Telecronisti di calcio e le mete
Moderatore: Emy77
- parramatta
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quindi prima dici che il rugby ha alcuni aspetti che gli altri sport non hanno. poi elenchi alcune caratteristiche che dichiari essere "l'essenza" del rugby. Suppongo che siano gli stessi aspetti che identificavi come unici del rugby. Ma sinceramente a leggerli non sembrano per nulla cosi' peculiari e unici tali da rendere il rugby una spanna sopra gli altri sport.
Secondo il mio punto di vista la differenza e' un'altra:
noi non riconosciamo aprioristicamente al rugby nessuno stato di elite rispetto agli altri e garantiamo a tutti gli sport la stessa dignita' di base che il rugby ha.[/quote]
qui sta il punto.A me invece sembrano particolari, e su questo si discute.
se ragioni su queste unicita' vedrai che la spanna c'e' eccome.
quindi l ragionamento fila.
lsulla stessa dignita' di base non si discute, concordo come gia affermato.
Secondo il mio punto di vista la differenza e' un'altra:
noi non riconosciamo aprioristicamente al rugby nessuno stato di elite rispetto agli altri e garantiamo a tutti gli sport la stessa dignita' di base che il rugby ha.[/quote]
qui sta il punto.A me invece sembrano particolari, e su questo si discute.
se ragioni su queste unicita' vedrai che la spanna c'e' eccome.
quindi l ragionamento fila.
lsulla stessa dignita' di base non si discute, concordo come gia affermato.
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Cane_di_Pavlov
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- parramatta
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pinghial ha scritto:oppure a baseball, a football americano, a polo, ad hockey (no aspetta, in questo si danno un fracasso di botte sul serio), a cricket, o a quello che ti pare...
tanto Cane, lui è sopra tutti noi, e noi poveri mortali (giocatori e non) non possiamo e non potremo capire...
ciò che si cerca di dirti Paramatta, è che crediamo che pur essendo il rugby uno sport meraviglioso e di cui facciamo parte, forse non è lo sport migliore al mondo, ed ognuno deve essere rispettato per quello che è e rappresenta...
conosci il buzkashi? è uno sport con tradizioni e valori altissimi sai?
non dico che e' il migliore al mondo in assoluto ( sarei arrogante) , dico solamente che ha degli aspetti unici rispetto a tutti gli altri.
e non tolgo dignita' a nessuno sport affermando questo, ne' manco di rispetto.
uno potrebbe dirmi che ne so la canoa ti fa stare a contatto con la natura , e' un aspetto che il rugby contempla poco.
potrei rispondere che giochiamo all' aria aperta, ma che sicuramente ha ragione ed e' un bellissimo sport.
ma su quegli aspetti sopraelencati , secondo me, non ha rivali o pochi.
mi sembra facile da capire
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FB
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Inutile girarci intorno: Cane ha parecchio ragione.
Il rugby italiano, ora che ha acquistato una visibilità non paragonabile a quella dei decenni passati, si trova costretto a confrontare, e a far confrontare agli esterni, la propria realtà (italiana in tutto e per tutto) con l’idea di rugby, che non poteva non essere quella raccontata dai “classici”, ad esempio, dalle telecronache “omeriche” (e anche per questo un po’ stucchevoli)di Paolo Rosi del 5 Nazioni, che parlano del rugby d’Inghilterra di Twickenham, del rugby cavalleresco dei 1000 aneddoti e così via.
E sotto i riflettori il nostro mondo si accorge a poco a poco che il re è nudo e tra la nostra realtà e la poesia il passo è lunghissimo.
L’illusione che bastasse una palla più ovale dell’altra per renderci migliori naufraga ogni giorno di più (che botta la finale di Monza!) e il sillogismo il rugby è nobile, siamo rugbisti, quindi nobili è quanto di più fallace e presuntuoso.
Di tutto ciò i nostri rugbisti (giocatori e non), per la maggior parte se ne strafregano, perché non hanno mai sentito il problema, qualcun altro non si arrende all’evidenza e si picca di lesa maestà, perché in fondo l’idea di poter vantare qualcosa di meglio degli altri non gli dispiace (e questo è un bene), altri prendono atto, ingoiano il rospo e si arrendono alla disillusione.
Anch’io credo che a determinare il comportamento degli sportivi sia la cultura che dello sport un paese ha, quindi non ci saranno grandi differenze tra calciofili e rugbisti inglesi (o irlandesi etc.) e calciofili e rugbisti italiani e così via. E su questo in Italia non siamo certo i migliori.
