RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Discussioni sulla FIR e sulle Nazionali, maggiore e giovanili

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calep61
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

Ale_86 ha scritto:Calep, il tuo problema é sempre il solito: confondi correlazione con causalitá :P
Se é vero che base e vertice si muovono per forza di cose assieme, non vale l'equazione "se aumenta il vertice aumenta la base".
Sia in teoria (con chi lo fai il vertice se non col meglio della base?) che in pratica (esistono tutt'oggi floride basi senza campionati di vertice: Argentina, Tonga, Figi, Samoa - anche se per quest'ultime la NZ ci mette lo zampino; non esistono campionati di vertice senza una florida base (forse il Giappone, ma non giurerei che sia un esempio vincente).

La condizione necessaria (non sufficiente) perché ci sia un campionato di vertice é una buona base. Un campionato di vertice aiuta senz'altro la base, ma non é strettamente necessario - svolge semmai un ruolo sinergico.

Ma questa storia alla "é nato prima l'uovo o la gallina" é vecchia, e so giá che non riuscirei a convincerti in mille anni di post
Io non ho nessun problema, possiamo, tranquillamente, dirci che abbiamo decisamente convinzioni diverse.
Per inciso, comunque, sugli esempi che hai fatto:
- Argentina; il campionato massimo è tutt'altro che modesto per performance (i tanti argentini e/o oriundi che hanno caraterizzato il rugby italico e non solo, ne sono una dimostrazione più che evidente) ed anche economicamente sufficientemente strutturato, forse non ai livelli della più fastosa e fortunata tradizione anglosassone, ma le partite con qualche centinaio di spettatori in tribuna, caraterizzanti la nostra eccellenza, li conti sulle dita di una mano (tieni in debita considerazione anche la devastante crisi economica che ha investito l'Argentina qualche anno fà).
- Rugby isolano; a me sembra che le performance delle nazionali isolane caraterizzate da punte di eccellenza, ma spesso caotiche e mal organizzate, sia un chiaro esempio della realta di questi luoghi caraterizzati da rugbysti eccellenti per puro DNA (da intendersi come fisici particolarmente adatti al gioco del rugby)costretti , peraltro, a pellegrinare per il mondo a trovare piazze adeguate per competizione e ritorno economico (saranno pure isolani, ma sanno bene come gira il mondo ed il valore del dio denaro) - basta fare una veloce scorsa tra le formazioni anglosassoni, celtiche, francesi, italiane, nonchè delle nazioni più blasonate dell'emisfero sud e si troveranno giocatori per almeno un paio di formazioni di alto livello per ognuno di questi paesi.
Infine, sottolineo la mia convinzione che al momento il livello qualitativo medio del nostro rugby, govani compresi, sia decisamente più maturo della corrispettiva macchina economica sulla quale, per il bene complessivo, si dovrebbero focalizzare le prioritarie attenzioni.
Comunque, don't worry be happy :D
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
Plinio il Vecchio
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Ale_86
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Ale_86 »

calep61 ha scritto:
Ale_86 ha scritto:Calep, il tuo problema é sempre il solito: confondi correlazione con causalitá :P
Se é vero che base e vertice si muovono per forza di cose assieme, non vale l'equazione "se aumenta il vertice aumenta la base".
Sia in teoria (con chi lo fai il vertice se non col meglio della base?) che in pratica (esistono tutt'oggi floride basi senza campionati di vertice: Argentina, Tonga, Figi, Samoa - anche se per quest'ultime la NZ ci mette lo zampino; non esistono campionati di vertice senza una florida base (forse il Giappone, ma non giurerei che sia un esempio vincente).

La condizione necessaria (non sufficiente) perché ci sia un campionato di vertice é una buona base. Un campionato di vertice aiuta senz'altro la base, ma non é strettamente necessario - svolge semmai un ruolo sinergico.

