Sarà l’anno degli italiani? - Giornale di Brescia
<BR> Tra i nuovi stranieri approdati al campionato italiano le stelle sono Brosnihan, Arbizu, Mc Leod-Henderson, Durston e Davies Tutti più forti, con il Ghial squadra da battere.
<BR>Sarà l’anno degli italiani, o almeno dovrebbe, anche se l’estate ha visto l’arrivo di una trentina di nuovi stranieri (stelle poche, però: Brosnihan al Calvisano, Arbizu e McLeod-Henderson al Gran, Durston al Viadana, Davies al Petrarca).
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<BR>Da domani, ogni club dovrà schierare almeno 11 giocatori di scuola italiana nella lista dei 22 che viene presentata all’arbitro prima della partita, pena la sconfitta a tavolino e 4 punti di penalizzazione. L’anno scorso fu il Catania a versare la goccia che fece traboccare il vaso: in più occasioni i siciliani arrivarono vicini a mettere in campo una intera squadra di nati e cresciuti all’estero. Lo fa anche l’Inter (calcio), si dirà. Il problema è che il rugby dispone di una base assai ridotta rispetto al football e se si vuole salvaguardare l’esistenza di una nazionale italiana della palla ovale, le «quote protette» sono necessarie, come fa il Sud Africa per dare spazio ai giocatori di colore.Non sarà bello, lo sport dovrebbe premiare i migliori, indipendentemente dal passaporto e dal colore della pelle, ma altra strada non c’è. Proprio il Catania, che durante l’estate ha perso molti dei giocatori che la scorsa stagione portarono la squadra ad ottenere un sorprendente quarto posto, partirà penalizzato di quattro punti in classifica per aver mancato di prendere parte al campionato Under 11, obbligatorio. La penalizzazione renderà particolarmente difficile la sfida con la neopromossa Venezia-Mestre per evitare la retrocessione. La lotta per la salvezza pare limitata a queste due formazioni. Craig Green, coach della Benetton, ritiene che l’obbligo di avere in campo almeno 11 italiani, comincerà a pesare più avanti nel tempo, quando gli allenatori saranno costretti a districarsi fra infortuni e rispetto delle «quote». Perché un giocatore sia considerato di scuola italiana deve aver disputato in Italia almeno un campionato U21 o aver vestito la maglia della nazionale azzurra di categoria, come nel caso di Castrogiovanni (nato in Argentina) e dell’altro pilone del Calvisano, il nuovo acquisto Vigne Donati (nato in Francia). Per la Ghial la nuova regola non è un problema, anzi: la rosa giallonera contempla esattamente undici giocatori cresciuti all’estero. A Treviso invece, dove Deon Kingi ha sostituito Parisse (Std. Francais), a turno qualche straniero dovrà necessariamente restare fuori per far posto agli italiani. Abituato alla Leonessa, dove doveva fare lo straordinario, Kingi si sta lentamente adattando alla disciplina di una Benetton che l’allenatore vede animata da forte spirito di rivincita, dopo la sconfitta della scorsa stagione. I veneti hanno salutato Franco Smith, metronomo del loro gioco, e il centro Canale (approdato a Clermont, in Francia) ma hanno prelevato Barbini dal Petrarca, Pizarro e Antonio Pavanello dal Rovigo, tutti nazionali. Il fatto poi che Pavanello sia figlio del nuovo presidente del club polesano e che nemmeno i legami