, scandita da tornei giovanili e partite amichevoli, Fattori decide, nel 1948, che è giunto il momento di partecipare ad un torneo ufficiale e fa iscrivere la squadra al campionato di I divisione, in pratica l'attuale serie C. Disponendo di una base di praticanti già cospicua, di strutture degne del massimo campionato e di un allenatore che ai quei livelli è un autentico lusso, la promozione in serie B è quasi una formalità. Anche il primo campionato cadetto va benissimo e viene vinto dagli abruzzesi, i quali però perdono lo spareggio promozione col Rugby Genova, penultimo in serie A. La sconfitta è pesante (3-22) e fa capire a Fattori che per il salto di categoria, con conseguente adeguato assestamento, sono necessari pochi, ma mirati rinforzi. Così per il campionato 1950/51 vengono convinti i romani e nazionali Travaglini e Rosi a giocare a L'Aquila: i due sembrano marziani e trascinano una squadra comunque sempre più matura e convinta dei propri mezzi alla serie A, dove, nella stagione 1951/52, viene ottenuta una salvezza abbastanza tranquilla. Fin dal primo campionato in massima serie appare evidente quello che sarà il tratto caratteristico della storia de L'Aquila Rugby: il fattore campo. Su quattordici punti totalizzati, ben dodici sono ottenuti tra le confortevoli mura dello stadio di casa, che fin dalle prime partite viene affollato e reso rovente dal tifo, non sempre improntato ad oxoniana compostezza, dei sostenitori abruzzesi. Un esempio: in occasione del match con Rovigo, all'ottava di andata, i polesani vengono accolti amichevolmente dal coro "alluvionati, alluvionati"... Al ritorno però i giocatori aquilani impareranno i segreti del famoso corridoio del Tre Martiri, quello che porta dagli spogliatoi, posti nelle scuderie dell'ippodromo, al campo da gioco. Lì i più portati all'eccesso di salivazione tra i tifosi rodigini, appollaiati in alto su una tristemente nota (per gli avversari) balaustra, procedono ad accogliere con sputi di millimetrica precisione i giocatori delle squadre ospiti. Agli aquilani, dopo i cori dell'andata, viene riservato un trattamento speciale: sono i prodromi di un'altra storica rivalità, destinata ad arroventare ulteriormente il campionato italiano nei decenni successivi.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
grun, mi inchino
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Prima di scrivere del campionato 1952/53, uno dei più infuocati del decennio, è necessario un excursus relativo alle selezioni zonali, che oggi appaiono oggetto misterioso, ma che in quegli anni ebbero un'importanza forse superiore a quella rivestita dalla nazionale per lo sviluppo del rugby in Italia. Come già detto, l'attività degli azzurri tra il il 1942 ed il 1953 compreso è assai ridotta e si articola su una scansione di soli dodici partite giocate con cinque avversarie. I francesi, ancora feriti dalla nostra aggressione del 10 giugno 1940, rifiutano i contatti fino al 1948 e per molti anni risultano l'unico termine di paragone tecnicamente attendibile per la nostra nazionale. Le home nations non prendono nemmeno in considerazione l'ipotesi di fare confronti tra le squadre nazionali e nell'emisfero australe solo i soldati passati per l'Italia con le varie compagnie sono a conoscenza che qualche uomo di buona volontà gioca con la palla ovale, lì, nello stivale. Per creare contatti proficui e testare gli eventuali progressi contro avversari credibili, oltre all'attività di alcuni club che giocano amichevoli con squadre spagnole (quasi tutte catalane) e francesi, si ricorre, su suggerimento di Saby, alle selezioni, che si ispirano al modello delle squadre di comitato francesi. Abbiamo già detto delle due partite disputate contro il Comité Lyonnais del 1946. L'esperimento viene giudicato interessante e pur tra molte difficoltà organizzative, dovute alla precarietà dell'organismo federale, si cerca di ripetere l'esperienza. Nel 1950 arriva in Italia il Comité des Alpes, che batte la selezione del nord a Milano per 21-5 e quella del centro-nord a Parma per 13-3, ma perde a sorpresa ed in modo nettissimo per 23-5 contro la selezione del centro-sud, formata prevalentemente dai giocatori della Rugby Roma. Nel 1951 il Comité des Alpes invita la selezione del centro-nord (che in realtà è la nazionale vera e propria, tanto da schierare dieci giocatori della Rugby Roma e uno, Rosi, de L'Aquila...) allenata da Saby e Maffioli, per una partita da giocare a Grenoble il 15 aprile del 1951. E' un match che passa alla storia per il confronto tra Roberto Soro, grande seconda linea della nazionale francese, e Battaglini, pure schierato nell'occasione col numero 5 e per i numerosi duelli rusticani che si consumano soprattutto in occasione delle rimesse laterali. Bisogna ricordare che all'epoca per la touche è permesso il contatto e non si è tenuti a rispettare una distanza di separazione, un corridoio, tra le due linee dei saltatori. Spesso le rimesse laterali, più ancora che le mischie chiuse, rappresentano l'agognata occasione per regolare i conti in sospeso, con generosa distribuzione di cartelle e colpi assortiti, che l'arbitro, nel mulinare di gomiti, mani, teste, non vede o finge di non vedere. Al termine della battaglia, giocata su un campo in infami condizioni, la selezione italiana s'impone pr 8-0, con meta di rossini, trasformata da Battaglini e drop dello stesso Battaglini.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Grun...noi rimanimo in religioso silenzio per dar spazio ai tuoi post.
