Ecco la storia delle ultime elezioni FIR con un candidato alternativo - quelle del 2004 , prese dall'ottimo sito http://www.rugbyverona.wordpress.com
La congiura di palazzo, l’antefatto
giugno 25, 2012 di rugbyverona
L’Italia si dice bizantina quando le lotte di potere s’ingarbugliano e nel palazzo si ordiscono trame e le congiure sono in ogni stanza, dell’immenso fabbricato, in cui è impossibile muoversi senza scorta, sempre temendo ad ogni angolo l’agguato degli avversari. Chissà chi ha insegnato ai romani d’oriente siffatte maniere politiche: la casa madre da dove anche loro provenivano: Roma, in cui la politica è sempre stata sinonimo di lotta senza quartiere in cui tutto era permesso e i tempi si allungavano in vendette, ritorsioni e ritorni sul carro del vincitore. Il movimento italiano di rugby è entrato nel palazzo del potere ormai da tempo e solo ora si accorge quali siano i metodi di governo, buoni e cattivi, applicati verso i componenti di un sistema che stà rischiando un salto all’indietro di anni rispetto all’Europa ovale di prima e seconda fascia. La storia della successione a Dondi o presunta tale si è arricchita di nuovi capitoli e gli avvenimenti iniziano ad ingarbugliarsi con voci dette, conclamate o semplicemente sussurrate che servono a screditare l’avversario di turno. Si profilano nelle stanze del potere e contro potere cordate, alleanze e assembramenti di alleati, congiurati e quant’altro che durano lo spazio di una notte o al massimo fino alla prossima colazione quando tutto cambia intorno ad una tavola imbandita. Andiamo con ordine e semplicemente citiamo i fatti. In tempi non sospetti, prima che tutto accadesse si era candidato, isolato e senza apparente sostegno, Gianni Amore delegato FIR in Sicilia, arbitro o diretto interessato, non lo so, nella diatriba tra Amatori Catania (nel cuore FIR per molto tempo) e il SanGregorio, costola ribelle del rugby catanese. Il suo programma lungo e articolato mostrava qualche confusione sull’organizzazione dell’attività e soprattutto una distanza “politica” dal cuore del movimento ubicato a Nord-Est dello stivale. Poi l’esternazione Benetton che metteva alla luce del sole un malcontento diffuso nel movimento italiano per la gestione FIR di Dondi&Co. La lotta ha inizio: GianCarlo Dondi, (Parma) 77 anni e quattro mandati alla spalle da assoluto dominatore, si chiama fuori dai giochi (non si ripresenterà come candidato) con qualche dichiarazione che, opinione personale, mostra un suo lato negativo: la mala abitudine a governare da solo o in compagnia di accoliti accondiscendenti. Tenetevelo a mente questo punto. Parla il presidente (indubbia la sua integrità morale e d’intenti) rivelando un’idea vecchia del rugby e delle sue componenti e un incurabile propensione al verticismo poco trasparente. Denota un’avversione per chi critica il suo operato e vede i suoi contestatori (Benetton) come fautori del peccato di lesa maestà. Il campo è libero e Alfredo Gavazzi (Calvisano) mette la spada sul tavolo annunciando la sua candidatura in nome della continuità politica e d’intenti con il suo predecessore, anche se qualche sua ruggine era emersa con i Federali. Nel frattempo mille voci si risuonano volendo inseguire tutte le chiacchiere da bar e da forum che si rincorrono in rete. Questa la situazione attuale, ma ritorniamo indietro di 16 anni e quattro mandati FIR di Dondi per spiegare la congiura di palazzo con un avvertenza doverosa: sono tutte mie considerazioni, maturate in tanti anni di osservazione del mondo del rugby italiano. Giancarlo Dondi (1935) succede a Maurizio Mondelli che aveva comandato la FIR dal 1984 al 1996 (tre mandati importantissimi per lo sviluppo del rugby italiano e il suo quasi riconoscimento internazionale). Il nostro uomo eredita la FIR avendo studiato per anni proficuamente da presidente: è stato general manager della Nazionale in due mondiali 91-95 e consigliere in Federazione nonché presidente della Commissione Tecnica. Il suo insediamento avviene ad un anno dalla scelta professionistica del rugby mondiale e in un periodo d’oro della palla ovale italiana: Amatori Milano (Berlusconi) e Treviso (Benetton) raggruppano i migliori giocatori Italiani (trattati da professionisti) che formano il nerbo della Nazionale che con Fourcade (89-93) e Coste (93.99), succedutisi alla sua guida, ha mostrato il suo valore con le grandi europee e con gli australi. Dondi si rivela immediatamente un