Ma questa storia alla "é nato prima l'uovo o la gallina" é vecchia, e so giá che non riuscirei a convincerti in mille anni di post
Io non ho nessun problema, possiamo, tranquillamente, dirci che abbiamo decisamente convinzioni diverse.
Per inciso, comunque, sugli esempi che hai fatto:
- Argentina; il campionato massimo è tutt'altro che modesto per performance (i tanti argentini e/o oriundi che hanno caraterizzato il rugby italico e non solo, ne sono una dimostrazione più che evidente) ed anche economicamente sufficientemente strutturato, forse non ai livelli della più fastosa e fortunata tradizione anglosassone, ma le partite con qualche centinaio di spettatori in tribuna, caraterizzanti la nostra eccellenza, li conti sulle dita di una mano (tieni in debita considerazione anche la devastante crisi economica che ha investito l'Argentina qualche anno fà).
No: i tanti argentini e oriundi in Italia e nel mondo sono una dimostrazione della bontá della base, non del campionato nazionale argentino (in cui non giocano)
calep61 ha scritto: - Rugby isolano; a me sembra che le performance delle nazionali isolane caraterizzate da punte di eccellenza, ma spesso caotiche e mal organizzate, sia un chiaro esempio della realta di questi luoghi caraterizzati da rugbysti eccellenti per puro DNA (da intendersi come fisici particolarmente adatti al gioco del rugby)costretti , peraltro, a pellegrinare per il mondo a trovare piazze adeguate per competizione e ritorno economico (saranno pure isolani, ma sanno bene come gira il mondo ed il valore del dio denaro) - basta fare una veloce scorsa tra le formazioni anglosassoni, celtiche, francesi, italiane, nonchè delle nazioni più blasonate dell'emisfero sud e si troveranno giocatori per almeno un paio di formazioni di alto livello per ognuno di questi paesi.
Cioé un esempio di come si possano produrre giocatori eccellenti anche senza campionato di vertice - anche se qui, come detto, la NZ ha un grosso ruolo formativo
calep61 ha scritto: Infine, sottolineo la mia convinzione che al momento il livello qualitativo medio del nostro rugby, govani compresi, sia decisamente più maturo della corrispettiva macchina economica sulla quale, per il bene complessivo, si dovrebbero focalizzare le prioritarie attenzioni.
Comunque, don't worry be happy :D
Opinioni, io credo il contrario, ma questo é un giudizio personale.
Continuo a non vedere buoni campionati di vertice in nazioni dove la base non esiste od é marginale.
È un problema di incompatibilitá di opinioni :wink: I'll be happy
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jaco
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da jaco »

La domanda iniziale è: quale nesso, cioè, quale legame c'è tra rugby e provincie?
Beh a questa domanda si potrebbe rispondere brutalmente: lo stesso che c'è per tutti gli sport che non siano il calcio. Il calcio un po' per il suo indiscutibile appeal e un po' per il fatto di essere divenuto prima di tutti gli altri uno sport professionistico (e quindi per il bisogno di visibilità, capitali, sponsor ecc. che gravitano soprattutto attorno alle metropoli) ha fagocitato e soppiantato quasi completamente gli altri sport nelle grandi città e gli altri sport hanno avuto come terreno fertile le parti d'Italia dove il calcio ha attecchito un po' meno. Penso al rugby veneto (e guarda caso anche qui le province meno coinvolte nel rugby sono quelle di Verona e Vicenza dove il calcio ha avuto la miglior tradizione) e abruzzese, ma anche al volley di Modena-Parma-Sassuolo (anche se adesso le ultime due sono cadute in disgrazia), al baseball di Rimini-San Marino, alla pallanuoto delle città di mare (e anche qui Napoli e Genova sono state solo sfiorate dal fenomeno), per non parlare dell'Hockey su ghiaccio ed altri sport ancora.