Ma permettimi almeno di ringraziarti a nome di tutti!
Grazie!
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Grun, ancora un ringraziamento e una curiosità, su espn classic si vedono partita degli anni '60 e '70 (ed è ancora bello vedere il galles stellare, i lions della mitica tourneè e giocatori come tremaine, villepreux, rives, i gallesi, ecc.) ma ho visto e ricordato che una volta su mark un giocatore avversario si metteva sul punto di chiamata del mark ed il difensore retrocedeva e calciava, ricordi in che anno è stata cambiata la regola.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Grazie a te, bragopiteco e a Maria Teresa. Mmmhhh, non vorrei sbagliare, ma la regola credo sia stata modificata nei primi anni settanta. Cercherò di verificare. Eh sì, caro brago, rivedo sempre anch'io quelle partite e molto volentieri: venerdì ammiravo Sid Going contro i Lions nel 1971, quanto ci sarebbe da scrivere su quell'incredibile giocatore, il maori mormone, un mediano di mischia anarcoide e destabilizzante, dalle corse viperine ed imprevedibili (però il passaggio non era la specialità della sua pasticceria)... E quanto da scrivere su quella tournée. Una curiosità: hai visto Modonesi? Gli hai snocciolato un pò di dati ed episodi? Tu sai a cosa mi riferisco...
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Sempre nel 1951 il presidente della federazione Galletto prova a stabilire i primi timidi, ma determinanti contatti con il rugby britannico, incontrando ad Hingelberg, in Svizzera, il sette gennaio 1951 il presidente della RFU, la federazione inglese, sir Wavell wakefield, che gli inoltra l'invito ad assistere nel tempio di Twickenham ad Inghilterra-Scozia, valida per il Cinque nazioni e per l'assegnazione della Calcutta Cup. Per quanto minimo possa oggi apparire, è un evento fondamentale per il nostro piccolo rugby. Galletto prosegue anche l'anno dopo nel lavoro diplomatico ed ottiene finalmente che una rappresentativa inglese venga a giocare in Italia. Arriva nel gennaio del 1953 la selezione universitaria in rappresentanza della UAU (University Athletic Union), che, in un rugby, qual'è quello inglese, espressione delle elites intimamente connesse al mondo accademico, ha consistenza tecnica di assoluto rilievo. La prima partita della mini tournée si gioca il tre gennaio al Tardini di Parma e ad affrontare la selezione della UAU è la selezione del centro nord, che schiera molti nazionali italiani ed è capitanata dal grande Sergio Lanfranchi. Per gli infreddoliti spettatori l'apparizione degli inglesi è un'epifania mistica: nessuno in Italia aveva mai visto un gioco così fluido e strutturato, capace di proporre anche cinque fasi consecutive, pura utopia per il rugby italiano sempre legato alle battaglie degli avanti e ad elementari debordaggi al largo. Tecnica, organizzazione, correttezza da manuale: il fatto che gli universitari inglesi perdano 6-3, è un dettaglio di poco conto, a fronte del volume di gioco sviluppato e delle dimensioni di sviluppo che la loro espressione tecnica lascia intuire. Tre giorni dopo a Cagliari i giovani virgulti delle upper classes si trovano di fronte la nazionale universitaria italiana, che mette in campo colonne della nazionale maggiore, quali