roy bish
Moderatore: Emy77
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BixBeiderbecke
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- Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00
Sbagliato.
<BR>
<BR>Essendo situato in città, in un'ottima posizione, se non ho capito male (non mi sono tenuto aggiornato perche da seguace di Epicuro cerco di evitare ogni causa di sofferenza) al suo posto verranno costruiti alloggi ed uffici per l'Authority Alimentare Europea.
<BR>
<BR>
<BR>Verrà costruito un altro stadio in periferia (speriamo, ma con i politici non si è mai sicuri - magari ci diranno di giocare a Noceto), sicuramente più piccolo ("più raccolto", è l'eufemismo che si usa in questi casi).
<BR>Speriamo che almeno rispetti gli standard previsti da chi disputa competizioni europee...
<BR>
<BR>Insomma, un bel regalo per il 75esimo anniversario della Rugby Parma e per i bei risultati che stanno ottenendo le due formazioni cittadine...
<BR>
<BR>Essendo situato in città, in un'ottima posizione, se non ho capito male (non mi sono tenuto aggiornato perche da seguace di Epicuro cerco di evitare ogni causa di sofferenza) al suo posto verranno costruiti alloggi ed uffici per l'Authority Alimentare Europea.
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<BR>Verrà costruito un altro stadio in periferia (speriamo, ma con i politici non si è mai sicuri - magari ci diranno di giocare a Noceto), sicuramente più piccolo ("più raccolto", è l'eufemismo che si usa in questi casi).
<BR>Speriamo che almeno rispetti gli standard previsti da chi disputa competizioni europee...
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<BR>Insomma, un bel regalo per il 75esimo anniversario della Rugby Parma e per i bei risultati che stanno ottenendo le due formazioni cittadine...
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Guru
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- Iscritto il: 1 feb 2003, 0:00
- Località: Rovereto
Ciao.
<BR>Solo stasera ho letto tutto questo 3D, il migliore in assoluto da almeno due anni. EW' curioso come l'evoluzione (involuzione?) professionistica del rugby si specchi perfettamente con l'evoluzione di questo forum, limitato a pochi duri e puri fino a un paio di anni fa (diciamo prima dei mondiali del 2003) e poi diventato una piazza con caratteristiche di Babele ma... progressivamente calcizzato e un po' imbarbarito.
<BR>Sono del 1964, quindi i miei ricordi rugbystici partono grosso modo dal 1973 / 1974, accompagnati ovviamente dalla voce lontana di P. Rosi (ma quanti ne ha "rovinati"?) che da Twickenham o Cardiff raccontava di "partita memorabile" (er ala sua frase ad effetto anche se per 80 minuti si erano viste solo schifezze). GRUN, sei semplicemente fantastico nel rievocare non risultati, non nomi, non cronache, ma atmosfere, sensazioni, sapori che abbiamo condiviso tutti. Non sono in grado di aggiungere molto, anche s ei ricordi sarebbero davvero tanti, perchè mi manca un elemento essenziale che tanti di voi invece possiedono, cioè l'esperienza diretta sul campo. Nato e vissuto in una zona (Trentino) meravigliosa ma rugbysticamente "non pervenuta" (come le temperature minime di una volta), mi sono scavato una piccola nicchia personale che sono da pochi anni si è aperta ad altri ed ora è incredibilmente diventata esperienza nel Rugby Trento (come DS).
<BR>Non mi permetto di parlare e racocntare perchè davvero mi sembrerebbe di togliere sacralità ai vostri racocnti nei quali mi riconosco al 100%. Solo due piccoli appunti di viaggio:
<BR>- la RAI usò la haka del match di Rovigo come sigla della Domenica Sportiva per l'intero 1979 / 1980: chiediamoci perchè oggi non danno neanche i risultati del Super (?) 10;
<BR>- Il mondiale 1987 non veniva trasmesso esattamente di notte. Stavo finendo la tesi di laurea, e ricordo le telecronache alle 5 del mattino, compresa AB- Ita con la folle meta di Kirwan. Domanda: ho sempre pensato che il rugby va giocato col sole (o la nebbia, o la pioggia, o quel che volete), non cpon i riflettori delle luci artificiali delle 8 di sera. Il mondiale 2003 invece è stato sisputato tutto di sera. Bello, tecnologico, emozionante. Ma... non so.. mi manca qualcosa, e rivedere le vecchie immagini del 5N o della Nazionale in Coppa Europa è.. diverso. Non dico migliore o peggiore.. solo diverso, ha altri sapori, rimanda a sabati pomeriggio persi nel vento di Murrayfield, nelle maglie rosse del Galles anni 70 che mi hano insegnato il rugby.
<BR>Era memorabile, erano ricordi costruiti che, come vedo, nessuno osa dimenticare per nessun motivo...
<BR>
<BR>Grazie, scusate l'intrusione, ciao Lorenzo
<BR>Solo stasera ho letto tutto questo 3D, il migliore in assoluto da almeno due anni. EW' curioso come l'evoluzione (involuzione?) professionistica del rugby si specchi perfettamente con l'evoluzione di questo forum, limitato a pochi duri e puri fino a un paio di anni fa (diciamo prima dei mondiali del 2003) e poi diventato una piazza con caratteristiche di Babele ma... progressivamente calcizzato e un po' imbarbarito.
<BR>Sono del 1964, quindi i miei ricordi rugbystici partono grosso modo dal 1973 / 1974, accompagnati ovviamente dalla voce lontana di P. Rosi (ma quanti ne ha "rovinati"?) che da Twickenham o Cardiff raccontava di "partita memorabile" (er ala sua frase ad effetto anche se per 80 minuti si erano viste solo schifezze). GRUN, sei semplicemente fantastico nel rievocare non risultati, non nomi, non cronache, ma atmosfere, sensazioni, sapori che abbiamo condiviso tutti. Non sono in grado di aggiungere molto, anche s ei ricordi sarebbero davvero tanti, perchè mi manca un elemento essenziale che tanti di voi invece possiedono, cioè l'esperienza diretta sul campo. Nato e vissuto in una zona (Trentino) meravigliosa ma rugbysticamente "non pervenuta" (come le temperature minime di una volta), mi sono scavato una piccola nicchia personale che sono da pochi anni si è aperta ad altri ed ora è incredibilmente diventata esperienza nel Rugby Trento (come DS).