La domanda successivamente sorta è: giova ancora questa dimensione provinciale al rugby oppure tante grazie a chi finora si è fatto il mazzo tanto e trasferiamo armi e bagagli il rugby nelle metropoli?
Mah, intanto bisognerebbe capire se c'è chi nelle metropoli è veramente interessato a spendere soldi, tempo, risorse ed energie come invece si trova nelle aree in cui è radicato. Precedenti esperienze hanno dimostrato che questo tipo di operazioni non hanno avuto successo. In secondo luogo ci sono dei distinguo da fare perchè la provincia non è tutta uguale. Io parlo per quella che conosco e cioè per il veneto. E' vero, qui non c'è la metropoli propriamente detta, ma il territorio veneto è in realtà una grande città diffusa di oltre 4.000.000 di abitanti. In particolare se vogliamo prendere Treviso come "epicentro" (dato il ruolo "leader" assunto con l'ingresso in Celtic) va detto che la provincia di Treviso conta circa 900.000 persone e che da Venezia-Mirano-San Donà si arriva a Treviso in 30', un'ora se da Padova o da Belluno si vuole andare a vedersi un match della Benetton: in sostanza una "città" di oltre 1.500.000 in cui la mobilità è garantita meglio che a Roma o Milano. Ergo se il problema è il "potenziale pubblico coinvolto" credo che qui questo problema non sussista.
Un'ultima osservazione: prendere i dati di Italia - All Blacks e confrontarli con quelli del campionato di eccellenza è una mistificazione perfino ridicola nella sua grossolanità. Ricordo solo che una settimana dopo l'evento di Milano a Udine in una partita organizzata in fretta e furia dopo la rinuncia di Firenze, con molti veneti che si erano già sobbarcati spese e tempo proprio per l'evento di Milano si è riusciti a raccogliere oltre 35000 spettatori per una partita che (nonostante il Sud Africa campione del mondo) aveva molto meno appeal degli ABs. 80000 (certamente non tutti milanesi o dell'hinterland) vs 35000 (in gran parte triveneti) è già un raffronto più ragionevole. Per contro negli anni '90 quando il Milan di Berlusconi vinceva e giocava divinamente a Milano si vedevano comunque non più di 500 spettatori a gara quando un qualunque derby veneto ne raccoglieva migliaia (ricordo dei San Donà - Treviso che facevano quasi 3000, senza voler toccare le vette dei Padova-Rovigo).

In conclusione: che qualunque attività umana che deve svilupparsi debba coinvolgere il maggior numero di persone, aziende, televisioni, sponsor ecc. ecc. è senz'altro vero, che questo debba avvenire per forza trasferendo squadre, risorse umane e tradizioni nelle metropoli non è assolutamente necessario primo perchè nelle metropoli vive poco più del 10% dell'intera popolazione italiana, secondo perchè se tale processo ci sarà questo dovrà essere comunque graduale e naturale. Le forzature servono solo a sradicare certezze per trapiantarle in terreni che non è detto siano fertili...
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

Ale_86 ha scritto: No: i tanti argentini e oriundi in Italia e nel mondo sono una dimostrazione della bontá della base, non del campionato nazionale argentino (in cui non giocano)
PENSI SIANO TUTTI PASSATI DIRETTAMENTE DALLE GIOVANILI AI TEAM DI TOP14, PREMIERSHIP, PRO 12, ECCELLENZA ECC. ECC.? NON PENSI SIA PIU' VEROSIMILE CHE SIANO STATI NOTATI GIOCANDO NELLA LORO MAGGIORE COMPETIZIONE?
Ale_86 ha scritto: Cioé un esempio di come si possano produrre giocatori eccellenti anche senza campionato di vertice - anche se qui, come detto, la NZ ha un grosso ruolo formativo
QUINDI, IMPLICITAMENTE, ASSEGNI AD ALTRI (NZL) LE MAGGIORI CAPACITà DIDATTICHE, ALTRI CHE, INVECE, BENEFICIANO DI UN CAMPIONATO DI VERTICE FATTO DI FRANCHIGIE E DECISAMENTE PERFORMANTE. QUINDI, NON SOLO NON CI SONO CAMPIONATI DI LIVELLO, MA NEANCHE FORMAZIONE DI LIVELLO
Ale_86 ha scritto: Opinioni, io credo il contrario, ma questo é un giudizio personale.
Continuo a non vedere buoni campionati di vertice in nazioni dove la base non esiste od é marginale.
ABBIAMO PARLATO DI ARGENTINA, E DELLE FAMOSE ISOLE SUI QUALI PAESI ABBIAMO UN PO' DIBATTUTO CON CONVINZIONI OPPOSTE E, FORSE, PER VARI ASPETTI COMUNQUE CONDIVISIBILI, MA NEL RESTO DEL MONDO OVALE DI ECCELLENZA MI SEMBRA CHE I CAMPIONATI DI VERTICE SIANO TUTTI SUFFICIENTMENTE PERFORMANTI ED ECONOMICAMENTE RIGOGLIOSI, QUINDI, NON TROVO TRA I TUOI RAGIONAMENTI LA PROVA PROVATA DELLA BONTà (NEL SENSO DI EFFICACIA) DELLE TUE CONVINZIONI? RIMANGONO DELLE CONVINZIONI RISPETTABILISSIME, MA POCO CONFORTATE DAI FATTI E DALLE ESPERIENZE CONCRETE CHE IL RUGBY PRESENTE CI OFFRE. POI, CON IL MASSIMO RISPETTO PER TUTTI, MA, ESEMPIO X ESEMPIO, ASPIREREI AD UN RUGBY ITALIANO PIù SIMILE A QUELLO FRANCESE O ANGLOSASSONE CHE A QUELLO ARGENTINO :) O, PEGGIO, DELLE ISOLE TANTO DECANTATE
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Ale_86 »

