Una volta...GiorgioXT ha scritto:...Ce ne sono di sicuro tanti altri di ragazzi che hanno giocato partite importanti da giovani o giovanissimi ... ma quello che volevo sottolineare è che non è con l'arrivo dell'accademia di Tirrenia che i giovani iniziano a giocare in prima squadra , anche se a leggere articoli e comunicati sembra che sia così ... una volta era normale rischiare anche ragazzi giovani, e proprio la FIR ha delle responsabilità molto precise nel proprio operato, avendo molto spesso preferito equiparati più o meno stagionati ai giovani italiani.
Per questo se qualcuno mi dice che la Federazione preme per far giocare i giovani italiani contro i club che li vogliono tenere in ghiacciaia ... mi viene da ridere amaro.
UNA VOLTA quasi tutti erano dilettanti e giocavano perché magari il paròn gli procurava un lavoro, una volta i giovani avevano meno grilli per la testa di andare all'università, una volta c'erano pochi stranieri a intasare le rose, una volta i giovani erano strumento di pressione per mettere il pepe al c... ai "senatori".
OGGI è diverso. Il professionismo ha completamente cambiato le carte in tavola. Fare il rugbysta è diventato una professione. Peccato che in Italia sia una professione poco remunerativa. Se ho abbastanza cervello da meritarmi una laurea e avviare una carriera professionale, perché dovrei mettermi a fare il rugbysta a tempo pieno? Forse per i compensi che può darmi un club italiano? Le condizioni contrattuali proposte dai club in Italia (poca grana in cambio della dedizione richiesta) paiono adatte a soddisfare le aspettative dei giovani argentini o pacifici, che in patria guadagnerebbero ancor meno e per cui il S10 è trampolino di lancio verso altri lidi europei più remunerativi; ma non per quelle dei nostri virgulti.
Dall'altro capo del problema: perché mai un club dovrebbe far giocare un giovane italiano, quando un argentino o un pacifico ha competenza almeno uguale, ma non mugugna per lo stipendio, non si distrae con lo studio, è meglio allenato perché la sua vita è incentrata sull'attività sportiva?
La FIR ha sicuramente le sue colpe e ha fornito un contributo non indifferente al consolidarsi di questo stato di cose. Però i club consorziatisi in lega (la LIRE) per me, da osservatore esterno, sono maggiormente responsabili. Se la FIR ricorreva a oriundi ed equiparati, non è forse anche perché il sistema "formativo" dei club non sfornava altro che giovani argentini? Tu poi ti lamenti spesso e giustamente del fatto che la FIR non ha mai implementato politiche premianti per le squadre che lavorano col settore giovanile. Ma chi ha ostacolato maggiormente queste legittime richieste? La FIR? O non piuttosto Calvisano, Viadana e Treviso, il "gotha" finanziario delle società di rugby in Italia, nel timore che una maggiore importanza attribuita ai vivai potesse sconvolgere gli equilibri (e rimettere in gioco il Petrarca)?
Oggi che la LIRE (cioè l'unità di intenti tra le squadre di vertice) si è dissolta e la FIR riprende in mano la guida del movimento, guarda caso il sostegno ai giovani nel periodo tra il termine dell'attività giovanile e l'affermazione in campo professionistico, che con la guida dei club era un problema serio, viene affrontato. Male, magari; con strumenti inadeguati o perfettibili, magari; solo perché è funzionale al sostentamento della Nazionale, magari. Ma esiste la volontà di risolverlo.