Però, lasciatemi rammaricare un po’.
L’Italia del rugby ha (stavo per dire ha avuto…) un’occasione unica e irripetibile, che nessun altro sport ha mai avuto, né avrà: il Sei Nazioni.
All’improvviso ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un qualcosa dal fascino unico e inestimabile, con centoventi anni di storia: è come uno che tira a campare (maluccio) che eredita all’improvviso qualche miliardo di euro da una lontana sconosciuta parente. Di questo sì gli altri sport avranno avuto invidia e forse anche un po’ di sana strizza.
Per noi era l’occasione di vestirci a festa e mostrare ad un’opinione pubblica sportiva tutt’altro che ostile al nostro messaggio, complice anche la crisi del calcio, il volto migliore di uno sport che non ha eguali, magari mascherandoci e convincendo noi stessi di essere – in quanto rugbisti -composti e sportivi gentlemen e chissenefrega se in realtà eravamo appena nati e il nostro pedigree è inconsistente. Avremmo dovuto insistere sulla “questione morale”, su come educare i nostri giocatori, enfatizzare, anche a costo di un po’ di retorica, il terzo tempo, il rugby educativo, ma SOPRATTUTTO rendere concreto tutto questo sul campo (e in tribuna), pretendendo dalla nostra gente (in fondo siamo ancora 4 gatti e non dobbiamo gestire le periferie suburbane nelle curve come deve fare il calcio) un comportamento leale ed educato.
E questo non (solo) con le chiacchiere a sangue freddo (per quello sono bravi tutti), ma con una condotta adeguata quando il sangue sale al cervello e la furia agonistica ti porterebbe altrove.
Magari avremmo gettato un seme. Ma evidentemente è compito troppo arduo, primo perché sono in pochi (leggasi dirigenti) a volersi spendere per una battaglia contro i mulini a vento, secondo perché a voler seguire un discorso del genere sono ancora meno. Lo sport è per noi essenzialmente sfogo, e gli sfoghi mal sopportano ramanzine o paternali del genere.
Peccato però…
Il rugby italiano, ora che ha acquistato una visibilità non paragonabile a quella dei decenni passati, si trova costretto a confrontare, e a far confrontare agli esterni, la propria realtà (italiana in tutto e per tutto) con l’idea di rugby, che non poteva non essere quella raccontata dai “classici”, ad esempio, dalle telecronache “omeriche” (e anche per questo un po’ stucchevoli)di Paolo Rosi del 5 Nazioni, che parlano del rugby d’Inghilterra di Twickenham, del rugby cavalleresco dei 1000 aneddoti e così via.
E sotto i riflettori il nostro mondo si accorge a poco a poco che il re è nudo e tra la nostra realtà e la poesia il passo è lunghissimo.
L’illusione che bastasse una palla più ovale dell’altra per renderci migliori naufraga ogni giorno di più (che botta la finale di Monza!) e il sillogismo il rugby è nobile, siamo rugbisti, quindi nobili è quanto di più fallace e presuntuoso.
Di tutto ciò i nostri rugbisti (giocatori e non), per la maggior parte se ne strafregano, perché non hanno mai sentito il problema, qualcun altro non si arrende all’evidenza e si picca di lesa maestà, perché in fondo l’idea di poter vantare qualcosa di meglio degli altri non gli dispiace (e questo è un bene), altri prendono atto, ingoiano il rospo e si arrendono alla disillusione.
Anch’io credo che a determinare il comportamento degli sportivi sia la cultura che dello sport un paese ha, quindi non ci saranno grandi differenze tra calciofili e rugbisti inglesi (o irlandesi etc.) e calciofili e rugbisti italiani e così via. E su questo in Italia non siamo certo i migliori.
Però, lasciatemi rammaricare un po’.
L’Italia del rugby ha (stavo per dire ha avuto…) un’occasione unica e irripetibile, che nessun altro sport ha mai avuto, né avrà: il Sei Nazioni.
All’improvviso ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un qualcosa dal fascino unico e inestimabile, con centoventi anni di storia: è come uno che tira a campare (maluccio) che eredita all’improvviso qualche miliardo di euro da una lontana sconosciuta parente. Di questo sì gli altri sport avranno avuto invidia e forse anche un po’ di sana strizza.