Attento che non sto dicendo: "dobbiamo fare come l'argentina". Sto commentando quale delle due cose é condizione necessaria per l'altra, e quale aiuta soltanto. Il campione é numericamente scarso ed essendo le due cose sicuramente correlate é difficile stabilire la direzione della causalitá. Ma se volessimo prendere quei pochi esempi che abbiamo e limirarci a una fotografia della situazione attuale, abbiamo che:

Immagine

Da una tabellina del genere, a occhio, direi che B é necessario (non sufficiente) per A, mentre viceversa non é vero.
Dire che é il vertice che traina il movimento perché tutte le nazioni con grandi campionati hanno un gran movimento é come dire che gli ospedali fanno male alla salute perché tutti quelli che vengono ricoverati stanno male.

P.S. I vari Canale, Castro, Parisse, Canavosio, Orquera son arrivati tutti in Italia tra i 19 e i 20 anni ;)


Tornando in tema,
jaco ha scritto:Le forzature servono solo a sradicare certezze per trapiantarle in terreni che non è detto siano fertili...
é una perla :D . In generale, la mia linea di pensiero é conforme a quella di jaco. Sará il Piave?
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da calep61 »

jaco ha scritto:La domanda iniziale è: quale nesso, cioè, quale legame c'è tra rugby e provincie?
Beh a questa domanda si potrebbe rispondere brutalmente: lo stesso che c'è per tutti gli sport che non siano il calcio. Il calcio un po' per il suo indiscutibile appeal e un po' per il fatto di essere divenuto prima di tutti gli altri uno sport professionistico (e quindi per il bisogno di visibilità, capitali, sponsor ecc. che gravitano soprattutto attorno alle metropoli) ha fagocitato e soppiantato quasi completamente gli altri sport nelle grandi città e gli altri sport hanno avuto come terreno fertile le parti d'Italia dove il calcio ha attecchito un po' meno. Penso al rugby veneto (e guarda caso anche qui le province meno coinvolte nel rugby sono quelle di Verona e Vicenza dove il calcio ha avuto la miglior tradizione) e abruzzese, ma anche al volley di Modena-Parma-Sassuolo (anche se adesso le ultime due sono cadute in disgrazia), al baseball di Rimini-San Marino, alla pallanuoto delle città di mare (e anche qui Napoli e Genova sono state solo sfiorate dal fenomeno), per non parlare dell'Hockey su ghiaccio ed altri sport ancora.

La domanda successivamente sorta è: giova ancora questa dimensione provinciale al rugby oppure tante grazie a chi finora si è fatto il mazzo tanto e trasferiamo armi e bagagli il rugby nelle metropoli?
Mah, intanto bisognerebbe capire se c'è chi nelle metropoli è veramente interessato a spendere soldi, tempo, risorse ed energie come invece si trova nelle aree in cui è radicato. Precedenti esperienze hanno dimostrato che questo tipo di operazioni non hanno avuto successo. In secondo luogo ci sono dei distinguo da fare perchè la provincia non è tutta uguale. Io parlo per quella che conosco e cioè per il veneto. E' vero, qui non c'è la metropoli propriamente detta, ma il territorio veneto è in realtà una grande città diffusa di oltre 4.000.000 di abitanti. In particolare se vogliamo prendere Treviso come "epicentro" (dato il ruolo "leader" assunto con l'ingresso in Celtic) va detto che la provincia di Treviso conta circa 900.000 persone e che da Venezia-Mirano-San Donà si arriva a Treviso in 30', un'ora se da Padova o da Belluno si vuole andare a vedersi un match della Benetton: in sostanza una "città" di oltre 1.500.000 in cui la mobilità è garantita meglio che a Roma o Milano. Ergo se il problema è il "potenziale pubblico coinvolto" credo che qui questo problema non sussista.
Un'ultima osservazione: prendere i dati di Italia - All Blacks e confrontarli con quelli del campionato di eccellenza è una mistificazione perfino ridicola nella sua grossolanità. Ricordo solo che una settimana dopo l'evento di Milano a Udine in una partita organizzata in fretta e furia dopo la rinuncia di Firenze, con molti veneti che si erano già sobbarcati spese e tempo proprio per l'evento di Milano si è riusciti a raccogliere oltre 35000 spettatori per una partita che (nonostante il Sud Africa campione del mondo) aveva molto meno appeal degli ABs. 80000 (certamente non tutti milanesi o dell'hinterland) vs 35000 (in gran parte triveneti) è già un raffronto più ragionevole. Per contro negli anni '90 quando il Milan di Berlusconi vinceva e giocava divinamente a Milano si vedevano comunque non più di 500 spettatori a gara quando un qualunque derby veneto ne raccoglieva migliaia (ricordo dei San Donà - Treviso che facevano quasi 3000, senza voler toccare le vette dei Padova-Rovigo).

