IVAN
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IVAN
Ciao Ivan, devi sapere che nel 1999, ero capitano dell'under 18 del Rugby Silea, composta da quattro pazzi e lunatici ragazzacci, che si
allenavano in un campetto ai bordi dell'autostrada A27 (per non rovinare il campo alla prima squadra), capaci di perdere contro una
squadra di amatori dei bar e capace di perdere per un punto contro in casa contro i blasonati Petrarchini, quell'anno vincemmo però il
derby con i par età della tua Tarvisium, 13-12 in casa nostra... meta mia e di un certo Dotto (ma non il famoso Dotto), un minuscolo e
agguerrito nr.9, mio paesano, che è andato a schiacciare la palla in bandierina a tre minuti dalla fine. Erano gli anni che passavano a
prenderci a casa col furgone e obbligavamo l'autista a fermarci a bere lo spritz (ovviamente offerto da lui), che ci nascondevamo dietro ai
pali nelle serate nebbiose per non fare i giri di campo, che c'era il buon vecchio Pin che ci allenava col berrettino del Treviso, l'anno che
mandavamo i piloni a prendere le chiavi della macchina di mischia in spogliatoio... .
Dei centri sportivi della Ghirada dove tu ti allenavi e della tua Santa Bona con il tuo Stadio Monigo nei paraggi, si sentiva solo il profumo, e
quando venivamo a vederti facevamo le scale dello stadio in apnea, poi il respiro lungo e la saliva mandata giù con lo stantuffo quando
entravate voi bianco-verdi.
I nomi che si sentivano in tribuna erano Ivan, Andrea,Piero...
Di certo mi ricordo molto bene quel locale, the Player's, teatro di assurde bevute, d'altra parte tu e Piero avevate avuto una grande idea...
il primo pub, bar, club... quel che è, dove si respirava birra e rugby.
Poi una sera una telefonata di Nico, un'amico poliziotto... "Sai dove vado stasera? ad una cena con Ivan" mi dice, "beato te" pensavo...
"dai ci si vede dopo al Player" dice lui, "non posso" rispondo "domani devo andare a scuola"....
Lo rivedo due giorni dopo, "ehi Nico", "è morto Ivan" mi dice. "Come è possibie" rispondo incredulo... "Incidente? era ubriaco?"... "arresto
cardiaco dicono"... "ma ca.....o nico sei della scientifica saprai tu!!!!!????" "arresto cardiaco dicono" risponde con lo stesso tono.
Un pò di giorni dopo, il tuo funerale alla quale non ho partecipato e mia mamma che mi ha portato a casa la tua foto.
Sempre tenuta come un cimelio, addirittura dietro ho scritto il tuo nome e congnome seguito da benetton rugby, come se un giorno mi
dimenticassi di quella faccia abbronzata, quegli occhi neri, quelle sopracciglia tagliate da cicatrici, quegli zigomi scolpiti nella roccia.
Quella foto è ancora irrimediabilmente sistemata sotto il parasole del mio golf, vicino alla foto di mia moglie. Gioco ancora oggi,sai, e a
volte mi vieni in mente, l'ultima volta contro il casale c'era pure Piero... ora gioca la.. chissà dove saresti finito tu, mah... grazie comunque,
pensando a te e alle tue imprese mi fai credere ancora in questo sport.
allenavano in un campetto ai bordi dell'autostrada A27 (per non rovinare il campo alla prima squadra), capaci di perdere contro una
squadra di amatori dei bar e capace di perdere per un punto contro in casa contro i blasonati Petrarchini, quell'anno vincemmo però il
derby con i par età della tua Tarvisium, 13-12 in casa nostra... meta mia e di un certo Dotto (ma non il famoso Dotto), un minuscolo e
agguerrito nr.9, mio paesano, che è andato a schiacciare la palla in bandierina a tre minuti dalla fine. Erano gli anni che passavano a
prenderci a casa col furgone e obbligavamo l'autista a fermarci a bere lo spritz (ovviamente offerto da lui), che ci nascondevamo dietro ai
pali nelle serate nebbiose per non fare i giri di campo, che c'era il buon vecchio Pin che ci allenava col berrettino del Treviso, l'anno che
mandavamo i piloni a prendere le chiavi della macchina di mischia in spogliatoio... .
