ayr ha scritto:calep61 ha scritto:Una riorganizzazione nel senso di accorpare, dove possibile e con dinamiche libere e fisiologiche, consentirebbe anche di far emergere tutta una serie di qualità che, per una serie di motivi e vicissitudini anche fortuite, non riescono e non possono.
...
Se oltre l'aspetto sportivo, però, si volesse considerare anche quello economico di queste società, si potra ben capire come l'accorpamento di più entità riasolvererebbe non pochi problemi di bilancio; un vecchio motto recita: l'unione fa la forza
...
Quindi, meno frammentazione, è maggiore capacità competitiva.
Sono d'accordo con te che, qualora con dinamiche libere e fisiologiche ci fossero degli accorpamenti, non ci vedo niente di male.
L'esperienza pero' ci dice che gli accorpamenti nel rugby italiano sono spesso finiti male o malissimo. Perche'?
In un accorpamento e' opportuno che l'unione crei un movimento superiore alla somma delle parti che si uniscono, altrimenti si distruggen anziche' creare.
In soldoni, 1+1 deve essere = 3 per avere un successo. Se invece fa 2 e' stato tutto inutile. Purtroppo troppo spesso il risultato e' stato 1 o 0 e cioe' si e' compiuta un'azione deleteria.
Bisogna capire che "forze" si vogliono unire!!!
Si uniscono le strutture? Difficile, perche' i campi non hanno le gambe. Il peggio che possa capitare e' avere una societa' "donatrice" di strutture e l'altra che se le trove belle fatte senza fatica e "se le pappa", distruggendo l'altra societa'.
Si uniscono i soldi? quali soldi? parliamo forse di societa' di capitali??!?!? ma per piacere...
Si uniscono gli sponsor? Possibile ma assai difficile, perche' (esempio a caso) lo sponsor principale del Rovereto potrebbe facilmente essere disinteressato a diventare lo sponsor secondario dell'unione Trento-Rovereto che giocasse a Trento... o no?!?
Si uniscono "gli appassionati che fanno andare avanti le societa' prestando il loro lavoro A GRATIS" (detti anche volontari)? Questi purtroppo sono i piu' facili da perdere nelle fusioni, specie se sono fusioni "per unire le forze=soldi", perche' queste nuove fulgenti societa' spesso vengono messe nelle mani di "Managers specializzati" e altra gente che viene seguendo il profumo dei soldi e marginalizzano il piccolo esercito di volontari che e' la vera forza trainante della maggior parte delle societa' di rugby di tutto il mondo. Se non altro, visto che vengono presi per il c*** dal fatto che arriva gente che piglia soldi e da ordini a tutti, mandano affanc. tutto e magari passano a fare i volontari in un'altra societa' (e come dar loro torto!).
Altre "fusioni" vengono fatte tra societa' che hanno solo prime squadre (e ambizioni...

) e societa' che hanno solo giovanili (e le giovanili servono a non prendere penalizzazioni in campionato!!!

). Di solito la societa' giovanile viene cannibalizzata, svuotata e buttata via come un giocattolo vecchio.
Questo e' il problema!!! COSA si vuole unire... e' fondamentale che le societa' assieme creino qualcosa di piu' della sonna delle parti, altrimenti e' meglio lasciar perdere.
La verita' e' che, gratta gratta, le societa' sono delle "scatole" facilmente (e velocemente) svuotabili di quello che da loro valore e che dovrebbe essere la materia prima della fusione.
«Anch’io sarei dell’idea di un’unica franchigia con i migliori giocator i. Però non c’è mai stata la volontà. Purtroppo il mondo del rugby è sempre particolare, nel senso che ognuno si prende il diritto di parlare e di comandare.».
Così si esprime Marcello Cuttitta sul rugby italiano in una recente intervista, evidenziando le difficoltà che ci sono nel movimento ad instradare soluzioni che possano far convergere le tante qualità presenti sul territorio in progetti di sintesi comune che potrebbero esaltarle.
Caro Ayr, probabilmente le soluzioni per realizzare degli accorpamenti societari non sono ne semplici da individuare, tantomeno da realizzare, potrebbero differirsi caso per caso e le generalizzazioni non servono (una soluzione potrebbe essere rappresentata da una franchigia che faccia da virtuale collettore finale di altri club aggregati, nessun accorpamento/fusione societaria, ma costituzione di nuova organizzazione, o confluenza in uno dei maggiori club fiancheggiatori, dove indirizzare i migliori giocatori; la sede sociale ed operativa da individuare caso per caso), ma tutto questo attiene già ad un fase logica successiva, cioè del come fare.
Il problema da superare, temo, sia più a monte, di natura filosofica.
Nessuno, credo, possa a tavolino rinnegare l’efficacia dell’aggregare più forze, si tratta di un’equazione fisica che vale in natura, come nella società moderna; l’unione fa la forza.
Nel mondo umano, però, il punto è volerlo, nel senso di accettare l’idea di perdere ruolo, protagonismo, potere, la specificità’ che il singolo ha conquistato in una situazione precedente, per costruire insieme ad altri un nuovo progetto comune nella convinzione di perseguire un obbiettivo superiore che possa offrire un valore aggiunto ad entrambi, insomma, proprio quello che ci viene insegnato dal rugby, il collettivo, a discapito dell’individualità, per raggiungere un obiettivo comune, la meta.
Si tratta di sacrificare le individualità, per un valore collettivo e proprio , in questo, forse, il rugby italiano deve ancora maturare e ciò è dimostrato dall’elevata frammentazione societaria presente sul territorio -nella provincia di Milano 39 società, Brescia 27, Genova 17, Torino 27, Piacenza 16, Treviso 31, Napoli 16, Catania 18, Cagliari 13, per citarne alcune e di queste solo Brescia e Treviso possono vantare punti di eccellenza), ma anche dalla tignosità con cui club, società o realtà rugbystiche di altra natura difende le proprie individualità, arroccandosi anche su posizioni spesso non sostenibili ed a rischio collasso.
Che sia anche un po’ la cultura italiana a caratterizzarsi per un eccesso di individualismo, chissà?