UN PO' DI GRANATA - Mediano d'apertura dei Pumas sarà quindi il 26enne 'Juanma' Hernandez, compagno di squadra di Parisse e dei fratelli Bergamasco nello Stade Francais di Parigi (la squadra che spesso utilizza una maglia con serigrafie di Andy Warhol stampate sopra), Juan Martin Hernandez, grande protagonista con l'Argentina ai Mondiali di Francia 2007 (in cui i Pumas furono terzi) giocherà quindi nello stadio in cui, quando si chiamava Comunale, è stato tante volte impegnato suo zio Patricio 'Pato' Hernandez, calciatore che ha giocato nel Torino (vi arrivò nel 1982, dopo i Mondiali vinti dall'Italia) e che per un certo periodo è stato anche la riserva di Diego Maradona in nazionale. L'ex granata, che giocava alle spalle di Selvaggi e Schachner, in passato ha tentato inutilmente di convincere il nipote a dedicarsi al calcio: la passione per l'ovale era troppo forte, ed il ragazzo ha scelto quindi il rugby, fino ad arrivare in nazionale, di cui è un punto fisso. E ora avrà anche la possibilità di scendere in campo su quel prato, ora 'olimpicò, su cui si esibiva suo zio calciatore.
Domani Italia-Argentina. «Gli azzurri sono tutti grossi, ma per me il rugby è istinto»
GIULIA ZONCA
Tifa River Plate, vive a Parigi e conserva nella casa di Buenos Aires una maglia del Toro, numero dieci: «Non un numero qualsiasi, è quello che il mondo insegue». La maglia è dello zio, Patricio Hernandez, calciatore passato di qui all’inizio degli Anni Ottanta, il numero è del nipote. Juan Martin Hernandez, apertura dell’Argentina di rugby che domani gioca con l’Italia in un test match capace di riempire l’Olimpico di Torino.
Correrà sul campo che ha reso celebre suo zio in Italia. Che effetto fa?
«Mi emoziona molto. Purtroppo non abbiamo avuto tempo di parlare della città, ma ho visto diverse foto e ascoltato racconti. Mio zio è stato un educatore e un maestro. Credo nella famiglia, nella tradizione, nei più vecchi che insegnano ai giovani. Io ho scelto il rugby, lui giocava a calcio ma qui non si tratta di tecnica, parlo di serietà. Ho ereditato da lui un modo di affrontare lo sport, l’orgoglio nell’indossare una maglia».
Che significa per lei la maglia dei Pumas?
«Fierezza, un passato che ti porti addosso. La necessità di onorare chi c’è stato prima di te. È un affare delicato, non bisognerebbe neanche parlarne».
Numero dieci, come lo zio Pato, come Maradona.
«Come ogni uomo che pesa nello sport, un onore anche se io di numeri ne ho girati parecchi e all’inizio non ero contento. Cambiare ruolo è faticoso, quando sei giovane lo fai e ti infastidisce però oggi che sono apertura sono felice di aver avuto altre esperienze. Sul campo, mi sento padrone dello spazio e molto tranquillo, preparato».
L’hanno appena nominata miglior giocatore di Francia, titolo che prima di lei uno straniero non ha mai vinto, che ha fatto a Parigi per meritare tanto?
«Ho dato quel che avevo e questo riconoscimento significa che c’era un buon motivo per lasciare i miei amici e i miei parenti a Buenos Aires e venire in Europa da solo. Quando non mi alleno passeggio per Parigi e guardo tutti quegli angoli meravigliosi. Si respira la storia. Devo dire grazie a questa città perché l’inizio è stato difficile. Sono timido e introverso e emigrare mette paura».
Introverso ma adorato, è considerato un bel tenebroso, un uomo di successo.
«Fa parte del gioco, come i calendari in pose statuarie che facciamo per lo Stade Français, la squadra dove gioco. Ma io non mi metterei mai nudo come il mio compagno Parisse. I pantaloni voglio tenerli».
Che le ha detto Parisse dell’Italia?
«Abbiamo scherzato, sono tutti grossi gli azzurri così glielo ho fatto notare. In questi ultimi anni hanno aggiunto tecnica e stanno costruendo l’orgoglio di cui parlavo, poi per me la partita più importante è sempre quella che arriva. L’Italia è al centro dei miei pensieri».
Per lei il rugby è fisico o tattica?
«Per me è istinto, ma è il mio modo di vederla. Il Sud Africa dei Mondiali 2007 è la squadra più forte che abbia mai affrontato e per quella formazione il rugby era pazienza. La capacità di occupare il campo e aspettare, di andare sempre avanti. Perfetti. Io sono più passionale, è il sangue argentino».