Dei centri sportivi della Ghirada dove tu ti allenavi e della tua Santa Bona con il tuo Stadio Monigo nei paraggi, si sentiva solo il profumo, e
quando venivamo a vederti facevamo le scale dello stadio in apnea, poi il respiro lungo e la saliva mandata giù con lo stantuffo quando
entravate voi bianco-verdi.
I nomi che si sentivano in tribuna erano Ivan, Andrea,Piero...
Di certo mi ricordo molto bene quel locale, the Player's, teatro di assurde bevute, d'altra parte tu e Piero avevate avuto una grande idea...
il primo pub, bar, club... quel che è, dove si respirava birra e rugby.
Poi una sera una telefonata di Nico, un'amico poliziotto... "Sai dove vado stasera? ad una cena con Ivan" mi dice, "beato te" pensavo...
"dai ci si vede dopo al Player" dice lui, "non posso" rispondo "domani devo andare a scuola"....
Lo rivedo due giorni dopo, "ehi Nico", "è morto Ivan" mi dice. "Come è possibie" rispondo incredulo... "Incidente? era ubriaco?"... "arresto
cardiaco dicono"... "ma ca.....o nico sei della scientifica saprai tu!!!!!????" "arresto cardiaco dicono" risponde con lo stesso tono.
Un pò di giorni dopo, il tuo funerale alla quale non ho partecipato e mia mamma che mi ha portato a casa la tua foto.
Sempre tenuta come un cimelio, addirittura dietro ho scritto il tuo nome e congnome seguito da benetton rugby, come se un giorno mi
dimenticassi di quella faccia abbronzata, quegli occhi neri, quelle sopracciglia tagliate da cicatrici, quegli zigomi scolpiti nella roccia.
Quella foto è ancora irrimediabilmente sistemata sotto il parasole del mio golf, vicino alla foto di mia moglie. Gioco ancora oggi,sai, e a
volte mi vieni in mente, l'ultima volta contro il casale c'era pure Piero... ora gioca la.. chissà dove saresti finito tu, mah... grazie comunque,
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RE: IVAN
Per la cronca... anche se completi sconosciuti a tutti o quasi, più o meno la formazione di allora era: 15 Gobbo N., 14 Kalegaric R., 13 Caldato V., 12 Florian M., 11 Puppin F. forse, 10 Sartorato M., 9 Dotto D., 8 Dario S., 7 Donadi N., 6 Burlin F., 5 Limuti G., 4 Piovesan M., 3 Vendrame N., 2 Cheyenne, 1 Carraretto M. , grande squadra, grande cuore. Rugby Silea 1999.
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RE: IVAN
bEH....RICORDO CHE TU PIANGEVI QUANDO CANTAVI L'INNO NAZIONALE. ERANO I TEMPI IN CUI ALLO STADIO L'INNO DI MAMELI LO SI ACCOMPAGNAVA COL BATTIMANO. ORA TUTTI LO CANTIAMO A SQUARCIAGOLA.
ANCHE QUESTO HAI INSEGNATO:AMORE X LA MAGLIA, PER QUELLO IN CUI SI CREDE E SI VIVE GIORNO DOPO GIORNO...
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RE: IVAN
Il rugby, dicono i vecchi giocatori (li riconosci dalle orecchie che sembrano fiori di zucca), ce l’hai nel sangue. Si tramanda di padre in figlio, si trasmette tra fratelli, unisce nipoti e cugini. Il rugby, dicono i vecchi giocatori (li riconosci dalle cicatrici a forma di cerniera lampo), ce l’hai addosso: quel profumo di terra e fango, quell’orgoglio di lividi e croste, quel senso dello stare insieme, bere insieme, giocare insieme. Squadra unita: tutti insieme. Mischia compatta: giù, insieme. Prima linea: braccia che si intrecciano, insieme.
