Elezioni FIR - Il passato

Discussioni sulla FIR e sulle Nazionali, maggiore e giovanili

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GiorgioXT
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Elezioni FIR - Il passato

Messaggio da GiorgioXT »

Perchè la memoria è importante e il passato deve servire da insegnamento (altrimenti chè ci alleniamo a fare? :lol: )
Ecco la storia delle ultime elezioni FIR con un candidato alternativo - quelle del 2004 , prese dall'ottimo sito http://www.rugbyverona.wordpress.com
La congiura di palazzo, l’antefatto

giugno 25, 2012 di rugbyverona

L’Italia si dice bizantina quando le lotte di potere s’ingarbugliano e nel palazzo si ordiscono trame e le congiure sono in ogni stanza, dell’immenso fabbricato, in cui è impossibile muoversi senza scorta, sempre temendo ad ogni angolo l’agguato degli avversari. Chissà chi ha insegnato ai romani d’oriente siffatte maniere politiche: la casa madre da dove anche loro provenivano: Roma, in cui la politica è sempre stata sinonimo di lotta senza quartiere in cui tutto era permesso e i tempi si allungavano in vendette, ritorsioni e ritorni sul carro del vincitore. Il movimento italiano di rugby è entrato nel palazzo del potere ormai da tempo e solo ora si accorge quali siano i metodi di governo, buoni e cattivi, applicati verso i componenti di un sistema che stà rischiando un salto all’indietro di anni rispetto all’Europa ovale di prima e seconda fascia. La storia della successione a Dondi o presunta tale si è arricchita di nuovi capitoli e gli avvenimenti iniziano ad ingarbugliarsi con voci dette, conclamate o semplicemente sussurrate che servono a screditare l’avversario di turno. Si profilano nelle stanze del potere e contro potere cordate, alleanze e assembramenti di alleati, congiurati e quant’altro che durano lo spazio di una notte o al massimo fino alla prossima colazione quando tutto cambia intorno ad una tavola imbandita. Andiamo con ordine e semplicemente citiamo i fatti. In tempi non sospetti, prima che tutto accadesse si era candidato, isolato e senza apparente sostegno, Gianni Amore delegato FIR in Sicilia, arbitro o diretto interessato, non lo so, nella diatriba tra Amatori Catania (nel cuore FIR per molto tempo) e il SanGregorio, costola ribelle del rugby catanese. Il suo programma lungo e articolato mostrava qualche confusione sull’organizzazione dell’attività e soprattutto una distanza “politica” dal cuore del movimento ubicato a Nord-Est dello stivale. Poi l’esternazione Benetton che metteva alla luce del sole un malcontento diffuso nel movimento italiano per la gestione FIR di Dondi&Co. La lotta ha inizio: GianCarlo Dondi, (Parma) 77 anni e quattro mandati alla spalle da assoluto dominatore, si chiama fuori dai giochi (non si ripresenterà come candidato) con qualche dichiarazione che, opinione personale, mostra un suo lato negativo: la mala abitudine a governare da solo o in compagnia di accoliti accondiscendenti. Tenetevelo a mente questo punto. Parla il presidente (indubbia la sua integrità morale e d’intenti) rivelando un’idea vecchia del rugby e delle sue componenti e un incurabile propensione al verticismo poco trasparente. Denota un’avversione per chi critica il suo operato e vede i suoi contestatori (Benetton) come fautori del peccato di lesa maestà. Il campo è libero e Alfredo Gavazzi (Calvisano) mette la spada sul tavolo annunciando la sua candidatura in nome della continuità politica e d’intenti con il suo predecessore, anche se qualche sua ruggine era emersa con i Federali. Nel frattempo mille voci si risuonano volendo inseguire tutte le chiacchiere da bar e da forum che si rincorrono in rete. Questa la situazione attuale, ma ritorniamo indietro di 16 anni e quattro mandati FIR di Dondi per spiegare la congiura di palazzo con un avvertenza doverosa: sono tutte mie considerazioni, maturate in tanti anni di osservazione del mondo del rugby italiano. Giancarlo Dondi (1935) succede a Maurizio Mondelli che aveva comandato la FIR dal 1984 al 1996 (tre mandati importantissimi per lo sviluppo del rugby italiano e il suo quasi riconoscimento internazionale). Il nostro uomo eredita la FIR avendo studiato per anni proficuamente da presidente: è stato general manager della Nazionale in due mondiali 91-95 e consigliere in Federazione nonché presidente della Commissione Tecnica. Il suo insediamento avviene ad un anno dalla scelta professionistica del rugby mondiale e in un periodo d’oro della palla ovale italiana: Amatori Milano (Berlusconi) e Treviso (Benetton) raggruppano i migliori giocatori