Tartaglini, Rosi, Percudani, Gabrielli, solo per citare alcuni nomi. Anche in Sardegna la musica suonata è la stessa: gli azzurri vincono 5-3, ma prendiamo una lezione di gioco che rimane bene impressa nella memoria del commissario tecnico della nostra nazionale universitaria e futuro presidente della federazione, Mauro Lais. Ad aprile scende in Italia la contea di Kent, per giocare contro la selezione del centro sud a Roma e a Milano contro la selezione del nord. Gli inglesi perdono 9-8 il primo match e vincono 9-6 il secondo, offrendo però una qualità di gioco nettamente superiore. La conferma che in Inghilterra si pratica un rugby di un'altra dimensione arriva dalla partita di Milano tra le London Counties, che schiera molti grandi protagonisti del Cinque Nazioni, ed una selezione italiana, in pratica la solita nazionale mascherata. Quella delle contee londinesi è la più incredibile macchina da rugby mai approdata in Italia fino a quel momento, capace di giocare un rugby dinamico e propositivo, che vede le terze linee coprire porzioni di campo che agli italiani sembrano oceani e tutti i quindici inglesi sempre pronti a garantire il sostegno al portatore di palla, palla che in virtù di fondamentali eccellenti vive e respira fino al parossismo. Morale: 15-12 per le London Counties, ma con quattro mete ed una punizione contro quattro calci piazzati degli italiani, che finiscono il match rinciucchiti dalla fatica per aver dovuto tamponare decine di azioni spesso sviluppate su più fasi.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
grun in rete ho trovato questo:
ROMANIA – FRANTA 15-12
14 noiembrie 1976
Stadion: Giulesti. Spectatori: 10.000
Arbitru: JC Kellerher (Tara Galilor)
Au marcat: Dumitru Alexandru, 1e, Florica Murariu, 1e, Mircea Paraschiv, 1e, Mihai Bucos, 1dg, respectiv Jean-Pierre Bastiat, 1e, Jean-Michel Aguirre, 1t, Jean-Michel Aguirre, 2lp
Romania: 15. Mihai Bucos - 14. Petre Ianuvesici, 13. Gheorge Nica, 12. Gheorge Varga, 11. Petre Motrescu - 10. Dumitru Alexandru, 9. Mircea Paraschiv - 7. Gheorghe Daraban, 8. Enciu Stoica, 6. Florica Murariu - 5. Ion Pintea, 4. Marin Ionescu - 3. Iancu Bacioiu, 2. Mircea Ortelecan, 1. Constantin Dinu
Franta: 15. Jean-Michel Aguirre - 14. Dominique Harize, 13. Roland Bertranne, 12. Francois Sangalli, 11. Jean-Luc Averous - 10. Jean-Pierre Pesteil, 9. Richard Astre – 7. Jean-Pierre Bastiat, 8. Jean-Claude Skrela, 6. Jean-Pierre Rives (Toulouse) - 5. Guy Gasparotto, 4. Gerard Cholley - 3. Robert Paparemborde, 2. Alain Paco, 1. Armand Vaquerin
ora ti chiedo, hai notizie di Pintea? Mi ricordo di averlo visto giocare e sopratutto di averlo ammiratoa Brescia come allenatore della prima squadra di quegli anni. So che purtroppo non poteva essere tesserato in quanto fuggito dalla romania del regime di ceausescu. Ma per noi giovanotti del rugby brescia era bellissimo vederlo in campo durante gli allenamenti, mi ricordo come certe finte di mano (nel senso che solo spostando il pallone tra le mani e tra le sue chilometriche braccia ci uccellava) ci faceva sognare di vederlo un giorno in campo a fianco di bonetti e compagnia bella.
ho parlato con lui un paio di volte e devo dire che la sua posizione di esule era triste, ma vorrei sapere cosa ha fatto dopo brescia.