<BR>Non mi permetto di parlare e racocntare perchè davvero mi sembrerebbe di togliere sacralità ai vostri racocnti nei quali mi riconosco al 100%. Solo due piccoli appunti di viaggio:
<BR>- la RAI usò la haka del match di Rovigo come sigla della Domenica Sportiva per l'intero 1979 / 1980: chiediamoci perchè oggi non danno neanche i risultati del Super (?) 10;
<BR>- Il mondiale 1987 non veniva trasmesso esattamente di notte. Stavo finendo la tesi di laurea, e ricordo le telecronache alle 5 del mattino, compresa AB- Ita con la folle meta di Kirwan. Domanda: ho sempre pensato che il rugby va giocato col sole (o la nebbia, o la pioggia, o quel che volete), non cpon i riflettori delle luci artificiali delle 8 di sera. Il mondiale 2003 invece è stato sisputato tutto di sera. Bello, tecnologico, emozionante. Ma... non so.. mi manca qualcosa, e rivedere le vecchie immagini del 5N o della Nazionale in Coppa Europa è.. diverso. Non dico migliore o peggiore.. solo diverso, ha altri sapori, rimanda a sabati pomeriggio persi nel vento di Murrayfield, nelle maglie rosse del Galles anni 70 che mi hano insegnato il rugby.
<BR>Era memorabile, erano ricordi costruiti che, come vedo, nessuno osa dimenticare per nessun motivo...
<BR>
<BR>Grazie, scusate l'intrusione, ciao Lorenzo
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BixBeiderbecke
- Messaggi: 3312
- Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00
<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 05-03-2006 alle ore 12:27, Nebelhexe wrote:
<BR>la mia non era un affermazione caro jazzista, solo un punto di vista ed una speranza, giustamente (per le misure di sicurezza), disillusa.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>Però mi hai dato un'idea.
<BR>Se il Comune facesse qualche mossa sbagliata, chiederò l'aiuto degli utenti del forum per inviare e-mail di protesta...
<BR> 05-03-2006 alle ore 12:27, Nebelhexe wrote:
<BR>la mia non era un affermazione caro jazzista, solo un punto di vista ed una speranza, giustamente (per le misure di sicurezza), disillusa.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
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<BR>Però mi hai dato un'idea.
<BR>Se il Comune facesse qualche mossa sbagliata, chiederò l'aiuto degli utenti del forum per inviare e-mail di protesta...
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GRUN
- Messaggi: 594
- Iscritto il: 2 dic 2005, 0:00
- Località: USCIO (GE)
Guru Lorenzo ciao e grazie. Compilmenti per il coraggio dimostrato portando il rugby in quelle lande che conosco molto, molto bene e so essere più pemeabili al teroldego ed ai canederli piuttosto che alla pallaovale. Condivido, e te lo potevi immaginare, tutto quello che hai scritto. E' proprio una questione di "mood", di atmosfere, di elementi quasi intangibili, in particolare per chi non ha vissuto quei pomeriggi (bello lo spunto degli orari, il rugby dell'Antico Testamento rischiarato dalle luci del giorno, quello del Nuovo Testamento illuminato dai riflettori). Ho rivisto tante partite di quegli anni e sotto il profilo tecnico, dei ritmi, della continuità di azione, beh, non c'è paragone. Capisco le perplessità di un ventenne di oggi di fronte alla visione delle partite di venti o trent'anni fa. Mi viene in mente un'intervista a Wim Wenders, regista tedesco, pubblicata da Mucchio Selvaggio nel 1992. Il giornalista gli chiese quali film da lui amati nel passato avrebbe fatto vedere ad un ragazzino di quel decennio. Wenders rispose che aveva perso, e continuava a perdere, la testa per i western di John Ford, ma non li avrebbe mai proposti ad un pubblico giovanile, perchè erano ormai "troppo lenti" per una generazione abituata all'ipercinesi, per la quale ritmi alti e velocità erano valori imprescindibili...
- jaco
- Messaggi: 8970
- Iscritto il: 5 feb 2003, 0:00
- Località: san donà di piave
<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 04-03-2006 alle ore 11:58, sanzen wrote:
<BR>Caro Jaco,
<BR>ho avuto modo di vedere e rivedere la meta di Kirwan, ma sempre mi fa male, e adesso sono riuscito anche a dire che è una cavalcata straordinaria facendo finta di non conoscere quelli con la maglia azzura
<BR>E della squadra della tua cittadina che cosa ci racconti?
<BR>Ha avuto una delle migliori prime linee Piazza-Pivetta-Dal Sie che io ricordi.
<BR>Non lo chiamerei amarecord, piuttosto "te vien in mente chela olta che" ed è un doveroso ricordo di tutti quei giocatori, dirigenti e appassionati che hanno tenuto vivo il rugby in Italia anche quando eravamo una lontana provincia.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>Eh già, sanzen... in un altro 3d (rispondendo a L3gs) ho ricordato le belle lotte che Piazza-Pivetta-Dal Sie avevano in quegli anni con Dengra-De Stefani-Diviesti (mi pare che tu sia da Rovigo se non sbaglio) e poi c'erano Properzi-Marengoni-Cuttitta e Rossi-Trevisiol-Grespan... in fondo non troppi anni fa, ma sembra una vita... un altro sport...
<BR> 04-03-2006 alle ore 11:58, sanzen wrote:
<BR>Caro Jaco,
<BR>ho avuto modo di vedere e rivedere la meta di Kirwan, ma sempre mi fa male, e adesso sono riuscito anche a dire che è una cavalcata straordinaria facendo finta di non conoscere quelli con la maglia azzura
<BR>E della squadra della tua cittadina che cosa ci racconti?
<BR>Ha avuto una delle migliori prime linee Piazza-Pivetta-Dal Sie che io ricordi.
<BR>Non lo chiamerei amarecord, piuttosto "te vien in mente chela olta che" ed è un doveroso ricordo di tutti quei giocatori, dirigenti e appassionati che hanno tenuto vivo il rugby in Italia anche quando eravamo una lontana provincia.