di famiglia lo abbiano potuto trattenere a Rovigo dice che i rossoblù (tra i nuovi ingaggi anche Queirolo e Repetto, ex Leonessa) ancora non dispongono di risorse economiche adeguate alla propria gloriosa tradizione. Resta dunque un campionato a due (o tre) velocità: Calvisano, Treviso e Viadana per lo scudetto (e per la Celtic League), Parma, Gran, Petrarca, Rovigo e (forse) L’Aquila per le posizioni di rincalzo, Catania e Venezia per non retrocedere. Viadana, un’altra delle deluse della scorsa stagione, ha rafforzato sia la mischia che i tre quarti (occhio al funambolico gallese Durston e all’estremo sudafricano Schutte). L’allenatore Romagnoli spera di raccogliere finalmente il lavoro svolto nello scorso campionato, soprattutto dal punto di vista fisico. Anche lui però dovrà tenere la contabilità dei passaporti (tra i nuovi, anche gli avanti sudafricani Wannenburg e Geldenhuys e il tongano Filimolehala). Parma, eterna incompiuta, invece riparte nuovamente daccapo, dopo aver cambiato una ventina di giocatori: è partito il nazionale De Marigny (a Leeds) e sono arrivati, tra i tanti, Soffredini e Gumiero della Leonessa e Mazzucato del Calvisano. Anche il Petrarca ha cambiato molto, ma a Padova ancora non hanno preso le misure con il professionismo che permette agli altri di pescare in abbondanza nei loro vivai (Ghiraldini alla Ghial, Marcato e Barbini alla Benetton, Ferraro al Viadana e, negli anni scorsi, i Bergamasco a Parigi e Bortolami al Narbonne). Allergici alla sovraesposizione, i patavini, quest’anno, hanno ingaggiato l’ex All Black Chresten Davies (seconda linea) ma hanno scelto di giocare i loro match casalinghi alla Guizza, un campetto da 1.500 posti, invece che nel «tempio» del Plebiscito. Indecifrabili. Restano L’Aquila e il Gran. La prima continua a produrre buoni giocatori che… appena possono si trasferiscono altrove (Zaffiri, Masi, Carpente, Festuccia). A L’Aquila, oltretutto, durante l’estate hanno faticato a trovare l’allenatore. Alla fine in Abruzzo è arrivato il francese Fouroux, vecchia gloria un po’ segnata dal tempo, chissà se funzionerà. Quanto al Gran verificheremo domani al San Michele le ambizioni della squadra di De Rossi e Wakarua. Quest’ultimo, ignorato dai più, è riuscito anche al termine dello scorso campionato, dopo una stagione molto difficile per la Leonessa, ad essere il miglior marcatore del S10. Noti i suoi limiti, forse qualcuna delle «grandi» finirà per pentirsi di esserselo fatto sfuggire sotto il naso.
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<BR>Il «sogno celtico» cambia il rugby - Giornale di Brescia
<BR> Comincia domani il campionato italiano di rugby numero 76. Non sarà l’ultimo, ma quello successivo sicuramente varrà molto meno. Le quattro (o saranno solo tre?) squadre meglio piazzate nel prossimo torneo, infatti, l’anno dopo prenderanno parte alla Celtic League con le formazioni gallesi, irlandesi e scozzesi. Significa che dal 2007 in poi chi vincerà lo scudetto non potrà dirsi la squadra italiana più forte, visto che i club migliori nel frattempo si saranno trasferiti all’estero, a caccia di impegni più consistenti, ma anche dei proventi garantiti dai diritti Tv offerti da una competizione internazionale.
