GiorgioXT ha scritto:Diddi , quale miglior risposta di questa al tuo messaggio ?
spettatore ha scritto:Mentre sono favorevole alla CL almeno per TENTARE di alzare il nostro livello di gioco e far giocare giovani italiani, nutro forti perplessità sulle accademie per i seguenti motivi :
1)sono autoreferenziali, giochi in nazionale solo se accademico e i risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti (6 Nazioni giovanili e mondiale U20) ma nessuno si dimette dalla sua poltrona almeno in Italia.
2)rispetto alla formula di aiutare economicamente i clubs per i settori giovanili (magari non sempre quei quattro/cinque) restringono la base a solo 90 atleti.
3)per le accademie U17/U18 preferirei veder viaggiare i tecnici tra le squadre che non spostare i ragazzi cosa che può creare forti disagi.
4)se uno è molto forte e sceglie di non andare in accademia a 17 anni lo tagliamo per sempre ? inoltre le nostre accademie continuano a privilegiare le doti fisiche (importanti) alla attitutidine (più importante).
Spero di sbagliarmi ma non credo.
Non sono d'accordo per nulla sul fatto che i "master" dopo l'università
non li possano fare i club ... Halfpenny viene dall'accademia degli Ospreys , Parra dal "centre de formation" del Bourgoin, , Trinder dall'accademia del Gloster ... e se andiamo a vedere nell'emisfero sud, le "accademie" sono dei Waratahs, di Waikato piuttosto che dei Cheetahs ... solo in Argentina si sta tentando una via simile a quella italiana , mar per motivi opposti ai nostri - li si deve cercare di tenere e pagare dei giocatori che altrimenti andrebbero all'estero. Trovami una nazione più avanti a noi nel ranking che non utilizzi i club come luogo e momento essenziale dell'alto sviluppo...
Guarda questa immagine presa dal sito WRU
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http://www.wru.co.uk/images/structure/c ... mid_01.gif
Che c'è, mi vuoi insegnare che cos'è la "piramide"?
Fai finta di non capire?
Io non ho nessuna difficoltà ad immaginare che i clubs possano formare ad altissimo livello, lo fanno in tanti posti; ma non in Italia. Ti ri-spiego perché: Ospreys, Bourgoin, Gloucester, Waikato... sono realtà che, per competere nel loro ambiente di riferimento, SONO COSTRETTI a iperformare i loro giocatori. Se Parra non è iperformato, Mignoni (o Yachvili, o Cusiter, o Kelleher, o chi vi pare) se lo mangia e Bourgoin perde. Questo non vale per la realtà italiana: Toniolatti (per dire) viene formato ad un livello per cui può competere con Griffen, Patelli, Tebaldi e compagnia cantando; quando gli capita di affrontare Parra (o Mignoni, o Yachvili, o Cusiter, o Kelleher) si trova in difficoltà, comunque può solo sperare di reggere alla meno peggio. E questo moltiplicato per i 15 in campo, i 22 della lista gara e i 35-40 della rosa. Beninteso, iperformare non significa semplicemente fornire mezzi e metodiche di allenamento, né soltanto offrire la possibilità di confrontarsi con squadre al top; vuol dire anche mantenere integralmente il giocatore, in modo che possa dedicare tutto il tempo necessario al rugby senza proccupazioni economiche presenti e, se possibile, future.
In Italia i clubs non hanno necessità di iperformare e in effetti non iperformano. Questo è un compito che, al momento, si è assunta la Federazione, la quale peraltro sperava di poterlo scaricare: che fine hanno fatto le famose "accademie di club"? Non si sono forse estinte per mancanza di seguito, inducendo la FIR ad organizzare le accademie U18?
Detto questo, sono assolutamente d'accordo con l'analisi di spettatore sui nodi problematici dell'Accademia, soprattutto dove solleva il problema che gli "accademici" non sono necessariamente "i migliori", ma soltanto i migliori (se lo sono, ma questo coinvolge l'alea insita nel concetto stesso di selezione) tra coloro che sono disposti a soggiornare a Tirrenia, passando sopra problemi personali, doti individuali, scelte di vita che possono cambiare nel tempo. Da dove poi vengono presi quasi integralmente i Nazionali, per l'assunto autoreferenziale che se uno non ha frequentato l'Accademia, non può essere sufficientemente formato.
Tutto vero, tutto criticabile, ma anche tutto insito nel progetto stesso dell'Accademia per come è stata strutturata; solo che, al momento attuale, si tratta dell'unico centro che può dare alta formazione rugbystica in Italia, dal momento che solo la Federazione, in Italia, è interessata a giocatori di quel livello.
Poi, una domanda: che cosa vuoi dire con "solo in Argentina si sta tentando una via simile a quella italiana , mar per motivi opposti ai nostri - li si deve cercare di tenere e pagare dei giocatori che altrimenti andrebbero all'estero."
Non capisco quale sia la differenza con la realtà italiana: non è vero che anche noi dobbiamo cercare di evitare che gli italiani vadano ad iperformarsi all'estero?
Infine sulla piramide: è vero che noi stiamo cercando di operare sul suo vertice, ma lo facciamo perché è lì che si situa la differenza principale tra noi e gli altri. A livello giovanile reggiamo il confronto, anzi più sono piccoli e più siamo competitivi. E' solo dopo, quando entra in gioco quella che io chiamo "iperformazione", che si crea il gap, che si allarga fino al divario evidente, innegabile, straziante tra i nostri top team e quelli stranieri, al livello a cui pretenderemmo di competere.