ITALIA NATIVI Vs ITALIA ORIUNDI
Moderatore: Emy77
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halfback
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Shye: allora, per quanto riguarda i francesi, lascio stare i coloniali e i figli dei prigionieri di guerra e "mi accontento" degli equiparati neozelandesi e sudafricani (che sicuramente non erano di formazione francese ...).
Per quanto riguarda il discorso che facevo inizialmente, sull'intenzione degli irlandesi di naturalizzare qualche pilone argentino, preciso che l'ho sentito fare da un giornalista irlandese al Flaminio un paio d'anni fa. Più o meno: "Qui, se non cambia qualcosa, ci toccherà fare come gli australiani che hanno equiparato gli argentini ... ". E proseguendo, dava conto delle effettive intenzioni della dirigenza di procedere in questo modo per corroborare la mischia dei verdi.
Magari il discorso era futuribile, ma tanto per dire che non si trattava di cosa campata per aria.
Per quanto riguarda il discorso che facevo inizialmente, sull'intenzione degli irlandesi di naturalizzare qualche pilone argentino, preciso che l'ho sentito fare da un giornalista irlandese al Flaminio un paio d'anni fa. Più o meno: "Qui, se non cambia qualcosa, ci toccherà fare come gli australiani che hanno equiparato gli argentini ... ". E proseguendo, dava conto delle effettive intenzioni della dirigenza di procedere in questo modo per corroborare la mischia dei verdi.
Magari il discorso era futuribile, ma tanto per dire che non si trattava di cosa campata per aria.
- diddi
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Che ci sia qualche "italiano" in più è certamente auspicabile, intendendo con "italiano" giocatori che hanno raggiunto livelli di gioco adeguati attraverso il percorso di formazione e selezione che esiste in Italia; in altre parole, è opportuno che la "scuola italiana" riesca a sfornare giocatori di alto livello con buona continuità. La presenza di numerosi oriundi/equiparati è funzione della qualità del sistema formativo e tende purtroppo a mascherarne le magagne.
Tuttavia, l'attuale regolamentazione IRB sull'eleggibilità non è conseguenza delle difficoltà italiane a reperire e a coltivare talenti validi, bensì un sistema ideato dalle federazioni nazionali di vertice per omologare e reclutare giocatori validi per esempio da colonie e possedimenti, tra i paesi anglosassoni, da regioni rugbysticamente evolute ma economicamente meno sviluppate. Per inciso, questa regolamentazione rischia di sfasciare la credibilità del rugby come sport "mondiale": quanto più forti sarebbero le isolane del Pacifico se i vari Rokocoko, Sivivatu, Umaga, So'oialo, ecc. giocassero per i loro Paesi di provenienza? (Per converso, quanto ci rimetterebbero i diretti interessati?)
Che noi quindi si debba rinunciare a porre in atto norme che sono state create da altri a proprio uso e consumo quando ci sono utili per il perseguimento del nostro scopo, che in questa fase è quello di rendere popolare il rugby in Italia, mi sembra uno spreco. Il bilanciamento da un ricorso massiccio a uno moderato agli oriundi/equiparati avverrà poi "naturalmente", quando il sistema formativo, vuoi per una base più allargata di giovani sportivi da cui scegliere, vuoi per un suo intrinseco miglioramento, produrrà stabilmente giocatori di livello internazionale.
Tuttavia, l'attuale regolamentazione IRB sull'eleggibilità non è conseguenza delle difficoltà italiane a reperire e a coltivare talenti validi, bensì un sistema ideato dalle federazioni nazionali di vertice per omologare e reclutare giocatori validi per esempio da colonie e possedimenti, tra i paesi anglosassoni, da regioni rugbysticamente evolute ma economicamente meno sviluppate. Per inciso, questa regolamentazione rischia di sfasciare la credibilità del rugby come sport "mondiale": quanto più forti sarebbero le isolane del Pacifico se i vari Rokocoko, Sivivatu, Umaga, So'oialo, ecc. giocassero per i loro Paesi di provenienza? (Per converso, quanto ci rimetterebbero i diretti interessati?)