Il rugby, dicono i vecchi giocatori (li riconosci anche dai cognomi che sovente danno di bosco e di stalla: Spaccamonti, Scanavacca,Torchio, Troncon) è come una guerra, ma di trincea, quando in genere le munizioni sono finite da un pezzo e la conquista del terreno, metro dopo metro, si fa sulla propria pelle, all’arma bianca. Per tutto questo, dicono i vecchi giocatori (li riconosci anche quando sono in giacca e cravatta: infagottati), i rugbisti non muoiono mai, al massimo passano la palla. Il 19 Gennaio 1999 Ivan Francescato non è morto: ha solo passato la palla. Perché Ivan era uno di quelli che non perdeva mai l’ovale, lo teneva sempre vivo, e se era affossato in una mischia, lo tirava fuori e lo giocava, via, di nuovo dentro, oppure al largo verso l’ala, o ancora dietro, in sostegno, o in un soffio, verso la bandierina o in mezzo ai pali. Ivan Francescato, ultimo di 6 fratelli, tutti rugbisti, tutti tre-quarti centro.
Ivan, Tarzan da ragazzino, quando si divertiva a scalare muri, cancellate, alberi. Ivan Il Selvaggio, per una timidezza naturale combattuta con l’esuberanza e la spavalderia, ed un riserbo che era soprattutto ritrosia a mettersi in mostra. Ivan il Terribile, sul campo, con il Benetton Treviso e la Nazionale, per quello scatto repentino con cui bruciava gli avversari, quell’ardore che lo portava a placcare le seconde linee, quei guizzi imperiosi che sfruttò presto trasformandosi in centro dopo aver lasciato la maglia n.9 all’amico Troncon.
Sono passati sei anni ma Ivan non è morto, adesso sarà con i Barbarians, o con gli All Blacks, o su un qualsiasi campetto di terra, i capelli al vento, i calzettoni abbassati, le cicatrici come cerniere lampo, un pallone bislungo che ha appena passato, e due pali alti che - basta crederci - portano in paradiso.
Il rugby, dicono i vecchi giocatori (li riconosci anche dai cognomi che sovente danno di bosco e di stalla: Spaccamonti, Scanavacca,Torchio, Troncon) è come una guerra, ma di trincea, quando in genere le munizioni sono finite da un pezzo e la conquista del terreno, metro dopo metro, si fa sulla propria pelle, all’arma bianca. Per tutto questo, dicono i vecchi giocatori (li riconosci anche quando sono in giacca e cravatta: infagottati), i rugbisti non muoiono mai, al massimo passano la palla. Il 19 Gennaio 1999 Ivan Francescato non è morto: ha solo passato la palla. Perché Ivan era uno di quelli che non perdeva mai l’ovale, lo teneva sempre vivo, e se era affossato in una mischia, lo tirava fuori e lo giocava, via, di nuovo dentro, oppure al largo verso l’ala, o ancora dietro, in sostegno, o in un soffio, verso la bandierina o in mezzo ai pali. Ivan Francescato, ultimo di 6 fratelli, tutti rugbisti, tutti tre-quarti centro.
Ivan, Tarzan da ragazzino, quando si divertiva a scalare muri, cancellate, alberi. Ivan Il Selvaggio, per una timidezza naturale combattuta con l’esuberanza e la spavalderia, ed un riserbo che era soprattutto ritrosia a mettersi in mostra. Ivan il Terribile, sul campo, con il Benetton Treviso e la Nazionale, per quello scatto repentino con cui bruciava gli avversari, quell’ardore che lo portava a placcare le seconde linee, quei guizzi imperiosi che sfruttò presto trasformandosi in centro dopo aver lasciato la maglia n.9 all’amico Troncon.
Sono passati sei anni ma Ivan non è morto, adesso sarà con i Barbarians, o con gli All Blacks, o su un qualsiasi campetto di terra, i capelli al vento, i calzettoni abbassati, le cicatrici come cerniere lampo, un pallone bislungo che ha appena passato, e due pali alti che - basta crederci - portano in paradiso.