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valmarani ha scritto:Bravo.... Lo scorso anno siamo a Edinburgo per Scozia Italia. La domenica, sapendo che c'era un concentramento (chiamiamolo così) al campo degli Edinburgh Bats, porto mio figlio, cerco un allenatore e chiedo se può giocare. Ovviamente accolto con calore dai ragazzi della sua età, viene subissato di domande su Masi e sulla partita vinta con la Francia la settimana prima. Non importa il fatto che non parlasse inglese e che io facessi del mio meglio per tradurre...domande andate avanti tutta la mattinata tra una partita e l'altra fino al congedo...
Prova invece ad indovinare il numero di compagni italiani che avevano visto quella partita? Ti restringo la scelta, per agevolarti: numero compreso tra 0 e 2...
Un episodio di una decina d'anni fa, prima che i Bergamasco venissero lanciati nello "star system" da tv e rotocalchi.
Al torneo Milani di Rovigo arriva Mauro Bergamasco: ai ragazzi dei club italiani, di ogni parte d'Italia, non gliene può fregare di meno, mentre quelli delle squadre britanniche lo travolgono letteralmente con le richieste di autografi e richieste di essere fotografati con lui...
Adesso, è vero, questa cosa è cambiata, ma non certo per "meriti rugbistici"...
Burbero ha scritto:I motivi delle asfaltate prese e quelle che ci aspettiamo, delle partite eroiche ma perse, sono spiegati bene da nicerugby, che qui sotto in data 04 febbraio ’12 si riferiva alla sconfitta azzurra contro il quindici del galletto. non si tratta di una disamina tecnica ma di attitudine. Ancora una volta i cugini mi sembrano osservatori imparziali e immensamente meno spocchiosi dei celto-britanni in genere: “Le rugby est un sport de combat. Un sport de combat collectif. Mais il est un peu plus que cela, sinon les Italiens n’auraient pas subi la loi du Quinze de France ce samedi à l’occasion de l’ouverture du Tournoi des Six Nations. 4 essais à rien, 30 à 12 au final, le score est implacable et pourtant l’équipe d’Italie n’a pas démérité. Mieux, elle a imposé une épreuve de force qui a souvent gêné les Tricolores. Solides en mêlée, bien organisés en touche, très présents sur les rucks, agressifs dans les impacts, les Italiens ont démontré encore une fois qu’ils ont progressé et qu’ils peuvent défier n’importe quelle équipe dans le Tournoi. (…) Mais ce ne sont là que les bases du rugby de haut niveau. Sans lesquelles il est illusoire d’espérer quoi que ce soit. Le rugby est donc plus qu’un sport de combat, il est aussi un sport d’intelligence situationnelle pour reprendre un terme cher à Pierre Villepreux. Un sport de combat, de passes et d'évitement. Un sport qui nécessite un long apprentissage et des valeurs de jeu que l’on retrouve dans tous les sports collectifs : la technique individuelle, le sens tactique, le sens du rythme, le timing (…). Parce que les joueurs français bénéficient depuis toujours de ce bouillon de culture qui fait encore défaut aux Italiens. ( …) Je dirais que c’est simplement une façon d’apprendre le rugby depuis le plus jeune âge. Une façon de s’approprier certaines valeurs de jeu, en s’inspirant de modèles, en répétant les gestes des meilleurs. La transmission par l’exemple de génération en génération. Les plus grands joueurs français ont toujours eu des références, des héros de jeu auxquels s’identifier. C'est ce qu’il manque encore au rugby italien malgré toute l'énergie qu'ont mis dans la bataille les solides trois-quarts transalpins tels Andrea Masi ou encore le très physique ailier droit, Venditti. Et c'est ce qui fait la différence avec un Quinze de France qui n'a pourtant pas sorti le grand jeu ». Fonte: http://nicerugby.blog.lemonde.fr/
....come al solito per loro siamo sempre "les Italiens"... Loro come al solito sono i Francesi, quelli che a secondo del risultato parlano... sportivi e retorici quando vincono, lutto nazionale quando perdono... saranno anche cose vere, ma lo scorso anno ste cose non c'erano su nessun giornale... saranno anche cose vere, ma al posto di dar lezioni sarebbe stato meglio dire: tranquilli, noi per vincere il primo torneo ci abbiamo messo una vita... Gli manderei Dondi a dirigere e gli amichetti ad allenare, dopo un paio d'anni perdono anche con San Marino...