Che noi quindi si debba rinunciare a porre in atto norme che sono state create da altri a proprio uso e consumo quando ci sono utili per il perseguimento del nostro scopo, che in questa fase è quello di rendere popolare il rugby in Italia, mi sembra uno spreco. Il bilanciamento da un ricorso massiccio a uno moderato agli oriundi/equiparati avverrà poi "naturalmente", quando il sistema formativo, vuoi per una base più allargata di giovani sportivi da cui scegliere, vuoi per un suo intrinseco miglioramento, produrrà stabilmente giocatori di livello internazionale.
Peterino
Chi sa fa, chi non sa insegna a fare
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TUCKER
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Ma il problema non è la nazionale, ma il campionato! Dove non si crede nei giovani e si preferisce importare ogni anno degli oriundi nuovi. E' questo che dovrebbe fare incazzare, ma solo perchè non c'è crescita.
X il resto sono italiani anche loro, sperando che si sentano tali. Ed è ingiusta nei loro confronti questa polemica, mi incazzo di più invece se si sfruttano le nazionali per "lavare" i passaporti e fare un favore a club e procuratori!
Ricordiamoci che negli anni, da Nord e da Sud, siamo emigrati in Sud America (=Argentini, Uruguagi..), Nord America, Francia (=ce ne sono tanti di Bortolussi e non solo), Germania, Svizzera, Belgio, U.K., Nuova Zelanda, Australia, Nord Africa... in pochi non hanno avuto in famiglia qualcuno che non se ne sia andata per lavoro, anche solo per pochi anni.
Ricordiamo i 136 morti a Marcinelle o altri episodi (ma ce ne sono molti di più purtroppo):
Linciaggio a New Orleans - 14 marzo 1891
A New Orleans nel 1890 era stato assassinato il capo della polizia che, prima di morire, aveva accusato degli immigrati italiani che furono così rinviati a giudizio. Assolti alla fine del processo i pescatori siciliani ingiustamente accusati festeggiarono l’evento e issarano la bandiera siciliana più in alto di quella americana. Questo fatto venne preso a pretesto da eminenti cittadini di New Orleans che, guidati dall’avvocato Parkerson, il 14 marzo 1891 si diressero armati di fucili verso la prigione e, dopo averne sfondato la porta, impiccarono due detenuti e uccisero a colpi di fucile altri nove italiani inermi. A un giornalista che faceva notale la bassezza e la viltà di una tale azione Parkersono rispose che per lui e gli altri concittadini gli emigrati italiani erano da considerare solamente dei rettili.
Xenofobia in Francia: I vespri marsigliesi.
Alla fine dell’ottocento città importanti come Marsiglia e Nizza erano inclini alla xenofobia nei confronti degli immigrati italiani. I lavoratori italiani lavoravano a basso prezzo e quindi erano decisamente osteggiati dai manovali francesi, dagli sterratori, dai minatori e dagli scaricatori di porto. Il 17 giugno 1881 le prime truppe francesi rientrano dalla spedizione in Tunisia dove hanno imposto il protettorato del Bey. Un fischio sentito partire forse dal Club Nazionale italiano, dove non è esposto il tricolore francese come in tutti gli altri edifici, viene preso a pretesto per scatenare la caccia agli italiani che sono quasi sessantamila, uno ogni sei abitanti. Hanno così inizio i vespri marsigliesi e gli incidenti dureranno fino al 20 giugno e avranno fine solamente con l’intervento dell’esercito francese. Gli storici affermano che senza l’intervento dell’esercito ci sarebbe stato un massacro simile a quello della notte di San Bartolomeo del ’500 con gli emigrati italiani al posto degli ugonotti.