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>Eh già, sanzen... in un altro 3d (rispondendo a L3gs) ho ricordato le belle lotte che Piazza-Pivetta-Dal Sie avevano in quegli anni con Dengra-De Stefani-Diviesti (mi pare che tu sia da Rovigo se non sbaglio) e poi c'erano Properzi-Marengoni-Cuttitta e Rossi-Trevisiol-Grespan... in fondo non troppi anni fa, ma sembra una vita... un altro sport...
L'ignorante sa tant, l'inteigente sa poc, el saggio sa nient. EL MONA SA TUT!
-
sanzen
- Messaggi: 387
- Iscritto il: 9 ott 2003, 0:00
Caro Jaco,
<BR>sanzen sta per San Zeno il vescovo moro patrono di Verona.
<BR>Lasciamo ai rodigini la gloria del grande rugby, noi siamo meno importanti, però sempre forza Cus Verona.
<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
<BR>Grun aspetto l'ultima parte sulla gestione di Villepreux della squadra nazionale con possibilmente qualche accenno al periodo oscuro che seguì e che ci ha, opinione personale, ritardato lo sviluppo del movimento di almeno 6/7 anni. Aspettammo Fourcade per vedere i frutti di quella semina.
<BR>
<BR>sanzen sta per San Zeno il vescovo moro patrono di Verona.
<BR>Lasciamo ai rodigini la gloria del grande rugby, noi siamo meno importanti, però sempre forza Cus Verona.
<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
<BR>Grun aspetto l'ultima parte sulla gestione di Villepreux della squadra nazionale con possibilmente qualche accenno al periodo oscuro che seguì e che ci ha, opinione personale, ritardato lo sviluppo del movimento di almeno 6/7 anni. Aspettammo Fourcade per vedere i frutti di quella semina.
<BR>
- jaco
- Messaggi: 8970
- Iscritto il: 5 feb 2003, 0:00
- Località: san donà di piave
<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 06-03-2006 alle ore 10:31, sanzen wrote:
<BR>Caro Jaco,
<BR>sanzen sta per San Zeno il vescovo moro patrono di Verona.
<BR>Lasciamo ai rodigini la gloria del grande rugby, noi siamo meno importanti, però sempre forza Cus Verona.
<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
<BR>Grun aspetto l'ultima parte sulla gestione di Villepreux della squadra nazionale con possibilmente qualche accenno al periodo oscuro che seguì e che ci ha, opinione personale, ritardato lo sviluppo del movimento di almeno 6/7 anni. Aspettammo Fourcade per vedere i frutti di quella semina.
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<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
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<BR>Toppato! E sì che dalla frase "te vien in mente chela olta che" avrei dovuto capire il dialetto di Giulietta...
<BR>Il periodo seguente a Villepreux non è certo stato brillante, però con Pulli-Paladini in panca nell'82 ci siamo presi la prima parziale soddisfazione con il leggendario 6-6 contro la solita FranciaA1 sotto la neve al Battaglini (meta di Zanon trasformata da Bettarello), ricordo come ora quella domenica pomeriggio e Pivetta che rimane in campo nonostante una costola incrinata...
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<BR> 06-03-2006 alle ore 10:31, sanzen wrote:
<BR>Caro Jaco,
<BR>sanzen sta per San Zeno il vescovo moro patrono di Verona.
<BR>Lasciamo ai rodigini la gloria del grande rugby, noi siamo meno importanti, però sempre forza Cus Verona.
<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
<BR>Grun aspetto l'ultima parte sulla gestione di Villepreux della squadra nazionale con possibilmente qualche accenno al periodo oscuro che seguì e che ci ha, opinione personale, ritardato lo sviluppo del movimento di almeno 6/7 anni. Aspettammo Fourcade per vedere i frutti di quella semina.
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<BR>Toppato! E sì che dalla frase "te vien in mente chela olta che" avrei dovuto capire il dialetto di Giulietta...
<BR>Il periodo seguente a Villepreux non è certo stato brillante, però con Pulli-Paladini in panca nell'82 ci siamo presi la prima parziale soddisfazione con il leggendario 6-6 contro la solita FranciaA1 sotto la neve al Battaglini (meta di Zanon trasformata da Bettarello), ricordo come ora quella domenica pomeriggio e Pivetta che rimane in campo nonostante una costola incrinata...
<BR>
L'ignorante sa tant, l'inteigente sa poc, el saggio sa nient. EL MONA SA TUT!
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BixBeiderbecke
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- Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00
Peccato che questo topic, nonostante la qualificata partecipazione, non riesca a "galleggiare" più a lungo e dopo qualche breve periodo di sopravvivenza tenda a piombare giù.
<BR>L'interesse per questi racconti credo sia grande, qualcuno, come Grun (ma anche il sottoscritto), addirittura vorrebbe che l'argomento si aprisse anche a storie più personali. Il problema, secondo me, è il titolo.
<BR>Massimo rispetto per Roy Bish che ho conosciuto ed apprezzato in un raduno giovanile, ma non c'è dubbio che questo topic abbia preso una direzione più ampia e di interesse generale.
<BR>
<BR>Non sarebbe una cattiva idea cambiare il titolo, ma in ogni caso anche dialogare solo fra di noi non è poi così male.
<BR>
<BR>Adesso mi rendo conto che questo intervento non ha molto senso, ma intanto ho riportato su il topic...![Mr. Green :-]](./images/smilies/icon_mrgreen.gif)
<BR>L'interesse per questi racconti credo sia grande, qualcuno, come Grun (ma anche il sottoscritto), addirittura vorrebbe che l'argomento si aprisse anche a storie più personali. Il problema, secondo me, è il titolo.
<BR>Massimo rispetto per Roy Bish che ho conosciuto ed apprezzato in un raduno giovanile, ma non c'è dubbio che questo topic abbia preso una direzione più ampia e di interesse generale.
<BR>
<BR>Non sarebbe una cattiva idea cambiare il titolo, ma in ogni caso anche dialogare solo fra di noi non è poi così male.
<BR>
<BR>Adesso mi rendo conto che questo intervento non ha molto senso, ma intanto ho riportato su il topic...