zorrykid ha scritto:....come al solito per loro siamo sempre "les Italiens"... Loro come al solito sono i Francesi, quelli che a secondo del risultato parlano... sportivi e retorici quando vincono, lutto nazionale quando perdono... saranno anche cose vere, ma lo scorso anno ste cose non c'erano su nessun giornale... saranno anche cose vere, ma al posto di dar lezioni sarebbe stato meglio dire: tranquilli, noi per vincere il primo torneo ci abbiamo messo una vita... Gli manderei Dondi a dirigere e gli amichetti ad allenare, dopo un paio d'anni perdono anche con San Marino...
zorry, nel merito di quanto scrivi sui franzosi non ci entro; sono cose che condivido. può dar fastidio perché lo hanno detto loro, ma dà un po' fastidio sentire certi commenti italiani che non tengono conto di queste cose. mi spiego meglio: se ragiono da tifoso è ovvio che, almeno, m'infastidisco pensando alla prossima asfaltatura che ci prenderemo dal galles ma, se ragiono con un minimo di testa, devo fare le debite proporzioni. e non parlo di numero di tesserati eccetera, parlo di "cultura". anzi, prendo spunto da quanto dici tu (e siamo sempre troppo pochi a pensarlo)... si sono dimenticati tutti (non solo gli stessi francesi) che c'hanno messo mezzo secolo per vincere il loro primo torneo? si sono dimenticati tutti di quanto c'è voluto per vedere la francia vincere la sua prima partita nel 5 nazioni?? se gli altri se ne sono dimenticati vediamo di non dimenticarlo noi. è chiaro che sono stufo di week end tardo invernali passando il tempo bestemiando, sono stufo di mondiali tragicomici, stufo di vedere sempre le solite persone incollate ai posti di comando ma ricordiamoci che c'è un abisso fra noi e le altre 5 (sì, persino fra noi e la scozia) soprattutto in termini di conoscenza. non devo insegnarti proprio nulla perché sai meglio di me che la massaia di cork, swansea, calais eccetera ne sa molto di più di molti pseudo esperti nostrani
“They showed resilience and they showed bravery, and above all that they showed ability. And they went after Scotland with accuracy and flair, and delivered the big scores when they needed… and in the end so often it’s swung against them but not on this day in Rome. Not on this day! They have held firm...” o qualcosa del genere in lingua vernacula Britannica. Nell'etere, 9 marzo 2024, intorno a las cinco de la tarde.
Burbero ha scritto:I motivi delle asfaltate prese e quelle che ci aspettiamo, delle partite eroiche ma perse, sono spiegati bene da nicerugby, che qui sotto in data 04 febbraio ’12 si riferiva alla sconfitta azzurra contro il quindici del galletto. non si tratta di una disamina tecnica ma di attitudine. Ancora una volta i cugini mi sembrano osservatori imparziali e immensamente meno spocchiosi dei celto-britanni in genere: “Le rugby est un sport de combat. Un sport de combat collectif. Mais il est un peu plus que cela, sinon les Italiens n’auraient pas subi la loi du Quinze de France ce samedi à l’occasion de l’ouverture du Tournoi des Six Nations. 4 essais à rien, 30 à 12 au final, le score est implacable et pourtant l’équipe d’Italie n’a pas démérité. Mieux, elle a imposé une épreuve de force qui a souvent gêné les Tricolores. Solides en mêlée, bien organisés en touche, très présents sur les rucks, agressifs dans les impacts, les Italiens ont démontré encore une fois qu’ils ont progressé et qu’ils peuvent défier n’importe quelle équipe dans le Tournoi. (…) Mais ce ne sont là que les bases du rugby de haut niveau. Sans lesquelles il est illusoire d’espérer quoi que ce soit. Le rugby est donc plus qu’un sport de combat, il est aussi un sport d’intelligence situationnelle pour reprendre un terme cher à Pierre Villepreux. Un sport de combat, de passes et d'évitement. Un sport qui nécessite un long apprentissage et des valeurs de jeu que l’on retrouve dans tous les sports collectifs : la technique individuelle, le sens tactique, le sens du rythme, le timing (…). Parce que les joueurs français bénéficient depuis toujours de ce bouillon de culture qui fait encore défaut aux Italiens. ( …) Je dirais que c’est simplement une façon d’apprendre le rugby depuis le plus jeune âge. Une façon de s’approprier certaines valeurs de jeu, en s’inspirant de modèles, en répétant les gestes des meilleurs. La transmission par l’exemple de génération en génération. Les plus grands joueurs français ont toujours eu des références, des héros de jeu auxquels s’identifier. C'est ce qu’il manque encore au rugby italien malgré toute l'énergie qu'ont mis dans la bataille les solides trois-quarts transalpins tels Andrea Masi ou encore le très physique ailier droit, Venditti. Et c'est ce qui fait la différence avec un Quinze de France qui n'a pourtant pas sorti le grand jeu ». Fonte: http://nicerugby.blog.lemonde.fr/
....come al solito per loro siamo sempre "les Italiens"... Loro come al solito sono i Francesi, quelli che a secondo del risultato parlano... sportivi e retorici quando vincono, lutto nazionale quando perdono... saranno anche cose vere, ma lo scorso anno ste cose non c'erano su nessun giornale... saranno anche cose vere, ma al posto di dar lezioni sarebbe stato meglio dire: tranquilli, noi per vincere il primo torneo ci abbiamo messo una vita... Gli manderei Dondi a dirigere e gli amichetti ad allenare, dopo un paio d'anni perdono anche con San Marino...