Il dramma di Aigues Mortes
Nell’agosto del 1893 avvengono gli incidenti più gravi e sanguinosi della storia dell’emigrazione italiana in Francia e precisamente nella zona paludosa delle saline di Aigues Mortes. I giornalieri francesi soffrono per la concorrenza degli italiani e il 16 agosto iniziano gli scontri. Il procuratore generale di Nimes scriverà nel suo rapporto che ad ogni istante degli italiani indifesi cadevano al suolo sotto i colpi dei lavoratori francesi forsennati che poi li lasciavano a terra privi di cure. Per evitare i colpi gli italiani si sdraiavano a terra gli uni sopra gli altri mentre i gendarmi tentavano invano di proteggerli e le pietre volavano da ogni parte col sangue che sgorgava dovunque. I morti ufficiali furono otto e parecchie decine i feriti gravi, ma nessuno contò le vittime nelle paludi dove si scatenò una vera e propria caccia all’uomo fino all’intervento della cavalleria. I morti di Aigues Mortes resero deciamente rovente il nazionalismo sui due versanti delle Alpi.

"Nella stessa stanza trovai scimmie, bambini, uomini e donne, con organetti e stampi di gesso, tutti ammucchiati insieme […]; un caos di suoni e una combinazione di odori derivanti da aglio, scimmie e dalle persone più sporche. Erano, senza eccezione, la popolazione più sozza che avessi incontrato."
(Charles Loring Brace, The Dangerous Classes of New York, Usa, 1872, scrivendo del quartiere italiano)
X il resto sono italiani anche loro, sperando che si sentano tali. Ed è ingiusta nei loro confronti questa polemica, mi incazzo di più invece se si sfruttano le nazionali per "lavare" i passaporti e fare un favore a club e procuratori!
Ricordiamoci che negli anni, da Nord e da Sud, siamo emigrati in Sud America (=Argentini, Uruguagi..), Nord America, Francia (=ce ne sono tanti di Bortolussi e non solo), Germania, Svizzera, Belgio, U.K., Nuova Zelanda, Australia, Nord Africa... in pochi non hanno avuto in famiglia qualcuno che non se ne sia andata per lavoro, anche solo per pochi anni.
Ricordiamo i 136 morti a Marcinelle o altri episodi (ma ce ne sono molti di più purtroppo):
Linciaggio a New Orleans - 14 marzo 1891
A New Orleans nel 1890 era stato assassinato il capo della polizia che, prima di morire, aveva accusato degli immigrati italiani che furono così rinviati a giudizio. Assolti alla fine del processo i pescatori siciliani ingiustamente accusati festeggiarono l’evento e issarano la bandiera siciliana più in alto di quella americana. Questo fatto venne preso a pretesto da eminenti cittadini di New Orleans che, guidati dall’avvocato Parkerson, il 14 marzo 1891 si diressero armati di fucili verso la prigione e, dopo averne sfondato la porta, impiccarono due detenuti e uccisero a colpi di fucile altri nove italiani inermi. A un giornalista che faceva notale la bassezza e la viltà di una tale azione Parkersono rispose che per lui e gli altri concittadini gli emigrati italiani erano da considerare solamente dei rettili.
Xenofobia in Francia: I vespri marsigliesi.
Alla fine dell’ottocento città importanti come Marsiglia e Nizza erano inclini alla xenofobia nei confronti degli immigrati italiani. I lavoratori italiani lavoravano a basso prezzo e quindi erano decisamente osteggiati dai manovali francesi, dagli sterratori, dai minatori e dagli scaricatori di porto. Il 17 giugno 1881 le prime truppe francesi rientrano dalla spedizione in Tunisia dove hanno imposto il protettorato del Bey. Un fischio sentito partire forse dal Club Nazionale italiano, dove non è esposto il tricolore francese come in tutti gli altri edifici, viene preso a pretesto per scatenare la caccia agli italiani che sono quasi sessantamila, uno ogni sei abitanti. Hanno così inizio i vespri marsigliesi e gli incidenti dureranno fino al 20 giugno e avranno fine solamente con l’intervento dell’esercito francese. Gli storici affermano che senza l’intervento dell’esercito ci sarebbe stato un massacro simile a quello della notte di San Bartolomeo del ’500 con gli emigrati italiani al posto degli ugonotti.
