Paperoga ha scritto:
iniziamo col dire che i vari nieto,canavosio,orquera,castrogiovanni,sole,rouyet,garcia,mc leane..hanno lontanissimi parenti italiani. e quindi non hanno niente di italiano, e intendo la mentalita'. io dico che non puoi mandare in campo una squadra nazionale dove si parlano 4 lingue e dove si hanno culture diverse. l'italia non sara' molto forte e castrogiovanni sara' il miglior pilone che abbiamo, ma non e' singolarmente che si vince,noi dobbiamo mettere in campo la nostra identita' che e' cuore, sacrificio e lotta.
Mi sfugge questa cosa della mentalità italiana e della identità italiana. E' una cosa che scorre nel nostro sangue? E' una cosa ambientale, storica?
Tanto più per uno stato, l'Italia, che nella sua presunta identità "paga" dell'intervento mescolatore di tutti i popoli del mondo, siamo forse l'identità più mista che esiste sulla terra: greci, arabi, normanni, spagnoli, goti, franchi, austriaci, unni. L'italianità è data da cosa? Parlare italiano, essere cattolico, mangiare con la dieta mediterranea? La nazionale italiana di sci quante lingue parla? In America quante lingue si parlano? In sudafrica quante lingue si parlano, chi può essere detto sudafricano? Cosa intendete per cultura?
Se uno ha parenti italiani non è italiano. Se uno nasce da stranieri in Italia non è italiano. L'italiano è tale se è italiano di quante generazioni nate in Italia?
Laporte ha scritto:
Per nazionalità s'intende il senso di appartenenza ad una nazione per lingua, cultura, tradizione, religione, storia; in questo senso, la nazionalità coincide con l'idea di nazione esprimente il complesso di quegli elementi culturali che caratterizzano la storia di un gruppo etnico.
Cittadinaza è un fatto burocratico
Il concetto di nazionalità e quello di nazione sono concetti storici, vuol dire che si formano nella storia e con la storia di un popolo che non è una comunità di sangue ma una comunità sociale che condivide la stessa terra pur con mila differenze di religione, cultura, lingua, tradizioni. Ci sono rom italiani, ebrei italiani, italiani di lingua tedesca, italiani di religione musulmana, italiani figli di pakistani che giocano a cricket e non a calcio, italiani figli di cinesi che mangiano uanton fritti e non la carbonara.
Nella storia di un popolo ci può essere anche l'emigrazione e l'immigrazione, che mescolano i criteri storici e culturali che definirebbero l'idea di nazione.
Se appartenenti ad un gruppo etnico emigrano per lavorare in Argentina o Australia si portano dietro lingua, cultura, tradizioni, religione o le perdono perché passano l'oceano?
Il concetto di nazione, estremizzato in senso radicale e "identitatio" in un certo momento della storia ha condotto anche alcune tragedie come la "comunità di sangue" del baffino degli anni Trenta del Novecento. L'idea di nazione deriva dagli elementi culturali che caratterizzano la
storia di un gruppo etnico. Gli elementi culturali che si sono delineati nel corso dei secoli in Italia sono dovuti ai gruppi di popoli che sono arrivati emigrandovi nel corso del tempo e aggiungendo qualcosa o adeguando (spesso forzatamente) qualcosa della loro cultura a quella che vi trovavano. La nostra nazione e la nostra "identità" sono totalmente plurali e multiverso: non abbiamo avuto una "lingua" "nazionale" fino al Novecento, avevamo 100 dialetti e lingue diverse parlate sul territorio. Le religioni "italiane" quante sono? Togliamo di mezzo valdesi, ebrei? L'appartenenza alla storia italiana quanti ce l'hanno o possono dire di averla? I Romani sono arrivati fino in Irak, in Romania, in Inghilterra, la storia di queste "nazioni" è intrecciata con la nostra e la nostra cultura. In Italia sono arrivati tutti, dai popoli delle steppe ai greci, lo nostra storia è intrecciata con la loro. I nostri primi poeti scrivevano in provenzale, il Milione è scritto in lingua d'oil, Manzoni sapeva forse meglio il francese dell'italiano (che manco esisteva)...
Non c'è nulla di "unitario" ed "identico" nella nostra cultura/nazionalità.
Se poi si parla di "senso/sentimento" di appartenenza a questa cultura. Io mi sento di appartenere a tutte le culture, mi sento di essere cittadino del mondo, mi sento di poter condividere con un tedesco/ceco/ebreo la genialità di un kafka o con un russo la grandezza di Dostoevskij. Non vedo perché dobbiamo intendere questo concetto in senso "escludente". Voglio vedere quanto questo "sentimento di appartenenza" sia ancora più aperto e plurale per qualcuno che nasce da genitori o nonni di cittadinanza diversa...
Va bene, si tratta di sport, criteri ci devono essere e ci sono. Così come ci sono criteri per gli stati (e le nazioni) che indicano "l'italiano" come colui il quale sta in Italia per un certo tempo, dieci anni (Robertson potrebbe diventare cittadino italiano presumo), o è figlio/discendente di cittadini italiani, o nasce in Italia. Altri criteri non ci sono e se li cerchiamo in cose complicate e pericolose come la "selezione" per lingua, religione, cultura, storia, cadiamo quanto meno nel controsenso, se non in tragedie come quelle sopra menzionate a proposito del baffino degli anni Trenta...
"Volevo che tu imparassi una cosa: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa accada. E' raro vincere in questi casi, ma qualche volta succede" (Il Buio oltre la siepe).
Metti una sera con gli amici del bar e capisci quanto è importante... la cultura del rugby.
Entrare al bar per condividere, non per dividere (Il sommo Beppone).
Nex time... Good Game... Nice try... Seh seh avemo capito...