Forse il pulpito non sarà il più qualificato, ma la predica è sicuramente ottima.
madflyhalf ha scritto:Guardando gli highlights di Clermont - Tolosa mi viene paura a pensare che Gonzo è titolare....
Speriamo sia stato solo uno svarione!!
allora non sono l'unico a pensarlo...speriamo si rifaccia
Non dimentichiamo che i galletti sono entrati nell'allora 5 nazioni nei primi del 900, quando il rugby era giocato ad un livello diverso rispetto all'ultimo ventennio. Quindi dire che i francesi ci hanno messo 50 anni per vincere il loro primo 5 nazioni secondo me non è paragonabile alla situazione attuale dove con il rugby fatto di professionisti si viaggia a tutt'altra velocità. Erano altri tempi, e anche se non c'ero , immagino che il rugby fosse tutt'altra cosa.
L'italia è nel 6 nazioni da poco più di un decennio e il gap iniziale con le altre squadre si è sensibilmente ridotto, e spero di vedere qualche soddisfacente vittoria nei prossimi anni; quello che forse preoccupa maggiormente è la lenta (troppo lenta) crescita di quella che negli altri post viene chiamata cultura del rugby e del suo movimento nel complesso (Federazione in PRIMIS!!!!!).
Volenti o nolenti, che siano simpatici o no, dai francesi abbiamo mooooooolto da imparare
Allez les bleus
Scusate per il fuori (anzi fuorissimo) tema
« Ce qui nous arrête, c’est la peur du changement.
Et pourtant, c’est du changement que dépend notre salut. »
Jean Monnet, Strasbourg 12 mai 1954.
perfetta analisi riportata dal Burbero.
intelligence situationelle ... sopra una solida base che sostiene il combattimento fisico,... due parole che sintetizzano la nostra carenza, ma a poco a poco ci arriveremo; adesso è importante sostenere comunque la Nazionale e con il Galles entrare in campo CATTIVISSIMI !!!!!!!
FORZA AZZURRI !!!!!!!!!!
