Bilanci delle Unions in NZ, Ovvero Why Kiwis Can Fly
Inviato: 9 apr 2013, 14:48
Nel corso dell’ultimo mese, sia la Federazione Nazionale che le Provincial Unions hanno pubblicato i loro bilanci per il 2012, fornendo alcuni dati molto interessanti non solo a livello economico, ma anche in senso strutturale e organizzativo. Su cui riflettere e, volesse il Cielo, da cui prendere esempio.
La NZRU ha chiuso in attivo per la prima volta dopo tre anni, con un surplus di 3.2 milioni di dollari. Merito soprattutto, ovviamente, della prima rata della nuova sponsorizzazione AIG.
I dati più succosi sono però quelli delle province: nove su quattordici fra quelle di ITM sono in attivo; la somma delle cifre è in nero per 626.000$, non male in confronto all’anno dei mondiali in cui un simile valore era nella colonna rossa. Alcune di queste chiudono poco sopra lo zero, fra cui Wellington a +27.000$ e Hawke’s Bay a +11.000$ (ma per la baia è il quindicesimo anno consecutivo col + davanti). Altre, fra cui Waikato, Bay of Plenty, Northland e una Otago in gran ricostruzione, chiudono con guadagni a sei cifre. Manawatu fa un profitto di 56.000$, Taranaki è in deficit di circa 80.000$, unica nel territorio Hurricanes. Ovviamente nei numeri è compresa tutta l’attività dei club, di cui le squadre di ITM sono solo delle selezioni (che spesso portano più costi che ricavi). Steve Tew, presidente della Federazione, ha ribadito che l’idea di base è quella di far camminare le province con le proprie gambe, senza succhiare fondi alla NZRU.
Alle presentazioni dei bilanci, diversi presidenti di Union hanno ammesso qualche problema sul discorso “spettatori allo stadio”, lanciando qualche analisi e qualche idea per risolvere la faccenda; mentre quasi tutti i reports presentati parlano di un aumento di giocatori, allenatori volontari e arbitri, compreso fra il 5 e il 10% rispetto al 2011. Effetto Webb Ellis, probabilmente; ma su questo punto ho letto un discorso particolarmente interessante di James Te Puni, CEO di Wellington, che da il merito soprattutto alla figura professionale dei Rugby Development Officers.
Questi sono sostanzialmente dei dipendenti delle union che si occupano soprattutto dello scouting, del reclutamento e di monitorare e assistere la crescita dei giocatori dalle scuole primarie alle superiori, dalle superiori ai club e alle selezioni giovanili, dai club alla provincia con relativa accademy. Con il risultato di aumentare sia i numeri, sia le performance. Wellington ne ha ben tredici, a tempo pieno. A quanto ho capito, spesso chiedono a un club di nominarne/suggerirne uno, che poi lavora nel territorio di quel club, o comunque in una determinata area geografica. Quindi tredici sono tanti, per una provincia che comprende in pratica solo Wellington e poche piccole città-satellite, e che ha in tutto diciotto club. Devono costare una botta di schei, ma qua subentra uno dei punti salienti della situazione: le unions non se li pagano sempre da soli, perché spesso sono in parte stipendiati da contributi pubblici, nella forma di fondi per l’attività sportiva, generalmente regionali.
Cosa che sotto altre forme, si ripete in ambito scolastico. Un conoscente, insegnante di scuola pubblica, mi diceva che le superiori private ricevono diverse sovvenzioni dallo stato o dagli enti locali sull’attività fisica, proprio perché fra i loro compiti non c’è solo quello di creare la base professionale della nazione, ma anche i giocatori di rugby e di cricket (e non lo diceva assolutamente con piglio polemico).
C’è da notare, a questo proposito, che qualcosa come 14 milioni di dollari (14% del budget) è stato speso l’anno scorso dalla NZRU sotto la voce “game development”. “Sviluppo del rugby”… in Nuova Zelanda. Che ovviamente non si integra con quello delle province, bensì si somma.