Per noi era l’occasione di vestirci a festa e mostrare ad un’opinione pubblica sportiva tutt’altro che ostile al nostro messaggio, complice anche la crisi del calcio, il volto migliore di uno sport che non ha eguali, magari mascherandoci e convincendo noi stessi di essere – in quanto rugbisti -composti e sportivi gentlemen e chissenefrega se in realtà eravamo appena nati e il nostro pedigree è inconsistente. Avremmo dovuto insistere sulla “questione morale”, su come educare i nostri giocatori, enfatizzare, anche a costo di un po’ di retorica, il terzo tempo, il rugby educativo, ma SOPRATTUTTO rendere concreto tutto questo sul campo (e in tribuna), pretendendo dalla nostra gente (in fondo siamo ancora 4 gatti e non dobbiamo gestire le periferie suburbane nelle curve come deve fare il calcio) un comportamento leale ed educato.
E questo non (solo) con le chiacchiere a sangue freddo (per quello sono bravi tutti), ma con una condotta adeguata quando il sangue sale al cervello e la furia agonistica ti porterebbe altrove.
Magari avremmo gettato un seme. Ma evidentemente è compito troppo arduo, primo perché sono in pochi (leggasi dirigenti) a volersi spendere per una battaglia contro i mulini a vento, secondo perché a voler seguire un discorso del genere sono ancora meno. Lo sport è per noi essenzialmente sfogo, e gli sfoghi mal sopportano ramanzine o paternali del genere.
Peccato però…
- parramatta
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- Iscritto il: 26 gen 2006, 0:00
messa cosi mi sta meglio.bella analisi complimenti.FB ha scritto:Inutile girarci intorno: Cane ha parecchio ragione.
Il rugby italiano, ora che ha acquistato una visibilità non paragonabile a quella dei decenni passati, si trova costretto a confrontare, e a far confrontare agli esterni, la propria realtà (italiana in tutto e per tutto) con l’idea di rugby, che non poteva non essere quella raccontata dai “classici”, ad esempio, dalle telecronache “omeriche” (e anche per questo un po’ stucchevoli)di Paolo Rosi del 5 Nazioni, che parlano del rugby d’Inghilterra di Twickenham, del rugby cavalleresco dei 1000 aneddoti e così via.
E sotto i riflettori il nostro mondo si accorge a poco a poco che il re è nudo e tra la nostra realtà e la poesia il passo è lunghissimo.
L’illusione che bastasse una palla più ovale dell’altra per renderci migliori naufraga ogni giorno di più (che botta la finale di Monza!) e il sillogismo il rugby è nobile, siamo rugbisti, quindi nobili è quanto di più fallace e presuntuoso.
Di tutto ciò i nostri rugbisti (giocatori e non), per la maggior parte se ne strafregano, perché non hanno mai sentito il problema, qualcun altro non si arrende all’evidenza e si picca di lesa maestà, perché in fondo l’idea di poter vantare qualcosa di meglio degli altri non gli dispiace (e questo è un bene), altri prendono atto, ingoiano il rospo e si arrendono alla disillusione.
Anch’io credo che a determinare il comportamento degli sportivi sia la cultura che dello sport un paese ha, quindi non ci saranno grandi differenze tra calciofili e rugbisti inglesi (o irlandesi etc.) e calciofili e rugbisti italiani e così via. E su questo in Italia non siamo certo i migliori.
Però, lasciatemi rammaricare un po’.
L’Italia del rugby ha (stavo per dire ha avuto…) un’occasione unica e irripetibile, che nessun altro sport ha mai avuto, né avrà: il Sei Nazioni.
All’improvviso ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un qualcosa dal fascino unico e inestimabile, con centoventi anni di storia: è come uno che tira a campare (maluccio) che eredita all’improvviso qualche miliardo di euro da una lontana sconosciuta parente. Di questo sì gli altri sport avranno avuto invidia e forse anche un po’ di sana strizza.
Per noi era l’occasione di vestirci a festa e mostrare ad un’opinione pubblica sportiva tutt’altro che ostile al nostro messaggio, complice anche la crisi del calcio, il volto migliore di uno sport che non ha eguali, magari mascherandoci e convincendo noi stessi di essere – in quanto rugbisti -composti e sportivi gentlemen e chissenefrega se in realtà eravamo appena nati e il nostro pedigree è inconsistente. Avremmo dovuto insistere sulla “questione morale”, su come educare i nostri giocatori, enfatizzare, anche a costo di un po’ di retorica, il terzo tempo, il rugby educativo, ma SOPRATTUTTO rendere concreto tutto questo sul campo (e in tribuna), pretendendo dalla nostra gente (in fondo siamo ancora 4 gatti e non dobbiamo gestire le periferie suburbane nelle curve come deve fare il calcio) un comportamento leale ed educato.