Italiani (trattati da professionisti) che formano il nerbo della Nazionale che con Fourcade (89-93) e Coste (93.99), succedutisi alla sua guida, ha mostrato il suo valore con le grandi europee e con gli australi. Dondi si rivela immediatamente un eccellente ministro degli esteri andando a perorare l’entrata nel 5 Nazioni dell’Italia, facendo leva sui risultati agonistici e sull’allargamento della torta televisiva e turistica degli uomini del Nord in visita sportivo-culturale in Italia. La nostra Nazionale incontrerà per anni la squadra ferma quel turno di 5Nazioni andando a cogliere successi e credibilità con i primi della classe. Molto meno interessante, anzi pessimo il suo operato come ministro degli Interni del rugby Italiano. Si, Dondi, ve l’ho detto precedentemente ha sempre cercato la via in solitaria di governo o al massimo con personaggi di cui poteva e può disporre a piacimento. Sono immediatamente tesi i rapporti con i club italiani e la disponibilità degli uomini per ls Nazionale. Si rompe la macchina da guerra Coste e facciamo il primo vero capitombolo alla RWC 1999. I tempi sono maturi e la Nazionale allo sbando, allo scadere del primo mandato di Dondi entriamo nel “nuovo” 6 Nazioni, è il tardo inverno del 2000. Il whisky sconvolse e indebolì la nazione Indiana e la debellò quando i guerrieri presero ad amare la bottiglia e il suo stordimento per dimenticare la sconfitta che sempre più si profilava con l’arrivo della civiltà occidentale. Lo stesso effetto deleterio ebbe l’entrata nel 6 Nazioni per l’Italia ovale, tanto si era vagheggiato davanti alla TV in bianco e nero che immediatamente perdemmo qualsiasi capacità di seria analisi e considerazione del nostro movimento pur di partecipare alla tanto ambita manifestazione. Qui Dondi fece uscire dal cilindro IRB due Neozelandesi Johnstone (2000-2002) e Kirwan (2002-2005), tutti e due con esperienze italiane, a capo di una selezione Nazionale da rifondare in base al mutato livello della competizione. La difficoltà è grande per rimediare uomini e risultati e della risposta FIR a questo problema portiamo ancora le conseguenze: costa troppo e non c’è sicurezza di risultati nel formare giocatori in Italia. Essendo stati grandissimi emigranti abbiamo lascito progenie in ogni parte del mondo rugbystico, persino in NZ (Mourie grande capitano AB fine settanta viene dal lago di Como, famiglia Mauri) pertanto era molto meno costoso e sicuro portare nella Nazionale quanti più discendenti da Italiani possibili. Situazione suggerita dalla FIR che riempì i clubs italici, creduloni e pochissimo capaci di gestione nel mondo ovale professionistico, di ogni genere di giocatori che potevano vantare ascendenze italiane. Arrivarono mediocri e buoni giocatori e anche qualche campione, il tutto in nome della Nazionale che assurse in quegli anni a traino del movimento. Decisione dettata dal marketing&pubblicità? No, solamente dalla cattiva coscienza che arrivati alla vetta della tanto agognata montagna tutto fosse lecito pur di restare a respirare l’ossigeno ed inebriarci di tanto lignaggio. Non pensammo che dopo i primi entusiasmi e la sfilza di risultati negativi, giustificati in mille assurde maniere da giornalisti ed esperti dell’ultima ora, ma soprattutto dal governo FIR guidato da Dondi, sarebbe stato molto meglio attrezzarci umilmente da ultimi arrivati per una via italiana al rugby fatta di realismo ampliando la base con un rinnovamento globale di crescita in tutti i settori (dirigenti, allenatori, giocatori e arbitri). Ci dimenticammo che era fondamentale una via italiana al rugby. A questo proposito ricordatevi che fino al 2000 e anche dopo, il vituperato mondo delle società italiane, di cui in quegli anni è cominciato lo svuotamento d’importanza e funzioni, ha sempre sfornato ottimo giocatori. A partire da metà anni 70 e per un ventennio l’Italia ha formato tantissimi rugbisti che hanno avuto solo il demerito di non avere dirigenti capaci di pubbliche relazioni internazionali per semplice e terribile sudditanza psicologica nei confronti del rugby di prima fascia chiuso in una saccente tradizione celto-sassone. Prima ancora molti emigrati in Francia per giocare a rugby avevano anche assaporato il titolo francese come titolari Franco Zani (lago d’Iseo) Agen 62-65-66. Scade, con queste enormi problematiche nel 2004, il secondo mandato di Giancarlo Dondi e si profila all’orizzonte la prima contestazione pubblica………..che intende porre un freno alla situazione sopra ampiamente descritta che era stata analizzata con realismo da un gruppo di ex-giocatori.