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GRUN
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- Iscritto il: 2 dic 2005, 0:00
- Località: USCIO (GE)
Grazie Bix, approfitto del tuo intervento di "recupero" e chiudo su Villepreux, mantenendo fede alla promessa fatta a sanzen. L'ultimo anno sotto la guida dell'allenatore francese inizia il 17 febbraio con una pesante sconfitta contro la Francia, questa volta denominata A1, a Clermont Ferrand per 46-9 e prosegue con una bella vittoria a L'Aquila il 13 aprile contro la forte Romania per 24-17, con mete De Anna, di Franco Bargelli, di Mascioletti e Nello Francescato. A tenere banco è però la tournée che a giugno porterà l'Italia nel Sud Pacifico, con sortite alle Fiji, in Nuova Zelanda, Isole Cook e Tahiti. A precedera, nell'era Villepreux, questa esperienza c'era stato un mini tour tra la fine del 1979 e i primi del 1980 in Irlanda contro le selzioni del Leinster (sconfitta 26-10) e dell'Ulster (sconfitta per 15-6), due selezioni provinciali molto competitive affrontate da giocatori che, è il caso di ribadirlo, non svolgevano attività internazionale con i club a necessitavano di confronti probanti per accrescere la propria esperienza ad alto livello. La tournée nel Sud Pacifico è la terza nella storia dopo quella pittoresca in Madagascar del maggio 1970 e quella, tecnicamente più tosta, che portò gli azzurri in Rhodesia e Sudafrica nel giugno e luglio del 1973. Dopo un periodo di selezioni e preparazione, l'otto giugno il team partì per iniziare l'avventura. Come già scritto qualche giorno fa, rimando tutti gli interessati all'acquisto e alla lettura del libro di Luciano Ravagnani "Azzurro nel Sud Pacifico", da poco ristampato, cronaca e commento di quella tournée, dalla quale l'ex estremo dello Stade Toulousain si attendeva risposte definitive sulla consistenza e le potenzialità dei giocatori italiani. Molto in sintesi dirò che giocammo tre test matches, il 14 giugno contro le Fiji a Suva, evidenziando grandi progressi nella manovra d'attacco, ma finendo sconfitti per 16-3; il 5 luglio contro gli All Blacks Jr ad Auckland, sconfitti per 30-13 ed il 6 luglio ad Avarua, perdendo 15-6 con le Isole Cook e pagando la scelta un pò strampalata di giocare il giorno dopo (!!!) il test neozelandese. Durante il tour ci furono però altre partite, che non garantirono il cap, ma consentirono di confrontarsi con formazioni spesso molto valide, come Taranaki, che ci appioppò un 30-9 o Nelson Bays (9-13), entrambe partecipanti al NPC, come Warairapa Bush, che battemmo 13-9 e Horowhenua, battuta 21-12. A completare il quadro da segnalare una partita giocata all'inizio del viaggio a Los Angeles, contro una selezione statunitense della costa ovest (fummo battuti 18-9) e un successo facile contro una selezione tahitiana. Malgrado l'esperienza sia fruttuosa ed accresca il patrimonio di conoscenze dei giocatori, Villepreux non è soddisfatto, in particolare dello spirito degli atleti, che valuta poco combattivi e poco propensi allo spirito di squadra ed all'autoassunzione di responsabilità. Segnala inoltre che il tarlo che rode alla base ogni costruzione di un progetto sportivo, una sorta di male endemico connesso alla nostra mentalità, è il culto idolatrico del risultato, preso come unico parametro della bontà del lavoro di un allenatore, a discapito di altri elementi che andrebbero considerati in prospettiva della lunga durata, ad esempio la qualità del gioco. In realtà il malcontento di Villepreux parte da più lontano: ex grande campione, espressione straordinaria del RUGBY DEI PADRI, si porta in dote da questo i valori umani, il senso del sacrificio, la venerazione per lo spirito di squadra, la fedeltà alla maglia, la ricerca dell'identità individuale attraverso il confronto leale con gli altri. Ma la sua sete di ricerca, il perfezionismo, la serietà organizzativa, il desiderio per un gioco bello, quasi scevro da errori, lo spingono, forse in modo inizialmente inconsapevole, verso forme di esasperazione che fanno prima presagire, poi intendere pienamente, che tale ansia di perfezione, comunque mai del tutto realizzabile, si può sublimare solo con impegno professionale. Pieno di amore e riconoscenza appunto per il rugby dei padri, Villepreux è forse l'uomo che ne decreta l'inizio della fine, incominciando l'era del RUGBY DEI FIGLI, professionistico e nutrito di altre consapevolezze e mosso da altri obiettivi e finalità. Villepreux era e rimane un uomo interessante, come interessanti sono sempre i suoi progetti e le sue riflessioni, perchè in continua tensione, in proficuo conflitto fra una dimensione quasi umanistica, quella delle origini, e una più razionale, scientifica, strettamente connessa alla modernità. Ma diversamente dai guru tecnici del nuovo millennio, mantiene la capacità di avere una visione globale dell'elemento rugby, con questo sport sempre a servizio dell'uomo, e mai viceversa. In un'era di specializzazioni esasperate, con tecnici di reparto che presto verranno sostituiti da tecnici del singolo gesto (per cui avremo un allenatore del pic and drive, uno specialista dell'up and under e uno del grabber...), Villepreux rimane tra i pochi in grado di realizzare una sintesi armoniosa tra elementi apparentemente discordanti, trait d'union tra due mondi per molti inconciliabili. La sua esperienza italiana, che si esaurisce nel 1980 dopo una vittoria per 37-12 sulla Polonia a Rovigo, una sconfitta con l'URSS per 3-4 a Rovigo ed un successo per 18-13 a Madrid il 21 dicembre contro la Spagna, ha fine perché la sua vertiginosa aspirazione alla realizzazione del rugby perfetto non può realizzarsi all'interno di un movimento non di così ampio respiro come avrebbe desiderato. Ma che piaccia o non piaccia il suo carattere, accettati alcuni aspetti della sua personalità che solo chi gli è stato vicino ha avuto modo di conoscere e valutare, rimane una mente lucida e creativa che ha lasciato modelli di riferimento imprescindibili.
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BixBeiderbecke
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- Iscritto il: 18 giu 2005, 0:00
A proposito di storie "private" e parlando di "attaccamento alla maglia" (fattore che torna ciclicamente soprattutto nei colloqui con sostenitori del Rovigo ma che non è proprietà esclusiva dei rodigini), riporto qui di seguito un articolo pubblicato nel libro che celebrava il 75esimo anniversario della Rugby Parma e che è uscito quest'anno. Certo, per chi non è di Parma non risulterà interessante, anzi, c'è una concreta possibilità che risulti interessante solo per il suo autore, però io, da parmigiano, lo inserisco qui lasciamdo ai moderatori il compito di giudicare se rimuoverlo o no...