Burbero ha scritto:I motivi delle asfaltate prese e quelle che ci aspettiamo, delle partite eroiche ma perse, sono spiegati bene da nicerugby, che qui sotto in data 04 febbraio ’12 si riferiva alla sconfitta azzurra contro il quindici del galletto. non si tratta di una disamina tecnica ma di attitudine. Ancora una volta i cugini mi sembrano osservatori imparziali e immensamente meno spocchiosi dei celto-britanni in genere: “Le rugby est un sport de combat. Un sport de combat collectif. Mais il est un peu plus que cela, sinon les Italiens n’auraient pas subi la loi du Quinze de France ce samedi à l’occasion de l’ouverture du Tournoi des Six Nations. 4 essais à rien, 30 à 12 au final, le score est implacable et pourtant l’équipe d’Italie n’a pas démérité. Mieux, elle a imposé une épreuve de force qui a souvent gêné les Tricolores. Solides en mêlée, bien organisés en touche, très présents sur les rucks, agressifs dans les impacts, les Italiens ont démontré encore une fois qu’ils ont progressé et qu’ils peuvent défier n’importe quelle équipe dans le Tournoi. (…) Mais ce ne sont là que les bases du rugby de haut niveau. Sans lesquelles il est illusoire d’espérer quoi que ce soit. Le rugby est donc plus qu’un sport de combat, il est aussi un sport d’intelligence situationnelle pour reprendre un terme cher à Pierre Villepreux. Un sport de combat, de passes et d'évitement. Un sport qui nécessite un long apprentissage et des valeurs de jeu que l’on retrouve dans tous les sports collectifs : la technique individuelle, le sens tactique, le sens du rythme, le timing (…). Parce que les joueurs français bénéficient depuis toujours de ce bouillon de culture qui fait encore défaut aux Italiens. ( …) Je dirais que c’est simplement une façon d’apprendre le rugby depuis le plus jeune âge. Une façon de s’approprier certaines valeurs de jeu, en s’inspirant de modèles, en répétant les gestes des meilleurs. La transmission par l’exemple de génération en génération. Les plus grands joueurs français ont toujours eu des références, des héros de jeu auxquels s’identifier. C'est ce qu’il manque encore au rugby italien malgré toute l'énergie qu'ont mis dans la bataille les solides trois-quarts transalpins tels Andrea Masi ou encore le très physique ailier droit, Venditti. Et c'est ce qui fait la différence avec un Quinze de France qui n'a pourtant pas sorti le grand jeu ». Fonte: http://nicerugby.blog.lemonde.fr/
....come al solito per loro siamo sempre "les Italiens"... Loro come al solito sono i Francesi, quelli che a secondo del risultato parlano... sportivi e retorici quando vincono, lutto nazionale quando perdono... saranno anche cose vere, ma lo scorso anno ste cose non c'erano su nessun giornale... saranno anche cose vere, ma al posto di dar lezioni sarebbe stato meglio dire: tranquilli, noi per vincere il primo torneo ci abbiamo messo una vita... Gli manderei Dondi a dirigere e gli amichetti ad allenare, dopo un paio d'anni perdono anche con San Marino...
Non so se parli o meno il francese, ma l'articolo é abbastanza elogioso nei confronti del rugby italiano.
Siamo "les italiens" perché come vuoi che ci chiamino ?
Burbero ha scritto:I motivi delle asfaltate prese e quelle che ci aspettiamo, delle partite eroiche ma perse, sono spiegati bene da nicerugby, che qui sotto in data 04 febbraio ’12 si riferiva alla sconfitta azzurra contro il quindici del galletto. non si tratta di una disamina tecnica ma di attitudine. Ancora una volta i cugini mi sembrano osservatori imparziali e immensamente meno spocchiosi dei celto-britanni in genere: “Le rugby est un sport de combat. Un sport de combat collectif. Mais il est un peu plus que cela, sinon les Italiens n’auraient pas subi la loi du Quinze de France ce samedi à l’occasion de l’ouverture du Tournoi des Six Nations. 4 essais à rien, 30 à 12 au final, le score est implacable et pourtant l’équipe d’Italie n’a pas démérité. Mieux, elle a imposé une épreuve de force qui a souvent gêné les Tricolores. Solides en mêlée, bien organisés en touche, très présents sur les rucks, agressifs dans les impacts, les Italiens ont démontré encore une fois qu’ils ont progressé et qu’ils peuvent défier n’importe quelle équipe dans le Tournoi. (…) Mais ce ne sont là que les bases du rugby de haut niveau. Sans lesquelles il est illusoire d’espérer quoi que ce soit. Le rugby est donc plus qu’un sport de combat, il est aussi un sport d’intelligence situationnelle pour reprendre un terme cher à Pierre Villepreux. Un sport de combat, de passes et d'évitement. Un sport qui nécessite un long apprentissage et des valeurs de jeu que l’on retrouve dans tous les sports collectifs : la technique individuelle, le sens tactique, le sens du rythme, le timing (…). Parce que les joueurs français bénéficient depuis toujours de ce bouillon de culture qui fait encore défaut aux Italiens. ( …) Je dirais que c’est simplement une façon d’apprendre le rugby depuis le plus jeune âge. Une façon de s’approprier certaines valeurs de jeu, en s’inspirant de modèles, en répétant les gestes des meilleurs. La transmission par l’exemple de génération en génération. Les plus grands joueurs français ont toujours eu des références, des héros de jeu auxquels s’identifier. C'est ce qu’il manque encore au rugby italien malgré toute l'énergie qu'ont mis dans la bataille les solides trois-quarts transalpins tels Andrea Masi ou encore le très physique ailier droit, Venditti. Et c'est ce qui fait la différence avec un Quinze de France qui n'a pourtant pas sorti le grand jeu ». Fonte: http://nicerugby.blog.lemonde.fr/
....come al solito per loro siamo sempre "les Italiens"... Loro come al solito sono i Francesi, quelli che a secondo del risultato parlano... sportivi e retorici quando vincono, lutto nazionale quando perdono... saranno anche cose vere, ma lo scorso anno ste cose non c'erano su nessun giornale... saranno anche cose vere, ma al posto di dar lezioni sarebbe stato meglio dire: tranquilli, noi per vincere il primo torneo ci abbiamo messo una vita... Gli manderei Dondi a dirigere e gli amichetti ad allenare, dopo un paio d'anni perdono anche con San Marino...