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<BR>Di conseguenza, il campionato che parte domani sarà inevitabilmente interlocutorio: un occhio alla classifica, tanto per essere sicuri di arrivare fra le prime (almeno per chi vuole fare il gran salto oltrefrontiera), e l’altro al futuro, cercando di capire se si potrà essere competitivi anche al di fuori dei propri confini. Questo è quello che si ripropongono il Calvisano, il Treviso e il Viadana, le «big three» del panorama domestico, sia dal punto di vista tecnico che economico. Le altre continueranno a giocare con una mano sul portafoglio e le ambizioni rivolte al proprio campanile, con l’eccezione del Parma, sempre alla ricerca di un’identità che tarda a venire. Una volta il campionato cominciava a ottobre inoltrato e finiva ad aprile, con una bella sosta a Natale. Adesso tutte le competizioni europee devono uniformarsi alle esigenze del rugby internazionale, Heineken e Challenge Cup comprese. Pertanto si parte quando è ancora estate e, pausa dopo pausa (lunghissima quella di febbraio e marzo per il Sei Nazioni), si va a finire a maggio. Ancora una volta, dunque, vincerà chi saprà presentarsi nella forma giusta al momento giusto, ossia all’appuntamento delle semifinali e della finale, in programma dalla metà di maggio in poi. La scorsa stagione, di questa situazione seppe approfittare a meraviglia la Ghial, incerta e indecifrabile per buona parte della regular season, ma cinica e implacabile come lo sprinter Petacchi sulla dirittura d’arrivo. Quest’anno il Calvisano si è rinforzato soprattutto in vista dei propri obiettivi internazionali, la Heineken Cup (esordio il 22 ottobre contro il Perpignan), un torneo nel quale non vince una partita da più di due anni, e la futura Celtic League, in funzione della quale è stata effettuata la maggior parte dei nuovi ingaggi gialloneri. La difesa del titolo conquistato a maggio, in questa ottica, diventa un traguardo di passaggio, al quale si penserà in primavera. Nel frattempo è tutto il rugby italiano che deve crescere, come visibilità, come pubblico, come prestigio, come partecipazione del territorio: i diritti Tv, da soli, non bastano per diventare grandi, a maggior ragione se si è uno sport di nicchia. Nel momento in cui il calcio vive i problemi noti, lo sbaglio più grande che potrebbe compiere la palla ovale è copiare gli errori e, in qualche caso, le follie che hanno portato il «pianeta calcio» vicino alla rovina. Buon campionato a tutti e occhio ai rimbalzi del pallone, che non essendo rotondo, nella maggior parte dei casi, va dove gli pare.
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<BR>Calvisano obiettivo Europa - Bresciaoggi
<BR> Rugby. Domani via al Super 10 che poi verrà stravolto: le prime 4 andranno in Celtic League .
<BR>Ieri a Palazzo Vecchio a Firenze è stato presentato il 76esimo campionato italiano di rugby, che da 5 anni ha assunto la denominazione di Super 10. Il secondo che inizia con lo scudetto su una maglia bresciana: nel ’76 partiva il Rugby Brescia col tricolore, da sabato è sulle maglie giallonere del Ghial Calvisano. Dopo 5 anni però il Super 10 è già vecchio.
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<BR>Per la formula nata col professionismo e ispirata, anche nel nome, ai campionati esteri, è già il tempo della pensione. O quasi. Infatti - è stato il tema centrale della cerimonia fiorentina - se anche il Super 10 resterà, dalla stagione 2006-07 il suo valore non sarà più quello di prima. Per dirla tutta, quello che inizia sabato è l’ultimo campionato italiano vero, e lo scudetto che assegnarà sarà l’ultimo a segnare una leadership effettiva. Dalla stagione prossima 4 squadre, le prime quattro del Super 10, parteciperanno con tutta probabilità («all’80 per cento» ha detto il presidente Fir Giancarlo Dondi) alla Celtic League, la lega tra scozzesi, gallesi e irlandesi. In subordine è in ballo l’ipotesi delle tre partecipanti, ma tutto sarà chiaro - compresa la cosa più importante, la partecipazione o no -, in settimana. Quando il capitolato inviato dalla Fir ai celtici con gli estremi e le garanzie della proposta italiana, avrà una risposta. Se sarà sì, lo scenario 2005-06 sarà questo: 4 club italiani giocheranno esclusivamente in Europa sui campi della Celtic legue e delle coppe europpe (Heineken e Challange) e le altri invece si disputeranno in Italia uno scudetto sminuito, una sorta di titolo dei poveri. E’ quindi evidente che la squadra che vincerà quest’anno sarà l’ultima ad assommare nello scudetto, il primato sostanziale e formale. Con la «riforma» la separazione tra i due termini sarà