calep61 ha scritto:gransoporro ha scritto:
Maccome, c'e` qui gente che ha speso giorni a far le pulci ai programmi degli altri candidati leggendo tra le virgole ed interpretando liberamente con un pennivendolismo becero. E tu ti lamenti se il tuo candidato rivceve lo stesso trattamento?
Lo stampino c'era gia`: cambiano le parti. Se non ti sei lamentato allora (e non l'hai fatto), non farlo adesso.
Una cosa son d'accordo: non vedo l'ora che le elezioni vengano svolte. Chiaramente ogni tipo di elezione porta a galla il peggio degli italiani...
già detto più volte, i 3 candidati sono, a mio modo di vedere, sullo stesso piano avendo, nelle esternazioni e nei programmi presentati, toccato nella sostanza che per me è quello che conta, analoghi temi. Sono convinto che la scelta sarà fatta dalla maggior parte degli elettori in base alla fiducia empatica conquistata dai rispettivi candidati, nonchè posizioni assunte aprioristicamente per partito preso, piuttosto che dai programmi che non presentano così tante differenze. Gavazzi, quindi, non è il mio candidato, non più di quanto non possa esserlo Zatta, piuttosto che Amore. Del programma di Gavazzi ho solo detto che trovo interessante, in particolare, la parte dedicata alla formazione giovanile ed il suo collegamento con la competizione d'alto livello e la connessa costruzione delle franchigie legate all'eccellenza (esempio di progetto che si cura dello start-up, ma anche di un suo sviluppo ed articolazione successiva, con obiettivo finale ben delineato ed attenzione alla territorialità), nulla di più, ma se ti fa piacere pensare che Gavazzi sia il mio candidato la cosa non mi offende; Gavazzi non mi sembra una cattiva persona, sarà caratterialmente meno empatico di Zatta, meno brillante e scanzonato di Munari, meno garibaldino di Amore, ma pur sempre una brava persona che si è anche conquistato la fama di self-made man, quindi associarmi al suo nome non mi irrita più di tanto.
interessante l'esemplificazione di Gianni Amore della trasparenza attesa sui conti del movimento rugbystico nazionale rappresentata dalla sua risposta ad 1 delle tre domande avanzate dalla GIRA in rappresentanza dei giocatori di rugby italiani, di cui allego un inciso con in evidenza le parti in causa:
..... Questa dovrà partire per prima dalla FIR, che dando un esempio di correttezza e trasparenza gestionale renderà pubblici i propri bilanci sul database federale, sul quale le stesse società avranno l’obbligo di rendere consultabili dalla FIR i propri, perché siano valutati in relazione alla stessa trasparenza e correttezza gestionale. In questo contesto, ogni giocatore saprà che andrà a giocare in una società capace di gestire e rispettare gli impegni finanziari e per una FIR che amministra in modo corretto i fondi pubblici. ....
sarebbero all'altezza le molte società e club di rugby italiane di rispondere con altrettanta trasparanza di quella tanto osannata nei confronti della FIR alla quale si chiedederebbe, nel contempo, anche una maggiore assistenza sotto il profilo economico, appunto?
un parziale conforto, poi, della tesi che igli intenti e le convinzioni dei 3 candidati si rincorrano, viene in parte nel rispondere ad un'alra domanda della GIRA:
...
- il professionismo in Italia, per il momento non può essere chiamato tale, come lo è in Francia o in Inghilterra perché il movimento è povero di seguito popolare e mediatico e quindi di sponsor e di risorse economiche autonome (non federali).
- o si accetta questa inesorabile realtà o si genereranno sempre situazioni analoghe a quelle descritte nella vostra lettera, frutto di enormi ipocrisie elettorali e non
- si deve quindi procedere ad una riforma del professionismo che lo trasformi da una caricatura a qualcosa di più serio e durevole.
Nella situazione attuale non è corretto fare facili promesse elettorali quando tutto il contesto non può consentire di andare per strade che non sono percorribi
a me sembra molto coerente con l'affermare una possibile soluuzione pratica che veda un'Eccellenza dilettantistica o, semmai, semi professionistica ed un livello superiore di 2 o 3 franchigie (perlomeno come start up) nell'ambito professionistico come proposto da Alfredo Gavazzi. Tra l'altro, in un momento quale quello descritto che mi ricorda molto il
professionismo straccione tanto criticato ad Andrea Rinaldo, pretendere che i club di base siano gestiti sotto il profilo economico finanziario al punto da essere in grado di pubblicizzare i propri bilanci al vaglio della FIR, non può risultare troppo pretenzioso?