Il dramma di Aigues Mortes
Nell’agosto del 1893 avvengono gli incidenti più gravi e sanguinosi della storia dell’emigrazione italiana in Francia e precisamente nella zona paludosa delle saline di Aigues Mortes. I giornalieri francesi soffrono per la concorrenza degli italiani e il 16 agosto iniziano gli scontri. Il procuratore generale di Nimes scriverà nel suo rapporto che ad ogni istante degli italiani indifesi cadevano al suolo sotto i colpi dei lavoratori francesi forsennati che poi li lasciavano a terra privi di cure. Per evitare i colpi gli italiani si sdraiavano a terra gli uni sopra gli altri mentre i gendarmi tentavano invano di proteggerli e le pietre volavano da ogni parte col sangue che sgorgava dovunque. I morti ufficiali furono otto e parecchie decine i feriti gravi, ma nessuno contò le vittime nelle paludi dove si scatenò una vera e propria caccia all’uomo fino all’intervento della cavalleria. I morti di Aigues Mortes resero deciamente rovente il nazionalismo sui due versanti delle Alpi.

"Nella stessa stanza trovai scimmie, bambini, uomini e donne, con organetti e stampi di gesso, tutti ammucchiati insieme […]; un caos di suoni e una combinazione di odori derivanti da aglio, scimmie e dalle persone più sporche. Erano, senza eccezione, la popolazione più sozza che avessi incontrato."
(Charles Loring Brace, The Dangerous Classes of New York, Usa, 1872, scrivendo del quartiere italiano)
Tuck figlio di Thak del Brixiashire
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rask
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118
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rask ha scritto:Perchè far giocare Pez al posto di Scanavacca, dato che+/- siamo lì (con tutto il rispetto per Pez).Rugby-Tv ha scritto: Per esempio perchè far giocare Griffen al posto di Tronky, dato che +/- siamo li (con tutto rispetto per Griffen).
perché all'allenatore interessano i risultati e non le origini dei giocatori, quindi sceglie in base a quello che ha disposizione e ai suoi gusti...
il problema é il bacino tra cui scegliere che impone il perppetuo uso e disuso di equiparati, non le scelte che il CT effettua...
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rask
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Molto interessante la discussione sull'evoluzione del concetto ottocentesco di nazione e la sua crisi in tempi di globalizzazione. Invito halfback e Giandolmen a continuarla...
Per tornare al rugby, è chiaro che non si parla di nazionalità in senso ottocentesco, non avrebbe senso, nè in termini di diritto, perchè ciascuno stato ha una sua storia e un suo criterio di riconoscimento della nazionalità.
Se ne parla, come hanno fatto eliis, parramatta, 118 ed altri in termini di opportunità per il nostro movimento. Cioè: siamo sicuri che sia utile abusare delle opportunità di eleggibilità concesse dai regolamenti IRB? Oppure è meglio disporre una sorta di autolimitazione unilaterale che escluda la possibilità di utilizzare giocatori rientranti nel criterio n. 3 (i 36 mesi di residenza in Italia)?
La mia opinione è che i giocatori equiparati non sono decisivi per i risultati e che limitarne l'utilizzo consenta al movimento di crescere perchè gli Italiani fanno più esperienza internazionale, perchè avremo più simboli del rugby nostrano, perchè potremo cominciare a proporre una "scuola italiana", perchè i ragazzini possano avere come idoli i fratelli Bergamasco o Bortolami piuttosto che Diego Dominguez (sempre sia lodato), e perchè coloro che si avvicinano al rugby possano capire perchè giochiamo con la maglia azzurra.
Per tornare al rugby, è chiaro che non si parla di nazionalità in senso ottocentesco, non avrebbe senso, nè in termini di diritto, perchè ciascuno stato ha una sua storia e un suo criterio di riconoscimento della nazionalità.
Se ne parla, come hanno fatto eliis, parramatta, 118 ed altri in termini di opportunità per il nostro movimento. Cioè: siamo sicuri che sia utile abusare delle opportunità di eleggibilità concesse dai regolamenti IRB? Oppure è meglio disporre una sorta di autolimitazione unilaterale che escluda la possibilità di utilizzare giocatori rientranti nel criterio n. 3 (i 36 mesi di residenza in Italia)?
