si è veroostricone ha scritto: Hai perfettamente ragione.
E' per questo che parlavo di "modello di sviluppo" da imitare.
Quello che volevo sottolineare è che si può benissimo (se si lavora bene e si spendono bene i soldi che arrivano) diventare una nazione di punta del rugby mondiale (che può battere - e batte - tutte le nazioni del pianeta, tranne gli ABs, che però al momento non sono di questo pianeta!) anche senza un campionato nazionale di livello e con tutti i migliori giocatori emigrati all'estero.
Il mio punto è che è meglio (ed è senz'altro più lungimirante) lavorare sulla diffusione del rugby di base, piuttosto che lamentarsi del livello depresso del nostro Super (si fa per dire) 10.
Ciao
però è un sistema che porta risultati nel lungo periodo, invece qui si vuole vincere (e incassare) subito, anche a livello di club
e i nostri club non sono affatto dilettantistici, anzi, hanno come modello i club francesi e inglesi (ma pensa te...
per cui in nella nostra attuale situazione, invece che supportare convintamente le accademie e l'attività di base (non voglio generalizzare: ci sarà senz'altro chi lo fa, ma non è questo l'andazzo comune), per ottenere risultati subito preferiscono importare e se possibile naturalizzare
tanto di cappello quindi a società come Noceto e Monza che puntano tutto sul settore giovanile (e il presidente del Noceto ha ragione da vendere quando reclama un indennizzo per i giocatori formati)
sia ben chiaro: io non sono per il ritorno al dilettantismo, la situazione del rugby "adulto" in Argentina è per molto aspetti deprimente
dovremmo trovare una via d'uscita, certamente diversa da quella che stiamo seguendo: ma questo ci porterebbe a parlare dell'inadeguatezza del (Super)10, del problema delle selezioni-superclub, del ruolo della federazione, della demenzialità del calendario dell'emisfero nord
non siamo i soli a lamentarci: vedete un po' qui l'intervista a Dominici citata da pam