In conclusione: che qualunque attività umana che deve svilupparsi debba coinvolgere il maggior numero di persone, aziende, televisioni, sponsor ecc. ecc. è senz'altro vero, che questo debba avvenire per forza trasferendo squadre, risorse umane e tradizioni nelle metropoli non è assolutamente necessario primo perchè nelle metropoli vive poco più del 10% dell'intera popolazione italiana, secondo perchè se tale processo ci sarà questo dovrà essere comunque graduale e naturale. Le forzature servono solo a sradicare certezze per trapiantarle in terreni che non è detto siano fertili...
Bell’intervento jaco, analitico e strutturato con dati, che mi trova in un pomeriggio di disponibilità.
Colgo l’occasione, quindi, per fare l’ennesimo commento sul tema (oggi sto decisamente monopolizzano il topic :oops: ).
Nulla da poter obiettare sulle valutazioni generali, tutte condivisibili, che riguardano, però, una sola area geografica italiana, considerata da te non solo per tua evidente conoscenza, ma perché rappresenta, in effetti, l’eccezione e l’eccellenza tutta italiana del rugby nostrano.
Nel resto d’Italia le cose non stanno proprio in questi termini, purtroppo, e il Triveneto non è l’Italia.
La domanda del topic, volutamente sintetica e, forse, un po’ approssimativa, intenderebbe sollevare il tema: può ancora la provincia accompagnare e, magari, accelerare il processo di sviluppo del rugby a maggiori livelli di eccellenza se non a quelli dei maggiori paesi europei come fatto finora o si necessita di altre e nuove formule?
Nella tua disquisizione tocchi un tema particolarmente delicato ed importante quando sottolinei il fatto che attorno a Treviso, la migliore, senza dubbio, rappresentazione del rugby di eccellenza in Italia, ruota un territorio vasto ed articolato in grado di movimentare risorse finanziarie e mediatiche notevoli ed è proprio questa, a mio avviso , una possibile chiave di svolta che andrebbe esaminata, approfondita.
Nessun dualismo Metropoli vs Provincia, ma, semmai, il passaggio dal Club al Superclub, o Franchigia che si voglia, con il possibile coinvolgimento, con tale processo naturale, anche di eventuali città maggiori, perché no.
Cioè sviluppare le migliore realtà rugbystiche attuali al fine di estendere l’aggregazione territoriale coinvolgendo il territorio limitrofo.
In questo modo, si potrebbe focalizzare attorno alle organizzazioni di successo già esistenti il meglio presente in un’area geografica (opportunità, energie, finanze, pubblico) maggiore, pervenire ad una sintesi delle qualità, quantità disponibili in un territorio aggregato più esteso.
Certo questo comporterebbe il superamento dell’autonomia/individualità di alcuni club/associazioni esistenti anche da tempo, ma attualmente meno fortunate e performanti che nelle nuove organizzazioni potrebbero acquisire ruoli più funzionali, di supporto strategico, magari nell’organizzazione della didattica giovanile o in altre esigenze logistiche che la nuova articolazione organizzativa potrebbe necessitare.
Si pensi ad un rugby di eccellenza fatto di sole franchigie o superclub, poco importa, diciamo 12 squadre, organizzate in un campionate di vertice di 10 team in eccellenza con le prima destinata a passare all’attuale PRO12 sostituendo l’ultima delle due formazioni assegnate l’anno precedente a tale competizione, introducendo ulteriore leva premiante, ora mancante, ad entrambe questi campionati.
I finanziamenti FIR ora destinati alle franchigie, sarebbero, comunque destinati alle due formazioni di PRO12 a seconda dei risultati nelle singole annate e le altre 10 franchigie/superclub potrebbero competere in Amlin Cup con una maggiore forza e sintesi organizzativa .
Ovviamente è solo un’idea!
È proprio vero che la maggior parte dei mali che capitano all'uomo sono cagionati dall'uomo.
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andrea12
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da andrea12 »