<BR>
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<BR>"Il mio rapporto con la palla ovale e con la Rugby Parma ha radici molto profonde. La parola “rugby”, già in età da calzoni corti, per me era sinonimo di maglie gialloblù. Voleva dire passare la domenica pomeriggio sulle tribune con mio padre ed i miei fratelli, il freddo che aggrediva le ginocchia scoperte ed un cartoccio di caldarroste in mano. Con un padre amico e compagno di studi di Giuseppe Banchini, infatti, era per me inevitabile frequentare le tribune di viale Piacenza fin dall’infanzia. Il ricordo più vivo di quei pomeriggi è quello di una partita in cui, con mio grandissimo stupore, scoprii che si poteva essere parmigiani e non indossare la maglia della Rugby Parma. Fu l’occasione in cui vidi il fratello del mio grande amico Stefano Venè, Oreste, difendere i colori delle Fiamme Oro Padova, e nella mia infantile ingenuità percepìi questo fatto come un piccolo tradimento.
<BR>Ho fatto questa premessa per giustificarmi. Mi sono infatti accorto, avendo ripreso in mano i miei articoli del Resto del Carlino della fine degli anni ‘70, che probabilmente a quei tempi osservavo le partite, per così dire, con occhiali dalle lenti gialloblù, ed i commenti, ovviamente, ne risentivano. Ma non per una questione di piaggeria. Non è semplice dover giudicare pubblicamente i compagni con i quali ci si allena durante tutta la settimana e si condivide la tensione emotiva di campionati spesso terminati al limite della zona-salvezza.
<BR>In quegli anni la Rugby Parma consisteva in una truppa di giovani che ricevevano complimenti ed applausi a scena aperta per un gioco spesso piacevole e spettacolare ma che in fin dei conti produceva pochi punti per la classifica. Io ne facevo parte come frequente “panchinaro” ed i miei diciotto anni o poco più non rappresentavano un’eccezione in una squadra dall’età media molto bassa. Nonostante questo la Rugby Parma riusciva a lottare alla pari con le formazioni più quotate. Non per niente molti di quei giovani di belle speranze negli anni successivi entrarono a far parte delle varie rappresentative nazionali. Basti citare i nomi di Fabrizio Gaetaniello, Pace, Romagnoli, Pavesi, Ghini ed altri. Davanti a tutti, però, per dedizione, spirito di sacrificio ed attaccamento ai colori sociali va messa una persona che scendeva in campo con noi, ma non per giocare: il piccolo, grande Renato Giuffredi.
<BR>Tutto sommato un bel periodo, concluso, per quanto mi riguarda, nella stagione ’79 – ’80 con una salvezza guadagnata all’ultima giornata e con il sottoscritto già militare a Codroipo, Udine, a cercare informazioni sul risultato dell’ultima partita telefonando ripetutamente alla “Gazzetta” da una cabina nei pressi della caserma.
<BR>Per i successivi cinque anni i trasferimenti da giocatore ad altre società non mi permisero di seguire direttamente la “mia” squadra se non attraverso gli articoli dei quotidiani. Anni di alterne fortune con il picco dell’ottimo terzo posto a 5 punti dalla vetta, raggiunto nella stagione 84–85.
<BR>In seguito, dopo che avevo lasciato il Rugby Viadana, il Resto del Carlino si rifece vivo e mi permise di riprendere il discorso interrotto. Fatto curioso, il rientrare nell’ambiente della Rugby Parma come “giornalista” mi riaprì le porte della prima squadra anche da giocatore. Dopo aver mestamente commentato, nella stagione ’87 – ’88, la retrocessione in A2 (una Rugby Parma stranamente rassegnata, abulica, pur con la presenza in organico di alcuni nazionali), nell’anno successivo ho potuto dare il mio contributo all’immediata promozione. Un ritorno nella più alta categoria forse inatteso, dopo la grande delusione della stagione precedente, ed una bella soddisfazione per la società.
<BR>Arriviamo al 1989 – 90, stagione in cui, svincolato da compiti di cronista, ho indossato per l’ultima volta la maglia gialloblù. La mia presenza fissa da capitano della formazione “riserve” era infatti interrotta ogni tanto da convocazioni in prima squadra, una formazione dai risultati altalenanti, sempre con “Renatino” nel ruolo di massaggiatore. Era destino che dovessi concludere allo stesso punto da dove avevo iniziato, vale a dire da una salvezza strappata all’ultima giornata, anzi, agli spareggi dei play out. In panchina, nella partita decisiva contro il Livorno, confesso di essere stato contento di non ricoprire più il ruolo di giornalista. Mi era accaduto in passato, sedendo fra le riserve, di non riuscire a rimanere concentrato perché il pensiero andava a quello che avrei scritto per il giorno dopo. Sarebbe stato un problema, in una partita così delicata, visto che nel secondo tempo dovetti scendere in campo. Andò tutto bene ed i play out sancirono poi la nostra permanenza nella massima serie.
<BR>La storia successiva mi vede nel ruolo di tifoso patire quei cinque lunghi anni di purgatorio in serie A2, e risollevare la testa a partire dal 1998. Arrivati quindi ai giorni nostri, va registrata una circostanza singolare. Quella che ho chiamato “truppa di giovani” dei miei primi anni da giocatore, adesso si è trasformata in una “truppa di allenatori”. Raccontando il Super 10 dalle pagine di “Polisquotidiano” mi sono ritrovato infatti a scrivere nuovamente dei miei compagni di squadra passati al ruolo di tecnici: Romagnoli e Bernini per il Viadana, Manghi per il Gran e Ghini, nuovamente a casa, per la Rugby Parma. Ma non si deve dimenticare che numerosi altri attualmente ricoprono, o hanno ricoperto in passato, lo stesso ruolo a vari livelli in diverse società: Pace, Bonardi, Fanti, Gaetaniello, Marozza, Bonatti, Farrel, Bigliardi e l’indimenticato Paolo Pavesi. Scomparso ormai qualsiasi imbarazzo nel commentare le imprese dei miei vecchi compagni, devo dire che forse l’appartenenza alla stessa “generazione rugbistica” fa sì che nel campo delle scelte tecniche i punti di contatto con questi allenatori siano assai più numerosi delle divergenze.