A presto con nuovi intrighi e decisioni che hanno portato il rugby italiano all’attuale guerra nel palazzo del potere.
GiorgioXT
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Re: Elezioni FIR - Il passato

Messaggio da GiorgioXT »

Seconda parte - è lunga ma ne vale ampiamente la pena , e sul forum è più facile intervenire.
La congiura di palazzo, il sistema si afferma

giugno 27, 2012 di rugbyverona
Sono passati più di otto anni dall’unico serio tentativo di dare un governo diverso da quello di Dondi nel rugby italiano. Torniamo all’inverno del 2004 quando Fulvio Lorigiola, uomo del Petrarca Padova, informa il movimento italiano ovale (ubriaco fradicio di 6 Nazioni e contributi per la nascita di nuove società “affiliate” FIR e clientes da usare per riempire le urne) della nascita del “Comitato per il Rinnovamento nel Rugby Italiano”. La lista ha come scopo di sostituire Dondi e i suoi uomini di governo alla presidenza FIR alle imminenti elezioni federali. Si sono riuniti nomi importanti del rugby italiano e il Petrarca è il loro feudo da cui muovere verso Roma. I cavalieri che volevano fare l’impresa sono molti e di alto lignaggio: Lorigiola (già vicepresidente FIR nel primo mandato Dondi), Marzio Innocenti (consigliere federale), Covi, Massimo Giovannelli (grande capitano), Massimo e Marcello Cuttitta, ex internazionali di grande carisma: Bonetti, Bettarello, Alberto Gualtieri (Cus Roma), Sergio Bernini (Parma), Renato Tullio Ferrari (Milano), Felice Vaccaro (Firenze) e altri importanti giocatori e dirigenti del movimento Italiano. La reazione di Dondi e annessa FIR è degna di un “regime”, mettete voi il colore della bandiera, ben poco cambia nei metodi e nelle modalità. Parte immediata la reazione che conta moltissimo sui nuovi “arrivi” e sulle consolidate alleanze fatte di promesse, blandizie e qualche soldo o facilitazione per arrivare ad emergere nel panorama del rugby italico, ma ancor più dura è la battaglia a livello personale in cui colpi bassi e insinuazioni al limite del cattivo gusto vengono sparse a piene mani sui reietti di tentato regicidio. Fulvio Lorigiola è il primo a pagare: il 26 giugno 2004 viene squalificato dalla FIR per aver ricorso al TAR contro una sentenza federale dell’anno prima, in cui il padovano, contestava le procedure di voto delle elezioni federali. E’ l’estate di fuoco del rugby italiano, in quei mesi Giovannelli e Innocenti illustrano, tra mille e una, false voci sul nascente movimento, il programma di riferimento. Il manifesto fondante del CRRI ha molti agganci con l’attualità e mostrano quanto lungimiranti fossero i punti programmatici esposti. Si pongono obiettivi chiari: alzare il livello di competitività fissando la meta di occupare il 6° posto nel ranking IRB, ridare alla Nazionale un bacino di arruolamento composto da giocatori italiani e per questo scopo si proponeva di rafforzare i club come prima risorsa e di dare un impulso sostanziale ai loro vivai e la creazione di ulteriori centri per allargare la formazione. Lorigiola dichiara:” Il rugby, tra tutte le federazioni italiane, è la