E questo non (solo) con le chiacchiere a sangue freddo (per quello sono bravi tutti), ma con una condotta adeguata quando il sangue sale al cervello e la furia agonistica ti porterebbe altrove.
Magari avremmo gettato un seme. Ma evidentemente è compito troppo arduo, primo perché sono in pochi (leggasi dirigenti) a volersi spendere per una battaglia contro i mulini a vento, secondo perché a voler seguire un discorso del genere sono ancora meno. Lo sport è per noi essenzialmente sfogo, e gli sfoghi mal sopportano ramanzine o paternali del genere.
Peccato però…
condivido il tuo rammarico, e mi impegno in ogni momento a portare avanti quegli idealidi educazione di cui parli.
la realta' italiana certo non e' confortante.ma quei tempi di Rosi li ho vissuti e mi basteranno per sempre credimi.
non e' bello dover cirare sempre lestero per dimostreare la bellezza di questo sport
-
waenedhelion
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- Iscritto il: 11 mar 2003, 0:00
Dunque, io ho detto:
cit.: <<Il bello è che nella loro "saccente ignoranza", ci azzeccano pure, visto che in inglese il calcio fra i pali è detto "goal", ossia meta.>>
Mi hanno "corretto":
cit.: <<Non éproprio esatto quello che dici, infatti meta in inglese é TRY, che vuol dire tentativo, infatti alle origini schiacciare la palla oltre la linea non dava punti, ma solo l'opportunitá di calciare la palla in mezzo ai pali, per segnare un goal...>>
Ho cercato di spiegare che stavamo dicendo la stessa cosa:
cit.: <<Be', mi pare di non aver commesso proprio alcuna imprecisione, infatti ho detto che il calcio fra i pali in inglese è GOAL che nella nostra lingua si traduce, fra gli altri, con META. Il problema è che noi usiamo il termine META per quella che in inglese è invece detta TRY, e sappiamo perché. La confusione l'abbiamo creata noi italiani, utilizzando un termine piuttosto che un altro. Quindi, se utilizzassimo il termine italiano approppriato, quando un calciatore la butta fra i pali dovremmo gridare META ed ecco giustificata la reazione dei commentatori di cui sopra!>>
Ma gli equivoci continuano, per fortuna ci viene in aiuto una testimonianza "originale":
cit.: <<ascoltate mai una teleccronaca in inglese?
...oh..that's a bautifull try....he's scored an incredible try!
and....now Grant fox... he kicks...and he gets his goal!
incredibile meta! ha avuto il suo goal (dopo il calcio)
ricordo il commento da una videocassetta nel tour del 1990 degli all blacks in GB>>
Mah, scusate se nel frattempo continuo questa "discussione nella discussione", ma è solo per capire se è normale che ogni volta che qualcuno mi cita per correggermi dica poi esattamente quello che ho detto IO all'inizio!
Ma leggete prima di rispondere?
cit.: <<Il bello è che nella loro "saccente ignoranza", ci azzeccano pure, visto che in inglese il calcio fra i pali è detto "goal", ossia meta.>>
Mi hanno "corretto":
cit.: <<Non éproprio esatto quello che dici, infatti meta in inglese é TRY, che vuol dire tentativo, infatti alle origini schiacciare la palla oltre la linea non dava punti, ma solo l'opportunitá di calciare la palla in mezzo ai pali, per segnare un goal...>>
Ho cercato di spiegare che stavamo dicendo la stessa cosa:
cit.: <<Be', mi pare di non aver commesso proprio alcuna imprecisione, infatti ho detto che il calcio fra i pali in inglese è GOAL che nella nostra lingua si traduce, fra gli altri, con META. Il problema è che noi usiamo il termine META per quella che in inglese è invece detta TRY, e sappiamo perché. La confusione l'abbiamo creata noi italiani, utilizzando un termine piuttosto che un altro. Quindi, se utilizzassimo il termine italiano approppriato, quando un calciatore la butta fra i pali dovremmo gridare META ed ecco giustificata la reazione dei commentatori di cui sopra!>>
Ma gli equivoci continuano, per fortuna ci viene in aiuto una testimonianza "originale":
cit.: <<ascoltate mai una teleccronaca in inglese?