<BR>Adesso mi viene da pensare che, forse, se in passato non avessi avuto quel doppio ruolo da giocatore-giornalista, avrei vissuto certe emozioni con maggiore intensità. Sicuramente avrei fatto qualche bevuta in compagnia in più. A volte mi ha pesato un po’ il fatto di dover schizzare alla redazione di borgo Angelo Mazza o in quelle successivamente occupate dal Carlino con i capelli ancora umidi dalla doccia ed i segni della partita sul volto. Subendo magari le benevole prese in giro dei colleghi o del direttore Montan. Non potevo immaginare che l’emozione più forte sarebbe arrivata molto tempo dopo, appese le scarpe al chiodo, quando vidi un bambino di 13 anni lungo e magro, mio figlio, sbucare timidamente dagli spogliatoi del campo di Noceto una gelida mattina invernale indossando per la prima volta una maglia gialloblù. Questa, però, è un’altra storia. I rugbisti possono a volte permettersi un po’ di sentimentalismo perché sono anche sempre pronti a smitizzare: chi si è trovato decine di volte sotto ad una ruck, magari con la faccia nel fango, difficilmente si prenderà troppo sul serio."
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<BR>"Il mio rapporto con la palla ovale e con la Rugby Parma ha radici molto profonde. La parola “rugby”, già in età da calzoni corti, per me era sinonimo di maglie gialloblù. Voleva dire passare la domenica pomeriggio sulle tribune con mio padre ed i miei fratelli, il freddo che aggrediva le ginocchia scoperte ed un cartoccio di caldarroste in mano. Con un padre amico e compagno di studi di Giuseppe Banchini, infatti, era per me inevitabile frequentare le tribune di viale Piacenza fin dall’infanzia. Il ricordo più vivo di quei pomeriggi è quello di una partita in cui, con mio grandissimo stupore, scoprii che si poteva essere parmigiani e non indossare la maglia della Rugby Parma. Fu l’occasione in cui vidi il fratello del mio grande amico Stefano Venè, Oreste, difendere i colori delle Fiamme Oro Padova, e nella mia infantile ingenuità percepìi questo fatto come un piccolo tradimento.
<BR>Ho fatto questa premessa per giustificarmi. Mi sono infatti accorto, avendo ripreso in mano i miei articoli del Resto del Carlino della fine degli anni ‘70, che probabilmente a quei tempi osservavo le partite, per così dire, con occhiali dalle lenti gialloblù, ed i commenti, ovviamente, ne risentivano. Ma non per una questione di piaggeria. Non è semplice dover giudicare pubblicamente i compagni con i quali ci si allena durante tutta la settimana e si condivide la tensione emotiva di campionati spesso terminati al limite della zona-salvezza.
<BR>In quegli anni la Rugby Parma consisteva in una truppa di giovani che ricevevano complimenti ed applausi a scena aperta per un gioco spesso piacevole e spettacolare ma che in fin dei conti produceva pochi punti per la classifica. Io ne facevo parte come frequente “panchinaro” ed i miei diciotto anni o poco più non rappresentavano un’eccezione in una squadra dall’età media molto bassa. Nonostante questo la Rugby Parma riusciva a lottare alla pari con le formazioni più quotate. Non per niente molti di quei giovani di belle speranze negli anni successivi entrarono a far parte delle varie rappresentative nazionali. Basti citare i nomi di Fabrizio Gaetaniello, Pace, Romagnoli, Pavesi, Ghini ed altri. Davanti a tutti, però, per dedizione, spirito di sacrificio ed attaccamento ai colori sociali va messa una persona che scendeva in campo con noi, ma non per giocare: il piccolo, grande Renato Giuffredi.
<BR>Tutto sommato un bel periodo, concluso, per quanto mi riguarda, nella stagione ’79 – ’80 con una salvezza guadagnata all’ultima giornata e con il sottoscritto già militare a Codroipo, Udine, a cercare informazioni sul risultato dell’ultima partita telefonando ripetutamente alla “Gazzetta” da una cabina nei pressi della caserma.
<BR>Per i successivi cinque anni i trasferimenti da giocatore ad altre società non mi permisero di seguire direttamente la “mia” squadra se non attraverso gli articoli dei quotidiani. Anni di alterne fortune con il picco dell’ottimo terzo posto a 5 punti dalla vetta, raggiunto nella stagione 84–85.
<BR>In seguito, dopo che avevo lasciato il Rugby Viadana, il Resto del Carlino si rifece vivo e mi permise di riprendere il discorso interrotto. Fatto curioso, il rientrare nell’ambiente della Rugby Parma come “giornalista” mi riaprì le porte della prima squadra anche da giocatore. Dopo aver mestamente commentato, nella stagione ’87 – ’88, la retrocessione in A2 (una Rugby Parma stranamente rassegnata, abulica, pur con la presenza in organico di alcuni nazionali), nell’anno successivo ho potuto dare il mio contributo all’immediata promozione. Un ritorno nella più alta categoria forse inatteso, dopo la grande delusione della stagione precedente, ed una bella soddisfazione per la società.
<BR>Arriviamo al 1989 – 90, stagione in cui, svincolato da compiti di cronista, ho indossato per l’ultima volta la maglia gialloblù. La mia presenza fissa da capitano della formazione “riserve” era infatti interrotta ogni tanto da convocazioni in prima squadra, una formazione dai risultati altalenanti, sempre con “Renatino” nel ruolo di massaggiatore. Era destino che dovessi concludere allo stesso punto da dove avevo iniziato, vale a dire da una salvezza strappata all’ultima giornata, anzi, agli spareggi dei play out. In panchina, nella partita decisiva contro il Livorno, confesso di essere stato contento di non ricoprire più il ruolo di giornalista. Mi era accaduto in passato, sedendo fra le riserve, di non riuscire a rimanere concentrato perché il pensiero andava a quello che avrei scritto per il giorno dopo. Sarebbe stato un problema, in una partita così delicata, visto che nel secondo tempo dovetti scendere in campo. Andò tutto bene ed i play out sancirono poi la nostra permanenza nella massima serie.