seconda (ancora adesso) per ricchezza, con il suo budget di 18 milioni di euro (ora sono 40 milioni), eppure di questa ricchezza il movimento di base non ha beneficiato minimamente. Si è investito tutto sulla nazionale, costringendo i club a sacrifici spaventosi“. La guerra è senza quartiere e le alleanze si frantumano di fronte allo strapotere FIR che tiene i cordoni della borsa e anche tra i congiurati c’è chi tiene famiglia. A Novembre il CRRI è di fatto sconfitto quando il gran feudatario Petrarca Padova s’inchina al potere centrale, rimane un manipolo di irriducibili che “prendono atto della volontà del Petrarca di appoggiare Dondi e candidare Rinaldo al Consiglio Federale”. Li guida un indimenticato capitano dei Neri della città del Santo: Marzio Innocenti che nel suo programma dichiara l’obiettivo di destinare il 60% del bilancio al rugby delle Società e dei vivai. La LIRE (Lega delle società del Top10, tremebonde e in attesa di pecunia per sopravvivere) sostiene Dondi, la Benetton, già riottosa, acconsente, il CRRI è allo sbando. Dondi vincerà con il 79% e prenderà 14 consiglieri su 14 con una battaglia tutta politica che niente ha a che fare con il rugby e le sue necessità. Merita una nota Innocenti che viene messo alla gogna con insinuazioni e dicerie come se la sua colpa di essersi fino all’ultimo battuto per le sue idee fosse una lesa maestà al regime ormai consolidato. Nessuno dei partecipanti al progetto CRRI avrà posto nel futuro del rugby italiano, e ahi noi, mancheranno nel già asfittico mondo dell’ovale nostrano teste pensanti, organizzatori e uomini simbolo. Le conseguenze sul movimento di base sono visibili nei collaboratori di cui, GianCarlo Dondi, si è contornato nei suoi due ultimi mandati come presidente FIR. Sono i rappresentanti ed esecutori della politica FIR con risultati pessimi che sono ormai all’ordine del giorno negli ultimi 4 anni.
Ecco il racconto, con qualche vuoto di memoria, su quanto successe nell’unico tentativo di dare un’altro indirizzo al rugby Italiano. Dondi ne uscì vincitore assoluto e con lui tutte quelle società che, piccole o grandi, sposavano e accondiscendevano le direttive FIR sull’indirizzo da tenere per foraggiare il grande Moloch rappresentato dalla Nazionale maggiore. Sempre più votata a punta di diamante, spessissimo opaca, del movimento per cui tutto era lecito e possibile. Poco importava che, sempre più il movimento, fosse preda delle direttive federali generando una grottesca situazione di disciplina ovale di stato (lo sport del socialismo reale :-) ). Sfiorivano i vivai privati di qualsiasi supporto e le società erano sempre più palestre per giocatori da destinare alla Nazionale, non importava la loro provenienza o qualità. Si salutò come grandissimo avvenimento l’emigrazione ( e conseguente impoverimento del livello italiano) dei nostri migliori o presunti tali virgulti verso campionati dove avrebbero fatto esperienza e dare poi ancor più nerbo alla Nazionale che nel frattempo aveva cambiato, con qualche grano di sale nella zucca dei Federali sulla scelta attuata: l’allenatore. Pierre