Io credo che qualsiasi movimento spontaneo non debba essere legato necessariamente ad una città, provincia o location particolare; così come non penso che l'eccellenza, per antonomasia, debba essere un prodotto della moltitudine.
Su questo forum si fanno riferimenti territoriali di eccellenza riferiti al solo veneto (e da oriundo mi fa piacere :D ) ma vorrei ricordare e portare come esempio che la Lombardia, ormai da un paio di stagioni, ha superato il Triveneto per numero di tesserati; in compenso mi sembra che non abbia superato il veneto in termini di qualità media di rugby.
Cioè: una base allargata non è detto che debba produrre una piramide con vertice molto alto o comunque proporzionale alla base. Certamente una base ristretta, pure, avrà difficoltà a produrre qualità di spicco diffuse e quindi direi che la qualità media del gioco dipende dalla formazione. Evidentemente, se la formazione, fosse di ottima qualità si potrebbe pensare di ottenere un ottimo movimento ma che rende qualitativo il movimento, per me, rimane la qualità della formazione (vedi Galles).
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quattro8
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da quattro8 »

andrea12 ha scritto:Io credo che qualsiasi movimento spontaneo non debba essere legato necessariamente ad una città, provincia o location particolare; così come non penso che l'eccellenza, per antonomasia, debba essere un prodotto della moltitudine.
Su questo forum si fanno riferimenti territoriali di eccellenza riferiti al solo veneto (e da oriundo mi fa piacere :D ) ma vorrei ricordare e portare come esempio che la Lombardia, ormai da un paio di stagioni, ha superato il Triveneto per numero di tesserati; in compenso mi sembra che non abbia superato il veneto in termini di qualità media di rugby.
Cioè: una base allargata non è detto che debba produrre una piramide con vertice molto alto o comunque proporzionale alla base. Certamente una base ristretta, pure, avrà difficoltà a produrre qualità di spicco diffuse e quindi direi che la qualità media del gioco dipende dalla formazione. Evidentemente, se la formazione, fosse di ottima qualità si potrebbe pensare di ottenere un ottimo movimento ma che rende qualitativo il movimento, per me, rimane la qualità della formazione (vedi Galles).
Buon rugby
Cio' che hai scritto e' corretto, la qualita' e' fondamentale e, secondo il mio parere, deve cominciare da un certo punto in poi. Mi spiego: e' fondamentale che diciamo dai 6 ai 13, 14 i bambini o ragazzi che siano vadano ad allenarsi e poi ai vari tornei perche' si divertono e provano piacere sia nel gioco ma sopratutto nell'allenarsi e divertirsi assieme ai loro compagni di squadra, perche' il divertimento per quelle eta' e' essenziale, e lo dico per esperienza vissuta, e altra cosa
essenziale e' quella di non mettere nessun tipo di pressione addosso al bambino ne caricarlo di
aspettative perche' a mio parere e' tra i 13 ed i 15 anni che capisci se il ragazzo non dico che sara' un campione ma che ha la prospettiva di poter diventare un buon giocatore ed eventualmente piu' in la' investirci sopra. La qualita' quindi diventa necessaria dai 14/15 anni in su', penso che questa sia la differenza tra le realta' che hai citato,
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andrea12
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da andrea12 »

Si, sostanzialmente si, anche se la qualità la vedi già in U.12.
Sul divertimento e la gioia del gioco: anche questo è un aspetto che trascuriamo sempre; convinti che sia qualcosa che attiene al solo periodo infantile o poco più........per me e molti altri coach, vale sempre, anche in U.20 piuttosto che in nazionale.........ma non è sempre così :cry:
GiorgioXT
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da GiorgioXT »

La mia ricetta sarebbe abbastanza semplice ...

- Inutile fare differenze a priori fra provincia e città , dannoso , anzi deleterio (e già fatto) intervenire dall'alto per "favorire" la crescita o la diffusione ; il Rugby si sviluppa dove trova la passione come motore e dello spazio disponibile, i fatti ci dicono che questo è più frequente e fattibile in provincia... ma non vuol dir che non sia assolutamente possibile farlo in città , solo , finora non ci si è riusciti.

