giongeffri ha scritto:ATHLONE ha scritto:Già: Deloitte valuta il piano finanziario degli Aironi reale, mentre quello dei Pretoriani (come giustamente appena ricordato da Bacioci) sconta entrate possibili ma non certe; a Roma non esiste uno stadio in grado di ospitare il rugby (la FIR è costretta a ricordare, fonte
http://www.rbs6nations.com/it/14351.php, che “Non è volontà della Federazione lasciare Roma, ma non possiamo rimanere nella situazione di precarietà in cui, ad oggi, si trovano le infrastrutture dello Stadio Flaminio"); nessuna delle società Aironi ha denunciato problemi economici, al contrario di altre realtà...
comunque... vedo che a toccare nervi scoperti si provocano reazioni stizzite, me ne rammarico...
anzi no, ribadisco: è normale che gli esclusi si lamentino, chi si lamenta degli inclusi cerca evidentemente di sviare le indagini; in questo caso, parafrasando il proverbio, quando "il saggio" indica la luna, lo fa per farvi voltare da un'altra parte

Eh no caro mio, è troppo facile lanciare battutine provocatorie e poi fare l'innocentino quando la reazione è almeno un minimo decisa.
Come ti ha già ricordato qualcuno i lavori richiesti per il Flaminio, quelli diciamo cosi obbligatori, sono stati fatti e completati. Migliorie se ne possono e se ne devono fare, e speriamo tutti che saranno fatte in breve tempo, ma sappiamo tutti come quella frase di Dondi (o chi per lui) rientri nella campagna terroristica che ha provato a portare avanti per breve tempo dopo il voto, spaventato dalla reazione dei veneti, e che ha dovuto abbandonare ancor più spaventato dalla contro-reazione dei romani (il che mi fa pensare che ora probabilmente non sa che pesci pigliare). Peraltro ti è anche stato ricordato da qualcuno che la CL Viadana NON la giocherà a Viadana (e ci credo!! non ci arriva nemmeno il treno, che ti lascia a Brescello.. spiegaglielo un pò a uno di Cardiff o di Glasgow) e quindi nemmeno gli Aironi giocheranno in stadi di proprietà.
Qui non c'è da fare nessuna indagine: semplicemente io, come molti, sono felice che la "mia" franchigia sia stata scelta, ma mi rendo conto dello scandalo che rappresenta il fatto che la CL non si giocherà in Veneto. Penso che se non fosse stata scelta Roma sarebbe stato un'altro scandalo, anche se per motivi in parte (ma solo in parte) diversi, mentre se non fosse stata scelta Viadana sarebbe stata una cosa di sicuro antipatica ma meno grave per diversi motivi, che ho elencato nel post precedente. Padronissimo di pensarla diversamente, ma se vuoi difendere tale posizione magari utilizza degli argomenti veri.
Fatti: da
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=906669 (e Il Velino è un'agenzia romana e romanocentrica, basta leggere tutto l'articolo...)
Roma, 20 lug (Velino) - Dunque sarà Roma (Pretoriani), la Capitale d’Italia e Viadana (Aironi), un paesino di 16mila abitanti, a rappresentare l’Italia nella Magners Celtic League a partire dal 2010-2011. Lo ha deciso il Consiglio Federale della FIR durante lo scorso week end a Bologna. Treviso rimane a guardare. L’Italia tutta plaude e il Veneto grida allo scandalo, ma in realtà giubila anche esso perché
sono stati propri i consiglieri veneti (7 su 20) che hanno fatto fuori la Benetton. Ora tutti si strappano i capelli, alcuni furbi politici invocano addirittura la secessione,
ma tutti in Veneto sanno che il Resto del Veneto ha votato in modo da punire la spocchia e l’arroganza di Treviso. L’analisi attenta e spietata di quell’ottimo giornalista che è Ivan Malfatto del Gazzettino lo dice chiaramente e ricostruisce il voto che ha portato alla designazione degli Aironi del Po, con 12 preferenze, e di Roma con 10 preferenze. Benetton e Duchi di Calvisano fuori con otto voti ciascuno. Due o tre consiglieri veneti, fra cui uno proprio di Treviso, hanno sicuramente non votato per Benetton. Il presidente della Regione Galan, uno che le cose non le manda a dire, è ancora più esplicito “Qui ci siamo fatti male da soli!...Se ci sono delle colpe stanno a Treviso!”.
Quali colpe? Semplice: mentre nel resto dell’Italia l’occasione Celtic League veniva intesa come il momento fondamentale per la crescita del rugby nazionale ed Azzurro tanto da immolare alla causa perfino il proprio Club (come il caso di Roma Capitolina e Gran Parma), Treviso si chiudeva nella propria superiorità, isolandosi dal contesto e offrendo soltanto vaghe apertura al resto del Veneto. Per Zatta e Munari, la Celtic League era solo l’occasione per promuovere sé stessi, rifiutandosi addirittura di accettare la collaborazione tecnica con i responsabili azzurri. No, l’affossamento della candidatura del Benetton non è avvenuto per i localismi veneti (il ministro Zaia, trevigiano, accusa invece il resto d’Italia di localismo) né per gelosie o storie di Capuleti e Montecchi, ma grazie proprio alla mancanza di localismo da parte di alcuni consiglieri federali veneti che, sostenuti da una sana visione rugbystica, hanno individuato chiaramente la pericolosità per il futuro del rugby italiano (e la possibilità di sostanziare il progetto Celtic) di una presenza Benetton fra le due formazioni prescelte.