Berbizier è il prescelto. Mediano di mischia sommo e vincente in una Francia da ricordare, spesso incazzoso, ma capace di fare squadra con gli elementi che trova disponibili. L’Italia ha buoni momenti e qualche aspettativa di troppo che pesano come macigni su un directeur du rugby che ha nel pragmatismo la sua arma migliore. Si deteriorano i rapporti e Dondi lo sfiducia prima della Coppa del Mondo 2007, dove facciamo figure barbine. Torniamo a casa con la convinzione che possiamo ancora mostrarci competitivi, facendo il solito e italico pensiero: cambiamo il conducator e la truppa di adeguerà facilmente. Arriverà l’esimio e rispettatissimo Nick Mallett a mostrarci, nonostante la sua passione e cieca competenza, quanto siamo rimasti indietro nel mondo ovale del continente Europa. Basterà un anno scarso di mandato, sino al Novembre 2008 per cadere nel baratro della depressione da sconfitte. GianCarlo Dondi ha, nel frattempo, plasmato la sua direzione secondo i suoi voleri, ha scelto gli uomini e ha assegnato loro i compiti, ha modificato i campionati a suo piacimento, ma dopo Novembre 2008 al quarto mandato ottenuto quasi all’unanimità i nodi sono venuti al pettine. Siamo in pieno trend negativo e la base è svuotata dei suoi fondamentali valori: produrre gioco, impegnarsi in campionati e formare giocatori. Il movimento è ancora una volta messo in un angolo e lo specchietto squadra Nazionale sempre meno attira utenti attivi. Si riempiono gli stadi per l’evento AllBlacks e altri (Scozia 2012), ma cosa resta di positivo nella base e in un pubblico occasionale che non ha nessuna cultura del rugby? 5000-10000 spettatori a partite di campionato (l’allora morente Top10) sarebbero un successo per l’allargamento della base e l’inserimento del rugby nelle scuole e nella mentalità dei genitori italiani con un occhio attento alla territorialità. No, la direzione indicata dalla FIR è opposta: prendono forma le Accademie e la partecipazione in Celtic League e l’espansione sempre più forzato della struttura tecnica FIR come depositaria del verbo da seguire per tutti, grandi e piccini. Sempre per dare linfa alla Nazionale si compie l’ennesimo ricorso al tutto è lecito per restare in corsa: Mallett cerca di renderla immediatamente competitiva con l’ennesimo innesto di equiparati e oriundi. I campionati seniores e juniores nazionali sono visti alla stregua di competizioni di scarso rilievo e come tali trattati. Siamo nel 2012 e il rugby italiano è quello che abbiamo appena finito di osservare con attenzione in tour nelle Americhe e nel Campionato del Mondo Under 20 e nella Nations Cup, le scelte del 2004 a livello dirigenziale e del 2008 nel settore tecnico-organizzativo sono un macigno che schiaccia il movimento Italiano…e la storia non è finita perché nel palazzo del potere si rafforzeranno ancor di più le misure di controllo e il verticismo farà da padrone nelle scelte suscitando sempre più malcontento. Qualcuno pensa sia ormai venuto il tempo di cambiare.
GiorgioXT
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Re: Elezioni FIR - Il passato