- E' ora di finirla con gli interventi da fuori e slegati (o addirittura cannibali) ; già la scelta della Celtic è stata condotta nel modo più sbagliato possibile , ora serve una struttura generale stabile ed indirizzata allo sviluppo sostenibile , quindi :
- Campionati competitivi il più possibile ad ogni livello
- Limiti ragionevoli e coerenti su stranieri/oriundi
- Sostegno finanziario da parte FIR non solo delle due squadre PRO12 e della nazionale : il rugby italiano è una cosa sola, è una barca che se tagli una parte affonda, non un treno che staccando i vagoni corre più forte...
- Controllo severo ed imparziale sui budget - graduatoria nazionale con parametri semplici e verificabili (i dati ci sono, basta leggerli)
- Promozione e lavoro comune da parte di tutti su marketing
- Vivai e giovanili come risorsa importante , numero squadre schierate ogni fine settimane (da fogli arbitro) devono contare nella distribuzione dei soldi, come devono contare gli incrementi delle società piccole; Parametro per il trasferimento lasciato alla libera trattativa fra le società, ma controllo sull'effettivo versamento.

e più tardi completo...
sandrobandito

Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da sandrobandito »

calep61 ha scritto: Si pensi ad un rugby di eccellenza fatto di sole franchigie o superclub, poco importa, diciamo 12 squadre, organizzate in un campionate di vertice di 10 team in eccellenza con le prima destinata a passare all’attuale PRO12 sostituendo l’ultima delle due formazioni assegnate l’anno precedente a tale competizione, introducendo ulteriore leva premiante, ora mancante, ad entrambe questi campionati.
I finanziamenti FIR ora destinati alle franchigie, sarebbero, comunque destinati alle due formazioni di PRO12 a seconda dei risultati nelle singole annate e le altre 10 franchigie/superclub potrebbero competere in Amlin Cup con una maggiore forza e sintesi organizzativa .
Ovviamente è solo un’idea!
E tutto 'sto casino per arrivare a questo? Ma te lo quoto in pieno! :lol:
Non sto qui a dissertare sui vantaggi impliciti in un meccanismo del genere, ma gerarchizzare l'accesso al pro12 nella naturale evoluzione del campionato nazionale mi sembrava ovvio dalla sua concezione.
Nota di dettaglio: forse però un ricambio così intenso e forzoso in pro12 sarebbe controproducente. Spendo soldi per vincere l's10, mi prendo i soldi dalla partecipazione al pro12 senza investire e torno in Eccellenza, un pò come capita in Amlin.
La "promozione" in pro12 si potrebbe associare ai risultati complessivi in ambito internazionale, coppe comprese, allora puoi pensare a pianificare meglio. Se sei un club o più facilmente una franchigia di s10 ti prepari per l'eventuale salto del campionato, ma se poi non arriva puoi rifarti con le coppe ed ambire ugualmente. Se una volta promosso in pro 12 arrivi secondo puoi comunque guadagnarti la permanenza.
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da jaco »