La mia opinione è che i giocatori equiparati non sono decisivi per i risultati e che limitarne l'utilizzo consenta al movimento di crescere perchè gli Italiani fanno più esperienza internazionale, perchè avremo più simboli del rugby nostrano, perchè potremo cominciare a proporre una "scuola italiana", perchè i ragazzini possano avere come idoli i fratelli Bergamasco o Bortolami piuttosto che Diego Dominguez (sempre sia lodato), e perchè coloro che si avvicinano al rugby possano capire perchè giochiamo con la maglia azzurra.
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Rugby-Tv
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Si hai ragione.rask ha scritto:Perchè far giocare Pez al posto di Scanavacca, dato che+/- siamo lì (con tutto il rispetto per Pez).Rugby-Tv ha scritto: Per esempio perchè far giocare Griffen al posto di Tronky, dato che +/- siamo li (con tutto rispetto per Griffen).
Io mi sono "battuto" in altri post perchè mi faceva ridere che alcuni passassero Scanavacca come Wilkinson o Carter ecc ecc.
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118
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rask, imporre un limite agli equiparati ha senso, comunque comporta una serie di scelte sulla quale la federazione non ha potere:
é appena stato abbassato il numero di giocatori di scuola italian nei club di super10,
se i club contiunano perferire giocatori stranieri ma equiparabili ai nostri giovani, non vedo possibile la realizzazione per la nazionale si ha bisogno di giocare con contiunitá,
paradossalmente mi sembra di voler introudurre le quote azzurre nella nazionale, magari chiedamo pure un corso speciale per giocatori italiani purosangue (sulla base dell'intnsive balck skills programme di jakewhite in sudafrica)
é appena stato abbassato il numero di giocatori di scuola italian nei club di super10,
se i club contiunano perferire giocatori stranieri ma equiparabili ai nostri giovani, non vedo possibile la realizzazione per la nazionale si ha bisogno di giocare con contiunitá,
paradossalmente mi sembra di voler introudurre le quote azzurre nella nazionale, magari chiedamo pure un corso speciale per giocatori italiani purosangue (sulla base dell'intnsive balck skills programme di jakewhite in sudafrica)
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rask
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Al di là dell'ironia, che comunque non guasta mai, non credo che la federazione non abbia poteri.118 ha scritto:rask, imporre un limite agli equiparati ha senso, comunque comporta una serie di scelte sulla quale la federazione non ha potere:
é appena stato abbassato il numero di giocatori di scuola italian nei club di super10,
se i club contiunano perferire giocatori stranieri ma equiparabili ai nostri giovani, non vedo possibile la realizzazione per la nazionale si ha bisogno di giocare con contiunitá,
paradossalmente mi sembra di voler introudurre le quote azzurre nella nazionale, magari chiedamo pure un corso speciale per giocatori italiani purosangue (sulla base dell'intnsive balck skills programme di jakewhite in sudafrica)
Il limite dei giocatori di formazione italiana nel S10 lo impone la FIR,
la scelta di investire nelle scuole piuttosto che nell'accademia o nella preparazione fisica (non) la fa la FIR,
lo sguinzagliamento di osservatori in giro per il mondo alla ricerca di giovani da equiparare lo decide pure la FIR.
C'è una ricerca di risultati a medio-breve termine, ma non c'è un progetto a lunga scadenza per il movimento. Daltronde i Presidenti federali restano in carica per i quadrienni olimpici e non hanno interesse a guardare oltre...
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halfback
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- Iscritto il: 7 ott 2003, 0:00
Scusa Rask: ma se il tema riguardava la politica federali in materia di quote nei campionati nazionali, perchè è stato affrontato come un problema di rappresentative? Questo thread recita "italia nativi vs italia oriundi", non "perchè la Rugby Roma ha fatto venire per i suoi sporchi comodi Ramiro Pez in Italia nell'inverno del '99? E adesso noi, dopo più di 7 anni, ce lo troviamo ancora tra capo e collo in azzurro perchè Berbizier dice non può trovare di meglio ed invece non è vero?".
Detto questo, è chiaro che i due discorsi si intersecano, ma non si può passare continuamente di palo in frasca: o decidiamo di discutere - per lo più in forma ideologica, perchè altrimenti non è possibile - sull'accettabilità delle regole internazionali sull'eligibility, oppure discutiamo del perchè, in 7 anni, non siamo riusciti a produrre un'apertura che dia un minimo di garanzie a livello internazionale e il CT è costretto - dice lui - a ricorrere ad una mezza sega di italo-argentino (scusa Ramiro: è solo per far capire il senso ...) per coprire il ruolo ai prossimi mondiali.