<BR>La storia successiva mi vede nel ruolo di tifoso patire quei cinque lunghi anni di purgatorio in serie A2, e risollevare la testa a partire dal 1998. Arrivati quindi ai giorni nostri, va registrata una circostanza singolare. Quella che ho chiamato “truppa di giovani” dei miei primi anni da giocatore, adesso si è trasformata in una “truppa di allenatori”. Raccontando il Super 10 dalle pagine di “Polisquotidiano” mi sono ritrovato infatti a scrivere nuovamente dei miei compagni di squadra passati al ruolo di tecnici: Romagnoli e Bernini per il Viadana, Manghi per il Gran e Ghini, nuovamente a casa, per la Rugby Parma. Ma non si deve dimenticare che numerosi altri attualmente ricoprono, o hanno ricoperto in passato, lo stesso ruolo a vari livelli in diverse società: Pace, Bonardi, Fanti, Gaetaniello, Marozza, Bonatti, Farrel, Bigliardi e l’indimenticato Paolo Pavesi. Scomparso ormai qualsiasi imbarazzo nel commentare le imprese dei miei vecchi compagni, devo dire che forse l’appartenenza alla stessa “generazione rugbistica” fa sì che nel campo delle scelte tecniche i punti di contatto con questi allenatori siano assai più numerosi delle divergenze.
<BR>Adesso mi viene da pensare che, forse, se in passato non avessi avuto quel doppio ruolo da giocatore-giornalista, avrei vissuto certe emozioni con maggiore intensità. Sicuramente avrei fatto qualche bevuta in compagnia in più. A volte mi ha pesato un po’ il fatto di dover schizzare alla redazione di borgo Angelo Mazza o in quelle successivamente occupate dal Carlino con i capelli ancora umidi dalla doccia ed i segni della partita sul volto. Subendo magari le benevole prese in giro dei colleghi o del direttore Montan. Non potevo immaginare che l’emozione più forte sarebbe arrivata molto tempo dopo, appese le scarpe al chiodo, quando vidi un bambino di 13 anni lungo e magro, mio figlio, sbucare timidamente dagli spogliatoi del campo di Noceto una gelida mattina invernale indossando per la prima volta una maglia gialloblù. Questa, però, è un’altra storia. I rugbisti possono a volte permettersi un po’ di sentimentalismo perché sono anche sempre pronti a smitizzare: chi si è trovato decine di volte sotto ad una ruck, magari con la faccia nel fango, difficilmente si prenderà troppo sul serio."
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sanzen
- Messaggi: 387
- Iscritto il: 9 ott 2003, 0:00
Grazie ancora Grun e ti meriti un premio in vino
<BR>Nella prima visita visita alla città di Giulietta&Romeo avrai un pranzo gratis con ottimo vino da bere e da portarti a casa.
<BR>Direi che concordo sulla tua visione di Villepreux soprattutto quando ne accentui l'aspetto "maniacale", un limite che ha limitato la portata del suo insegnamento rugbystico, Francia compresa.
<BR>Fatti vivo con un messaggio privato.
<BR>Jaco c'era la neve quel giorno dell'82 su tutto il Veneto e venni con mugugni della mia fidanzata di allora a Rovigo e dovetti gioire del pareggio con moderazione, lei era già abbastanza arrabbiata e mi aveava fatto il grande piacere
di accompagnarmi........
<BR>Cambiamo il nome al 3D oppure facciamolo diventare, parafrasando FdG "La storia siamo noi", una rubrica in cui ognuno racconta la sua storia di vita legata al rugby.
<BR>Sarei contento se, come è già accaduto, qualche giocatore di quel tempo avesse voglia e tempo per raccontarci la sua storia da dentro il campo.
<BR>Proviamoci, potrebbe essere un blog dei ricordi del rugby 1975-1990
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<BR>Nella prima visita visita alla città di Giulietta&Romeo avrai un pranzo gratis con ottimo vino da bere e da portarti a casa.
<BR>Direi che concordo sulla tua visione di Villepreux soprattutto quando ne accentui l'aspetto "maniacale", un limite che ha limitato la portata del suo insegnamento rugbystico, Francia compresa.
<BR>Fatti vivo con un messaggio privato.
<BR>Jaco c'era la neve quel giorno dell'82 su tutto il Veneto e venni con mugugni della mia fidanzata di allora a Rovigo e dovetti gioire del pareggio con moderazione, lei era già abbastanza arrabbiata e mi aveava fatto il grande piacere
<BR>Cambiamo il nome al 3D oppure facciamolo diventare, parafrasando FdG "La storia siamo noi", una rubrica in cui ognuno racconta la sua storia di vita legata al rugby.
<BR>Sarei contento se, come è già accaduto, qualche giocatore di quel tempo avesse voglia e tempo per raccontarci la sua storia da dentro il campo.
<BR>Proviamoci, potrebbe essere un blog dei ricordi del rugby 1975-1990
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varrotz
- Messaggi: 86
- Iscritto il: 21 apr 2005, 0:00
- Località: abano terme(pd)
<!-- BBCode Quote Start --><TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
<BR> 06-03-2006 alle ore 10:31, sanzen wrote:
<BR>
<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
<BR>
<BR></BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE><!-- BBCode Quote End -->
<BR>
<BR>doveroso! ero piccolino ma ricordo le partite scudetto contro benetton o rovigo a metà anni 80, e la prima linea era appunto Vigolo-Galeazzo-Borsatto (ma anche De Bernardo, forse il pilone italiano più fisicamente più dotato della sua generazione, e non si può dimenticare Marchetto).
<BR>Vigolo è stato uno dei piloni italiani più tecnici (e sottovalutati) in assoluto: 1.75 per poco più di 90 kili sbatteva indietro giganti sia a destra che a sinistra. indistruttibile, ha giocato nel Petrarca fino a 42 anni, ritirandosi dopo la finale persa (ahimè) contro la Benetton nel 99 (era in panca!) e giocando spesso da titolare (anche in Coppa Europa) nonostante negli ultimi anni la squadra di Padova avesse in prima linea gente giovane e competitiva come Muraro e Menapace (entrambi nazionali). Per me un idolo assoluto. Ho sentito tra l'altro che diventerà presto padre per la seconda volta (a 48 anni): grande Paolo!!!