consumata. «Speravamo di poter iniziare il campionato sabato con una visione definitiva del futuro del Super 10, ma una settimana di differenza, in fondo, non provoca grossi scompensi», ha commentato Dondi. Super 10 e lega celtica però non saranno due mondi totalmente separati. La «comunicazione» è assicurata da un meccanismo di promozione-retrocessione che premierà la vincitrice dello scudetto «dei poveri» e punirà la peggio classificata tra le italiane di Celtic, scambiandole nell’anno seguente, quando l’una prenderà il posto dell’altra (ma circola l’ipotesi di un blocco: per i primi 5 anni nessuna inversione). All’inizio la «cessione» alla lega celtica dei 4 club verrà compensata al fine di mantenere invariato il numero di partecipanti al Super 10 dalle prime due di ognuno dei due gironi della serie A (la seconda serie), mentre la retrocessa da una quinta promossa, frutto di un doppio confronto tra le terze sempre dei due gironi di A. Queste scelte consumano dunque una frattura che ha implicazioni anche sulla crescita del rugby italiano. Positive o negative? «Il nostro obiettivo - ha spiegato Dondi - è far crescere il rugby professionistico italiano e, di conseguenza, la nazionale attraverso l’esperienza di un campionato tecnicamente elevato come la Celtic league. Sappiamo che questa iniziativa presenta dei rischi, ma crediamo valga la pena affrontarli». Inizialmente quando il calvisanese Alfredo Gavazzi tracciò il primo progetto per la Celtic, dovevano parteciparvi dei megaclub, espressione quasi geografica del rugby italiano. Alla base, poi, doveva funzionare un sistema di accademie per il reclutamento e la formazione dei giovani da inserire poi nei megaclub. L’ipotesi invece formulata nel capitolato al vaglio dei celtici prevede club veri e propri (come Calvisano o Benetton) che dovranno reperire le risorse finanziarie e umane per stare al livello di Munster o Cardiff. Per quanto riguarda le prime il contratto con Sky porterà nelle casse italiane poco meno di 2 milioni di euro, dei quali però non è chiaro il criterio di ripartizione. Una cifra consistente ma non tale da mettere i bilanci delle nostre società al livello dei celtici maggiori, tantomeno di inglesi e francesi. Quanto invece alle risorse umane è sancito l’obbligo di avere a referto solo 11 giocatori di scuola straniera: in Europa finiremo per schierare sempre gli 11 stranieri e gli altri... stranieri col passaporto italiano.
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<BR> DONDI: SI DECIDE IN SETTIMANA PER LA CELTIC LEAGUE
<BR> pupa84 scrive: \"Da:
www.notizie.sport.virgilio.it
<BR>Presidente Fir: \"Abbiamo l\'80 per cento delle possibilità\"
<BR>Roma, 1 set. (Apcom) - Sabato inizierà la 76.ma Campionato Italiano di rugby, il quinto dell\'era Super 10. Oggi, alla presentazione, era atteso l\'annuncio dell\'ingresso di quattro squadre italiane nella Celtic League a partire dalla stagione 2006/2007, ed invece il presidente della Fir Giancarlo Dondi, nel corso della conferenza stampa, ha annunciato un rinvio dell\'evento: \"Dovevamo ricevere dalla Celtic League una comunicazione a riguardo entro la giornata di ieri, ma sono stato informato telefonicamente che, a causa delle ferie estive, la prevista riunione del comitato organizzatore è stata posticipata di una settimana.
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<BR>Speravamo di poter iniziare il campionato sabato con una visione definitiva del futuro del Super 10, ma una settimana di differenza, in fondo, non provoca grossi scompensi\".
<BR>Quando è stato chiesto quante possibilità ci siano per l\'ingresso nella Celtic League il presidente ha risposto: \"Non sono abituato a sbilanciarmi ma la mia impressione è che, avendo noi risposto esaurientemente agli impegni compresi nel capitolato di partecipazione alla competizione e da scambi di comunicazioni informali telefoniche, vi siano più dell\'80 per cento delle possibilità di una nostra partecipazione\".
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<BR>Poi il presidente della Lega Amerino Zatta ha spiegato cosa cambierà con questo inserimento: \"I primi quattro club del campionato che inizierà sabato accederanno alla Celtic League. La squadra italiana peggio classificata in Celtic League l\'anno seguente tornerà in Super 10. Per quanto riguarda la composizione del massimo campionato nazionale 2006/07, le quattro squadre che entreranno in Celtic League verranno sostituite dalle prime due classificate di ciascun girone della serie A. Una quinta squadra verrà promossa in Super 10 dopo un doppio confronto tra le terze classificate di ciascun girone di serie A\".