...oh..that's a bautifull try....he's scored an incredible try!
and....now Grant fox... he kicks...and he gets his goal!
incredibile meta! ha avuto il suo goal (dopo il calcio)
ricordo il commento da una videocassetta nel tour del 1990 degli all blacks in GB>>
Mah, scusate se nel frattempo continuo questa "discussione nella discussione", ma è solo per capire se è normale che ogni volta che qualcuno mi cita per correggermi dica poi esattamente quello che ho detto IO all'inizio!
Ma leggete prima di rispondere?
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billingham
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GOAL è qualsiasi calcio tra i pali.
in alcune situazioni GOAL viene usato per indicare la meta trasformata
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Invece di farmi un busto ed esporlo a Murrayfield, mi impaglieranno e mi appenderanno in una taverna (Roy Laidlaw)
Er tacce è robbba da froci (Jimmy Er Fregna)
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waenedhelion
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Lo giuro, è l'ultima volta che rispondoTurch ha scritto:Appunto, Goal non vuol dire mai meta.
GOAL vuol dire META, ma non nel senso che diamo noi italiani al termine originale TRY, ma nel suo significato letterale.
Si tratta di quello che è comunemente definito slittamento semantico, ossia utilizziamo un termine letteralmente inesatto che in origine (nella lingua inglese, in questo caso) designa un'azione del gioco DIFFERENTE.
Cerco di spiegarmi terra terra:
1. Dallaglio schiaccia il pallone oltre la linea che passa per i pali, il tifoso in festa urla TRY; subito dopo, Wilkinson realizza la trasformazione e il medesimo tifoso urla GOAL; dieci minuti dopo, sempre Wilkinson calcia un drop da metà campo e fa centro, il nostro simpatico tifoso (sempre lui
2. Bergamasco schiaccia il pallone oltre la linea che passa per i pali, il tifoso in festa urla META; subito dopo, Pez realizza la trasformazione e il medesimo tifoso urla Sìììì (?????); dieci minuti dopo, sempre Pez calcia un drop da metà campo e fa centro, il nostro simpatico tifoso (anche in questo caso, sempre lui
Ora, perché il tifoso italiano urla Sìììì e il suo omologo GOAL?
Primo, perché quello albionico utilizza il termine originariamente esatto (GOAL, nel senso di META, ossia di aver raggiunto il suo scopo, concessogli da un TRY realizzato pochi attimi prima); secondo, perché quello italico non ha un termine preciso per descrivere un calcio fra i pali, visto che nella sua lingua il senso di META, OBIETTIVO, lo ha assunto un'altra azione del gioco, ovverosia quella che gli avrebbe poi concesso l'opportunità di segnare un GOAL/META.
Per concludere (scusate la petulanza, ma è deformazione professionale), in inglese il calcio fra i pali ha il senso di META (ed ecco di nuovo la storia delle origini del gioco... ), non a caso GOAL significa, lo ripeto, META, OBIETTIVO, ecc., MA NEL SENSO LETTERALE, NON CHE VOGLIA INDICARE L'AZIONE DELLO SCHIACCIARE OLTRE LA LINEA! Quello resta TRY senza alcun dubbio!
Be', se non sono stato chiaro, scrivetemi pure in privato, vi prometto che terrò lezioni a prezzi modici
Buona notte!
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Ilgorgo
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pulici
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io proprio non capiscoparramatta ha scritto: ...Intanto non mi scalderei cosi tanto come fate voi, in fondo ho solo risposto ad una prima provocazione di cane che definiva il rugby uno sport di merda come tutti gli altri, ...
...Ho concordato quasi in oggi messaggio che il marcio e' ovunque quindi anche nel rugby, e piu si va avanti piu sara'cosi.
i casi sono tre...
o dietro al nick ci sono due persone
o polemizzi senza pensare
o scrivi con due tastiere contemporaneamente
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user234483
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- Iscritto il: 27 mag 2004, 0:00
per il torneo di scopone scientifico, ho provveduto a dargli dignita' di thread, quindi gli interessati possono leggere qua:Ilgorgo ha scritto:- torneo di scopone scientifico
http://www.rugby.it/index.php?name=PNph ... pic&t=9530
andando indietro nell'avanti altrove, seminando la fecola al di sopra della pietanza, nulla stringe!
Tessera A.P.A. #0 (honoris causa); // Geneticamente m[OT]ificato.
Tessera A.P.A. #0 (honoris causa); // Geneticamente m[OT]ificato.