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Piccola nota ad integrazione : in quel Novembre il Petrarca alla fine decise di votare Dondi dopo che Gavazzi, a parole uno dei sostenitori del CRRI era passato alla cordata Dondiana con buona parte delle deleghe lombarde - fu una decisione -sciagurata- di realpolitik, visto che con Lorigiola escluso si aveva già perso una buona parte di "spinta" , Dondi con il sostegno allora di Treviso e della Lombardia aveva già la maggioranza.
Decisione sciagurata perchè presa su pressioni -anche politiche- molto forti,che spaccò la compagine sociale e nemmeno poi utile, in quanto il Petrarca non guadagnò proprio nulla dal sostegno a Dondi, che continuò a vedere la società come il fumo negli occhi, nè riuscì a portare Rinaldo a consigliere (lo divenne nel 2008)
GiorgioXT
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Re: Elezioni FIR - Il passato

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Terza parte ... sempre da http://www.rugbyverona.wordpress.com
La congiura di palazzo, l’atto finale

giugno 29, 2012 di rugbyverona

Siamo nel finale di partita e facciamo ancora una volta un salto nel tempo e ci immergiamo nel tardo autunno del 2008, forse capiremo meglio le vicende attuali del governo federale presieduto da GianCarlo Dondi. Siamo alla fine di tre test internazionali che la Nazionale ha perso, l’ultimo, quello salvifico con i Pacific Islanders in maniera preoccupante. Nick Mallett che ha ben guidato la sua prima apparizione nel 6 Nations esprime il disappunto di non avere a disposizione forze sufficienti per far fronte agli impegni Internazionali. La FIR pensa e ripensa e poi con incredibile miopia partorisce l’ulteriore accentramento verticistico: Accademie e entrata in Celtic League. Insomma la Federazione Italiana Rugby ammazza senza nessuna pietà i club italiani (dopo averli blanditi, aiutati, secondo fedeltà, illusi e abbandonati sempre e solo in nome della Nazionale Uber alles). Nasce il super-club FIR, senza che ci siano stati risultati sportivi particolarmente positivi, che arruolerà a suo piacimento giocatori in ogni categoria e latitudine per il bene della maglia azzurra, sceglierà giovani in base a parametri poco chiari mandandoli a sedici anni nelle Accademie zonali dove saranno educati come monaci-giocatori alla religione del rugby, formerà due squadre con il fiore dell’italica stirpe di giocatori dell’ovale da mandare nelle brumose terre celtiche a scontrarsi con i riottosi abitanti d’oltre Manica. Il tutto affidato ad una commissione tecnica ingaggiata poco per merito professionale e molto di più per favori o parcheggi di alleati e tecnici ”amici” di poca esperienza . Peccato manchi da anni nel settore tecnico di formazione italiano una didattica certa nel formare giocatori, tecnici, dirigenti e arbitri. I documenti ci sono e anche tradotti, ma l’incoerenza regna sovrana e a ogni mutare del vento si cambiano regole dell’insegnamento creando una confusione palpabile quando in campo scendono i nostri ragazzi delle Under. Così come l’organizzazione dei campionati e la divisione delle annate giovanili. Il campionato nazionale è declassato a comparsata in cui solo pochi ed agguerriti appassionati (comprendo tutti gli attori: giocatori-dirigenti-allenatori) credono e si battono affinché sia ancora credibile, ma quasi tutti i team di Eccellenza fanno fatica a chiudere un budget decente e tutti insieme questi non fanno un quarto del bilancio FIR. Eppure queste vituperate società hanno i vivai e nonostante tutte le traversie continuano ad investirci. Permettetemi una digressione: questa vicenda dei vivai mi ricorda lo svuotamento delle stalle nelle nostre montagne delle mucche bruno-alpine (pagate per essere abbattute) in favore delle frisone che producevano più latte per, poi, constatare che le nuove arrivate erano poco adatte ad alpeggi alti e con poca acqua e si vanificava quasi completamente la loro presunta superiorità. Sono stati mezzi vuoti, i centri di formazione in mezza Italia, quando si ricorse “all’importato ad ogni costo”, per poi accorgersi che solo favorendo la leva di giocatori autoctoni si può arrivare alla formazione continua. La FIR per facilitare l’inserimento dei giovani ad alto livello ha istituito le Accademie con relativo bollino di appartenenza che è indispensabile per giocare in Nazionale. Della metodologia di arruolamento mi sembra superfluo parlare, ormai