Gli obiettivi compresi in questa voce sono svariati, fra cui: aumento del numero di praticanti di età compresa fra 5 e 12 anni rispetto ad un tot prefissato che sia migliore dell’anno precedente; aumento del numero di arbitri che continuino a praticare dopo i trent'anni e potenziamento delle consulenza tecnica a loro dedicata; aumento del numero di allenatori delle giovanili e intensificazione dell’assistenza tecnica da fornirgli (tramite i vari Coach Education Programmes); progetto Small Blacks di cui ho già scritto; eccetera.
All’interno di questo capitolo, ci sono anche vari progetti a loro volta finanziati in parte da Government Grants (tipo borsa di studio) e Community Trusts (tipo fondazione pubblica non-profit), fra cui: Rugby Smart, con scopo di studio su come ridurre gli infortuni, migliorare la fisioterapia, e la preparazione atletica in generale (con relative periodiche conferenze di aggiornamento per gli allenatori); il trofeo nazionale di Rippa Rugby (il Trofeo Topolino della situazione, ^n); i Regional Coach Development Managers, cioè tre super-allenatori che vanno in giro per l’arcipelago a guidare i programmi di formazione, stage e aggiornamento degli altri coach; a altri ancora che diventa troppo palloso scrivere.
Dall’avvio di questi community rugby plans, nel 2004, i praticanti sono aumentati del 16%, in un paese dove il rugby era già il primo sport.
Senza voler minimamente avviare una discussione sull’interventismo pubblico vs. Adamo Smith e la mano invisibile, è da sottolineare come gli ingranaggi del sistema, finanziamento pubblico compreso, siano in simbiosi. Se il meccanismo è così organico e integrato a livello scolastico e dilettantistico, ci si possono forse aspettare risultati meno che eccellenti in ambito pro?
Per saperne di più, le fonti sono:
http://www.stuff.co.nz/sport/rugby/prov ... er-profit/
http://files.allblacks.com/comms/2011_A ... Report.pdf
http://www.3news.co.nz/Youngsters-rip-i ... fault.aspx
http://kerikerirugby.com/2013/nzru-init ... w-zealand/
http://www.thamesvalleyswampfoxes.co.nz ... evelopment
http://www.coachingtoolbox.co.nz/non-lo ... velopment/
http://www.allblacks.com/news/21867/New ... wards-2016
http://www.odt.co.nz/news/dunedin/24954 ... ll-fragile
http://www.mooloo.co.nz/news/waikato-ru ... ng-profit/
La NZRU ha chiuso in attivo per la prima volta dopo tre anni, con un surplus di 3.2 milioni di dollari. Merito soprattutto, ovviamente, della prima rata della nuova sponsorizzazione AIG.
I dati più succosi sono però quelli delle province: nove su quattordici fra quelle di ITM sono in attivo; la somma delle cifre è in nero per 626.000$, non male in confronto all’anno dei mondiali in cui un simile valore era nella colonna rossa. Alcune di queste chiudono poco sopra lo zero, fra cui Wellington a +27.000$ e Hawke’s Bay a +11.000$ (ma per la baia è il quindicesimo anno consecutivo col + davanti). Altre, fra cui Waikato, Bay of Plenty, Northland e una Otago in gran ricostruzione, chiudono con guadagni a sei cifre. Manawatu fa un profitto di 56.000$, Taranaki è in deficit di circa 80.000$, unica nel territorio Hurricanes. Ovviamente nei numeri è compresa tutta l’attività dei club, di cui le squadre di ITM sono solo delle selezioni (che spesso portano più costi che ricavi). Steve Tew, presidente della Federazione, ha ribadito che l’idea di base è quella di far camminare le province con le proprie gambe, senza succhiare fondi alla NZRU.
Alle presentazioni dei bilanci, diversi presidenti di Union hanno ammesso qualche problema sul discorso “spettatori allo stadio”, lanciando qualche analisi e qualche idea per risolvere la faccenda; mentre quasi tutti i reports presentati parlano di un aumento di giocatori, allenatori volontari e arbitri, compreso fra il 5 e il 10% rispetto al 2011. Effetto Webb Ellis, probabilmente; ma su questo punto ho letto un discorso particolarmente interessante di James Te Puni, CEO di Wellington, che da il merito soprattutto alla figura professionale dei Rugby Development Officers.