calep61 ha scritto: Nella tua disquisizione tocchi un tema particolarmente delicato ed importante quando sottolinei il fatto che attorno a Treviso, la migliore, senza dubbio, rappresentazione del rugby di eccellenza in Italia, ruota un territorio vasto ed articolato in grado di movimentare risorse finanziarie e mediatiche notevoli ed è proprio questa, a mio avviso , una possibile chiave di svolta che andrebbe esaminata, approfondita.
Nessun dualismo Metropoli vs Provincia, ma, semmai, il passaggio dal Club al Superclub, o Franchigia che si voglia, con il possibile coinvolgimento, con tale processo naturale, anche di eventuali città maggiori, perché no.
Cioè sviluppare le migliore realtà rugbystiche attuali al fine di estendere l’aggregazione territoriale coinvolgendo il territorio limitrofo.
Perfetto. Il coinvolgimento deve essere "naturale", non può e non deve essere calato dall'alto. Se c'è bene, se non c'è non me ne preoccuperei: nel mondo della globalizzazione la visibilità può avercela chiunque in qualunque posto d'Italia e del mondo purchè si arrivi ad avere qualcosa da mostrare (leggi si diventi una realtà vincente a tutti i livelli).
calep61 ha scritto:Si pensi ad un rugby di eccellenza fatto di sole franchigie o superclub, poco importa, diciamo 12 squadre, organizzate in un campionate di vertice di 10 team in eccellenza con le prima destinata a passare all’attuale PRO12 sostituendo l’ultima delle due formazioni assegnate l’anno precedente a tale competizione, introducendo ulteriore leva premiante, ora mancante, ad entrambe questi campionati.
I finanziamenti FIR ora destinati alle franchigie, sarebbero, comunque destinati alle due formazioni di PRO12 a seconda dei risultati nelle singole annate e le altre 10 franchigie/superclub potrebbero competere in Amlin Cup con una maggiore forza e sintesi organizzativa .
Ovviamente è solo un’idea!
Su questa cosa non sono del tutto convinto. Il discorso meritocratico è facilmente comprensibile e in linea teorica anche corretto, ma il continuo ricambio in PRO12 delle nostre franchige non lo trovo una cosa che potrebbe far bene. Guarda gli aironi: l'esordio è stato devastante lo scorso anno con una sola vittoria, quest'anno già qualcosa di meglio con tre vittorie finora (niente di cui esaltarci inteso). Io credo che a quel livello ci voglia una programmazione su più anni e il continuo ricambio non porterebbe a questo. Tant'è che nessuna delle altre squadre del PRO12 rischia la "retrocessione" (credo, quindi, che ci possano essere anche dei problemi regolamentari). Puntiamo, piuttosto ad allargare il numero, magari con una terza franchigia del centro-sud. Prima di questo, però, sviluppiamo la base, perchè non si è mai vista una piramide con il vertice più largo della base che riesca a stare in piedi per molto tempo...
Squilibrio
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Squilibrio »

Luqa-bis ha scritto: 4. Concorrenza di altri giochi.

Milano, Roma e Firenze (x Prato/TRE) sono egemonizzate dalla passione per il calcio.
Parma ha già una valida concorrenza in molti sport: calcio, baseball, è un apiazza storicas della pallacanestro, anche il football americano.

Bestemmia! siamo una piazza storica purtroppo decaduta della pallavolo maschile! :(
giangi2
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da giangi2 »

Quoto Jaco e anche GiorgioXt: inutile "pretendere" di avere interesse nelle grandi città, ci sono difficoltà che finora non sono state superate, se non dal calcio; finora in provincia si è riusciti a far meglio perchè ci sono aree con tradizione che sono riuscite a costruire strutture stabili e a trovare le risorse per farle funzionare bene. Mi sembra il destino di tutti gli sport minori (con meno investimento rispetto al calcio, hai una vetrina inportante, nazionale e internazionale, e nella piccola città riesci a catalizzare di più l'attenzione dei media locali), come mi sembra che il movimento di base, nonostante sia in continua crescita, abbia notevoli margini di miglioramento (sia qualitativo che quantitativo) proprio perchè ci sono zone dove il rugby è sconosciuto o impossibile da praticare per mancanza di spazi adeguati. D'accordo anche con il fatto che la Federazione dovrebbe colmare il gap tra Nazionale e attività di base; secondo me una migliore gestione della Celtic, con qualche sinergia in più (a livello sponsor/comunicazione) Nazionale-Celtic-base può favorire sia il reclutamento che la stabilizzazione economica di molte società di base che oggi sono in difficoltà.
Squilibrio
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Re: RUGBY E LA PROVINCIA ITALIANA; QUALE NESSO?

Messaggio da Squilibrio »

Comunque il problema è di tutto il movimento con colpe federali ad esempio per quanto riguarda la tipologia del campionato che va da settembre / ottobre a maggio con numerose soste, fino alle società vere colpevoli a mio avviso visto che non fanno nulla per portare gente allo stadio. Giorgio, a Padova avete tradizione, siete campioni d’Italia, perchè lo stadio è semivuoto? Calcoliamo poi che ho preso Padova come esempio ma come società ha più spettatori di molte altre realtà anche se mi salta all’occhio l’assoluta incapacità della società di fare promozione. Della situazione di Parma non parlo nemmeno perchè la conoscete tutti, tornando indietro come mai Treviso faceva 300 persone? O Viadana che faceva 2000 spettatori ma che in una partita adeguatamente promossa ha superato gli 8000 paganti? Quanti giocatori delle società vanno nelle scuole magari regalando biglietti od organizzando aperitivi nei locali della movida? A Parma ai tempi della grande pallavolo il palazzetto era pieno si per i successi ma anche perchè si davano biglietti alle scuole, tanti giovani che poi hanno deciso anche di giocare a pallavolo.
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