Per capire l’entità della minaccia del localismo perdente, basta rifarsi alle argomentazioni anti Roma tirate fuori: “Nessuno meritevole di candidature al di fuori del Nord Lombardo Emiliano e del Nordest di Treviso. Solo queste due aree, infatti, sono oggi rappresentative del rugby italiano. La virtù degli Aironi del Po poggia sulla splendida organizzazione, mentre quella veneta sulla grande tradizione. Il resto d’Italia è un intruso, imbucato dalla politica”. Il Velino non vuole considerare la vicenda alla luce dei Campanili sposando una causa invece che un’altra. Si schiera con forza, però, contro chiunque voglia considerare uno sport nazionale come il rugby un fatto privato utilizzando capziosamente gli argomenti e ignorando i propri errori. Il Velino era per la scelta di Treviso e Roma e lo ha scritto e ribadito, ma i dirigenti della BenettonTreviso hanno voluto stravincere e si sono arroccati rifiutando altezzosamente ogni collaborazione. Come è possibile accusare Roma di mancanza di Tradizione con tutti gli scudetti vinti e il tutto esaurito al Flaminio ogni volta che arriva la Nazionale? Secondo queste tesi, gli scudetti di Roma, L’Aquila, Napoli sarebbero da cancellarsi assieme a Milano,Torino, Genova, Catania.
E fantasmi sarebbero le centinaia di giocatori azzurri forniti da questi bacini. Che Lazio e Roma siano stati fra i primissimi club italiani, fondati la prima nel 1927 e la seconda nel 1930, rimane un fatto secondario che non centra con la tradizione. Che il Lazio, anche in termini numerici, produca una buona percentuale dei rugbysti in circolazione non conta. Che i club del Nord siano colmi di professionisti provenienti dal centro sud, una favola. Conta soltanto che un grande industriale trevigiano, Benetton, abbia deciso di impegnarsi con Rugby, Basket e Pallavolo per innescare una superiorità organizzativa. Tutto ciò sfugge ai politici in cerca di consensi e a chi a Treviso (come sostiene Galan) ha sbagliato tutto tagliando fuori così il Veneto. Non sfugge però agli italiani e a tantissimi veneti che è questa spocchia la causa del perché il Veneto, come numeri e passione vorrebbero, non è leader del rugby italiano e non lo è mai stato. Ci si è mai chiesto come mai il rugby italiano in ottanta anni ha maturato la tradizione di non avere mai Presidenti del Veneto?
Mai pensato ad un bagno di umiltà? Comunque, i giochi per la Magners Celtic League non sono ancora fatti. Il presidente della Federugby, Giancarlo Dondi, è infatti furioso contro Roma ed i Romani, Pretoriani o non pretoriani. Di fronte alle sue forti rimostranze per il siluramento di Treviso e la scelta di Roma, in molti hanno pensato ad una buona recitazione perché convinti che il Dirigente, sotto i baffi, gongolasse per lo schiaffo incassato dai suoi contestatori ed avversari politici principali. Anzi, che il tutto fosse il frutto della sua abile regia. In realtà Dondi è davvero furioso per il successo dei Pretoriani e l’ha messo sub iudice: entro due mesi, infatti, la Federugby dovrà ricevere la documentazione comprovata del versamento avvenuto del milione e mezzo di euro che i Pretoriani hanno messo in badget (come contribuzione di Comune, Provincia e Regione) altrimenti via libera al Benetton.
Dondi, infatti, ha ormai smesso di credere alle promesse degli enti locali romani (che non si concretizzano) che da anni gli girano intorno riguardo lo Stadio. Può anche darsi che, alla fine, i Pretoriani ce la facciano a presentare le garanzie richieste, ma quello che Roma otterrà da una parte Dondi è intenzionato a toglierlo da una altra parte: quella del Sei Nazioni. Per il Sei Nazioni, il presidente è assolutamente categorico:
“Ho già dato avvio alla ricerca di un’alternativa all’attuale sede del Sei Nazioni in Italia” ci dice il presidente della Federugby. “Roma non sarà più la sede del Torneo a partire dalla stagione 2011. Purtroppo – prosegue - per quest’anno le cose sono andate troppo avanti: calendari e tutto il resto sono già predisposti ma il rugby italiano si è stancato delle promesse da marinai che ci arrivano da Roma, perché per lo Stadio Flaminio non si sta facendo niente.
Neanche per l’edizione del 2011 abbiamo alcuna certezza che i necessari lavori annunciati saranno portati a termine. È per questo motivo – conclude - che non ritengo neanche chiuso il discorso della Celtic League: ho i miei seri dubbi che il budget presentato dai Pretoriani sia sostanziato per il 20 settembre dai soldi degli enti locali romani”. Quindi, i giochi non sono ancora fatti. Dopo l’harakiri di Treviso potrebbe profilarsi anche quello romano: parziale Celtic sì, Sei nazioni no; ma anche totale: Roma a bocca asciutta su tutti i fronti.