eccellente ministro degli esteri andando a perorare l’entrata nel 5 Nazioni dell’Italia, facendo leva sui risultati agonistici e sull’allargamento della torta televisiva e turistica degli uomini del Nord in visita sportivo-culturale in Italia. La nostra Nazionale incontrerà per anni la squadra ferma quel turno di 5Nazioni andando a cogliere successi e credibilità con i primi della classe. Molto meno interessante, anzi pessimo il suo operato come ministro degli Interni del rugby Italiano. Si, Dondi, ve l’ho detto precedentemente ha sempre cercato la via in solitaria di governo o al massimo con personaggi di cui poteva e può disporre a piacimento. Sono immediatamente tesi i rapporti con i club italiani e la disponibilità degli uomini per ls Nazionale. Si rompe la macchina da guerra Coste e facciamo il primo vero capitombolo alla RWC 1999. I tempi sono maturi e la Nazionale allo sbando, allo scadere del primo mandato di Dondi entriamo nel “nuovo” 6 Nazioni, è il tardo inverno del 2000. Il whisky sconvolse e indebolì la nazione Indiana e la debellò quando i guerrieri presero ad amare la bottiglia e il suo stordimento per dimenticare la sconfitta che sempre più si profilava con l’arrivo della civiltà occidentale. Lo stesso effetto deleterio ebbe l’entrata nel 6 Nazioni per l’Italia ovale, tanto si era vagheggiato davanti alla TV in bianco e nero che immediatamente perdemmo qualsiasi capacità di seria analisi e considerazione del nostro movimento pur di partecipare alla tanto ambita manifestazione. Qui Dondi fece uscire dal cilindro IRB due Neozelandesi Johnstone (2000-2002) e Kirwan (2002-2005), tutti e due con esperienze italiane, a capo di una selezione Nazionale da rifondare in base al mutato livello della competizione. La difficoltà è grande per rimediare uomini e risultati e della risposta FIR a questo problema portiamo ancora le conseguenze: costa troppo e non c’è sicurezza di risultati nel formare giocatori in Italia. Essendo stati grandissimi emigranti abbiamo lascito progenie in ogni parte del mondo rugbystico, persino in NZ (Mourie grande capitano AB fine settanta viene dal lago di Como, famiglia Mauri) pertanto era molto meno costoso e sicuro portare nella Nazionale quanti più discendenti da Italiani possibili. Situazione suggerita dalla FIR che riempì i clubs italici, creduloni e pochissimo capaci di gestione nel mondo ovale professionistico, di ogni genere di giocatori che potevano vantare ascendenze italiane. Arrivarono mediocri e buoni giocatori e anche qualche campione, il tutto in nome della Nazionale che assurse in quegli anni a traino del movimento. Decisione dettata dal marketing&pubblicità? No, solamente dalla cattiva coscienza che arrivati alla vetta della tanto agognata montagna tutto fosse lecito pur di restare a respirare l’ossigeno ed inebriarci di tanto lignaggio. Non pensammo che dopo i primi entusiasmi e la sfilza di risultati negativi, giustificati in mille assurde maniere da giornalisti ed esperti dell’ultima ora, ma soprattutto dal governo FIR guidato da Dondi, sarebbe stato molto meglio attrezzarci umilmente da ultimi arrivati per una via italiana al rugby fatta di realismo ampliando la base con un rinnovamento globale di crescita in tutti i settori (dirigenti, allenatori, giocatori e arbitri). Ci dimenticammo che era fondamentale una via italiana al rugby. A questo proposito ricordatevi che fino al 2000 e anche dopo, il vituperato mondo delle società italiane, di cui in quegli anni è cominciato lo svuotamento d’importanza e funzioni, ha sempre sfornato ottimo giocatori. A partire da metà anni 70 e per un ventennio l’Italia ha formato tantissimi rugbisti che hanno avuto solo il demerito di non avere dirigenti capaci di pubbliche relazioni internazionali per semplice e terribile sudditanza psicologica nei confronti del rugby di prima fascia chiuso in una saccente tradizione celto-sassone. Prima ancora molti emigrati in Francia per giocare a rugby avevano anche assaporato il titolo francese come titolari Franco Zani (lago d’Iseo) Agen 62-65-66. Scade, con queste enormi problematiche nel 2004, il secondo mandato di Giancarlo Dondi e si profila all’orizzonte la prima contestazione pubblica………..che intende porre un freno alla situazione sopra ampiamente descritta che era stata analizzata con realismo da un gruppo di ex-giocatori.
A presto con nuovi intrighi e decisioni che hanno portato il rugby italiano all’attuale guerra nel palazzo del potere.