Zorry, capisco che sei un po' incazzoso per come stanno andando le cose nel 6N e soprattutto perchè Saint-Andre ha preso il posto che avrebbe dovuto essere di tuo cuggino, ma mi pare che "i francesi" (così imparano a chiamarci "les italiens"!) dicano cose non solo lapalissiane, ma con molta meno cattiveria di tanti post presenti qui nel forum. Purtroppo dà fastidio che francesi (e peggio di loro gli irlandesi del Irish Time la scorsa settimana) ci dicano queste cose, ma non possiamo pretendere che non vedano cose che noi, nel nostro piccolo, sottolineamo continuamente qui tra di noi, soprattutto visto che ormai siamo arrivati al 13° 6N....
Burbero ha scritto:zorry, nel merito di quanto scrivi sui franzosi non ci entro; sono cose che condivido. può dar fastidio perché lo hanno detto loro, ma dà un po' fastidio sentire certi commenti italiani che non tengono conto di queste cose. mi spiego meglio: se ragiono da tifoso è ovvio che, almeno, m'infastidisco pensando alla prossima asfaltatura che ci prenderemo dal galles ma, se ragiono con un minimo di testa, devo fare le debite proporzioni. e non parlo di numero di tesserati eccetera, parlo di "cultura". anzi, prendo spunto da quanto dici tu (e siamo sempre troppo pochi a pensarlo)... si sono dimenticati tutti (non solo gli stessi francesi) che c'hanno messo mezzo secolo per vincere il loro primo torneo? si sono dimenticati tutti di quanto c'è voluto per vedere la francia vincere la sua prima partita nel 5 nazioni?? se gli altri se ne sono dimenticati vediamo di non dimenticarlo noi. è chiaro che sono stufo di week end tardo invernali passando il tempo bestemiando, sono stufo di mondiali tragicomici, stufo di vedere sempre le solite persone incollate ai posti di comando ma ricordiamoci che c'è un abisso fra noi e le altre 5 (sì, persino fra noi e la scozia) soprattutto in termini di conoscenza. non devo insegnarti proprio nulla perché sai meglio di me che la massaia di cork, swansea, calais eccetera ne sa molto di più di molti pseudo esperti nostrani
Parliamo spesso della parola "cultura" ma vorrei capire da dove arriva, chi la trasmette, chi la vive... Aspettiamo la Fata Turchina con la bacchetta magica che dopo averci toccato: trasforma lo stadio da multicolor in turchino, i bambini che conoscono a memoria le formazioni italiane degli ultimi 10 anni, le domeniche a fare la coda per prendere il biglietto della partita... Purtroppo la Fata la trovi solo nel libro di Pinocchio e la cultura o è una cosa che abbiamo dentro oppure non esiste... Andiamo allo stadio a vedere la Nazionale con la maglia degli AB perchè fa figo mentre la magia azzurra non è trend; ci riteniamo superiori al calcio per cui fa brutto chiedere autografi, attaccarci un poster in camera...
Mah, quella dell'autografo o delposter , più che cultura è anche un modo di essere personale:
quando ero pischello non tenevo poster di cantanti, attori o sportivi in camera, al massimo nascosti a ia madre qualcuno con una bionda/mora/mulatta/orientale più o meno discinta.
Ma non perché anelassi diventare come lei...
E poi mi è capitato di incontrare sportivi o personaggi famosi, che stimo , ma a meno che non avessi una richiesta già fatta da qualche patito/patita, non ho mai chiesto né foto, nè autografi.
Quello che invece è importante è quello a cui accennava chi ha scritto del raduno in terra di scozia: sia per la facilità con cui giocare, sia per lo scambio di opinioni.