grazie
ROMANIA – FRANTA 15-12
14 noiembrie 1976
Stadion: Giulesti. Spectatori: 10.000
Arbitru: JC Kellerher (Tara Galilor)
Au marcat: Dumitru Alexandru, 1e, Florica Murariu, 1e, Mircea Paraschiv, 1e, Mihai Bucos, 1dg, respectiv Jean-Pierre Bastiat, 1e, Jean-Michel Aguirre, 1t, Jean-Michel Aguirre, 2lp
Romania: 15. Mihai Bucos - 14. Petre Ianuvesici, 13. Gheorge Nica, 12. Gheorge Varga, 11. Petre Motrescu - 10. Dumitru Alexandru, 9. Mircea Paraschiv - 7. Gheorghe Daraban, 8. Enciu Stoica, 6. Florica Murariu - 5. Ion Pintea, 4. Marin Ionescu - 3. Iancu Bacioiu, 2. Mircea Ortelecan, 1. Constantin Dinu
Franta: 15. Jean-Michel Aguirre - 14. Dominique Harize, 13. Roland Bertranne, 12. Francois Sangalli, 11. Jean-Luc Averous - 10. Jean-Pierre Pesteil, 9. Richard Astre – 7. Jean-Pierre Bastiat, 8. Jean-Claude Skrela, 6. Jean-Pierre Rives (Toulouse) - 5. Guy Gasparotto, 4. Gerard Cholley - 3. Robert Paparemborde, 2. Alain Paco, 1. Armand Vaquerin
ora ti chiedo, hai notizie di Pintea? Mi ricordo di averlo visto giocare e sopratutto di averlo ammiratoa Brescia come allenatore della prima squadra di quegli anni. So che purtroppo non poteva essere tesserato in quanto fuggito dalla romania del regime di ceausescu. Ma per noi giovanotti del rugby brescia era bellissimo vederlo in campo durante gli allenamenti, mi ricordo come certe finte di mano (nel senso che solo spostando il pallone tra le mani e tra le sue chilometriche braccia ci uccellava) ci faceva sognare di vederlo un giorno in campo a fianco di bonetti e compagnia bella.
ho parlato con lui un paio di volte e devo dire che la sua posizione di esule era triste, ma vorrei sapere cosa ha fatto dopo brescia.
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
grun mi prostro ai tuoi piedi..
complimenti!!!
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
Grazie pmds, troppo buono. Bragopiteco, no, non ho notizie di Pintea, che ricordo seconda linea molto forte, soprattutto in rimessa laterale, di quella grande Romania. Proverò ad informarmi, ma non è semplice. Per dare un'idea di quanto tosti fossero, specie in casa, i rumeni, basta leggere che squadra francese batterono in quella partita valida per la Coppa Europa. I galletti avevano in campo Aguirre, Bastiat, Rives, Paparemborde, Averous, mica dei frilletti, eppure persero... Nel 1979 i rumeni andarono in tournée in Galles (c'era ancora Ion Pintea bello solido in seconda linea) e lasciarono impressionati i tecnici ed i giornalisti locali, che rimasero colpiti in particolar modo dalla preparazione atletica di Dinu e compagni, ma anche dai fondamentali molto accurati. A ben vedere erano gli unici veri professionisti della scena internazionale di quegli anni e i loro tacnici si formavano negli istituti superiori di educazione fisica, che per quello che concerneva gli studi su fisiologia, meccanica e metodologie varie da applicare in allenamento erano all'avanguardia. Potevi batterli, ma ti dovevi fare un mazzo tanto, anche se vestivi la maglia del Galles o della Francia...
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel
L'esperienza delle selezioni dopo il 1953 si può considerare sostanzialmente finita. Ci saranno, è vero, altre partite giocate da squadre fatte passare per selezioni, ma in realtà si tratterà di match che vedranno impegnata la nazionale vera e propria. Ne riparleremo. Non bisogna dimenticare il contributo che arriverà anche dalla nazionale universitaria, che sempre corroborata dalla presenza di molti azzurri della squadra maggiore, avrà l'occasione di confronti ad alto livello, quale quello del gennaio del 1956 contro la fortissima nazionale universitaria sudafricana e perso di misura. A determinare la fine della parabola delle selezioni interverranno due fattori fondamentali: il primo è l'intensificazione dell'attività della nazionale, grazie alla Coppa Europa ed ai Giochi del Mediterraneo. Il secondo è la decisione (col senno di poi da valutare sciagurata) della federazione di allargare a dismisura il numero delle partecipanti al campionato di massima divisione a partire dalla stagione 1956/57. E anche su questo tema dovremo ritornare.