Vorrei entrare nel merito di totorugby (

ma sei già uno che ha capito parecchio) e, al contempo, caso mai fosse possibile su questo forum, continuare nella digressione, magari provando anche ad entrare nel merito (delle argomentazioni):
1) i tre aspetti: "l
udico, educativo ed agonistico" li riconosco bene e credo che siano espressione, o debba essere espressione, di uno stesso sistema. Non posso pensare, e non ci credo affatto, che esistano dei limiti temporali e successivi nella formazione. Evidentemente ci saranno aspetti che prevalgono, a determinate fasce di età, ma sostanzialmente il rugby, per sua definizione, e per una espressione della filosofia del gioco, è sempre: "
ludico, educativo ed agonistico". Verosimilmente a 12 anni è diverso che a 20 o 30 anni ma sempre: ludico, educativo ed agonistico. Giocare a rugby deve rimanere un privilegio..................e il privilegio è elitario, almeno culturalmente.
2) un coach professionista sa anche essere un papà: ma deve riconoscere il momento e valutare come e quando intervenire da papà o coach, utilizzando competenza e professionalità, oltre all'empatia.. Un papà non può essere per forza anche coach; può anche esserlo ma quando deve usare la professionalità da coach dove va a pescare?.......
3) non esiste, in nessuna parte del mondo, un corso che tramuta le persone in professionisti. Professionista vuole anche dire essere papà all' occorrenza; ma anche mentore, piuttosto che persona in grado di aiutare, educatore.........;
4) c'è un argomento che qui da noi è difficile estrapolare: quello della didattica. Io sono convinto che siano più le tecniche di coaching che le competenze didattiche e pedagogiche , che fanno la differenza. Da noi, in Italia, appena è possibile, tutti diventano tecnici e si dimenticano della competenza (che significa: saper fare). Vedo "soloni" che predicano tecnicamente in modo ineccepibile, ma si dimenticano che l'accademia serve solo a loro stessi, non ai loro ragazzi e ancor meno alle famiglie (dei loro ragazzi). Io sono per la politica del "fare, fare, fare e ancora fare"; i grandi problemi, le discussioni argomentate, le filippiche astruse, le lascio ai retori del rugby. Facciamoli divertire, facciamogli capire che gli attori sono loro, mettiamoli in condizione di sperimentare e di trovare soluzioni diverse. FACCIAMO UN RUGBY DI RICERCA e facciamolo con GIOIA.
5) IO, non ho mai giocato e credo che questo non sia un limite, sopratutto con i giovani. Quando ti vengono a cercare, sia ragazzini/e che genitori, il problema non è quello che facevi da giocatore, ma cosa devi fare per loro ADESSO
Buon rugby,