si è scritto e detto all’infinito, la mia domanda è: i “non selezionati”, ovvero la maggioranza, quale futuro possono aspettarsi? Sono destinati all’oblio o a zampettare nei campionati minori, massimo l’Eccellenza, per la gioia dei parenti e la loro sete inestinguibile di rugby? Abbiamo così aumentato il numero dei praticanti che, scelti una settantina di meritevoli accademici, gli altri possono pure lasciar perdere e avanti gli altri, quelli che seguono. La partecipazione alla Celtic Legue, vista con benevolenza a nord e anche con circospezione, così come era stato per il 6 Nazioni, ha suscitato il primo grande inghippo per Dondi e il governo Federale. Si tralasciò completamente il Veneto per promuovere “franchigie” (permesso concesso, di operare sportivamente raggruppando una o più squadre) in ogni parte d’Italia, senza nessun criterio territoriale o di appartenenza. Nella Serenissima Repubblica ci fu un’alzata di scudi, salvo Rovigo, propensa a concentrarsi sul campionato Italiano per questioni di poca liquidità e identità sportiva. Benetton mise in pratica ciò che da molti anni paventava, iscrivere la squadra in un campionato estero, vista la lunghissima lista di scudetti vinti con poca opposizione. La FIR cedette suo malgrado, molte delle sue ipotesi, dettate soprattutto dal controllo ferreo da imporre in termini di gestione, erano poco più che chiacchiere di quattro amici al bar. A Treviso misero in campo, quello che già esisteva, ricordiamocelo: struttura tecnica, giocatori e capacità manageriale, tutto coperto economicamente dalla famiglia Benetton da 31 anni nel rugby. L’altra franchigia si accasò nella malleabile e ricca Viadana, sempre pronta a eseguire le direttive FIR, la quale ordina di prendere in carico molti dei nostri Internazionali emigrati. La franchigia si completa con giovani e navigati corsari dell’italico rugby. Così cominciò la “gestione FIR, governo Dondi”, delle Celtiche e delle Accademie. I fatti a questo punto sono noti, riguardano gli ultimi due anni di rugby italico. La Benetton ha buoni-ottimi risultati agonistici con una struttura gestita privatamente e Monigo diventa il campo di riferimento per molti veneti e non amanti del rugby di qualità. Gli Aironi del Po invece tardano a spiccare il volo e la FIR si trova in evidente imbarazzo nella gestione di due super-club di così diversa origine, Treviso marcia bene nel proprio e i federali cercano di mettere qualche ostacolo, Viadana ha problemi di amalgama, ma la commissione tecnica FIR è poco paziente, anche perché si stanno accumulando nel magazzino federale una serie di situazioni e uomini a stipendio a cui bisogna dare sistemazione. Con mossa fuori tempo e alquanto dubbia gli Aironi vengono sfiduciati due mesi or sono e cancellata con malevola destrezza la loro esistenza. La FIR e Dondi in persona prendono la responsabilità dell’imperio, Viadana piange lacrime, forse di coccodrillo e si ritrova ad incominciare, la sua storia, ancora dalla vituperata Eccellenza. La FIR ha ritirato la licenza alla franchigia più amica e si arroga il diritto di gestirne una in proprio con tempi e modalità da dittatura sudamericana, le pallide Zebre. I Benetton capiscono l’antifona e mettono per iscritto la loro volontà di non sostenere il governo Dondi. Nel frattempo le Accademie danno prova di non essere quello che la FIR e parte degli illusi del movimento si aspettavano, anzi sembra, in molti giovanotti di qualità, sia in atto un regresso tecnico-fisico e i risultati sono conseguenti: pessimi. Quelli che dovevano rappresentare l’avanguardia sono invece, e mi dispiace moltissimo, retrocessi con conseguenze su tutto il movimento dei futuri e prossimi giocatori italiani. Il settore giovanile, chiuso in questa morsa di ferro: accademie e annate raggruppate oltremisura per far contento chi non investe nei vivai e l’enorme confusione didattica, è in chiarissima difficoltà. Non ci sono nemmeno grandi risultati dalle Nazionali seniores sempre in bilico tra la prima e la seconda fascia senza una continuità che ne giustifichi la somma importanza datagli da Dondi&Co. Vogliamo essere ligi al nostro dovere di osservatori e mettiamo quelli che a detta di GianCarlo Dondi sono i suoi meriti: aumento dei tesserati, aumento del bilancio FIR e “l’attrattiva” rugby che riempie gli stadi con spettatori in numero “calcistico”.

E’ tempo di meditare………
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