Oppure potremmo discutere delle ragioni che ci impediscono da quasi 15 anni di vedere un estremo di ruolo di scuola italiana e non gente come Javier Pertile (onesto giocatore, oriundo), Matthew Pini (altra mezza sega di oriundo: scusa Matt ...), Gert Peens (prima equiparato poi naturalizzato), Roland De Marigny (equiparato), con interregni assegnati a Paolino Vaccari (molto meglio come ala, non c'è confronto), Alessandro Stoica (molto meglio come centro, ugualmente NCC), Mirco Bergamasco (idem), o Gonzalo Canale (ari idem, con l'aggravante che pure lui è un mezzo oriundo, anche se ha passato fuori dalla natia Argentina circa 15 dei suoi 24 anni).
Ecco, chiariamoci le idee sul tema del quale vogliamo discutere.
Detto questo, è chiaro che i due discorsi si intersecano, ma non si può passare continuamente di palo in frasca: o decidiamo di discutere - per lo più in forma ideologica, perchè altrimenti non è possibile - sull'accettabilità delle regole internazionali sull'eligibility, oppure discutiamo del perchè, in 7 anni, non siamo riusciti a produrre un'apertura che dia un minimo di garanzie a livello internazionale e il CT è costretto - dice lui - a ricorrere ad una mezza sega di italo-argentino (scusa Ramiro: è solo per far capire il senso ...) per coprire il ruolo ai prossimi mondiali.
Oppure potremmo discutere delle ragioni che ci impediscono da quasi 15 anni di vedere un estremo di ruolo di scuola italiana e non gente come Javier Pertile (onesto giocatore, oriundo), Matthew Pini (altra mezza sega di oriundo: scusa Matt ...), Gert Peens (prima equiparato poi naturalizzato), Roland De Marigny (equiparato), con interregni assegnati a Paolino Vaccari (molto meglio come ala, non c'è confronto), Alessandro Stoica (molto meglio come centro, ugualmente NCC), Mirco Bergamasco (idem), o Gonzalo Canale (ari idem, con l'aggravante che pure lui è un mezzo oriundo, anche se ha passato fuori dalla natia Argentina circa 15 dei suoi 24 anni).
Ecco, chiariamoci le idee sul tema del quale vogliamo discutere.
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halfback
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- Iscritto il: 7 ott 2003, 0:00
La mia era solo una mozione d'ordine, visto che questo forum è trattato a temi.
Comunque devo fare le mie scuse a Corrado Pilat: pur non avendo avuto una grandissima fortuna in azzurro (e in genere, purtroppo), tuttavia è pur sempre un estremo di ruolo, di formazione italiana, che ha giocato in Nazionale negli ultimi 15 anni. Dimenticavo anche l'unica apparizione di Masi da estremo, al Torneo della Perdonanza del '99 (suo debutto in azzurro): ma anche lui rientra nelle eccezioni sopra richiamate.
Ed è chiaro che il discorso non cambia.
Comunque devo fare le mie scuse a Corrado Pilat: pur non avendo avuto una grandissima fortuna in azzurro (e in genere, purtroppo), tuttavia è pur sempre un estremo di ruolo, di formazione italiana, che ha giocato in Nazionale negli ultimi 15 anni. Dimenticavo anche l'unica apparizione di Masi da estremo, al Torneo della Perdonanza del '99 (suo debutto in azzurro): ma anche lui rientra nelle eccezioni sopra richiamate.
Ed è chiaro che il discorso non cambia.
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Luighi
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- PiVi1962
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Re: RE: Nativi e "non nativi"
Easterby è figlio di un'inglese e di una irlandese ed è nato in Inghilterra.gransoporro ha scritto:Easterby, che io sappia, e` irlandese.
Molti dei cosiddetti "oriundi" citati all'inizio sono italiani tanto quanto Easterby è irlandese: essi infatti hanno genitori o nonni di nazionalità italiana.