<BR>Galeazzo era nato per giocare a rugby, uno dei giocatori più ruvidi e temuti del nostro campionato. negli anni ho sentito racconti, a volte forse esagerati (ma non troppo!), sui suoi "numeri" dentro e fuori dal campo. giocatore fuori dal comune, a volte ingestibile, amava particolarmente studiarsi prima delle partite il suo avversario diretto e farlo impazzire psicologicamente in campo... uno dei pochi che ha avuto le palle di sfidare Gert Small, forse il più forte numero 8 mai visto in Italia (attuale allenatore della mischia sudafricana), rimanendo in campo tutto fasciato, con il naso aperto ed il ghigno in faccia (vedere a riguardo le foto nel bellimo libro "Il tempo del Rugby" di Daniele Resini) nonostante i pugni presi. Una leggenda del rugby padovano.
<BR>Borsatto lo conosco meno perchè ha smesso che ero ancora giovincello ma a quanto ho sentito era un'altro molto tecnico e implacabile in mischia chiusa, in simbiosi con Galeazo e Vigolo: con loro in prima linea i neri hanno vinto gli ultimi scudetti.
<BR>De Bernardo (un'altro che ha giocato fino a 40 anni, chiudendo come Vigolo nel 2000) era un'autentica forza della natura, fisicamente paragonabile ad un Properzi. DeBe è tuttora il giocatore azzurro nato più a nord (Domegge di Cadore) ed era addirittura più forte di Vigolo e Borsatto ma vari infortunii lo costrinsero a lunghi stop. In particolare subì un'infortunio all'occhio con distacco di retina quand'era giovane e titolare in nazionale
<BR> 06-03-2006 alle ore 10:31, sanzen wrote:
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<BR>Grandi prime linee e grandi battaglie.
<BR>Vorrei ricordare, a tale proposito, un immenso tallonatore del Petrarca: Galeazzo e il suo compare di prima linea Vigolo e se non erro Borsatto era l'altro pilone di una squadra sparagnina, ma con una mischia fantastica.
<BR>Qualche Padovano ha voglia di ricordare?
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<BR>doveroso! ero piccolino ma ricordo le partite scudetto contro benetton o rovigo a metà anni 80, e la prima linea era appunto Vigolo-Galeazzo-Borsatto (ma anche De Bernardo, forse il pilone italiano più fisicamente più dotato della sua generazione, e non si può dimenticare Marchetto).
<BR>Vigolo è stato uno dei piloni italiani più tecnici (e sottovalutati) in assoluto: 1.75 per poco più di 90 kili sbatteva indietro giganti sia a destra che a sinistra. indistruttibile, ha giocato nel Petrarca fino a 42 anni, ritirandosi dopo la finale persa (ahimè) contro la Benetton nel 99 (era in panca!) e giocando spesso da titolare (anche in Coppa Europa) nonostante negli ultimi anni la squadra di Padova avesse in prima linea gente giovane e competitiva come Muraro e Menapace (entrambi nazionali). Per me un idolo assoluto. Ho sentito tra l'altro che diventerà presto padre per la seconda volta (a 48 anni): grande Paolo!!!
<BR>Galeazzo era nato per giocare a rugby, uno dei giocatori più ruvidi e temuti del nostro campionato. negli anni ho sentito racconti, a volte forse esagerati (ma non troppo!), sui suoi "numeri" dentro e fuori dal campo. giocatore fuori dal comune, a volte ingestibile, amava particolarmente studiarsi prima delle partite il suo avversario diretto e farlo impazzire psicologicamente in campo... uno dei pochi che ha avuto le palle di sfidare Gert Small, forse il più forte numero 8 mai visto in Italia (attuale allenatore della mischia sudafricana), rimanendo in campo tutto fasciato, con il naso aperto ed il ghigno in faccia (vedere a riguardo le foto nel bellimo libro "Il tempo del Rugby" di Daniele Resini) nonostante i pugni presi. Una leggenda del rugby padovano.
<BR>Borsatto lo conosco meno perchè ha smesso che ero ancora giovincello ma a quanto ho sentito era un'altro molto tecnico e implacabile in mischia chiusa, in simbiosi con Galeazo e Vigolo: con loro in prima linea i neri hanno vinto gli ultimi scudetti.
<BR>De Bernardo (un'altro che ha giocato fino a 40 anni, chiudendo come Vigolo nel 2000) era un'autentica forza della natura, fisicamente paragonabile ad un Properzi. DeBe è tuttora il giocatore azzurro nato più a nord (Domegge di Cadore) ed era addirittura più forte di Vigolo e Borsatto ma vari infortunii lo costrinsero a lunghi stop. In particolare subì un'infortunio all'occhio con distacco di retina quand'era giovane e titolare in nazionale
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gab
- Messaggi: 213
- Iscritto il: 19 giu 2003, 0:00
- Località: siena
grazie grun! ho raccolto, come un fedele discepolo, i tuoi interventi e li ho riuniti in un unico racconto. Scrivi davvero bene, è stato un piacere leggerti. Se vuoi scrivere un libro in materia, fallo sapere: lo compro di sicuro.
<BR>Non essendo esaurita la mia sete di conoscenza (nella mia città l'interesse per la palla ovale non era ancora sbocciato, venti anni fa, quando ne avevo venti anni e non mi perdevo una partita in tv), chiedo agli amici:
<BR>1. dove si può trovare l'albo d'oro della nazionale relativamente ai periodi bish - villepreux?
<BR>2. C'è qualche anima buona che ha voglia di scrivere la storia del periodo Pulli-Paladini? (ricordo - se non erro - anche una vittoria contro l'under 21[?] inglese nella primavera '82).
<BR>Non essendo esaurita la mia sete di conoscenza (nella mia città l'interesse per la palla ovale non era ancora sbocciato, venti anni fa, quando ne avevo venti anni e non mi perdevo una partita in tv), chiedo agli amici:
<BR>1. dove si può trovare l'albo d'oro della nazionale relativamente ai periodi bish - villepreux?
<BR>2. C'è qualche anima buona che ha voglia di scrivere la storia del periodo Pulli-Paladini? (ricordo - se non erro - anche una vittoria contro l'under 21[?] inglese nella primavera '82).