Questi sono sostanzialmente dei dipendenti delle union che si occupano soprattutto dello scouting, del reclutamento e di monitorare e assistere la crescita dei giocatori dalle scuole primarie alle superiori, dalle superiori ai club e alle selezioni giovanili, dai club alla provincia con relativa accademy. Con il risultato di aumentare sia i numeri, sia le performance. Wellington ne ha ben tredici, a tempo pieno. A quanto ho capito, spesso chiedono a un club di nominarne/suggerirne uno, che poi lavora nel territorio di quel club, o comunque in una determinata area geografica. Quindi tredici sono tanti, per una provincia che comprende in pratica solo Wellington e poche piccole città-satellite, e che ha in tutto diciotto club. Devono costare una botta di schei, ma qua subentra uno dei punti salienti della situazione: le unions non se li pagano sempre da soli, perché spesso sono in parte stipendiati da contributi pubblici, nella forma di fondi per l’attività sportiva, generalmente regionali.
Cosa che sotto altre forme, si ripete in ambito scolastico. Un conoscente, insegnante di scuola pubblica, mi diceva che le superiori private ricevono diverse sovvenzioni dallo stato o dagli enti locali sull’attività fisica, proprio perché fra i loro compiti non c’è solo quello di creare la base professionale della nazione, ma anche i giocatori di rugby e di cricket (e non lo diceva assolutamente con piglio polemico).
C’è da notare, a questo proposito, che qualcosa come 14 milioni di dollari (14% del budget) è stato speso l’anno scorso dalla NZRU sotto la voce “game development”. “Sviluppo del rugby”… in Nuova Zelanda. Che ovviamente non si integra con quello delle province, bensì si somma.
Gli obiettivi compresi in questa voce sono svariati, fra cui: aumento del numero di praticanti di età compresa fra 5 e 12 anni rispetto ad un tot prefissato che sia migliore dell’anno precedente; aumento del numero di arbitri che continuino a praticare dopo i trent'anni e potenziamento delle consulenza tecnica a loro dedicata; aumento del numero di allenatori delle giovanili e intensificazione dell’assistenza tecnica da fornirgli (tramite i vari Coach Education Programmes); progetto Small Blacks di cui ho già scritto; eccetera.
All’interno di questo capitolo, ci sono anche vari progetti a loro volta finanziati in parte da Government Grants (tipo borsa di studio) e Community Trusts (tipo fondazione pubblica non-profit), fra cui: Rugby Smart, con scopo di studio su come ridurre gli infortuni, migliorare la fisioterapia, e la preparazione atletica in generale (con relative periodiche conferenze di aggiornamento per gli allenatori); il trofeo nazionale di Rippa Rugby (il Trofeo Topolino della situazione, ^n); i Regional Coach Development Managers, cioè tre super-allenatori che vanno in giro per l’arcipelago a guidare i programmi di formazione, stage e aggiornamento degli altri coach; a altri ancora che diventa troppo palloso scrivere.
Dall’avvio di questi community rugby plans, nel 2004, i praticanti sono aumentati del 16%, in un paese dove il rugby era già il primo sport.
Senza voler minimamente avviare una discussione sull’interventismo pubblico vs. Adamo Smith e la mano invisibile, è da sottolineare come gli ingranaggi del sistema, finanziamento pubblico compreso, siano in simbiosi. Se il meccanismo è così organico e integrato a livello scolastico e dilettantistico, ci si possono forse aspettare risultati meno che eccellenti in ambito pro?
Per saperne di più, le fonti sono:
http://www.stuff.co.nz/sport/rugby/prov ... er-profit/
http://files.allblacks.com/comms/2011_A ... Report.pdf
http://www.3news.co.nz/Youngsters-rip-i ... fault.aspx
http://kerikerirugby.com/2013/nzru-init ... w-zealand/
http://www.thamesvalleyswampfoxes.co.nz ... evelopment
http://www.coachingtoolbox.co.nz/non-lo ... velopment/
http://www.allblacks.com/news/21867/New ... wards-2016
http://www.odt.co.nz/news/dunedin/24954 ... ll-fragile
http://www.mooloo.co.nz/news/waikato-ru ... ng-profit/